Filosofia dell'amicizia/Varietà: differenze tra le versioni

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La questione dell'aiuto reciproco solleva la questione della parentela e dell'amicizia. Quelle persone che intrattenevano relazioni di parentela venivano regolarmente descritte dall'aggettivo ''philoi''. Potremmo quindi dire che erano "amici" o, forse più modestamente, che erano "cari l'uno all'altro".<ref>David Konstan, "Greek Friendship", ''American Journal of Philology'', 117, 1980, pp. 71–94, sostiene che gli antichi greci distinguevano linguisticamente tra relazioni d'amore e d'amicizia. L'aggettivo ''philos'' può modificare un oggetto o una persona e può quindi essere letto passivamente come "caro tal dei tali" o "amato zio". (Può anche essere letto all'attivo come in ''philosophos'' – amante della saggezza.) L'aggettivo è legato al sostantivo ''philein'' – amare – e il termine astratto ''philia'' deriva, a sua volta, dall'aggettivo. Infine, l'aggettivo con un articolo determinativo può essere tradotto come il nome: ''oi philoi'' – gli amici; ''ho philos'': l'amico. Può anche apparire senza l'articolo determinativo: ''philoi'' – amici. Konstan sostiene che l'uso greco in genere individuava la relazione che noi moderni chiamiamo amicizia/affinità con l'uso dell'articolo determinativo, quindi i Greci non vedevano davvero la parentela e l'amicizia/affinità come relazioni su un ''continuum'' e avevano persino un mezzo linguistico per distinguere convenientemente tra loro. Non è questo il posto per affrontare un problema così complesso, ma non siamo convinti del caso presentato da Konstan. Per l'opinione opposta secondo cui i greci consideravano le relazioni di parentela alla pari di altre relazioni amichevoli, si veda Blundell, ''Helping Friends and Harming Enemies'', pp. 39–43, 46 e Foxhall, "The Politics of Affection", p. 63.</ref> Questo, ovviamente, definisce l'antica categoria di amici come diversa da quella moderna. Noi moderni ''possiamo essere'' amici dei nostri genitori, ma non ne siamo amici semplicemente in virtù del fatto che sono i nostri genitori e noi siamo i loro figli. Non dobbiamo supporre che la vita familiare dell'antica Grecia fosse tanto meglio della nostra cosicché ogni bambino greco considerava i suoi genitori come noi moderni consideriamo le persone che chiamiamo amici. Piuttosto, il fatto che lo stesso termine fosse usato in queste relazioni suggerisce che la nozione fondamentale di ''philia'' era quella dei doveri di assistenza reciproca. Senza dubbio molte relazioni di ''philia'' erano calorose e affettuose, come molte delle nostre relazioni amichevoli oggigiorno. Ma ciò che li contrassegnava come relazioni di ''philia'' non era la sensazione, ma piuttosto l'idea che queste erano persone che uno era obbligato ad aiutare.
 
Anche nel V e nel IV secolo p.e.v., c'erano persone che consideravano indesiderabile questa assimilazione della famiglia agli amici. L'obiezione non era fondata sul fatto che gli amici dovevano essere quelli con cui si condivide un'intimità emotiva essenziale. [[w:Demostene|Demostene]] scriveva: "Non c'è una famiglia naturale di amici e nemici, ma le azioni creano queste categorie". Demostene obiettava quindi che i membri famigliari non dovevano essere automaticamente definiti amici perché non avrebbero potuto fare ciò che è essenziale per gli amici — beneficiarsi a vicenda. Francisco Gonzales sostiene che anche Socrate e i suoi seguaci cercarono di minare la nozione di parentela-''philia''.<ref>Demostene, 23.56; Francisco Gonzales, "Socrates on Loving One’s Own: A Traditional Conception of ΦΙΛΙΑ Radically Transformed", ''Classical Philology'' 95, 2000, pp. 379–98.</ref>
 
Queste sono le eccezioni che provano la regola. Se gli antichi Greci non consideravano la parentela e l'amicizia una cosa sola, allora queste voci dissenzienti sarebbero difficili da spiegare. L'uso tipico greco di ''philos'' e ''philia'' tende a eludere le differenze tra ciò che noi moderni chiamiamo amicizia e altre relazioni, come la parentela e le relazioni di reciproco vantaggio. Poiché tutte le relazioni che cadono sotto la ''philia'' erano governate dall'imperativo per aiutare gli amici (i propri cari) e danneggiare i nemici (le persone odiose), gli antichi greci tendevano a considerare l'amicizia/affinità, la parentela, l'adesione a club e così via, come posizioni lungo un ''continuum''.
 
