Thomas Bernhard/Opere: differenze tra le versioni

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Dove non diversamente indicato, le opere sono romanzi.
* '''1957''' [[Thomas_Bernhard/Appendice I#In terra e all'inferno|''In terra e all'inferno'' (''Auf der Erde und in der Hölle'', poesie)]], Salzburg, 1957
* '''1958''' ''[[whttps:In hora mortis//books.google.co.uk/books/about/In_hora_mortis_Testo_tedesco_a_fronte.html?id=mEH8MAAACAAJ&redir_esc=y (Bernhard)|In hora mortis]]'' (''In Hora Mortis'', poesia); tr. e nota di Luigi Reitani (Milano: SE, 2002):
{{q|<small>Prima di affermarsi come prosatore e drammaturgo, Thomas Bernhard esordì in qualità di poeta, pubblicando cinque volumi in versi strettamente legati a un bisogno giovanile e autobiografico di «sublimazione psicologica» e fortemente connessi al clima della lirica austriaca degli anni cinquanta. In hora mortis è il suo secondo libro di poesia, dato alle stampe per la prima volta nel 1958 e in seguito riproposto dallo stesso autore, nonostante avesse ormai trovato nella narrativa e nel teatro i generi più adeguati alla piena manifestazione del suo talento. Relegati come «fase preliminare dell'attività letteraria di Berhard», i suoi versi meritano tuttavia un’attenta lettura per la loro forza espressiva, la componente musicale, l’espressionismo formale e visivo che, sebbene rientrino spesso in stilemi tradizionali – probabile testimonianza di una fase di ricerca – mantengono tuttavia la loro originalità e rivelano già i primi segni del genio.<br/>
''In hora mortis'' si rifà alla tradizione degli Sterbebüchlein, «quella letteratura religiosa rivolta a insegnare l’ars morendi […] che – spiega Luigi Reitani nel breve e accuratissimo saggio conclusivo – diffusa in tutta Europa fin dal tardo medioevo, aveva trovato il suo apice nel mistico francese [[w:Jean Gerson|Johannes Gerson]] (1363-1429)». Gli Sterbebüchlein avevano il compito di preparare spiritualmente l’uomo, con raccoglimento e preghiera, al momento della morte, ossia all’incontro con Dio, apice dell’esperienza dell’anima. Questa preparazione si svolgeva secondo quattro gradini, trattati nelle quattro parti in cui i testi erano suddivisi – ''exortationes, interrogationes, orationes'' e ''observationes'' – e fondamentali per comprendere la struttura quadripartita del poemetto di Bernhard.<br/>
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* '''1963''' ''[[w:Gelo (romanzo)|Gelo]]'' (''Frost''); tr. Magda Olivetti (Torino: Einaudi, 1986):
{{q|<small>Un chirurgo affida a un suo studente un'insolita missione: dovrà studiare segretamente il comportamento di suo fratello, un anziano pittore che si è isolato dal mondo ritirandosi a Weng, un paesino d'alta montagna, buio e malinconico. Durante lunghe passeggiate attraverso un paesaggio pietrificato dal gelo, bellissimo e terribile, lo studente si smarrisce ben presto nel labirinto ossessivo dei monologhi del pittore in cui verità lancinanti sembrano brillare al di là della fitta trama di allucinazioni, manie, congetture filosofiche, deliri persecutori e memorie autobiografiche. Il romanzo è il progressivo coinvolgimento dello studente e del lettore nella visionaria psicosi del pittore e nella vita quotidiana del villaggio, i cui abitanti sono esemplari di una umanità priva di ogni possibile luce di redenzione. "Ho riletto 'Gelo' dopo parecchi anni. Con piú attenzione della prima volta, fermandomi spesso a pensare a Weng, il paese di montagna piú cupo che si possa immaginare, e ai suoi abitatori, la moglie dell'oste che gestisce quella locanda fredda e fuori mano, lo scuoiatore