Un fico secco/Parte I: differenze tra le versioni

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==Discorso velato sul Tempio==
L'interpretazione dell'episodio del fico discussa in questa Parte I rivela un messaggio ostile e critico deliberatamente mascherato da simbolismo, ironia e ambiguità. In entrambi gli incontri con l'albero, Gesù fa uso di immagini metaforiche e di esortazioni consacrate dalla tradizione di Israele per esprimere in modo sottile che, se fosse in suo potere, il Tempio sarebbe già scomparso.
 
In 11:12–25 l'ambiguità è pervasiva. Il Gesù di Marco non dichiara mai in modo esplicito di desiderare la scomparsa del Tempio, né il narratore gli attribuisce un tale desiderio. Pertanto, nessuno tra i personaggi che appartengono alla narrazione evangelica, né tra il suo pubblico reale, può accusarlo accuratamente di desiderare la fine del Tempio. Tuttavia, il testo ci offre abbastanza indizi per arrivare a tale conclusione.
 
Altrimenti, l'interpretazione alternativa di primo acchito – come avevamo accennato più sopra – è che Gesù soffra di sindrome bipolare: un momento è furibondo per la mancanza di fichi e urla maledizioni, il momento dopo parla di perdonare e pregare.
 
Ma il Tempio sta diventando il "pallino fisso" di Gesù e il suo desiderio di punire immediatamente le autorità religiose con la perdita del Tempio viene è mascherato da varie tecniche discorsive che indicano l'attuazione di una strategia intenzionale per velare i suoi interventi: parole e azioni simboliche, uso critico delle metafore morali tradizionali, aspre accuse sotto forma di citazioni scritturali ed esortazioni cariche di proposte provocatorie.
 
In questa sezione voglio riflettere sul tipo di discorso che Gesù e il narratore marcano usano per mascherare i loro messaggi sul Tempio. Il mio obiettivo qui è valutare la funzione comunicativa di questo tipo di discorso e le circostanze socioculturali che avrebbero potuto spingerne l'uso nel Vangelo secondo Marco. Nel fare ciò, cercherò una guida nell'opera dell'antropologo [[:en:w:James C. Scott|James C. Scott]] sul discorso di resistenza dei gruppi subordinati.<ref>Scott è poco conosciuto in Italia, ma alquanto rinomato nei paesi anglofoni e nordeuropei, specie per la sua opera (che utilizzo in questo studio), ''[[:en:w:James C. Scott#Domination and the Arts of Resistance|Domination and the Arts of Resistance]]. Hidden Transcripts'', Yale University Press. Americano, antropologo e scienziato politico, è studioso comparativo delle società agrarie e pre-statali, [[w:Subalterno (postcolonialismo)|politiche subalterne]] e [[w:anarchismo|anarchismo]], ma soprattutto delle strategie di resistenza a varie forme di dominazione. Cfr. Jennifer Schuessler, [https://www.nytimes.com/2012/12/05/books/james-c-scott-farmer-and-scholar-of-anarchism.html "James C. Scott: Farmer and Scholar of Anarchism"], su ''The New York Times'', che descrive la sua ricerca "highly influential and idiosyncratic".</ref>
 
Attingendo a grandi quantità di dati etnografici e storici, Scott ha dimostrato in modo convincente che, in determinate condizioni di dominio politico e culturale, è probabile che gruppi subordinati creino tipi specifici di discorso che sono meglio compresi come forme culturali di resistenza (Scott: 17–23). Uno di questi tipi è il "discorso dissimulato/velato", che comprende tutte le forme di espressione di resistenza che sono state concepite per essere utilizzate negli spazi pubblici. Poiché gli spazi pubblici sono generalmente sotto il controllo effettivo o potenziale del gruppo dominante, la funzione del discorso velato è quella di esprimere resistenza evitando al contempo ritorsioni immediate sui portavoce/relatori (Scott: 18-19, 136-182). A tal fine, costoro usano forme di linguaggio ambigue o parzialmente velate che hanno la capacità di discriminare tra amici e nemici nel contesto del pubblico.
 
Le strategie di comunicazione "resistente" che i gruppi subordinati utilizzano negli spazi pubblici consentono ai propri membri di criticare, ridicolizzare e delegittimare il gruppo dominante senza innescare una reazione violenta immediata. Il messaggio trasmesso intende essere pienamente comprensibile dai membri del gruppo subordinato che potrebbero essere presenti nel contesto della comunicazione. Tuttavia, viene esposto in modo tale da impedire ai membri del gruppo dominante di coglierne il pieno significato o di rispondere in modo aggressivo senza perdere la faccia.
 
Un numero significativo di strategie di discorsi dissimulati studiati da Scott concordano abbastanza accuratamente con quelli presenti nell'episodio del fico sterile><ref>Per l'applicazione delle opere di Scott ad altri testi dell'evangelista Marco, vedi Horsley.</ref> Tra i più familiari ci sono ironia, umorismo e insinuazione. L'ironia e l'insinuazione sono strumenti perfetti per suggerire significati critici impliciti. Dal momento che la critica è implicita, coloro che sono presi di mira potrebbero non riconoscerla o, nel caso in cui la riconoscano, non saranno in grado di denunciarla.L'umorismo invece crea un contesto giocoso di comunicazione in cui la suscettibilità all'offesa sarebbe considerata fuori posto. Troviamo un bell'esempio misto di umorismo, ironia e insinuazione in {{passo biblico|mc|11:22-25}}, dove Gesù finge di insegnare su un argomento di fede, mentre in realtà sta incoraggiando i suoi seguaci a sollecitare Dio affinché distrugga il Tempio.
 
Nella maggior parte delle società, il gruppo dominante condivide con i gruppi subordinati una parte importante della loro moralità tradizionale. Pertanto, non sorprende che il discorso di resistenza nello spazio pubblico faccia un uso frequente di venerate tradizioni condivise per criticare, svergognare e costringere i membri dell'élite dominante o per mettere in evidenza la loro incoerenza morale (Scott: 105–07). La citazione biblica (Isaia {{passo biblico|Isaia|56:7}}) di Gesù nella scena del tempio ({{passo biblico|mc|11:17}}) è un esempio perfetto di questa tecnica. Invece di denunciare la corruzione dei sommi sacerdoti usando le sue proprie parole, fa appello ai riveriti oracoli tradizionali che nessuno, e meno di tutti l'élite sacerdotale, oserebbe ricusare.
 
==Implicazioni del contesto sociale nel gruppo marcano==