Non c'è alcun altro/Dio è Persona: differenze tra le versioni

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Quando leggiamo le narrazioni bibliche di questo tipo, ci dovremmo sempre chiedere: perché le storie sono scritte in questo modo? Queste stesse storie potevano essere narrate in molti modi differenti, invece la Bibbia registra questa versioni particolari. In entrambi i casi, Dio usa la seconda persona: "Dove sei ''tu''?" e "Dov'è ''tuo'' fratello?" In ciascun caso la domanda è diretta ad un essere umano individuale. Queste narrazioni mitiche sono strutturate per insegnarci qualcosa della natura dell'essere umano. Ci presentano inoltre l'immagine biblica di Dio. Questo Dio si riferisce, si rivolge, comanda e tratta con esseri umani individualmente. Più importante, a questo Dio interessa il destino di ciascun essere umanol, di tutti gli esseri umani. Poiché Adamo ed Eva e Caino siamo noi. Dio si rivolge anche a ciascuno di noi: "Dove ''sei''?" "Dov'è ''tuo'' fratello?"
 
L'immagine di Dio in queste storie è un Dio "personale". Dio viene raffigurato come agisse con intento, scopo e interesse verso e per gli esseri umani. Dio entra in rapporti interpersonali. Il termine ''rapporto interpersonale'' implica la presenza di due persone tra loro. L'unico tipo di dio che non è un dio personale sarebbe quello che agisce ciecamente, a memoria, senza concentrazione o intenzionalità, che segue meccanicamente una serie di leggi, la cui mente non cambia mai, che non ha una mente comunque da cambiare, che non sa nulla dei sentimenti, che non ha una vita interiore. Il Dio personale, vive in un rapporto dinamico, in continua evoluzione, con le persone; il dio impersonale non sa niente di rapporti. Questa metafora di un Dio personale viene concretizzata nelle ulteriori e numerose metafore bibliche specifiche su Dio: Dio è un pastore, un genitore, un insegnante, un amante, un sovrano, un giudice, uno sposo. Queste sono tutte qualità relazionali: un pastore necessita di pecore, un sovrano necessita di sudditi, un amante necessita di un'amata. Tutti catturnao il senso che Dio è coinvolto personalmente e intensamente in relazioni con persone.<ref>Mordecai M. Kaplan, ''Questions Jews Ask: Reconstructionist Answers'', Reconstructionist Press, 1956, 83-84 e ''passim''.</ref>
 
Un ritratto caratteriale rimarchevole di questo Dio personale emerge nella storia di Abramo che implora Dio a favore dei malvagi abitanti di Sodoma e Gomorra (Genesi {{passo biblico|Genesi|18:16-33}}). All'inizio Dio pondera se rivelare ad Abramo le Sue intenzioni di punire gli abitanti di queste città a causa dei loro peccati:
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Lo scambio che segue inizia con l'affermazione che "Abramo si avvicinò", non proprio un movimento fisico da parte di Abramo, dato che Dio non è visibile nello spazio. "Avvicinare" questo Dio vuol dire incontrare, contestare, condividere i sentimenti, impegnare. Qui, è una contestazione: "Davvero sterminerai il giusto con l'empio?"
 
Abramo non contesta la realtà della colpa del popolo. Ciò che contesta è il giudizio morale di Dio, la disponibilità di Dio di obliterare l'innocente insieme al colpevole. Abramo crede che alcuni abitanti delle città siano innocenti. Il centro della sua contestazione è che Dio non possa agire in questo modo a causa del Suo stesso impegno, enunciato all'inizio con le considerazioni interiori di Dio, di fare quello che è "giusto e corretto". " Lungi da Te il far morire il giusto con l'empio... Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?" ({{passo biblico|Genesi|18:25}}). Invero, era stato l'impegno di Dio di fare il giusto ed il corretto che Lo aveva spinto inizialmente a chiedere la rassicurazione di Abramo, ma Abramo non gliela dà. Invece dichiara che per Dio distruggere gli innocenti è chiaramente ingiusto. Abramo ne chiede ragione a Dio, a causa di tutto ciò che conosce di questo Dio, a causa della loro relazione e a causa del loro mutuo impegno nella giustizia.<ref>Abraham Joshua Heschel, ''God in Search of Man'', Jewish Publication Society'', 2009, Souvenir Press, Cap. 13, 136-140.</ref>
 
Poi seguono le trattative: se ci sono cinquanta... quarantacinque... quaranta... trenta... venti... dieci persone innocenti, Dio non può distruggere le città. Poi i due si separano: Dio "se ne va" e "Abramo ritorna alla sua abitazione". Lo scambio è terminato. Non ci sono qui né vinti né vincitori. Sia Dio sia Abramo vincono: Dio era disposto a prendere in considerazione l'argomentazione di Abramo e, ancor di più, rinunciare alla punizione, ma non c'erano innocenti a Sodoma e Gomorra.
 
==A Dio importa==
L'immagine complessa del Dio biblico che emerge da questo passo cattura tutto quello che intendiamo quando attribuiamo una personalità a Dio. A Dio importa della società; Dio non tollera la malvagità; ma Dio qui ha altri impegni, di fare ciò che è giusto e retto. Inoltre Dio ha una precedente relazione con Abramo; Abramo è stato "scelto" perché condivide questi impegni. Questi due impulsi sono in conflitto, così Dio deve decidere cosa fare e se considerare la reazione di Abramo. Da notare che Abramo capisce di avere non solo il diritto, ma veramente anche l'obbligo di contestare Dio, e che quindi si prepara a fare. Nonostante la continua abnegazione di Abramo – non è altro che polvere e cenere, e teme l'ira di Dio – Abramo chiaramente conosce i suoi diritti, comprende il suo potere, ed è del tutto pronto ad usarlo a favore di gente innocente. Ancor di più, Dio e Abramo condividono un impegno di legge morale. Che, insieme alla loro relazione, forma la base di tutta la storia. Sorprendentemente, Dio gradisce la contestazione di Abramo.
 
 
==Dio è vulnerabile==
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