Non c'è alcun altro/Dio è Persona: differenze tra le versioni

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Un ritratto caratteriale rimarchevole di questo Dio personale emerge nella storia di Abramo che implora Dio a favore dei malvagi abitanti di Sodoma e Gomorra (Genesi {{passo biblico|Genesi|18:16-33}}). All'inizio Dio pondera se rivelare ad Abramo le Sue intenzioni di punire gli abitanti di queste città a causa dei loro peccati:
{{q|Dovrei forse nascondere ad Abramo quanto sto per fare, dato che Abramo deve diventare una nazione grande e potente e in lui saranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti, Io l’ho prescelto perché ordini ai suoi figli, e alla sua casa dopo di lui, che seguano la via del Signore per praticare la giustizia e il diritto, affinché il Signore compia in favore di Abramo quello che gli ha promesso.|Genesi {{passo biblico|Genesi|18:17-19}}}}
In primo luogo, ci vien data una rapida visione dei processi mentali di Dio: Dio è in conflitto. Il conflitto è presentato come una domanda interiore che riflette una tensione in Lui tra due impulsi divini contraddittori: l'ira di Dio e il Suo intento di fare ciò che è "giusto e corretto". Dio è ambivalente su cosa fare di queste persone. A questa ambivalenza viene aggiunta un'ulteriore preoccupazione: Dio non può agire unilateralmente senza consultare Abramo. Dopo tutto, Abramo è qui proprio perché Dio gli ha comandato di abbandonare il passato e iniziare una nuova relazione con questo Dio. Dio e Abramo sono consociati in questa nuova impresa: condividono un impegno di fare ciò che è "giusto e corretto". Queste sono le qualità distintive della "via del Signore", in cui sono parimenti impegnati sia Dio che Abramo. Ecco perché Dio ha bisogno dell'approvazione di Abramo prima di agire.
 
Lo scambio che segue inizia con l'affermazione che "Abramo si avvicinò", non proprio un movimento fisico da parte di Abramo, dato che Dio non è visibile nello spazio. "Avvicinare" questo Dio vuol dire incontrare, contestare, condividere i sentimenti, impegnare. Qui, è una contestazione: "Davvero sterminerai il giusto con l'empio?"
 
Abramo non contesta la realtà della colpa del popolo. Ciò che contesta è il giudizio morale di Dio, la disponibilità di Dio di obliterare l'innocente insieme al colpevole. Abramo crede che alcuni abitanti delle città siano innocenti. Il centro della sua contestazione è che Dio non possa agire in questo modo a causa del Suo stesso impegno, enunciato all'inizio con le considerazioni interiori di Dio, di fare quello che è "giusto e corretto". " Lungi da Te il far morire il giusto con l'empio... Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?" ({{passo biblico|Genesi|18:25}}). Invero, era stato l'impegno di Dio di fare il giusto ed il corretto che Lo aveva spinto inizialmente a chiedere la rassicurazione di Abramo, ma Abramo non gliela dà. Invece dichiara che per Dio distruggere gli innocenti è chiaramente ingiusto. Abramo ne chiede ragione a Dio, a causa di tutto ciò che conosce di questo Dio, a causa della loro relazione e a causa del loro mutuo impegno nella giustizia.
 
Poi seguono le trattative: se ci sono cinquanta... quarantacinque... quaranta... trenta... venti... dieci persone innocenti, Dio non può distruggere le città. Poi i due si separano: Dio "se ne va" e "Abramo ritorna alla sua abitazione". Lo scambio è terminato. Non ci sono qui né vinti né vincitori. Sia Dio sia Abramo vincono: Dio era disposto a prendere in considerazione l'argomentazione di Abramo e, ancor di più, rinunciare alla punizione, ma non c'erano innocenti a Sodoma e Gomorra.
 
==A Dio importa==