Non c'è alcun altro/Dio Cambia: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 12:
{{q|Si dice anche: "Ma provocano veramente Me?" (Geremia {{passo biblico|Geremia|7:19}}); e tuttavia si dice: "Io sono il Signore, non cambio..." (Malachia {{passo biblico|Malachia|3:6}}). Se Dio fosse a volte arrabbiato e a volte gioioso, Egli starebbe cambiando. Tutti questi stati esistono negli esseri fisici che sono di condizione oscura e meschina, che abitano in case d'argilla, le cui fondamenta stanno nella polvere. Infinitamente benedetto e glorificato al di sopra di tutto ciò, è Dio.<ref>''[[Mishneh Torah]]'', "Principi basilari della Torah" 1:12. Vedi anche Twersky, ''op. cit.'', 45.</ref>}}
Gli esseri umani cambiano; Dio non cambia. Per Maimonide, il principio dell'immutabilità di Dio è l'implicazione immediata della sua definizione di un Dio perfetto; per definizione, Dio non può cambiare. Per noi moderni, il principio è un risultato dei limiti della nostra mente. Poiché non sappiamo oggettivamente nulla di Dio, come possiamo dire che Dio è cambiato?
 
Ciò che cambia invece sono le nostre immagini umane di Dio, che cambiano proprio per la ragione che cita Maimonide. Maimonide, ci ricordiamo, insisteva che tutte le nostre immagini di Dio sono metafore, destinate agli esseri umani. Pertanto, se le nostre immagini di Dio sono espressioni soggettive della nostra stessa esperienza, e se noi umani cambiamo, allora certamente possono cambiare anche le nostre immagini di Dio. In altre parole, quello che cambia sono le metafore e a volte possiamo vedere il cambiamento che ha luogo davanti ai nostri occhi.
 
Ci sono molti esempi sorprendenti di tale processo nei testi tradizionali. Ne studieremo due. Entrambi trattano dello stesso problema: il rapporto di Dio con la peccaminosità umana — tema non casuale in qualsiasi religione e sicuramente centrale nell'ebraismo. Il primo esmpio traccia l'evoluzione di una serie di metafore nella Bibbia, nella letteratura rabbinica e nella liturgia susseguente. Il secondo traccia tale evoluzione nell'ambito di un singolo poema liturgico medievale. Comprensibilmente, entrambe le liturgie sono recitate durante le Grandi Festività, stagione del perdono. Il primo esempio viene alquanto complicato perché l'evoluzione avviene in una serie di cinque fasi distinte, descritte qui appresso.
 
===Il peccato è punito===
Iniziamo rileggendo le storie di Adamo ed Eva (Genesi {{passo biblico|Genesi|3}}), di Caino ed Abele (Genesi {{passo biblico|Genesi|4}}) e della generazione del Diluvio (Genesi {{passo biblico|Genesi|6-9}}). In tutte queste prime narrazioni, il peccato viene punito immediatamente; la punizione segue automaticamente per causa ed effetto. Non interviene nulla tra peccato e punizione. L'unica eccezione possibile a questa regola è la protesta di Caino verso Dio in Genesi {{passo biblico|Genesi|4:13-14}}: "Il mio castigo è troppo grande perché io possa sopportarlo. Tu oggi mi scacci da questo suolo e io sarò nascosto lontano dalla Tua presenza, sarò vagabondo e fuggiasco per la terra, così chiunque mi troverà, mi ucciderà!" Caino non contesta la legittimità della punizione divina ma solo la sua severità. Che Caino abbia peccato, e che il suo peccato debba essere punito, viene accettato anche da Caino stesso. Sorprendentemente, Dio mitiga un po' la punizione mettendo un segno su Caino nel caso qualcuno voglia ucciderlo — ma Dio non cancella la punizione. Il peccato deve essere punito.
 
In queste altre storie di Genesi, i peccatori sono puniti immediatamente. Noè non tenta di intercedere con Dio a nome della sua generazione. Pensa solo a salvarsi insieme alla famiglia. Il resto dell'umanità viene sterminato nel diluvio.
 
===La punizione deve essere giusta===