=== Politica e amicizia ===
Sappiamo che per i greci la concessione di ricevere servizi o favori (carità) era importante per il mantenimento delle relazioni di ''philia''.<ref>Mitchell, ''Greeks Bearing Gifts'', pp. 18-21.</ref> Ma il posto di amicizia nel progetto reciproco della politica merita una considerazione speciale, poiché è in questo contesto che noi troviamo una forma particolare in cui si manifestava l'amicizia politica, l’''hetaireia'' o il club politico. Non si poteva praticare la politica "senza amici e seguaci di fiducia".<ref>''Settima Epistola'', 325c–d.</ref> La maggior parte degli studiosi ritiene che questa sia una descrizione accurata dell'antica realtà politica greca. (Le migliori testimonianze di ciò provengono da Atene e la discussione che segue è limitata a tale città.)
 
Nella città-stato democratica di Atene nel V secolo p.e.v., il potere politico era centrato in gruppi di amici (''philoi'').<ref>Lynette G. Mitchell, "New for Old: Friendship Networks in Athenian Politics", ''Greece and Rome'' 43, 1996, pp. 10-21 a p. 11. Anche W. Robert Conner, ''The New Politicians of Fifth-Century Athens'', Princeton University Press, 1971, p. 41: i gruppi politici dell'Atene del V secolo erano in gran parte gruppi di ''philoi''."</ref> Questi gruppi di amicizia erano di vari tipi: l’''oikeia'' o la famiglia immediata, il ''genos'' o gruppo di parentela, la ''kedeia'' o alleanza matrimoniale, l’''hetaireia'' o club politico.<ref>Conner, ''New Politicians'', pp. 9–29.</ref> Poiché i membri di questi gruppi erano ''philoi'', essi erano legati l'uno all'altro dal principio di aiutare gli amici e danneggiare i nemici.<ref>Questo principio era attivo non solo nella vita quotidiana, ma anche nella vita politica. Si veda ''ibid.'', pp. 41–3.</ref> Quindi un uomo che aveva bisogno di sostegno nei tribunali, nell'assemblea o nel consiglio, doveva cercare l'aiuto dei suoi ''oikeioi'', ''gennaitai'', ''kedestes'' (suoceri) o ''hetairoi''.<ref>Si poteva aiutare un amico in un contenzioso presentandosi come testimone o avvocato a suo nome, sopprimendo le prove, corrompendo i funzionari. Si veda George Miller Calhoun, ''Athenian Clubs in Politics and Litigation'', Burt Franklin, 1970, pp. 40–96. Nel reame del politico,
== ''Conclusione'' ==
{{q|[gli amici] potevano fornire una ''claque'' e il supporto necessario per formare una maggioranza [nell'Assemblea]. Potevano disturbare altri oratori e talvolta fornire a un politico un portavoce nel Consiglio (la ''boulê'') quando lui stesso non era un membro... Inoltre, l'amico che era un politico poteva aiutare un cittadino a ottenere un dato incarico, fornirgli una funzione amministrativa o militare che gli avrebbe portato fama, [o] organizzargli qualche viaggio privilegiato da ambasciatore... Il modello è abbastanza familiare oggi e non era meno comune nell'antichità.|Conner, ''New Politicians, cit.'', p. 36}} Calhoun, ''Athenian Clubs'', pp. 107-11, osserva un ulteriore modo in cui gli amici potevano essere utili nel reame politico — cioè, assassinando avversari politici.</ref> Questi erano i suoi''philoi''. Erano tenuti a sostenerlo, ed egli era tenuto a ripagarli in modi appropriati per tale sostegno.
 
Quanto erano diffusi questi gruppi di amicizia? Sembra che abbiano avuto un ruolo solo nella vita dei cittadini ricchi e affermati. Furono loro, e non i cittadini dei segmenti inferiori della società ateniese, a partecipare alla vita politica della città attraverso i legami personali e intimi di ''philia'' del gruppo di amicizia.<ref>Conner, ''New Politicians, cit.'', p. 77: "Non sembra probabile che la maggioranza dei poveri fosse pienamente inclusa nel sistema di legami d'amicizia che... costituivano il modello basilare della politica ateniese". Si vedano anche pp. 11–12, 29, 88, 134. Conner nota che i cittadini poveri di Atene "costituivano un gruppo esterno ai centri di vero potere" (p. 88). La loro "influenza... era sproporzionatamente esigua" (p. 89) ed è molto probabile che "guardassero con sospetto i gruppi di amicizia esistenti" (p. 88).</ref> Tali gruppi, a quanto pare, erano elitari. E i cittadini più poveri? L'amicizia ebbe un ruolo nella loro vita politica? Sì, ma in un modo un po' diverso.
 
