La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah/"Mishneh Torah" come parabola: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 14:
 
Chiaramente, anche il ''midrash'' dice che il Cantico dei Cantici non deve essere preso alla lettera. I cambamenti d'enfasi di Maimonide sono minori ma sempre significativi. La sua rivalutazione sembra intesa ad usare questo ''midrash'' per evidenziare la sua idea degli strati di significato nelle parabole, cosa che considereremo fra poco.<ref>Mordechai Cohen vede la discussione della parabola del candelino come descrivesse il metodo rabbinico di interpretare le parabole, in contrasto con quello di Maimonide. Secondo la mia analisi, Maimonide altera impercettibilmente la parabola rabbinica e poi l'adotta. Vedi M.Z. Cohen, ''Three Approaches to Biblical Metaphor'', 122-4.</ref> Allargando la prospettiva, è possibile che rifletta anche il declino dell'erudizione ebraica che Maimonide vide tra il tempo del Talmud e Midrash ed il suo. Interpreta "le parole della Torah" su cui il ''midrash'' dice che le parabole chiariscono come si riferissero a "questioni oscure",<ref>''Guida'', Introduzione (p. 11).</ref> cioè ''ma`aseh bereshit'' e ''ma`aseh merkavah'' che, abbiamo visto, egli identifica con fisica e metafisica. Abbiamo appurato che, facendo questa identificazione, Maimonide reputava di aver riconsegnato alla tradizione ebraica quella conoscenza che i saggi di Talmud e Midrash possedevano ma che era stata persa, e che poteva essere ricostruita solo dalle opere dei filosofi e mediante speculazione. Ma ciò che era andato perso, sembra, non era solo la conoscenza, ma anche il linguaggio in cui era stata espressa, vale a dire, le parabole dei profeti (con Salomone incluso tra i profeti per questo scopo) ed il Midrash. Per esempio, dei ''midrashim'' sulla storia di Adamo ed Eva nel Giardino dell'Eden, Maimonide dice: "Sappi che quelle cose che io ti citerò dai detti dei ''saggi'' sono detti della più grande perfezione; la loro interpretazione allegorica era chiara a coloro ai quali erano indirizzati, e non erano ambigui."<ref>''Guida'' ii.30 (p. 355).</ref>
 
La posizione dell'ebreo illuminato ai tempi di Maimonide è quindi paragonabile a quello delle comunità dei nostri tempi che mantengono ancora la pratica antica di avere una versione aramaica declamata insieme alla lettura pubblica della Torah nell'originale ebraico. Mentre una volta questa era una questione di tradurre la Torah da una lingua che gli ascoltatori non capivano in una lingua che invece capivano, ora la traduzione avviene da una lingua che (almeno in Israele) capiscono in una che in gran parte non capiscono. Parimenti, mentre le parabole profetiche erano sempre fatte per occultarne i contenuti alla moltitudine,<ref>Vedi ''Guida'', Introduzione (p. 9).</ref> ai saggi talmudici ne chiarivano "le parole della Torah", ma ora esse sono oscure mentre, grazie ad Aristotele ed ai suoi seguaci arabi, ''ma`aseh bereshit'' e ''ma`aseh merkavah'' sono conosciute almeno approssimativamente. Gran parte della ''Guida'' è dedicata a recuperare il linguaggio parabolico perduto. Maimonide potrebbe ben riconoscere di aver adattato il nostro ''midrash'', e sostenere che i tempi sono cambiati.
 
Nella loro trattazione maimonidea, anche i comandamenti possono essere paragonati ad un linguaggio andato perduto. Nel loro contesto culturale originale molti dei comandamenti rituali erano intesi si riferissero a pratiche pagane. Quando la conoscenza di tali pratiche si spense, divenne necessario chiarire i comandamenti stessi. Grazie alla sua conoscenza del culto [[w:Sabei (Harran)|sabiano]], Maimonide è in grado di farlo. Analizza le etimologie dei comandamenti, per così dire, e ricostruisce il loro significato come vocabolario antipagano (seguendo l'approccio lessicografico della ''Guida'' riguardo al significato delle parabole). L'intera impresa delle ragioni dei comandamenti nella ''Guida'' e la loro classificazione in questo libro è relativa a certi beni esterni, preannunciati, determinati filosoficamente: il benessere dell'anima; il benessere del corpo; il controllo dei desideri. La questione è come i comandamenti si riferiscano al mondo.
 
Per continuare con la similitudine linguistica, la ''Mishneh Torah'' non riguarda tanto i riferimenti semantici dei comandamenti, quanto la loro grammatica e sintassi o, più genericamente, la loro forma. Il modello cosmico, insieme alle interpretazioni dirette della loro importanza morale e filosofica, ci insegna a fare l'analisi logica dei comandamenti. Ci permette di comprendere come il significato di ciascun comandamento dipenda dal rapporto con gli altri e come possa essere analizzato in forma e materia. Il quadro di riferimento non è uno di beni definiti, esterni e sostanziali, ma uno formale, interno — o assiomatico, come definito nel Capitolo 4.
 
La struttura della ''Mishn eh Torah'' si basa sulla descrizione del cosmo che contiene, in "Leggi delle Fondamenta della Torah". Ciò è emblematico della natura organica della forma letteraria della ''Mishneh Torah'', generata dalla priorità della forma sulla materia che è anche la struttura basilare dei comandamenti. Come l'esistenza del cosmo fluisce continuamente del primo esistente, la forma delle forme, si crea l'impressione dei comandamenti come un flusso continuo dalla stessa fonte, da cui la ''Mishneh Torah'' come un'opera d'arte in continua autoreintegrazione.
 
Comprendere la struttura dei comandamenti significa che, invece di inciampare al buio sulle loro manifestazioni materiali, la loro "mobilia", noi possiamo estrarne "una forma nell'anima". Tale forma è un microcosmo, la riproduzione interiore di ''ma`aseh merkavah'' e ''ma`aseh bereshit''. La forma della ''Mishneh Torah'' nel senso letterario è una rappresentazione parabolica della forma dei comandamenti nel senso tecnico, filosofico.
 
==Una Scala di Giacobbe==