Filosofia dell'informatica/L'intelligenza artificiale: differenze tra le versioni

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In un articolo del dicembre 2015, pubblicato da "Mondo digitale"<ref>http://mondodigitale.aicanet.net/2015-6/articoli/01_sara_possibile_fare_un_computer_consapevole.pdf</ref>, Faggin inizia, infatti, la sua riflessione chiedendosi se sarà davvero possibile - come ritengono molti suoi colleghi - costruire delle macchine pienamente in grado di riprodurre azioni e pensieri umani, fino a superare l'intelligenza degli esseri umani stessi. Faggin ammette che dei successi nel campo delle IA sono stati raggiunti (giocare a scacchi e sconfiggere un avversario di medio livello, svolgere in un tempo brevissimo calcoli molto complessi, ecc.) ma che essi si riducono paradossalmente al campo dei problemi di grande difficoltà, mentre l'IA resta impotente di fronte a quelli ritenuti "semplici" dagli esseri umani (il riconoscimento di un volto, ecc.).
 
Malgrado la potenza e la velocità di calcolo sempre maggiori dei moderni computer, essi restano incapaci di riprodurre il pensiero umano. Questo perché, secondo Faggin, il cervello umano ha sviluppato, nel corso dei secoli, un ''pattern recognition'' in grado di trovare delle scorciatoie in breve tempo quando ci si trova di fronte a problemi immediati, come un pericolo imminente (una pantera semicoperta dai cespugli). Questa capacità di risolvere operazioni "matematiche" di natura sconosciuta viene definita da Faggin "forza sottile", che non siamo in grado di programmare nei computer, dotati, invece di "forza bruta" (rapidità nello svolgere calcoli matematici espliciti). Il cervello umano opererebbe, quindi, una sorta di catalogazione dei problemi, dunque dei dati ricevuti, in grado di rendere più immediata la risoluzione di quelli più imminenti o più abituali. Ciò significa che il cervello umano è in grado di "pesare" i dati ricevuti, ovvero di capirne il significato. L'uomo ha, dunque, consapevolezza di sé, di ciò che pensa, di ciò che sa e di ciò che non sa. Ed è proprio questa consapevolezza haa renderlo vivo e, quindi, assolutamente diverso da un computer, che non è vivo.
 
Per Faggin la consapevolezza non è un epifenomeno dei processi neurologici, come ritengono molti scienziati, ma un qualcosa di realmente esistente. La sua opinione è che siccome non si è mai riusciti a comprendere scientificamente la consapevolezza, la si è ritenuta non esistente. Essa non potrà mai essere compresa finché si continuerà ad applicare uno studio [[w:riduzionismo|riduzionistico]] ad un sistema [[w:olismo|olistico]] quale è l'uomo e quale è la cellula stessa. Come dimostrato dalla [[w:meccanica quantistica|meccanica quantistica]], infatti, l'[[w:universo|universo]] è un sistema olistico, in cui le parti non sono separate dal tutto, e il tutto solo limita alla semplice somma delle parti, ma l'Uno (inteso come totalità dell'esperienza, interna e esterna) è costantemente in comunicazione con se stesso e può, quindi, avere autoconoscenza di sé. Questa è la grande differenza dell'uomo con i computer, che, in quanto sistemi riduzionistici, raggiungono la consapevolezza del migliore dei transistor che lo compongono e, in essi ogni parte non è connessa con il tutto: ogni parte svolge il suo ruolo senza essere consapevole del lavoro delle altre.