Non c'è alcun altro/Dio Redime: differenze tra le versioni

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L'ambiguità è riflessa dalle varie forme in cui appare la parola ebraica di "redentore", ''[[:en:w:goel|goel]]'', nella liturgia. Riesaminiamo le parole finali delle due benedizioni redentrici che abbiamo studiato ''supra'', quella che segue la recitazione dello ''Shema'' e quella che conclude la narrazione di Pesach: in entrambe, la parola appare nel tempo verbale passato – ''ga`al'', tradotto "ha redento" – e si riferisce alla redenzione divina di Israele dalla schiavitù egiziana. C'è inoltre una benedizione di redenzione nella ''amidah'' giornaliera e lì appare nel tempo presente, ''goel'', tradotto "Redentore di Israele" o "Che redime Israele". In questo contesto, il significato sembra asserire che, sebbene Dio possa non essere in procinto di redimere Israele qui e ora, Dio ha comunque il potere di redimere Israele. In pari vena, la seconda benedizione della ''amidah'' parla di Dio, "Che porta un redentore ai figli dei figli [d'Israele]". Di nuovo il verbo è al tempo presente.
 
Da notare anche i riferimenti a un Dio che "fa risorgere" o "dà vita ai morti", uno degli avvenimenti centrali del dramma escatologico ebraico classico. Di nuovo il verbo è al presente, anche se tale risurrezione non è ancora avvenuta. Perché l'autore di questa benedizione non ha usato il tempo futuro del termine? Ancora una volta l'implicazione sembra essere che Dio ha il potere di far risorgere i morti, anche se non l'ha ancora fatto. Perché no?
 
Abbiamo sottolineato questa palese ambiguità nella nostra discussione precedente di Dio come creatore e rivelatore. Come in quelle due altre dimensioni del rapporto di Dio con l'umanità, Egli non opera da solo. Dio fa conto sull'umanità per la piena manifestazione della Sua potenza. Nel tempo storico, Dio e umanità sono consociati nella redenzione, come nella creazione e nella rivelazione.<ref>Jacob Neusner, ''The Foundations of the Theology of Judaism, cit.'', 118-132.</ref>
 
==Insieme nella redenzione==