Leonardo da Vinci/Parte II: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 11:
 
Il Rinascimento fu anche un periodo di cambiamento economico. Per alcuni teorici, l'impulso al cambiamento nacque principalmente dagli sviluppi economici che annunciavano il mondo capitalistico della moderna Europa occidentale. L'espansione del commercio e lo sviluppo del sistema bancario e dell'economia monetaria crearono un vigore economico che aprì opportunità ad una partecipazione più ampia nella società di quanto non fosse esistita nelle economie feudali. Le pressioni della crescita demografica aumentarono tale vigore, poiché un numero maggiore di persone fornì mano d'opera e cercò persino quelle ricompense che finalmente sembravano di più facile portata. Ma la crescita economica non resistette per tutto il corso del Rinascimento italiano. Ai tempi di Leonardo, infatti, la città-stato di Firenze stava entrando in un periodo di declino segnato da problemi economici, peste e povertà. La sua preminenza nel commercio di tessuti era stata sormontata dall'Inghilterra; le sue continue guerre con Pisa avevano prosciugato le decrescenti risorse della popolazione e della ricchezza materiale.<ref>Richard Ketchum, cur., ''The Horizon Book of the Renaissance'', American Heritage Publishing Co., 1969, p. 143.</ref> Problemi simili affliggevano anche gli altri stati d'Italia. Ma l'impeto dato dall'ondata economica degli anni precedenti rimase, così come le aspettative che aveva prodotto. La frugalità non doveva certo essere il segno di chi deteneva il potere in un periodo di contrazione economica.
 
Nuove basi di potere politico ed economico hanno suscitarono la ricerca di nuove identità sociali. La struttura gerarchica delle società feudali aveva permesso a ciascun membro un minimo di conforto dalla conoscenza del proprio posto e quindi della propria identità all'interno di una struttura sociale relativamente stagnante. Coloro che esercitavano il potere lo facevano sulla base della tradizione, confermata dall'autorità religiosa, con una chiara consapevolezza dello stato sociale della loro rispettiva posizione, a parte dalla sua espressione esteriore. L'uomo del Rinascimento viveva in un mondo in cui le distinzioni di classe si erano offuscate consentendo la mobilità sociale e in cui il potere era mantenuto sulla base della popolarità personale e della forza pura, piuttosto che sulla "lealtà semi-religiosa con cui i principi legittimi dell'Occidente erano sostenuti."<ref>Burckhardt, ''op. cit.'', pp. 9-10.</ref> I sovrani della società rinascimentale, sia nelle città-stato che nelle corti principesche, cercarono nuove identità, una nuova coscienza, nel loro desiderio di definire le proprie posizioni nelle sabbie mobili del loro mondo, per venire a patti con i criteri di autostima creati da una cultura del denaro e per conciliare il conflitto dei loro desideri e aspettative con gli standard tradizionali. L'impulso di fondo in questa ricerca d'identità era la necessità di coloro che stavano in alto di differenziarsi definitivamente da quelli che spingevano dal basso, di creare un mondo in cui dominassero legittimamente ed escludessero giustamente coloro che non avevano gli appropriati strumenti di potere.
 
La cultura era l'elemento fondamentale della nuova identità, della nuova legittimazione del potere. Gli umanisti del Rinascimento portarono la loro conoscenza dell'antichità e i loro poteri di persuasione al servizio della classe dominante. L'alleanza degli umanisti con il potere – pienamente esposta nello studio incisivo di Lauro Martines, ''Power and Imagination: City-States in Renaissance Italy'' (1979) – serviva agli scopi di entrambe le parti dell'alleanza. L'umanista trovava un aumento dello status con le sue rispettive ricompense; alla classe dirigente venivano dati i precedenti dall'antichità che legittimavano il loro potere, aumentavano i loro sentimenti di autostima, permettevano loro di coltivare la propria separazione elitista e permettevano loro di sanzionare comportamenti e atteggiamenti contrari alla tradizione cristiana. Sebbene Martines veda la cultura della classe dirigente rinascimentale come una cultura che mirava all'esclusività e si basava su nette distinzioni di classe, altri scrittori, come Burckhardt, la vedono come un sistema più aperto, con una maggiore partecipazione dei gruppi sociali al di sotto del livello di patriziato. Questa potrebbe essere semplicemente una differenza di enfasi riguardo a particolari fasi e luoghi nello sviluppo delle espressioni culturali del Rinascimento. Il tempo della Firenze di Leonardo, per esempio, era ancora una società più aperta, con una cittadinanza che rivendicava la sua giusta quota nella vita culturale. La cristallizzazione del XVI secolo dei gruppi sociali e la polarizzazione della cultura che divideva la vita quotidiana non era ancora completa.
 
Le immagini di sé ricercate dalla nuova coscienza rinascimentale dovevano essere formulate in termini terreni, piuttosto che celesti. La secolarizzazione della cultura era il riflesso di un'aspettativa ottimistica di piaceri e ricompense nel regno del quotidiano, di un mondo centrato sull'uomo piuttosto che su Dio. L'artista rinascimentale fornì quindi le immagini richieste dall'identità sociale e mostrò al proprio mecenate il mondo come il mecenate desiderava vedere e, spesso, vedersi in esso. Il contenuto e lo stile dell'arte cambiarono per corrispondere più da vicino alla nuova percezione della realtà. L'arte può essere vista come un "misterioso linguaggio sociale" che si spostò, dal 1300 in poi, nella direzione di un'imitazione della natura, con l'obiettivo di "rappresentare le cose di tutti i giorni più o meno come sembrano presentarsi all'occhio che le vede".<ref>[https://www.encyclopedia.com/arts/educational-magazines/martines-lauro-1927 Lauro Martines], ''Power and Imagination'', Vintage Books, 1979, p. 249.</ref> Lo scopo richiedeva elementi che non erano importanti nell'arte precedente, elementi come il movimento, la luce, la resa delle emozioni, l'illusione dello spazio, lo scorcio, la modellazione e un'accurata conoscenza di un'anatomia.<ref>Lauro Martines, ''Power and Imagination, cit.'', p. 249.</ref> Tutto ciò permise allo spettatore di leggere nelle opere d'arte "come ci si sente vivi" e di verificare le proprie reazioni ed esperienze interiori a fronte di ciò che si vede, "e quindi confermarne la loro assoluta verità".<ref>Michael Levey, ''Early Renaissance'', Penguin Books, 1967, p. 33.</ref> Questo fu un nuovo rapporto tra "ciò che l'arte esprime e l'essere umano percepisce e sente... un dialogo di umanità"<ref>Michael Levey, ''Early Renaissance, cit.'', p. 34.</ref>, rapporto pienamente sviluppato dall'arte di Leonardo e di altri artisti del Quattrocento.
 
==Note==