Thomas Bernhard/Piacere: differenze tra le versioni

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{{q|Ogni due giorni mi siedo sulla panca della Sala Bordone, naturalmente non tutti i giorni, perché sarebbe distruttivo, voglio dire se mi sedessi sulla paca della Sala Bordone ogni giorno, ciò distruggerebbe in me tutto ciò che apprezzo, e ovviamente nulla è più prezioso per me del pensare, penso quindi vivo, vivo quindi penso...|''AM'' p. 70}}
La serietà dell'espressione nel dipinto ne influenza il rapporto intellettuale di Reger. Held, commentando la serietà espressiva in ''Aristotele contempla il busto di Omero'', scrive: "Rembrandt ha adottato non solo i dettagli fisionomici esterni ma anche l'espressione seria, se non addirittura tragica, del modello".<ref>Held, ''op. cit.'', p. 29.</ref> Le espressioni serie in entrambi i ritratti inevitabilmente influenzano i pensieri dei rispettivi spettatori in quanto diventano tutti più contemplativi e sensibili alle tecniche pittoriche nel mondo della creazione artistica e alle questioni esistenziali che emergono nello studio della pittura.
 
Un'altra somiglianza esistente tra i dipinti di Rembrandt e Tintoretto è l'identità anonima dei modelli per entrambi i ritratti. Held prende nota dei seguenti dettagli dell'uomo anonimo nel dipinto di Rembrandt:
{{q|Quest'uomo barbuto con [gli] occhi profondi, [che] probabilmente apparteneva alla piccola cerchia di amici dell'artista. Non conoscendo la sua identità in termini di fatto storico, è impossibile dire se ci fosse qualcosa nel personaggio, nella capacità intellettuale o nell'attività di quest'uomo che lo qualificava per il ruolo dell'antico saggio.<ref>Held, ''op. cit.'', p. 29.</ref>}}
Lo stesso vale per l’''Uomo dalla barba bianca'' di Tintoretto. Le espressioni serie, se non malinconiche o tragiche, presenti sul volto degli uomini anonimi e anziani possono essere lette come segnali di una condizione esistenziale fondamentale. Questa interpretazione è attentamente articolata da Held:<ref>[[File:Tiziano - Vanità (Alte Pinakothek München).jpg|150px|right|thumb|<small>''Vanità'', di Tiziano (1515)</small>]] Oltre all'osservazione di Held riguardo all'esibizione da parte di Rembrandt della malinconia e dell'isolamento dell'uomo, Tiziano, il predecessore di Tintoretto, sembrava essere interessato a un simile tipo di condizione emotiva nella sua ritrattistica dei primi del XVI secolo. Erwin Panofsky commenta in particolare il ritratto di Tiziano del 1515, intitolato '''''[[w:Vanità (Tiziano)|Vanità]]'''''. Esamina l'uso dell'ombra e dello specchio da parte di Tiziano, che rappresenta l'isolamento di una donna. Dal suo sguardo, si percepisce la tristezza. Egli crede che lo specchio rappresenti vanità, morte e gli aspetti teatrali che interessano tanto Bernhard. Panofsky cita G.F. Hartlaub, che scrive quanto segue sull'interesse pittorico di Tiziano per la vanità, la morte e l'osservazione di sé: "Non c'è da stupirsi che lo specchio – quello strumento da timore reverenziale che potrebbe simboleggiare l'autocoscienza e l'indulgenza verso se stessi, e a cui furono assegnati poteri magici da tempi immemorabili – fosse l'attributo standard non solo della Prudenza e della Verità ma anche della Vanità – nel senso di essere eccessivamente compiaciuti di se stessi come anche nel senso più terribile datogli dal Predicatore: "Vanità delle vanità; tutto è vanità " [Ecclesiaste {{passo biblico|Ecclesiaste|1:2}}]; e non sorprende che venga ad essere associato alla morte" (Hartlaub citato da Panofsky, ''Problems in Titian: Mostly Iconographic'', ''The Wrightsman Lectures Under the Auspices of the New York University Institute of Fine Arts'', The Metropolitan Museum of Art, New York Univ. Press, 1969, p. 93).</ref> "studiando attentamente queste opere successive (di Rembrandt), si diventa consapevoli della ricorrenza, in variazioni sempre nuove, di un tema pervasivo: l'inevitabile isolamento dell'uomo, la solitudine ultima della nostra intera esistenza".<ref>Held, ''op. cit.'', p. 30.</ref>
 
