Guida maimonidea/Etica e fede: differenze tra le versioni

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Maimonide internalizzò l'etica aristotelica del buon carattere e la introdusse al centro dell'Ebraismo. Farlo gli richiese di analizzare profondamente gli elementi di moralità basata sul dovere che permeavano la tradizione. Il Capitolo 6 della sua introduzione all’''Avot'' è l'arena dove mette a confronto la moralità basata sulla virtù e quella sul dovere. Inizia con una dichiarazione della posizione aristotelica:
{{q|I filosofi sostengono che sebbene l'uomo dell'autocontrollo esegua atti morali e lodevoli, tuttavia lo fa mentre allo stesso tempo e continuamente desidera atti immorali, ma, soggiogando le sue passioni e lottando attivamente contro il desiderio di fare quelle cose che le sue facoltà, passioni e disposizione psichica lo eccitano, egli riesce, sebbene con costante irritazione e fastidio, ad agire moralmente. Il sant'uomo, però, è guidato nelle sue azioni da ciò che incita la sua inclinazione e disposizione, a causa delle quali egli agisce moralmente per desiderio e anelito innati. I filosofi unanimementeunanimamente ammettono che quest'ultimo sia superiore, e più perfetto, del primo che deve frenare le proprie passioni, sebbene aggiungano che sia possibile a questo primo uguagliare il sant'uomo in molti aspetti.|''Otto Capitoli'', pp. 376-377}}
 
Una persona idonea non soggioga il proprio desiderio di commettere una cattiva azione; piuttosto, la buona azione scaturisce naturalmente da lui ed è coerente alle sue predisposizioni. Ma Maimonide è ben consapevole dell'altra corrente di pensiero, che appare nel Talmud, e la mette a paragone con la posizione filosofica: