Virtù e legge naturale/Parte II: differenze tra le versioni

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[[File:Arthur Szyk (1894-1951). The Holiday Series, Rosh Hashanah (1948), New Canaan, CT.jpg|center|530px|" Rosh Hashanah" di Arthur Szyk, 1948]]
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Alla fine della ''[[Guida maimonidea|Guida]]'', dopo aver passato diverse pagine a descrivere l'attività intellettuale quale fine più alto e più completo dell'uomo, Maimonide chiude la sua opera con l'approvazione dell'[[w:Nomi di Dio nella Bibbia#Imitatio Dei|imitazione di Dio]] in una vita di attività etica. "Il modo di vivere di un tale individuo, dopo aver raggiunto questa comprensione, avrà sempre in considerazione la ''benevolenza amorevole'', la ''rettitudine'' e il ''giustizia'', mediante l'assimilazione alle Sue azioni, che Egli sia glorificato, proprio come abbiamo spiegato più volte in questo trattato."<ref>Moshe[[w:Mosè Maimonide|Mosè Maimonide]], ''[[w:La guida dei perplessi|La guida dei perplessi]]'' (qui, e in tutto il presente studio, faccio uso della trad. ingl. ''The Guide for the Perplexed'' di [[w:Shlomo Pines|Shlomo Pines]], con introduzione di [[w:Leo Strauss|Leo Strauss]], vol. 2, University of Chicago Press, 1963, 3:54, p. 638).</ref> Nello spiegare il caso, Maimonide dice di Dio:
{{q|Ma dice che ci si dovrebbe glorificare ''nell'apprensione di Me stesso e nella conoscenza dei Miei attributi'', con cui intende le Sue azioni, come abbiamo chiarito con riferimento al relativo detto: "Fammi ora conoscere le tue vie", ecceteraet cetera. In questo verso ci chiarisce che quelle azioni che dovrebbero essere conosciute e imitate sono ''benevolenza amorevole, rettitudine'' e ''giustizia''. Aggiunge un'altra nozione corroborante dicendo, ''sulla terra'': questo è un perno della Legge.<ref>''The Guide for the Perplexed'', 3:54, p. 637.</ref>}}
La svolta pratica verso la fine della ''Guida'' è pronunciata ed esplicita. Nel libro 10 dell’''[[w:Etica Nicomachea|Etica Nicomachea]]'', Aristotele sostiene che l'attività contemplativa e l'immortalità intellettuale sono il nostro fine migliore, ma sostiene anche che siamo esseri umani con necessità di vita politica e dell'attività eticamente virtuosa che fa parte della nostra perfezione. C'è un po' di oscillazione tra il sollecitarci a trascendere la nostra umanità ed il ricordarcelo, coi suoi bisogni ed eccellenze; le difficoltà interpretative sono ben note. Comunque le risolviamo, è chiaro che la visione di Maimonide non oscilla allo stesso modo. Al contrario, c'è una chiara, seppur improvvisa, transizione da ciò che sembra un ideale puramente intellettualista ad una ''imitatio dei'' che è sorprendentemente etica.
 
Forse la transizione è un po' meno problematica per Maimonide a causa della sua concezione di Dio come creatore e come provvidenziale ordinatore del mondo. Per tale motivo, è comprensibile che l'imitazione di Dio debba richiedere attività pratica e attualizzazione intellettuale. Un aspetto chiaro e cruciale di questa differenza è l'[[w:Alleanza (Bibbia)|Alleanza]]. Con [[w:Noè|Noè]], con [[w:Abramo|Abramo]], con il popolo di Israele, il Signore stipula un'alleanza che indica elementi essenziali dell'ordine provvidenziale del mondo e le promesse di Dio per il futuro. L'alleanza stessa indica l'amore e la tutela di Dio, e questo è qualcosa di alquanto estraneo ad Aristotele. Le alleanze [[w:Noachismo|noachiche]] e [[w:Dieci comandamenti|sinaitiche]] implicano chiaramente responsabilità umane. Impongono obblighi il cui adempimento è cruciale per la prosperità umana. L'alleanza sinaitica fonda un popolo la cui vita è modellata dalla [[w:Halakhah|Legge]] e che ha un'unica storia condivisa di nazionalità, anche se manca la forma di un'entità politica.
 
Nella [[w:Metafisica aristotelica|metafisica di Aristotele]] e nella sua teoria dell'intelletto di Aristotele, l'attività dell'intelletto attualizzato non ha un organo corporeo ed esiste immortalmente senza alcuna connessione essenziale con l'individuo, il ''Sé'', in cui è stato attualizzato. L'immortalità è più una questione di assimilazione al pensiero che una questione di questo o quell'essere umano individuale che sopravvive alla morte fisica e perdura immaterialmente come soggetto cosciente, un sé. Certo, Maimonide sembra avere più o meno la stessa opinione, tranne (e questa è una notevole eccezione) che l'intelletto immortale è vincolato a Dio, che ha creato e ordinato il mondo. Come nella visione di Aristotele, l'individuo inteso come un "Io" autocosciente con la sua storia personale non sopravvive. Tuttavia, la sua perfezione teleologica implica una relazione con il Dio della creazione e dell'alleanza. Tale elemento provvidenziale, non trovato nella filosofia aristotelica, impone importanti requisiti pratici e fondati sulla comunità come elementi di completa perfezione umana. La redenzione riguarda il popolo, non solo questo e quell'individuo.
 
Un altro punto di divergenza rispetto ad Aristotele riguarda la visione di Maimonide sulla possibilità, la natura e il carattere obbligatorio del pentimento. Nell'etica di Aristotele, un'azione virtuosa a tutti gli effetti è quella che ''(a)'' viene fatta consapevolmente, ''(b)'' viene scelta per se stessa (come buona o giusta, non semplicemente come mezzo per qualcosa), e ''(c)'' riflette un carattere fisso e immutabile. Insieme, queste costituiscono un ideale. Aristotele non afferma esplicitamente che possiamo sapere se il carattere di una persona sia così fisso che l'agente virtuoso è incorruttibile e l'agente vizioso è incorreggibile. Ma sostiene che gli stati caratteriali tendono a stabilirsi saldamente – la seconda natura – e che è molto difficile alterare gli stati maturi del carattere. È il marchio di uno stolto non riuscire a vedere che attività di un determinato tipo porteranno a determinate disposizioni, a determinati stati di carattere. Il fatto che i nostri atti siano volontari non significa che abbiamo il controllo, atto per atto, sui modi in cui modellano il carattere. (Non possiamo proprio dire quale effetto avrà sul nostro carattere questo o quel particolare atto.) Tuttavia, siamo responsabili dei nostri stati di carattere a causa del nostro ruolo nella loro formazione. E agiamo non meno volontariamente una volta che gli stati di carattere si sono stabiliti in noi. Non è come se fossimo responsabili di questi, ma non degli atti che compiamo perché il nostro carattere è tale.<ref>Si vedano Terence Irwin, ''I principi primi di Aristotele'', Vita e Pensiero, 1996; Marvin Fox, ''Interpreting Maimonides'', University of Chicago Press, 1990, ''passim''.</ref>
 
==Note==
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{{Avanzamento|2550%|2 ottobre 2019}}
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