che fa anche il becchino, l'ingegnere che dirige i lavori della centrale elettrica in costruzione, e naturalmente Strauch, che riempie con i suoi infiniti discorsi, quasi un monologo ininterrotto, le fitte pagine del romanzo, l'esordio stupefacente di quel Thomas Bernhard che oggi tutti considerano una delle vette della narrativa contemporanea. Il documento di un divenir-folli? Non solo e non semplicemente, anche se la parola follia già di per sé dice tutto, e Bernhard comincia qui a darle una fisionomia speciale, che fa esplodere la cosa (chiamiamola cosí) in mille frammenti, tutte le tonalità del nero e insieme tutti i colori della realtà. Una preparazione alla morte? Ma in quella landa mortificata dai brividi del freddo c'è vita, e Strauch è il piú vivo di tutti."</small>|''Dalla prefazione di Pier Aldo Rovatti''}}
* '''1964''' ''[https://books.google.co.uk/books?id=TcxqCgAAQBAJ&dq=Amras+thomas+bernhard&hl=en&sa=X&ved=0ahUKEwjjjazqwvHmAhXUQEEAHZFsDq4Q6AEIKTAA Amras'' (''Amras);]'' tr. Magda Olivetti (Torino: Einaudi, 1989; Milano: SE, 2003, con una nota di Luigi Reitani):
{{q|<small>Segregati in una torre – al tempo stesso eremo mistico e simbolo della loro tradizione familiare – due fratelli vivono un tempo sospeso e dilazionato, dopo il suicidio dei genitori, cercando un impossibile approccio all'Assoluto. In questo bruciante racconto della maturità, Thomas Bernhard ha condensato con sapienza narrativa i motivi e i temi cardine del suo intero universo poetico. Quei suoni che provengono dalla strada, le figure ancora intraviste dalle tende tirate nell'incombente buio della sera, i libri di poesia ancora compulsati, i noti oggetti e volti quotidiani, percepiti in un istante che si avverte come estremo: tutto questo è evocato con un amore segreto e umanissimo, che restituisce alla vita tutta la sua aura sacrale.</small>}}
* '''1967''' ''Prosa'' (''Prosa'', racconti), Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1967. Nel volume:
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* '''1967''' ''[[w:Perturbamento|Perturbamento]]'' (''Verstörung''), tr. e nota di Eugenio Bernardi (Milano: Adelphi, 1981):
{{q|<small>Un medico condotto della Stiria, accompagnato dal figlio, fa un giro di visite: insieme a loro, dalla prima frase fin oltre l'ultima, siamo presi in un "Perturbamento" che avvolge tutto come uno scirocco metafisico. Una vibrazione di malattia e di tristezza emana dalla psiche e dalla natura. La campagna, qui, è il luogo prediletto della brutalità: dal caldo opprimente dei fienili, dove i bmbini hanno paura di morire soffocati, al gelo segregato di un castello, a picco su una gola ostile alla luce: ovunque si percepisce un invito alla distruzione, un incoraggiamento all'ansia suicida. Le porte si aprono ogni volta su qualcosa di atroce: la moglie di un oste malmenata a morte, senza ragione, dagli avventori del locale; una vecchia maestra in agonia, con "il sorriso delle donne che si destano dal sonno sapendo di non avere più speranza"; una fila di uccelli esotici strangolati, perché i loro lamenti sono assordanti. In uno stile asciutto, protocollare, Bernhard elenca i relitti del dolore, finché la scansione inflessibile, martellante dei fatti lascia il posto all'immane delirio dell'ultimo infermo: il principe Saurau, raggelato da un eccesso di lucidità, scosso da un continuo frastuono nella testa, abbandonato ormai a una "micidiale tendenza al soliloquio". Nelle sue parole incessanti confluiscono e si dilatano i frammenti dell'orrore che già abbiamo traversato. Ma qui essi vengono scalzati dalla loro fissità e presi in