Caccia tattici in azione/URSS: differenze tra le versioni

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==Per cominciare: le armi dei caccia russi==
===La ShKAS<ref>Dati dalla voce wiki.en</ref>===
Tra le armi sovietiche, tutte caratterizzate da un'elevata potenza di fuoco, anche se non necessariamente da un'elevata letalità dei colpi singoli, merita particolare attenzione la ShKAS, da 7,62x54 mm. Essa era una mitragliatrice ultrarapida capace di tirare 1.800 c.min alla velocità iniziale di 775-825 m.sec. Non solo, ma la Ultra ShKAS arrivava a circa 3.000 c.min. La sigla significa Shpitalny-Komaritski Aviatsionny Skorostrelny, ovvero un sistema a fuoco rapido per aerei. Fu a suo tempo una delle più innovative armi aeronautiche, allorché apparve non c'erano altre mitragliatrici così rapide e probabilmente non ce ne sono state nemmeno in seguito, a parte quelle multicanna. Bisogna ricordare che all'epoca -anni '30- erano piuttosto comuni armi come le Vickers, che sparavano circa 500-600 c.min, quindi un'inezia rispetto a queste nuove e rabbiose armi sovietiche. Disegnata da Shpitalniy e Komaritsky, entrò in produzione nel '34, giusto in tempo per armare il nuovo caccia ad alte prestazioni, l'I-16. Questo e le relative armi si possono ben considerare antisignani dell'F-104 e del suo cannone Vulcan, apparsi 20 anni dopo. All'epoca non c'erano caccia così veloci né armi dal volume di fuoco così elevato. Del resto l'I-16 era piccolo ed era necessario concentrare in un piccolo volume una grande potenza. Queste mitragliatrici l'ottenevano grazie ad un sistema a revolver con ben 10 camere di scoppio; stranamente, i Sovietici furono rapidi nell'applicare questo sistema, mentre saranno poi estremamente lenti nell'usarlo per i cannoni di calibro maggiore (cannoni-revolver), diventati in Occidente un concetto normale. Queste camere rotanti consentono un maggior ritmo di fuoco senza un eccessivo surriscaldamento, mentre la massa rinculante era necessariamente piccola, pesando solo 921 grammi, sì da ridurre l'inerzia e consentire un processo di fuoco rapido. Pare che le prime versioni fossero prive di sincronizzatore di tiro, ma la cosa significherebbe che i primissimi I-16 fossero armati con altre armi meno recenti. Dal '36 la cosa era comunque risolta, e le ShKAS erano lo standard per i caccia I-16 e i bombardieri SB-2. Le munizioni perforanti-incendiarie di nuova concezione erano efficaci, ma il rendimento complessivo non è mai stato univocamente riconosciuto. Per i piloti spagnoli, le mitragliatrici di questo tipo erano talvolta capaci di 'segare un aereo in due', spesso invece descritte come capaci di abbatterlo solo tirando 'alla nuca del pilota', specie per gli aerei tedeschi, che a differenza di quelli italiani erano costruti in metallo. Per gli I-16 vennero studiati molti tipi di armamento, inizialmente avevano solo due armi nel muso sincronizzate con l'elica bipala, poi ebbero anche le armi da 7,62 alari, che però -data la scarsa stabilità longitudinale del velivolo- non furono un grande miglioramento. Nel '39 vennero prodotte le Ultra-ShKAS, ma poche vennero usate per via di problemi di affidabilità considerando che una tale cadenza di tiro era davvero al limite per un'arma monocanna, e forse anche oltre. Soprattutto, ci si concentrò su armi di maggior calibro ed efficacia. Quanto a questa, si considerava che 4 di queste armi, istallateinstallate su I-153 e I-16, potessero piazzare 5 proiettili per m2 a distanza di 400 m, il che -almeno in teoria- era un eccellente risultato, specie contro i caccia dell'epoca -anni '30- che non avevano corazze protettive (eccetto proprio quelli sovietici, iniziando dall'I-16). Non solo, ma risulta -almeno in teoria- che ancora a quella distanza, fossero capaci di perforare ben 11 mm di acciaio (si consideri che spesso i caccia degli anni '40 non avevano che 8-10 mm di protezione, anche per il sedile del pilota, e che i combattimenti usualmente avvenivano a distanze molto minori), una potenza che a corta distanza aumentava ulteriormente, probabilmente almeno una quindicina di mm attorno ai 100 m (molto di più dei soliti 10-12 mm delle armi leggere dell'epoca), mentre la densità di proiettili avrebbe dovuto essere, a 100 m, circa 16 volte maggiore che a 400, ovvero 80 per m2. I colpi di per sé pesavano 9,6 grammi l'uno, tra i più leggeri per le armi di questo calibro, ma in totale con 4 armi se ne potevano tirare un quantitativo pari a circa 6.000/min, pari a 960 gr/sec. L'istallazioneinstallazione di 4 armi e 650 colpi per arma (2.600 totali) richiedeva solo 160 kg (40 kg per le mitragliatrici) e uno spazio limitato. Insomma, un'arma forse non così efficace per via della piattaforma di tiro, ma di per sé senz'altro degna di nota. Nel prosieguo della guerra venne sempre più sostituita con quelle da 12,7 e 20 mm, senza particolari rimpianti, visto che oramai la sua epoca volgeva al termine.
 
