Non c'è alcun altro/Dio Redime: differenze tra le versioni

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Lo scopo principale di questa celebrazione è quello di raccontare la storia di Esodo. Quando i nostri figli o i nostri ospiti chiedono perché osserviamo Pesach, noi dobbiamo spiegar loro: "È a causa di quanto ha fatto il Signore per me, quando sono uscito dall'Egitto" (Esodo {{passo biblico|Esodo|13:8}}). La ''Mishnah'' non è affatto esplicita sui dettagli precisi di come dobbiamo raccontare la storia, ma fa una stipulazione: dobbiamo "iniziare con la disgrazia e finire con la gloria" (10:4). Più colloquialmente, dobbiamo iniziare con le cattive notizie e finire con le buone notizie. L’''haggadah'' di Pesach che usiamo oggigiorno, che risale ai primi del nono secolo e.v., evidenzia varie versioni di cattive natizie: la schiavitù egiziana, l'idolatria dei progenitori di Abramo, e la persecuzione di Giacobbe per mano di suo zio, Laban. È unanime riguardo alle buone notizie: la redenzione dall'Egitto.
 
La ''Mishnah'' (10:6) stipula anche che concludiamosi debba concludere il racconto della storia con questa benedizione — soprannominata, appropriatamente, ''Geulah'', o benedizione della Redenzione: "Benedetto sei Tu Dio, Signore dell'universo, che ci hai redento e hai redento i nostri antenati dall'Egitto, e ci hai permesso di giungere a questa notte in cui mangiamemangiamo panipane azzimo ed erbe amare.".
 
Due punti sono degni di nota in questa dichiarazione. Primo, la redenzione dall'Egitto non fu semplicemente un evento del passato, non soltanto storia; è anche contemporaneo, un evento del presente. Non solo furono redenti i nostri avi, ma anche noi stessi, come anche tutte le generazioni di ebrei. L'Esodo non accadde ''allora''; accade ''oggi'', ogni giorno, anche a noi. Una pari affermazione vien fatta da tutte le culture in merito a grandi eventi trasformativi delle rispettive storie. Tali eventi rimangono in un presente perpetuo. Per esempio, durante la domenica di Pasqua i cristiani non dicono "Cristo risorse!" ma piuttosto "Cristo è risorto!" Questa asserzione non è falsa. I grandi eventi nella vita di una comunità mantengono una risonanza perpetua, continuativa. Rimangono eternamente presenti.<ref>[http://www.adath-shalom.ca/dorf_rev.htm "From Medievaland Modern Theories Of Revelation By Elliot N. Dorff"], ''Adath-shalom.ca.'' Consultato 31 agosto 2019. </ref>
 
Secondo, la ''Mishnah'' identifica gli autori del testo con [[w:Tarfon|Rabbi Tarfon]], un rabbino della metà del II secolo e.v.<ref>Famosa la sua frase, che tengo sempre in mente: {{q|Non sta a te completare l'opera, ma non sei libero di sottrartene.|R. Tarfon, ''Pirkei Avot, II.21''.| לא עליך כל המלאכה לגמור, ולא אתה בן חורין ליבטל|lingua=he}}</ref> A quel tempo, il popolo ebraico stava nuovamente soffrendo in un periodo di oppressione, questa volta per mano dell'impero romano. Gerusalemme ed il Secondo Tempio erano stati distrutti (nel 70 e.v.) e gli ebrei avevano iniziato a disperdersi in esilio. La ''Mishnah'', allora, non è soddisfatta della dichiarazione di Rabbi Tarfon e quindi suggerisce un'aggiunta a nome del suo coetaneo, Rabbi Akiva (10:6):
{{q|Pertanto, O Signore nostro Dio e Dio dei nostri avi, portaci in pace alle altre feste e festività, mentre gioiamo nel ricostruire la Tua città [Gerusalemme] e nella Tua adorazione; ed ivi, possiamo noi [nuovamente] consumare i sacrifici e le offerte di Pesach... [Allora] canteremo una nuova canzone per Te, per la nostra redenzione e per la nostra liberazione. Benedetto sei Tu che hai redento Israele.}}
Oggigiorno noi recitiamo entrambi i testi in successione. La memoria storica dlladella liberazione iniziale da parte di Dio diventa la base di una supplica per un'ulteriore liberazione divina dall'oppressione, originalmente nel tempo di Akiva ed ora nel nostro tempo. In verità, la prima liberazione serva da paradigma per le successive – o più precisamente, le assicura. Da notare l'uso della parola "Pertanto", che introduce la preghiera di Rabbi Akiva; connette la redenzione passata con quella futura, poiché siamo dolorosamente consapevoli che, nel tempo storico, l'oppressione, in un modo o nell'altro, sarà sempre tra noi. Il passo finale nell'evoluzione della dottrina della redenzione divina è l'attesa di un atto ultimo di liberazione che distruggerà tutti i tipi di oppressione, questa volta per sempre.
 
Il potere redentivo di Dio è il fulcro dell'[[w:escatologia ebraica|escatologia (dal greco ἔσχατος ''eschatos'' = ultimo e -λόγος ''logos'' = "studio di", "discorso") ebraica]], il termine onnicomprensivo per l'insieme di insegnamenti che descrive gli eventi che accadranno alla fine dei giorni, al culmine della storia come tale. L'escatologia ebraica è un corpo complesso e fantasioso di insegnamenti che pretende di discutere di avvenimenti che nessun occhio umano ha mai visto. Nella sua forma completa, risalente al periodo talmudico, descrive eventi che avverranno su tre dimensione: una dimensione universale (eventi che influenzeranno l'intero cosmo), una dimensione nazionale (che influenzerà il popolo ebraico) e una dimensione individuale (che influenzerà ciascuna persona individuale). In un modo o nell'altro, ciascuno di questi scenari descrive Dio quale iniziatore del dramma. Tutte le escatologie derivano da un impulso comune: il senso che le cose come stanno ora sono profondamente imperfette. Gli scenari redentivi poi procedono a descrivere come, alla fine dei tempi Dio trasformerà l'imperfetto nel perfetto. Tutti parlano di Dio che salva, riscatta e libera le persone o, alla fine, il cosmo nel suo complesso, da uno stato imperfetto.<ref>{{Cita libro|lingua = en|urlcapitolo = http://www.jewishencyclopedia.com/articles/5849-eschatology|capitolo = Eschatology|titolo = [[w:Jewish Encyclopedia|Jewish Encyclopedia]]|editore = Funk & Wagnalls|città = New York|anno = 1901-1906|ISBN = }}</ref>
 
===Dio redime il mondo===
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[[Categoria:Non c'è alcun altro|Dio Redime]]