Valore della storia/Parte III: differenze tra le versioni

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Si può definire la civiltà come uno stile di vita, che deve essere riconosciuto da osservatori abili ed esperti nel modo in cui un critico d'arte discerne gli stili dell'arte. Ma tale analogia non è proprio buona. Le opere d'arte sono tangibili; mentre la "vita" è troppo varia per essere osservata nel modo in cui i critici d'arte possono osservare e più o meno essere d'accordo sulle affinità stilistiche. Per essere specifici, all'interno di qualsiasi civiltà, diversi gruppi vivevano in modi molto diversi. Ciò che li teneva insieme principalmente era la loro comune sottomissione ai governanti, il cui dominio continuato era molto assistito dal fatto che sottoscrivevano un insieme di regole morali, incarnate in testi sacri o almeno semi-sacri. Questa è la definizione corretta di "civiltà". I governanti che sapevano come comportarsi – agendo con un rispetto puramente verbale dei canoni di condotta prescritti e consapevolmente indifferenti all'osservanza letterale di quelle regole – potevano collaborare, e collaborarono, abbastanza agevolmente così da mantenere un pesante velo su subordinati turbolenti per secoli e secoli, lungo estensioni di decine, poi centinaia e infine migliaia di chilometri. Le classi dirigenti privilegiate costituivano quindi una sorta di struttura di ferro all'interno della quale una civiltà poteva prosperare. Ma tra i gruppi subordinati prevalevano stili di vita locali, occupazionali e settari molto diversi. Tutto ciò che li univa era il fatto che ogni gruppo aveva una sorta di comprensione tacita (o, occasionalmente, esplicita) con altri gruppi, e specialmente con i segmenti politicamente dominanti della società, in modo che potessero agire come facevano senza soffrire troppe brutte sorprese.
 
In tale prospettiva, le civiltà diventano entità piuttosto pallide e imprecise in sé. La diversità interna si profila e si fonde quasi impercettibilmente nella diversità dei popoli vicini che hanno mantenuto vari gradi di autonomia locale ma hanno comunque avviato negoziati con sovrani e commercianti civili e, forse, con missionari, artigiani, profughi e, talvolta, anche con coloni colonizzatori. Nessun singolo stile di vita riconoscibile può essere imputato a un tale panorama sociale. Diversità, conflitti e confini imprecisi, sì; coerenza e uniformità, no.
 
Perfino il canone degli scritti sacri, adottato da segmenti dominanti della società civile, era pieno di discrepanze. Considerate la [[w:Bibbia|Bibbia]], gli [[w:Quattro nobili verità|scritti sacri buddisti]] e [[w:Veda|indù]] e i [[w:Dialoghi (Confucio)|classici confuciani]]! Di certo si richiedeva un commentario giudizioso per creare una guida praticabile alla vita da materiali così diversi — e, naturalmente, la diversità iniziale implicava una flessibilità perenne, invitando i commentatori ad adattarsi a circostanze sempre mutevoli mediante una reinterpretazione appropriata, età dopo età, sostenendo, caratteristicamente, di ''ripristinare il vero significato originale'' dei testi sacri. Questa era la funzione principale delle classi letterate (spesso sacerdotali), e spiega perché i nuovi dati, discrepanti, erano (e sono ancora in molti rami dell'apprendimento) così costantemente ignorati.<ref>Ernest Gellner, ''Plough, Sword, and Book: The Structure of Human History'', University of Chicago Press, 1989, pp. 97-115.</ref>
 
Che le civiltà fossero così confuse e contraddittorie internamente, le mettono molto in sintonia con la confusione e la complessità del sistema ecumenico mondiale eurasiatico. Tale sistema era ovviamente più ampio in area geografica, e più attenuato nella sua struttura interna, essendo privo di un canone di condotta prevalente articolato perché abbracciava una pluralità di civiltà (e popoli interstiziali), ognuna con la propria definizione letteraria di principi morali e i suoi propri sovrani politici e culturali. Ma, nonostante tutto, l'ecumene non era così differente dalla diversità che si trovava all'interno dei confini di ciascuna delle più grandi civiltà che nel 1500 partecipavano al circolo eurasiatico e africano di scambio e interazione.<ref>Ernest Gellner, ''Plough, Sword, and Book, cit.'', pp. 115-116.</ref>
 
==Note==