==Il rinnovo della V-VS==
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Prodotto in ben 16.769 esemplari, lo Yak-9 è diventato uno dei principali caccia della II GM e in particolare, della V-VS. Venne sviluppato dallo Yak-7DI, con tutte le esperienze preziose dei primi caccia della famiglia e tante piccole modifiche, come la posizione delle prese d'aria dei radiatori, e longheroni alari in metallo. Lo Yak-9 fu a sua volta tutt’altro che monolitico, anzi: ebbe due tipi di ali, 5 diversi tipi di motore e fatto interessante, 6 combinazioni di serbatoi interni e sette combinazioni. In tutto, questo tipo ebbe una notevole importanza, arrivando ad essere costruito per sei anni fino al 1948. La sua prima esperienza operativa fu a Stalingrado, dato che era appena entrato in servizio, nell’ottobre del ’42. Presto ebbe anche clienti esteri, soprattutto con lo Yak-9P che era un tipo largamente migliorato rispetto ai predecessori, anche se forse di qualcosa inferiore al top, almeno del periodo bellico, ovvero lo Yak-9U. Ecco le versioni, una per una.
Lo Yak-9 iniziale era dotato dell’M-105PF, come gli ultimi Yak-1, da 1.180 hp, cannone da 20 mm con 120 colpi e una sola UBS con 200 proiettili. Date le dimensioni così ridotte del caccia, la potenza di fuoco era davvero il minimo indispensabile. Fallita l’introduzione dello Yak-9 con l’M-106 da 1.350 hp, un'altra versione di rilievo fu la '''Yak-9T''' con l’NS-37, cannone potente con 30 proiettili, un po’ in stile P-39. Non fu facile, perché l’abitacolo dovette essere mosso 40 cm indietro per compensare un muso diventato più pesante mentre il controllo qualità, al solito carente per i prodotti sovietici del periodo, fu causa di problemi notevoli, perché già la piccola cellula era stressata al massimo (vedi anche il Mosquito con il cannone da 57 mm Molins) per il forte rinculo dell’arma. Era opportuno quindi sparare solo 2-3 colpi per raffica. I bersagli non erano in genere dei caccia ma mezzi navali del Mar Nero e i carri armati. Quando era possibile, non si faceva ovviamente mancare tra le prede i bombardieri e talvolta i caccia, che ovviamente erano i bersagli più difficili da ingaggiare. In concreto, si trattava di una sorta d’alternativa allo Il-2, con molta più velocità e agilità al posto dell’armatura e della postazione difensiva. La maneggevolezza era ancora sufficiente per virare in 18-19 secondi. Ma se si pensasse che lo Yak-9T fosse il massimo che la cellula potesse esprimere, ci si sbaglierebbe. Infatti lo '''Yak-9TK''' aveva un’istallazioneun’installazione che consentiva di portare nel muso sia il 20 mm, che il potente Vya da 23 mm, l’NS-37 e, infine, l’NS-45 da 45 mm. Non fu per il momento un successo, dato che le differenze tra il 20 e il 23 mm non erano sufficienti a giustificare il cambio, e l’arma da 45 mm era inaffidabile. La cosa venne risolta con lo''' Yak-9K''' il cui NS-45 era munito di 29 proiettili e soprattutto, di un freno di bocca sufficiente per ridurre gli effetti del rinculo. Però attenzione: sparare sotto i 350 kmh con il cannone causava problemi di controllo e frenava l’aereo tanto da sbatacchiare il pilota nell’abitacolo. Il fuoco del cannone da 45 mm era peraltro micidiale e preciso, con piccole raffiche, o a colpi singoli, era possibile distruggere quanto era inquadrato. Forse era un po’ troppo per il caccia e il rinculo, nonostante il freno di bocca, causava perdite nei circuiti dell’olio e del liquido di raffreddamento, mentre le prestazioni calavano al punto da richiedere la scorta dei caccia per un uso più sicuro dell’aereo. L’arma di suo era per giunta alquanto inaffidabile. Nell’insieme ne vennero prodotte piccole quantità, buone più che altro per dimostrare come si potevano raggiungere i limiti d’armamento di un piccolo caccia tattico. Ma non finì qui, perché ad un certo punto si tentò addirittura l’istallazionel’installazione di un cannone da 57 mm, tentativo fallito data la potenza eccessiva dell’arma per un velivolo così piccolo. In un certo senso, quindi, lo Yak-9T e K operava come una sorta di A-10 ante litteram, usando la potenza del suo cannone per distruggere tutto quello che gli capitava sotto tiro.
 