un vortice, il moto perpetuo del "perturbamento". Bernhard ci conduce in un terribile viaggio nella solitudine e nella malattia: il solipsista industriale alla ricerca dell’ispirazione filosofica, immerso in un’ermetica misantropia dalla quale non esclude però la sorella, che é costretta quindi a vivere il dramma con lui, e che porterà entrambi alla rovina; l’artista ragazzo che in preda alla follia scarabocchia i ritratti dei grandi della musica classica, quando non legato al letto dalla madre e dai parenti a causa delle convulsioni; la signora Ebenhoh, straziata da una malattia mortale in completa solitudine alleviata di tanto in tanto da qualche libro (''La principessa di Cleves'') e da Schubert; il maestro costretto alla solitudine da un malinteso su un presunto crimine e condotto alla follia e alla malattia nel più miserevole disonore: tutti queste variazioni sul tema della solitudine e della malattia, nonché della sofferenza, sono uno stampo, un formante plastico per i personaggi che popoleranno i lavori seguenti di Bernhard e sfociano nella già citata figura del principe Sarau che li riassume tutti e li trascina in un vortice, causando un perturbamento, per l’appunto.</small>|''Prefaz. Andrea Gussago''}}
* '''1968''' ''[[whttps://books.google.co.uk/books?id=hIwlAAAACAAJ&dq=Ungenach++thomas+bernhard&hl=en&sa=X&ved=0ahUKEwjh2p6mw_HmAhWSlFwKHShCDrAQ6AEIMTAB (romanzo)|Ungenach]]'' (''Ungenach. Erzählung'', romanzo breve); tr. Magda Olivetti (Torino: Einaudi, 1993)
* '''1969''' ''[[whttp:La //dietroleparole.it/2015/09/12/thomas-bernhard-la-partita -a -carte./ Un'eredità|La partita a carte. Un'eredità]]'' (''Watten. Ein Nachlaß'', romanzo breve), tr. Magda Olivetti (Torino: Einaudi, 1983)
* '''1969''' ''[[whttps://books.google.co.uk/books?id=dNgatgEACAAJ&dq=Eventi++thomas+bernhard&hl=en&sa=X&ved=0ahUKEwj2_q6PxPHmAhWVlFwKHW_cBKEQ6AEILDAA (Bernhard)|Eventi]]'' (''Ereignisse'', racconti); tr. e nota di Luigi Reitani (Milano: SE, 1989):
{{q|<small>L'opera costituisce una tappa essenziale dell'itinerario poetico di Thomas Bernhard, all'interno del quale il lettore riconoscerà alcune costanti della sua opera: l'alienazione dell'individuo in una natura e in una società a lui estranee, la desolazione della provincia, la morte o la pazzia in fondo al vicolo cieco dell'esistenza.</small>}}
Il volume contiene [anche]:
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* '''1970''' ''Camminare'' (''Gehen'', romanzo breve), Frankfurt am Main: 1971
* '''1971''' ''Tre giorni'' (''Drei Tage'', racconto), tr. Anna Calligaris, in ''aut aut'', 325, 2005, pp. 8-16
* '''1975''' ''[https://books.google.co.uk/books?id=01zfAgAAQBAJ&dq=L%27origine.+Un+accenno++thomas+bernhard&source=gbs_navlinks_s L'origine. Un accenno]''. Vol. I dell'Autobiografia (''Die Ursache. Eine Andeutung''); tr. Umberto Gandini (Milano: Adelphi, 1982):<ref name="Auto">Riuniti nel volume ''Autobiografia'', a cura di Luigi Reitani, Milano, Adelphi (coll. "[[w:La Nave Argo|La Nave Argo]]" n. 14), 2011. ISBN 9788845926389</ref>
{{q|<small>In questo volume della sua biografia, Bernhard ha voluto subito raccontare un periodo della sua vita a cui risale il manifestarsi di una lesione insanabile in lui: i mesi passati durante la guerra nel Convitto nazionalsocialista di Salisburgo, fra macerie e angherie, e i mesi passati nello stesso collegio, ora chiamato Johanneum, e retto da sacerdoti cattolici, sempre fra angherie, all'inizio di una ottusa pace. Nell'intima compenetrazione salesburghese fra nazismo e cattolicità, nella vocazione della città al suicidio (una delle più alte percentuali