Alla fine del VI secolo p.e.v. [[w:Clistene|Clistene]] cercò il potere facendosi amico il popolo o le masse (''ton dêmon prosetairizetai'').<ref>Erodoto, 5.66.</ref> La tecnica di successo di Clistene fu imitata da politici come Pericle e [[w:Cleone|Cleone]]. Fecero appello direttamente al popolo per supporto, e lo fecero usando il linguaggio dell'amicizia, affermando di essere amici del popolo.<ref>Conner, ''New Politicians, cit.'', pp. 87–136.</ref> È importante notare che, entrando nella vita pubblica, Pericle e Cleone si ritirarono dalle loro amicizie personali. Sembra che il punto di tale ritiro fosse quello di dare l'impressione di imparzialità e quindi rafforzare la pretesa di amicizia col popolino.<ref>Plutarco, ''Pericle'', 7.5 e ''Moralia'', 806F; ''ibid.'', pp. 91–4, 119–22.</ref>
 
Così, accanto ai gruppi di amicizia elitari, esisteva un altro tipo di amicizia politica nell'Atene del V secolo, quella che legava il politico non ai singoli ''philoi'', ma al ''dêmos''.<ref>Connor, ''New Politcians'', p. 135, ci dice che i due tipi di amicizia politica "rappresentano sistemi di politica che esistevano veramente e si contrastarono per lungo tempo".</ref> Questo secondo tipo di amicizia implicava "vincere la buona volontà [cioè, il sostegno politico] dei comuni cittadini mediante atti di generosità tempestivi [festival, parchi, sacrifici pubblici, atti di filantropia] e una costante affabilità di modi. Questa era la politica della generosità".<ref>''Ibid.'', p. 91; si vedano anche pp. 19-22. Mitchell (''Greeks Bearing Gifts'', p. 42) chiama la stessa usanza "patronato" e aggiunge: "In Grecia il patronato appartiene al repertorio della relazioni di ''philia''" (p. 42, n. 6). Conner, invece, nega l'esistenza di patronato in Grecia: ''New Politicians'', p. 18.</ref>
 
La [[w:guerra del Peloponneso|guerra del Peloponneso]] (431–404 p.e.v.) introdusse cambiamenti in entrambe queste forme di amicizia politica. Uno degli effetti della guerra sulla politica ateniese fu di rendere inutili lo status, la ricchezza e il buon matrimonio per una carriera politica di successo. I nuovi politici ateniesi del IV secolo "non appartenevano alle reti di amicizia consolidate delle grandi famiglie benestanti".<ref>Mitchell, "New for Old", p. 15.</ref> Di conseguenza, i legami di fiducia di ''oikeioi, gennaitai, kedestes'' e ''hetairoi'' (almeno nel senso del V secolo) avevano poco spazio nella politica di Atene del quarto secolo. C'erano ancora gruppi di amicizia, ma erano molto più frammentati e soggetti a mutevoli alleanze.<ref>''Ibid.'', pp. 16–19.</ref>
 
Apparentemente anche i politici del quarto secolo continuarono a cercare di coltivare "l'amicizia con il popolo".<ref>Cfr. [[w:Isocrate|Isocrate]], ''Sulla pace'', 121.</ref> Ma non ebbero altrettanto successo, forse perché la diminuita ricchezza di Atene significava che erano meno in grado di impegnarsi nella politica della generosità con successo, come avevano fatto Pericle e Cleone.
 
La guerra del Peloponneso portò nel mondo greco non solo conflitti tra città, ma conflitti del peggior tipo: conflitti all'interno della città o guerra civile (''stasis''). La situazione di [[w:Corcira|Corcira]], come descritta da [[w:Tucidide|Tucidide]], fu tipica, poiché le fazioni pro-ateniesi (democratiche) e pro-spartane (oligarchiche) si brutalizzavano a vicenda:
{{q|C'era la morte di ogni tipo e forma... la gente andava ad ogni estremo e oltre. C'erano padri che uccidevano i propri figli; uomini che venivano trascinati fuori dai templi o massacrati proprio sugli altari; alcuni furono effettivamente murati nel tempio di Dioniso e vi morirono. . . Più tardi, naturalmente, praticamente tutto il mondo ellenico fu rivoluzionato, con partiti rivali in ogni stato — leader democratici che cercavano di attirare gli ateniesi e oligarchi che cercavano di attirare gli spartani... Scoppiarono quindi guerre civili in città dopo città.|Tucidide, ''[[w:Guerra del Peloponneso (Tucidide)|Guerra del Peloponneso]]'', III 81–2}}
 