 
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L'I-30 era un caccia tattico molto leggero, pensato come un fratello minore dell'I-26 e dotato di un M-105P. La caratteristica era la costruzione metallica e per il resto aveva un armamento simile allo Yak-1, mentre vi erano slat nelle ali per migliorare l'agilità in combattimento, un po' come il Bf-109, e le prestazioni al decollo. Il secondo prototipo cadde durante le prove di volo, ma il vero problema era la scarsità di leghe d'alluminio. La cosa bizzarra -per usare un eufemismo- era che, mentre gli aerei sovietici erano costretti a usare legno compensato e tubi d'acciaio per la gran parte della loro struttura, grandi quantità d'alluminio vennero destinate invece per costruire i motori di oltre 40.000 carri armati T-34 e KV-1. Ora, sebbene fosse un'iniziativa lodevole costruire un motore in lega leggera, è chiaro che i carri armati sarebbero stati più che capaci di operare anche senza di essa, mentre non così era per gli aerei, i cui progetti sono ben più critici. E infatti i Tedeschi lasciarono perdere l'idea di copiare il T-34 così com'era anche per le carenze di leghe leggere che loro, giustamente, destinavano ai velivoli.
 
Detto questo, è chiaro che lo Yak-3 non poteva essere posto in produzione da subito, sebbene la piccola cellula chiedesse ben poco per essere realizzata. Eppure il secondo prototipo aveva un'ala di legno ed era senza slat, per semplificare la produzione e renderla meno dipendente da materiali strategici (chiaramente, in Russia una risorsa che non manca mai è costituita dalle foreste). Nel '43 ritornò in auge come Yak-1M, versione un po' rimpicciolita dello Yak-1, che presto ebbe mirino a riflessione, corazze migliorate e radio senza albero dell'antenna esterno. Ebbe un tale successo che venne raccomandato per rimpiazzare gli Yak-1 e 7, affiancando lo Yak-9 a condizione che quest'ultimo avesse il motore VK-107, per il momento non istallabileinstallabile sul piccolo caccia fratello. Entrò in servizio per ultimo nella variopinta famiglia Yakovlev del periodo bellico, anche se per il numero può sembrare che esso fosse antecedente a tutti eccetto lo Yak-1.
 
Dotato di una cellula così leggera e piccola rispetto allo Yak-9, il nuovo caccia era agile e veloce, facile da manovrare e apprezzato largamente da tutti i piloti, incluso il Normandie-Niemen. Era superiore ai caccia nemici sotto i 5.000 m, -notare bene che a causa della differente conformazione dei motori, i Tedeschi erano in svantaggio contro gli alleati occidentali in quota, mentre erano in vantaggio sui sovietici- e l'unico problema era lo scarso raggio d'azione. Il caccia era capace di rollare bene quanto il FW-190 e virare come il Bf-109G. Nonostante la produzione tarda, consentita dai materiali imprortati dall'Occidente, l'ala era ancora in legno e questo causava dei problemi di resistenza agli elementi in compensato verso gli agenti atmosferici, specie per via delle colle. Anche il motore era poco affidabile, così come il sistema pneumatico per attivare il carrello d'atterraggio, flap e freni. Tuttavia, è anche vero che questo sistema era meno vulnerabile ai danneggiamenti di quanto non fossero i sistemi idraulici, e anche elettrici, mentre era semplice e poco pesante. Come tale, era ideale per lo Yak-3 e usato da tutti i caccia Yak del periodo bellico, con l'utilità aggiunta di non dipendere da leghe e materiali sofisticati e la rapidità di azione (con la pressione del circuito ottimale). I primi aerei avevano -in 197 esemplari- un ShVAK e una UBS, i successivi ebbero una seconda UBS per avere un potenziale di fuoco significativo (2,72 kg/s), naturalmente tutti installati nel muso. Il radiatore era invece nelle ali, anziché sotto l'elica. Per questo la LW diramò -a quanto è riportato da varie fonti- di non ingaggiare combattimenti (manovrati) con gli Yak senza radiatore sotto il muso. Tra le caratteristiche degne di nota, il tettuccio a goccia e la blindatura posteriore della testa del pilota, che come nel Bf-109, era in blindovetro.