europee) e all'Arte Universale, nella scuola come offesa permanente, nella capacità locale di cancellare la memoria e sovrapporre una nobile decorazione a un fondo putrido, Bernhard riconosce una costellazione atroce e beffarda alla quale da sempre ha tentato di sottrarsi: e qui la presenta e la ripercorre in pagine ossessive, implacate. Il piccolo Thomas Bernhard, al Convitto nazionalsocialista, suonava il violino nella "stanza delle scarpe", "piena zeppa di centinaia di scarpe dei suoi compagni intrise di sudore, accatastate su scaffali di legno marcio". Suonare il violino era per lui una preparazione al suicidio - e un modo di sfuggire al suicidio, concentrandosi nell'atto del suonare. Anni dopo sarà lo scrivere stesso, per Bernhard, una metodica esplorazione dell'orrore - e insieme l'unica mossa efficace per sfuggirgli.</small>}}
* '''1975''' ''[[w:Correzione (romanzo)|Correzione]]'' (''Korrektur''); tr. Giovanna Agabio (Torino: Einaudi, 1995):
{{q|<small>L'austriaco Roithamer, docente a Cambridge, in anni di febbrili progetti, costruisce per la sorella, l'unica persona da lui amata, un'abitazione a forma di cono in mezzo a un bosco. La risposta al regalo è la morte, il cono (rifugio, mausoleo, simbolo fallico, centro geometrico perfetto dell'esistenza e del pensiero) è destinato a scomparire risucchiato da una lussureggiante natura, eterna nemica. Tipica figura maniacale di Bernhard, Roithamer corregge all'infinito il suo progetto, lo corregge fino all'estrema autocorrezione: il suicidio. "Correzione" si dibatte tra amore e disprezzo, umanità e degrado, ipocrisia e violenza, malattia e morte in un crescendo che porta la follia alle soglie estreme di un'assoluta lucidità.</small>}}
* '''1976''' ''Il loden. Racconti'' (''Der Wetterfleck. Erzählungen''); tr. e presentazione di Giulia Ferro Milone (Roma: Theoria, 1988)
* '''1976''' ''[https://books.google.co.uk/books?id=9lvfAgAAQBAJ&dq=La+cantina.+Una+via+di+scampo++thomas+bernhard&source=gbs_navlinks_s La cantina. Una via di scampo]''. Vol. II dell'Autobiografia (''Der Keller. Eine Entziehung''); tr. Eugenio Bernardi: (Adelphi 1984)<ref name="Auto" />
{{q|<small>Per abbandonare veramente il ginnasio di Salisburgo già descritto ne "L'origine", con la sua nefasta mistura di nazismo e pietà cattolica, il giovane Bernhard doveva scegliere qualcosa che fosse anzitutto, e in tutti i sensi, "nella direzione opposta", il punto più lontano possibile nella direzione opposta. Perciò abbandonare il centro di Salisburgo, dove le persone stesse sono "arte decorativa", e finire nel quartiere più malfamato e più sordido della città, i cui abitanti vengono spesso chiamati "feccia dell'umanità". E in quel quartiere fermarsi nel negozio dell'amabile signor Podlaha: una cantina adibita a spaccio di alimentari, sempre piena di clienti, di movimento, di cose da fare. Quel luogo, al centro dell'"anticamera dell'inferno", ha però qualcosa di oscuramente attraente: i clienti vi entrano anche senza ragione, trafficano con i bollini delle tessere annotarie, parlano della guerra e delle storie per lo più atroci che li riguardano, bevendo rum dalla bottiglia che hanno con sé. L'apprendista Bernhard li ascolta con attenzione vorace, attraverso di loro entra in molte vite, in molte case, spesso portando pesanti borse della spesa e chiaccherando nella lingua cruda e netta del luogo. Impara "a vivere in compagnia di molte persone fra loro diversissime", il suo dono di intenso osservatore si acuisce. Per lui tutto questo equivale, anche se ancora forse non lo sa, a una prima sortita in quello che sarà il suo territorio di scrittore: da quel quartiere che è la "macchia di sporcizia" nella nobile città di Salisburgo, e dall'umida cantina che è il suo centro segreto, si propaga una moltitudine di voci disparate, disadorne, stridenti, che Bernhard amorosamente raccoglierà nella sua prosa angolosa, martellante, obbedendo alla sua vocazione di "disturbatore della pubblica quiete". Così egli ha potuto scrivere che il periodo di apprendistato nel negozio di alimentari è stato il "più importante" della sua vita.</small>}}
