Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/Dalla periferia al centro in America: differenze tra le versioni

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Si potrebbe pensare che nel processo di acculturazione e assimilazione non ci sia più posto per parlare di una voce ebraica distintiva sulla scena americana. Invece, negli anni '40, e certamente nei decenni successivi, questa voce ebraica si sente e viene sempre più accettata come norma. La terminologia ebraica, eccetto alcune occasioni di significati speciali, non viene più spiegata al lettore. Lo [[w:yiddish|yiddish]] entra a far parte del linguaggio americano, e l'ebreo tipico con le relative implicazioni culturali, sociali e storiche viene assunto come parte della scena. [[w:Saul Bellow|Saul Bellow]] non deve tradursi come faceva [[w:Abraham Cahan|Abraham Cahan]] (1860–1951). E l'ebreo non vien visto ai margini della società, mentre cerca di inserirsi. In molti modi esemplifica la società in cui vive, e la letteratura ebrea è peculiarmente letteratura americana. Nel romanzo di [[w:William Styron|William Styron]] (statunitense non ebreo) intitolato ''[[w:La scelta di Sophie (romanzo)|Sophie's Choice (La scelta di Sophie)]]'' (1976), ambientato nell'immediato dopoguerra, uno dei personaggi principali, Nathan Landau, predice una moda letteraria ebraica emergente come predominante tra i vari generi regionali o etnici. Afferma che la prima indicazione di ciò sia la pubblicazione di [[w:L'uomo in bilico |''Dangling Man (L'uomo in bilico)'']] di Saul Bellow, nel 1944.<ref name="LettrUSA">Guido Fink, ''Storia della letteratura americana: Dai canti dei pellerossa a Philip Roth'', Rizzoli, 2013, ''ss.vv.''; si vedano anche L. Briasco e M. Carratello (curatori), ''La letteratura americana dal 1900 a oggi'', Einaudi, 2011, ''passim''; Hana Wirth-Nesher & Michael P. Kramer (curatori), ''The Cambridge Companion to Jewish American Literature'', Cambridge University Press, 2003, Introd. & pp. 221-230 e ''ss.vv.''</ref><ref name="USA1"/>