Storia della filosofia/Friedrich Nietzsche: differenze tra le versioni

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{{citazione|La misura della forza del cosmo è determinata, non è "infinita": guardiamoci da questi eccessi del concetto! Conseguentemente, il numero delle posizioni, dei mutamenti, delle combinazioni e degli sviluppi di questa forza è certamente immane e in sostanza "non misurabile"; ma in ogni caso è anche determinato e non infinito. È vero che il tempo nel quale il cosmo esercita la sua forza è infinito, cioè la forza è eternamente uguale ed eternamente attiva: fino a questo attimo, è già trascorsa un'infinità, cioè tutti i possibili sviluppi debbono già essere esistiti. Conseguentemente, lo sviluppo momentaneo deve essere una ripetizione, e così quello che lo ha generato e quello che da esso nasce, e così via: in avanti e all'indietro! Tutto è esistito innumerevoli volte, in quanto la condizione complessiva di tutte le forze ritorna sempre.|''Frammenti postumi'', 11}}
 
==== Il mito dell'eterno ritorno nello ''Zarathustra'' ====
[[File:Nietzsche187a.jpg|thumb|left|Nietzsche nel 1875]]
Nel capitolo dello ''Zarathustra'' intitolato ''La visione e l'enigma'', Nietzsche introduce sotto forma di mito il pensiero dell'eterno ritorno dell'uguale (già evocato nel capitolo ''Della redenzione'', allorché Zarathustra si rifiuta di enunciare ciò che insegna alla volontà, ossia il volere a ritroso),<ref>Cfr. la nota 134 a pagina 408 dell'edizione Adelphi dello ''Zarathustra'', la quale chiarisce il seguente passaggio: «A questo punto avvenne che Zarathustra improvvisamente si fermasse: pareva uno che fosse terrorizzato all'estremo». Montinari spiega che qui «Zarathustra rinuncia ad enunciare ciò che insegna alla volontà, ‘il volere a ritroso', la dottrina dell'eterno ritorno».</ref> attraverso il dialogo tra il profeta e il nano, personificazione dello spirito di gravità: «Tutte le cose diritte mentono. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo» è l'opinione del nano. Questa prima interpretazione è però giudicata come troppo superficiale («Tu, spirito di gravità! – replica infatti Zarathustra – non prendere la cosa troppo alla leggera!»)<ref>F. Nietzsche, ''Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno'' [1885], III, 46, 2, trad. di M. Montinari, Adelphi, Milano 2012, p. 184.</ref> e portatrice di una generica professione di fede nella circolarità e insensatezza del tutto (nichilismo passivo)<ref name=Vattimo94>G. Vattimo, ''Introduzione a Nietzsche'', Laterza, Roma-Bari 2011, p. 94, nota 20: «Nietzsche attribuisce al nichilismo un duplice possibile senso: un senso passivo o reattivo, nel quale il nichilismo riconosce l'insensatezza del divenire e di conseguenza sviluppa un senso di perdita, di vendetta e di odio per la vita; e un nichilismo attivo che è proprio dell'oltreuomo, il quale si installa esplicitamente nell'insensatezza del mondo dato per creare nuovi valori».</ref>. Nella seconda parte però, Zarathustra espone la sua controinterpretazione della visione della porta che aggiunge caratteri essenziali alla prima interpretazione del nano. La novità di questa controinterpretazione consiste nel fatto che Zarathustra va a fondo e tocca l'argomento decisivo che pone il punto di svolta dal nichilismo passivo al nichilismo attivo.<ref name=Vattimo94/> Non solo tutto ciò che diviene deve essere già stato vissuto, ma soprattutto la porta stessa, l'attimo presente, deve già essere stata in passato. Si è dunque raggiunto il piano di passaggio dal nichilismo passivo al nichilismo attivo, quindi dall'eterno ritorno come pensiero paralizzante, all'eterno ritorno come liberazione dal simbolico (viene confutata in parte la prima interpretazione del nano). L'attimo è compreso nell'eterno circolo di passato e futuro.
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Il capovolgimento reca in sé l'affermazione di un valore ulteriore. Mentre la trasvalutazione è legata al fluire del valore stesso senza preminenza di alcuno in particolare, e quindi al superamento del valore. Riprendendo Nietzsche quando parla di Eraclito, l'unico filosofo a cui si sente legato, afferma che il movimento reca in sé la possibilità dell'annientamento. Tradotto in termini filosofici e legato questo concetto a quello caro a Nietzsche della trasvalutazione, non vi può essere una morale né un valore assoluto ma valori istintuali che si annientano nel movimento. Se non fosse così si considererebbe Nietzsche un moralista o un idealista.
 
[[Categoria:Storia della filosofia|Nietzsche]]
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