Held attira l'attenzione sull'isolamento dello spettatore dallo spettacolo: "quando Rembrandt dipinse l'Aristotele, lo dipinse perché lo si vedesse da solo".<ref>Held, ''op. cit.'', p. 22.</ref> Reger, che condivide le qualità di spettatore isolato e di attore, è di certo solo, ma la sua situazione ricorda la nozione di Dürrenmatt di "pubblico come egli stesso" o spettatore come attore. Si può anche ricordare la descrizione di Schopenhauer dell'uomo solitario come solista in un' esecuzione. Da solo, il personaggio svolge più ruoli. Il solista di Schopenhauer diventa molti artisti; di nuovo, l'idea di Dürrenmatt di "pubblico come egli stesso" funziona in una simile descrizione d'isolamento. La veridicità del proprio isolamento nella realtà è rappresentata in entrambi i dipinti, quello di Rembrandt e quello del Tintoretto, e corrisponde allo spettatore isolato, al ''voyeur'' e, certamente, a Bernhard l'attore.
 
I modelli anonimi di Tintoretto e Rembrandt condividono occhi incavati e barba, ed entrambi indossano abiti neri e gioielli d'oro. Le folte barbe portate da entrambi i modelli possono essere associate a serietà intellettuale. Held osserva che "eminenti studiosi del sedicesimo e diciassettesimo secolo sembrano spesso aver coltivato una barba maestosa, preferibilmente combinata con baffi cadenti, in contrasto con la popolare moda tonsoriale per gli uomini".<ref>Citato in Held, p. 15.</ref> Le barbe forniscono un certo senso di esperienza e saggezza che si acquisisce con l'età. Bernhard, nella sua intervista a [[w:Maiorca|Maiorca]] del 1981 con Krista Fleischmann, gioca con l'idea della grandezza freudiana di chi indossa la barba. Quando Fleischmann gli chiede se ha qualcosa contro la barba, Bernhard risponde: "No, ma la maggior parte delle persone chiama "grandi" gli uomini con barbe lunghe – beh, diciamo barbe relativamente lunghe; più lunga è la barba, più grande è l'uomo."<ref>Bernhard citato da Honegger, ''op. cit.''</ref> In ''Antichi Maestri'', Bernhard crea Reger, un uomo influente, che ha la barba e osserva l’uomo barbuto del Tintoretto. I due significano la grandezza dell'umanità, che è ammirata da Atzbacher, da Irrsigler e dagli spettatori. Gli abiti neri indossati da entrambi gli uomini offrono un piacevole contrasto con la scintillante catena d'oro che è drappeggiata sul petto di Aristotele e la collana, i bottoni e l'anello d'oro che indossa l’''Uomo dalla barba bianca''.
 
Anche il posizionamento delle mani dei modelli è di particolare interesse. La rappresentazione di Rembrandt delle mani di Aristotele è sensibile. La mano destra illuminata poggia sulla testa di Omero, mentre la mano sinistra rimane in ombra e poggia sul fianco sinistro di Aristotele. Contrariamente alla pittura di Rembrandt, la mano destra dell’''Uomo dalla barba bianca'' è completamente nascosta all'ombra, mentre la sua mano sinistra è illuminata e porta un anello d'oro sul dito indice. Secondo Held:
{{q|È sicuramente significativo che Aristotele tocchi il busto di Omero con la mano destra, favorito in teologia, simbolismo e cerimoniale; è la sua sinistra che tocca la catena. La sua mano destra è sollevata mentre la mano sinistra è abbassata. Ed è un pensiero caratteristico di un artista famoso per il suo uso deliberato e significativo di chiaro e scuro che la mano destra sia in piena luce, la sinistra in ombra.<ref>Held, ''op. cit.'', p. 39.</ref>}}