* '''1976''' ''Le celebrità'' (''Die Berühmten''), in ''Stücke'', vol. 2
* '''1978''' ''[https://books.google.co.uk/books?id=hlvfAgAAQBAJ&dq=Il+respiro.+Una+decisione++thomas+bernhard&source=gbs_navlinks_s Il respiro. Una decisione]''. Vol. III dell'Autobiografia (''Der Atem. Eine Entscheidung''); tr. Anna Ruchat (Milano: Adelphi 1989):<ref name="Auto" />
{{q|<small>Fra monache impazienti che i malati esalino l'ultimo respiro e cappellani ansiosi d'impartire l'estrema unzione, il diciottenne Bernhard, malato di pleurite, si trova in punto di morte nel reparto degli agonizzanti (il trapassatoio) in un ospedale di Salisburgo, unico giovane in mezzo a vecchi decrepiti che attorno a lui, uno dopo l'altro, cessano di respirare. È in quel luogo di orrori e in quel momento estremo che il ragazzo decide di vivere e inizia un difficile processo di guarigione, nonostante l'improvvisa morte del nonno, unico essere da lui amato al mondo, utopista e bonario despota che soleva ripetere al nipote: "È il corpo che obbedisce allo spirito e non viceversa". Ma è anche lo spirito che s'inventa le malattie: poiché "il malato è un veggente", esse sono indispensabili all'artista e soprattutto allo scrittore per affinarne intelletto e sentimenti. Nel "Respiro", parte dell'autobiografia, Bernhard ha ormai concluso il primo ciclo dei grandi romanzi della follia e dell'autodistruzione. Anche la prosa scorre qui quasi piana e discorsiva, rinunciando ai monumentali grovigli sintattici delle opere precedenti. Pur restando sempre ossessiva, ricca di impennate e di pathos. Fedele e scorrevole la bella traduzione di Anna Ruchat.</small>}}
* '''1978''' ''[https://books.google.co.uk/books?id=J-FovYF04bYC&dq=L%27imitatore+di+voci+di+Thomas+Bernhard&source=gbs_navlinks_s L'imitatore di voci]'' (''Der Stimmenimitator'', racconti); tr. Eugenio Bernardi (Milano: Adelphi 1987):
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* '''1980''' ''[https://books.google.co.uk/books/about/I_mangia_a_poco.html?id=ESxAAQAAQBAJ&redir_esc=y I mangia-a-poco]'' (''Die Billigesser''); tr. Eugenio Bernardi (Milano: Adelphi, 2000):
{{q|<small>Da una parte un uomo di pensiero che cerca caparbiamente, e invano, di riversare in un libro (un audacissimo trattato di fisiognomica) sedici anni di furiose riflessioni; dall'altra quattro personaggi dalle vicende ordinarie, legati fra loro solo dall'abitudine di pranzare insieme alla CPV (la Cucina Pubblica Viennese) scegliendo puntualmente il menù più economico. Fra questi due poli, come fra due diversi volti di un'unica entità che è la mania stessa - motore immobile dell'esistenza, cintura di salvataggio nel tentativo di sopravvivere - si intesse "I mangia a poco". Anche qui, come spesso in Bernhard, sarà lecito domandarsi se ci si trova in mezzo a una tragedia o a una commedia. Ciò che domina è comunque un'indagine maniacale – e spesso esilarante – della mania, a ogni suo livello, dall'infimo al supremo, vista come ultimo, disperato relitto di un grandioso tentativo di imporre un senso all'esistenza: un'esistenza mutilata, così come mutilato è il protagonista Koller, cui il morso di un cane ha inflitto una ben remunerata invalidità. E tutto questo perché l'uomo è in balia del caso, proprio come Koller, che un fatidico giorno - fausto ed insieme infausto - in un parco viennese, anziché andare automaticamente e come sempre verso il vecchio frassino, va verso la vecchia quercia, ribaltando così la sua esistenza e arrivando nel contempo al centro del proprio "filosofismo".</small>}}