Queste guerre civili non cessarono con la fine della guerra del Peloponneso, ma continuarono fino al quarto secolo.<ref>M. M. Austin, "Economy and Society", in D. M. Lewis, J. Boardman, S. Hornblower, M. Ostwald (curr.), ''The Cambridge Ancient History'', vol. VI, ''The Fourth Century'', Cambridge University Press, 1994, II ediz., pp. 527–64, a pp. 530–1. G. E. M. de Ste Croix, ''Class Struggle in the Ancient World'', Cornell University Press, 1981, p. 296: "Il più sanguinario dei numerosi focolai di ''stasis'' del IV secolo fu lo ''skytalismos'' ad Argos nel 370, quando 1200-1500 delle classi superiori si dice fossero stati massacrati dal ''demos''.</ref> M. M. Austin scrive: "Non è un caso che proprio alla fine del V secolo l’''homonoia'' – la concordia – tra i cittadini emerse come slogan politico... per diventare una parola d'ordine molto usata della politica greca interna ed esterna nel quarto secolo.<ref>Austin, "Economy and Society", p. 530.</ref> Senofonte, Demostene, Tattico, Lisia, Isocrate, Platone, Aristotele lodarono tutti questa concordia tra i cittadini. Cosa c'entra questo con l'amicizia? Aristotele ci dice che, tra i Greci, la concordia o l’''homonoia'' "si dice che sia" specificamente un'amicizia ''politica'', cioè un'amicizia tra concittadini. Tale ''homonoia'' consisteva in un accordo sui fondamenti costituzionali: per esempio, chi dovrebbe governare ed essere governato.<ref>Aristotle, ''NE'', 1167b2, 1167a22-b16.</ref> Usando Aristotele come nostra guida, possiamo dire che la richiesta da parte di oratori e filosofi che i concittadini dovessero vivere in ''homonoia'' era una richiesta che i concittadini diventassero amici di un tipo particolare. Alcuni<ref>Platone, ''Rep.'' 469b-471c; Isocrate, ''Antid.'' 77, ''Panath.'' 13; ''Gorgias'' (Filostrato ''VS'' 1.493).</ref> andarono oltre e sollecitarono l’''homonoia''/amicizia non solo a livello intracomunitario, ma anche a livello panellenico. La richiesta di ''homonoia'' continuò nel periodo ellenistico, sia a livello di teoria politica in cui gli stoici a volte identificarono l'amicizia civica con l’''homonoia'' e a volte fecero dell’''homonoia'' la base dell'amicizia,<ref>Andrew Erskine, ''The Hellenistic Stoa: Political Thought and Action'', Cornell University Press, 1990, p. 59.</ref> sia a livello di pratica politica in cui "i re macedoni persistentemente esortarono a mantenere la pace comune, a far ritornare e ricevere gli esiliati e a rinunciare alla rivoluzione".<ref>William C. West, "Hellenic Homonoia and the New Decree from Plataea", ''Greek, Roman, and Byzantine Studies'' 18, 1977, pp. 307–19 a p. 317.</ref>
 
== ''Conclusione'' ==
La differenza più rilevante tra l'amicizia moderna e la ''philia'' greca è l'estensione di quest'ultima relazione. Sebbene gli stessi antichi Greci potessero trarre delle differenze all'interno della gamma di relazioni racchiuse tra la ''philia'' e sue correlate, il fatto che le mettessero sotto un genere comune è rivelatore. Ciò che legava insieme questa moltitudine di relazioni era che erano unificate secondo il principio di guida all'azione: "aiutare gli amici e danneggiare i nemici". L'applicazione di questo truismo in casi particolari era senza dubbio complicata, poiché le relazioni di amicizia potevano sovrapporsi e intersecarsi in modi che rendevano difficile vedere come si potessero onorare tutti i propri obblighi. Né gli obblighi stessi erano così chiari: le asimmetrie del potere e le relazioni della gerarchia in molte amicizie rendevano impraticabile insistere sul fatto che ciascuna parte avrebbe dovuto apportare benefici d'amicizia equivalenti. Ciononostante, non vi era alcun evidente disagio per il fatto che esistesse una "economia dell'amicizia". Questi erano, e li si consideravano, rapporti di reciproco vantaggio. Ma erano, oltre a ciò, chiaramente considerati come beni in sé. Questo può sembrare strano per noi moderni dal momento che tendiamo a considerare le cose come divise esclusivamente in fini che valutiamo per loro stessi e semplici ''mezzi'' che apprezziamo ''solo'' nella misura in cui ci aiutano a raggiungere i nostri scopi. Ma i filosofi greci che tentavano di teorizzare sul valore delle cose, operavano con una tripartizione: cose che erano buone sia come mezzi per altre cose buone, sia perché erano preziose in se stesse; cose come godimenti oziosi che erano apprezzati solo per se stessi; e cose come l'assistenza medica che erano valutate solo in quanto contribuivano alla salute. L'amicizia apparteneva alla prima e più preziosa classe di cose.
 
== Note ==
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<references/></div>
 
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[[Categoria:Filosofia dell'amicizia|Varietà]]