Essenza trascendente della santità/Cose sante: differenze tra le versioni

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Non c'è nulla in questo brano che non si trovi nelle fonti di Maimonide, e non c'è nulla in esso che provi conclusivamente se egli considerasse la santità del rotolo della Torah come ontologica o istituzionale. Tuttavia, data l'analisi sulla sua interpretazione della santità delle persone, delle nazioni e dei luoghi fin qui presentata, sembra che l'onere della prova debba spettare a colui che desideri attribuire a Maimonide l'interpretazione che la santità del rotolo della Torah sia in un qualche senso essenzialista e ontologico, non teleologico e istituzionale.
 
Un supporto indiretto per la tesi che Maimonide non attribuisse santità ontologica ai rotoli della Torah può essere riscontrato se prendiamo nota di una distinzione fatta da Boaz Huss in uno studio dello [[w:Zohar|Zohar]]. Huss distingue tra ''(a)'' un'enfasi sul carattere autorevole dei testi canonici; ''(b)'' un'enfasi sulla santità delle informazioni contenute in quesi testi (cosicché "il testo è considerato essere un collegamento testuale tra la comunità ed il mondo divino... lo studio e l'esegesi di [tali] testi sacri ha carattere ritualistico e può diventare parte dei riti stabiliti della comunità"); infine ''(c)'' un'enfasi sul carattere santo degli aspetti non-semantici del libro (come "il suono delle sue parole, la forma delle sue lettere e anche il volume fisico stesso"). La recitazione di tali testi, "anche senza la comprensione del suo contenuto, è percepita come religiosamente potente".<ref>Huss, "Sefer ha-Zohar": cfr. pp. 262, 263, 295.</ref> Per Maimonide la santità della Torah è una funzione della sua origine e del suo significato;<ref>Come dimostra Menachem Kellner, "Revelation and Messianism: A Maimonidean Study".</ref> i suoi aspetti non-semantici sono importanti grazie a quell'origine e a quel significato e, come tali, sono attentamente definiti dalla halakhah, ma non hanno alcun significato discrnibile di per se stessi.<ref>Pertanto non sembra possibile che Maimonide assegni troppa importanza alla rezitazione dei testi della Torah senza capirli e, per quanto io ne sappia, non c'è un solo esempio di ''gematriyah'' o ''notarikon'' in tutti i suoi scritti. (Persino in punti dove le sue fonti usano ''gematriyah'', Maimonide non lo fa; cfr. ''Guida'' i.15 con ''Gen. Rabbah'' 68:12.) Si veda anche ''MT'' "Leggi della Recitazione dello Shema", 2:8-10, con le glosse di Rabbi Abraham ben David.</ref> L'enfasi di Maimonide è sempre sull’''autorità'' della Torah ed il ruolo che gioca nella vita ebraica.<ref>Ciò ha paralleli interessanti con la sua visioneopinione riguardo all'autorità dei Saggi (che è istituzionale e non "ontologica").</ref> È interessato al messaggio contenuto nei rotoli della Torah e solo secondariamente al rotolo stesso.
 
Questa interpretazione di Maimonide viene rafforzata da un suo ''[[w:Storia dei responsa nell'ebraismo|responsum]]'' molto discusso. ''MT'' "Leggi dei ''Tefillin, Mezuzah'', e del Rotolo della Torah", 10:1 riporta:
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Nonostante questa chiara posizione, c'è un ''responsum'' di Maimonide scritto ai margini della sua copia di "Leggi dei ''Tefillin, Mezuzah'', e del Rotolo della Torah", 7:14, che complica il quadro. Il testo stesso riporta:
{{q|Una Torah può essere scritta libro per libro; questi non hanno la santità del rotolo completo della Torah. Uno non scrive una Torah parziale,<ref>Qui, e nel resto del paragrafo, ''megilah''.</ref> che contenga vari passi. Né si deve scrivere una Torah parziale per i bambini che la studiano; ciò è permesso se lo scriba intende finire almeno un volume del Pentateuco. È permesso scrivere una Torah parziale se uno scrive solo tre parole per singola riga.}}
A Maimonide fu chiesto come una comunità dovesse comportarsi nel caso avesse solo un rotolo della Torah non valido, o addirittura senza nessun rotolo;<ref>''Responsa'' (cur. Blau), nr. 294.</ref> era permesso fare una lettura pubblica e, se sì, con le benedizioni sulla lettura della Torah o senza benedizioni? Nel ''responsum'' che appare a margine, Maimonide è alquanto enfatico: sì, si deve leggere e, sì, si possono fare le benedizioni. Il comandamento su cui si fa la benedizione, egli insiste, è studiare la Torah, non leggere da un rotolo della Torah che sia kosher: "È lo studio della Torah [''hehagiyah hatorah''] che è il comandamento su cui si recita la benedizione." Eseguire le benedizioni su letture di un rotolo della Torah invalido, asserisce Maimonide, era la pratica degli studiosi dell'Occidente (cioè Spagna e Nordafrica), come Rabbi [[:en:w:Joseph ibn Migash|Joseph Halevi (ibn Megash)]] e Rabbi [[w:Isaac Alfasi|Isaac di Fez (Alfasi)]].<ref>Sugli studiosi d'Occidente, si veda Twersky, ''Introduction'', 54 nota 85.</ref>
 
==Note==