* '''1981''' ''[https://books.google.co.uk/books?id=q1vfAgAAQBAJ&dq=Il+freddo.+Una+segregazione++thomas+bernhard&source=gbs_navlinks_s Il freddo. Una segregazione]''. Vol. IV dell'Autobiografia (''Die Kälte. Eine Isolation''), tr. Anna Ruchat (Milano: Adelphi, 1991):<ref name="Auto" />
{{q|<small>''Il freddo'' racconta il periodo passato da Thomas Bernhard, fra i diciotto e i diciannove anni, nel sanatorio pubblico di Grafenhof. Ed è la storia di un'altra lotta durissima per la sopravvivenza, dove la malattia che assale il giovane Bernhard è al tempo stesso una malattia terribilmente fisica - legata a una specifica persecutorietà ambientale e sociale - e una malattia dell'anima, come già indica l'epigrafe di Novalis, che è la chiave del libro: "Ogni malattia può essere definita malattia dell'anima". In questa vicenda di un "inabissarsi" in una "comunità della morte", per poi riemergerne quando tutto sembra perduto, arricchito dalla scoperta che "la via dell'assurdo è la sola praticabile", e quasi salvato dalla musica (a cui allora contava di dedicarsi), Bernhard ci offre il penultimo, possente pannello della sua autobiografia, impresa solitaria e altissima della letteratura del nostro tempo.</small>}}
* '''1981''' ''[https://books.google.co.uk/books?id=VdlLAAAAMAAJ&q=Ave+Vergil++thomas+bernhard&dq=Ave+Vergil++thomas+bernhard&hl=en&sa=X&ved=0ahUKEwj83-q1xfHmAhX1tHEKHYIvDWIQ6AEIKzAA Ave Vergil]'' (''Ave Vergil'', poesia); tr. e introduzione di Anna Maria Carpi (Parma: Guanda, 1991)
* '''1982''' ''[https://books.google.co.uk/books?id=0FvfAgAAQBAJ&dq=Un+bambino++thomas+bernhard&source=gbs_navlinks_s Un bambino]''. Vol. V dell'Autobiografia (''Ein Kind''); tr. Renata Colorni (Milano: Adelphi, 1994):<ref name="Auto" />
{{q|<small>Bernhard scrisse per ultima questa parte dell'autobiografia che racconta i suoi primi anni, fino all'entrata nel collegio di Salisburgo. Ed è come se, tornando alle radici di angosce e orrori, egli raggiungesse uno stato di euforia, di leggerezza, di primordiale scoperta, altre volte celato o piegato alla lotta feroce con il mondo circostante. Qui tutto comincia con un bambino di otto anni che si getta in una sfrenata spedizione in bicicletta. "Sarebbe stato del tutto contrario alla mia natura scendere dalla bicicletta dopo qualche giro; come tutte le imprese che iniziavo, anche questa la spingevo fino all'estremo". In questo bambino che si lancia in bicicletta 'fino all'estremo' c'è già tutto Bernhard. Ma in una versione più ariosa, di elementare felicità. Aspetto che ritroveremo anche nei ritratti mirabilmente nitidi del nonno, della madre e degli amici d'infanzia. Tutte le torture che il mondo tiene in serbo già si intravedono, si presagiscono o irrompono sulla scena (siamo negli anni del nazismo e della guerra) - ma anche, con grande naturalezza, l'irresistibile meraviglia del bambino davanti a una tazza di cioccolata calda, quando i nonni lo portano con loro nel vasto mondo, a pochi chilometri da casa.</small>}}
* '''1982''' ''[https://books.google.co.uk/books/about/Cemento.html?id=IO_VsgEACAAJ&redir_esc=y Cemento]'' (''Beton''), tr. Claudio Groff, con una nota di Luigi Reitani (Milano: SE, 1990):