Pensare Maimonide/Kavod: differenze tra le versioni

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<font size=5>'''''Kavod, Shekhinah'' e Luce Creata'''</font>
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Il termine ''[[wikt:kavod|kavod]]'' (ebr. כבוד) ricorre una dozzina di volte nella Torah in un dato senso o nell'altro, per riferirsi alla presenza divina percettibile.<ref>Il termine, che deriva dalla parola [[w:lingua ebraica|ebraica]] che significa "pesante" e con l'usuale significato di "onore" o "''gravitas''", quando è collegato a Dio viene spesso tradotto con "gloria", sebbene nelle traduzioni del [[w:Tanakh|Tanakh]] venga reso con "Prersenza".</ref> La [[w:letteratura rabbinica|letteratura rabbinica]] tende a preferire il termine ''[[w:Shekhinah|shekhinah]]'' (שְׁכִינָה‎, dalla radice ''sh-kh-n'', "dimorare") per quello che apparentemente è lo stesso fenomeno.<ref>L'identità di ''kavod'' e di ''shekhinah'' fu segnalata per la prima volta esplicitamente da [[w:Saadya Gaon|Sa’adiah Gaon]], come si vedrà in seguito. [[:en:w:Howard Kreisel|Howard Kreisel]] riporta: "L'identificazione della «gloria» (''kavod'') e della ''shekhinah'' appare nella letteratura rabbinica. Molti degli stessi motivi riscontrati nella Bibbia in congiunzione con ''kavod'' sono usati dai Saggi rabbinici nel descrivere la ''shekhinah''" (''Prophecy'', 77). Nei testi cabalistici postmaimonidei l'identità della ''shekhinah'' e di ''kavod'' con il ''sefirah'' Malkhut diventa cosa comune. Si veda per es. Septimus, ''Hispano-Jewish Culture'', 106.</ref> La letteratura [[w:heikhalot|heikhalot (היכלות)]] sembra porre maggior enfasi su ''kavod'' più che su ''shekhinah'', mentre la [[w:cabala ebraica|Kabbalah]] successiva fa l'opposto, rendendo la ''shekhinah'' una delle ''[[w:sĕfirōt|sefirot]]'' (i dieci attributi ipostatizzati, o emanazioni, tramite i quali l'Infinito entra in relazione con il finito). I filosofi ebrei medievali, come Sa’adiah e [[w:Yehuda Ha-Levi|Yehuda Ha-Levi]] aggiunsero un terzo termine, "luce creata", e considerarono tutti e tre come sinonimi. Tutte queste letterature sembrano essere d'accordo su un punto: i termini ''kavod'', ''shekhinah'' e "luce creata" denotano tutti qualcosa nel "mondo reale". I termini non sono semplicemente metafore o descrizioni dello stato interiore di un individuo che attraversa un'esperienza religiosa. Ma è proprio in tale modo che Maimonide interpreta i termini in questione. L'opinione "non-ontologica" di Maimonide dei termini ''kavod, shekhinah'' e "luce creata" fa parte integrale della sua campagna contro gli elementi proto-cabalistici dell'ebraismo.
 
 
 
 
 
 
Nel presentare questa tesi, svilupperemo ed espanderemo alcuni commenti fatte dall'ebraista [[:en:w:Steven Schwarzschild|Steven S. Schwarzschild]] (1924–1989), che asseriva che il termine ''shekhinah'' dovesse "essere interpretato in un nome in qualche modo poetico, metaforico che l'ebraismo classico ha dato all'idea del rapporto attivo tra il Dio trascendente, da una parte, e dall'altra, l'umanità in generale ed il popolo di Israele in particolare." Schwarzschild contrastava questa interpretazione con i tantativi di ipostatizzazione, in cui "''shekhinah'' come termine d'arte per l'amore di Dio, la Sua cura e vicinanza, diventa un'entità ontica metafisica (meta-''fisica'') che, se non vera parte, o aspetto, di Dio, si insinua come intermediaria tra Dio e l'umanità." In alcune brevi frasi nel suo saggio, lo studioso argomentava che Maimonide avesse inteso il termine ''shekhinah'' come figurativo e metaforico.<ref>Si veda Schwarzschild, "''Shekhinah'' and Eschatology", in Menachem Kellner (cur.), ''The Pursuit of the Ideal: Jewish Writing of Steven Schwarzschild'', SUNY Press, 1990, 235, 238 e 244.</ref> L'interesse di Schwarzschild stava nel fare un'affermazione normativa sull'ebraismo, e dimostrare che il filosofo tedesco [[w:Hermann Cohen|Hermann Cohen]] aveva visto giusto e che questioni spesso viste in termini metafisici dovevano invece essere interpretate in termini regolativi o morali. Ma il nostro interesse qui è storico: cerchiamo di delineare le precise opinioni di Maimonide e dimostrare che la sua interpretazione di ''kavod'', ''shekhinah'' e "luce creata" riflette la sua comprensione di termini che altri pensatori ebrei interpretano come indicassero vere entità del cosmo. In questo vediamo ancora un'altra riflessione dell'opposizione di Maimonide all’"iper-realismo", la sua opposizione alla moltiplicazione delle entità oltre il necessario, la sua opposizione ai tentativi di "ripopolare" i cieli, infine la sua opposizione a considerare quelli che Steven Schwartzschild chiamerebbe (riecheggiando Hermann Cohen) ideali regolativi come entità reificate.
 
 
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[[Categoria:Pensare Maimonide|Kavod]]