La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah/Da teoria a storia: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Riga 2:
<big>'''Un Commentario su "Leggi delle Fondamenta della Torah", 6:9 e 7:3'''</big>
{{La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah}}
[[File:Jewish Silver Torah Shield - 8340.jpg|470px480px|center|Scudo della Torah in argento]]
Il modo in cui Maimonide invoca e adatta sottilmente l'aggadah nella ''Mishneh Torah'' è stato un tema sussidiario in tutto questo nostro studio, ma qui entra in primo piano. Il compito di questo capitolo sarà l'analisi di due ''halakhot'', ognuna delle quali contiene una serie di citazioni bibliche, con speciale attenzione al modo in cui Maimonide utilizza le armonie midrashiche, per così dire, dei versetti biblici in questione. Lo scopo sarà di mostrare come, da queste aggadot, egli crei una sua propria aggadah, in cui i rapporti ontologici e teleologici della ''Mishneh Torah'' sono riuniti. Poiché, raccogliendo il filo del doppio modello della redenzione messianica dal precedente capitolo, uno potrebbe chiedere: come fa esattamente un libro che inizia con un resoconto senza tempo di fisica e metafisica arrivare ad una fine che tratta dell'età del messiah, cioè, della storia?
 
Riga 123:
Esaminiamo ora più attentamente l'ultimo caso che Maimonide affronta in "Leggi delle Fondamenta della Torah", 6:9, dal libro di Daniele.
 
Il capitolo 2 di Daniele, da cui la frase in questione viene presa, parla del sogno di Nebuchadnezzar che presenta una figura con una testa d'oro, petto e braccia d'argento, pancia e cosce di ottone, gambe di ferro e piedi in parte di ferro ed in parte d'argilla. Daniele interpreta questo sogno come simbolizzasse quattro regni in successione, con un quinto regno, il regno di Dio, a venire dopo. I rabbini associarono i quattro regni con quattro imperi: [[w:Civiltà babilonese|Babilonesi]], [[w:Medi|Medi]] e [[w:Persiani|Persiani]], [[w:Antica Grecia|Greci]] e [[w:Impero romano|Romani]].<ref>Vedi Raviv, "Talmudic Formulation of the Prophecies" {{he}}. Per l'interpretazione di Maimonide riguardo ai quattro regni o imperi, si veda ''Epistles'' {{en}}, curcurr. Halkin e Hartman, 135 nota 55.</ref> La nostra ''halakhah'' è quindi coronata da un riferimento ad una visione di storia umana e l'avvento dell'era del messiah.
 
Questa fine dà origine a svariate associazioni aggiuntive mediante un gruppo di ''midrashim''. ''Cantico dei Cantici Rabbah'' associa il versetto "La mia vigna, che è mia, sta davanti a me" con l'esilio babilonese e Nebuchadnezzar:
{{q|Rabbi Hiyya insegnava con autorità tannaitica, "L'argomento può essere paragonato al caso di un re che era irato con suo figlio e lo consegnò al suo servo. Cosa fece [quest'ultimo]? Iniziò a picchiarlo con una mazza. Gli disse, «Non obbedire tuo padre.»<br/>"Il figlio disse al servo, "Sei un grande sciocco!La ragione che mio padre mi ha consegnato a te è proprio perché non gli davo retta, e tu mi dici, «Non obbedire tuo padre!»<br/>Così pure, quando il peccato causò che la dimora del santuario fosse distrutta e Israele mandato in esilio a Babilonia, Nebuchadnezzar disse loro: «Non ascoltate la Torah di vostro padre in cielo, ma piuttosto prostratevi e adorate la statua che ho fatto» (Daniele {{passo biblico|Daniele|3,15}}).<br/>"Gli Israeliti gli dissero, Sei un grande sciocco! La ragione per cui il Santo, che Egli sia benedetto, ci ha consegnato a te è perché ci prostravamo davanti ad un idolo: «Vide ... immagini di Caldei dipinte in rosso» (Ezechiele {{passo biblico|Ezechiele|23,14}}), e ciononstante tu ci dici, «prostratevi e adorate la statua che ho fatto». Guai a te!<br/>"È in quel momento che il Santo, che Egli sia benedetto, disse, "La mia vigna, che è mia, sta davanti a me."<br/>"Quell'uomo malvagio disse davanti a lui, «C'erano mille [giusti] e sono ora abbattuti in numero qui e ce ne sono solo duecento.»<br/>"Il Santo, che Egli sia benedetto, gli rispose, «Guai a quell'uomo malvagio, sputo marcio! C'erano mille ed il loro numero è qui aumentato e ce ne sono ora duecentomila.»"<ref>''C. d. C. Rabbah'', trad. Neusner, ii.240 (Ho variato la traduzione di Neusner nell'ultima frase da "duemila" a "duecentomila").</ref>}}
Il ''midrash'' connette la sentenza finale della ''halakhah'' con la penultima, in Cantico dei Cantici. Per il lettore che ha in mente il ''midrash'', questo ultimo paio di riferimenti trasmette il messaggio che Israele rimane leale a Dio in esilio e Dio non abbandona il suo popolo. L'intimità e fedeltà tra Dio ed il popolo ebraico descritte dal Cantico dei Cantici sopravviverà, anche attraverso le tribolazioni raffigurate in Daniele.<ref>Nella ''Guida'' Maimonide tratta il Cantico dei Cantici come un'allegoria del rapporto tra l'individuo e Dio. Vedi spec. ''Guida'' iii.54 (p. 636), dove una forma precedente del motivo della vigna in C.d.C. {{passo biblico|Cantico dei Cantici|1,6}} è interpretato come si riferisse alla coltivazione della facoltà raziocinante. Nella ''Lettera allo Yemen'', tuttavia, il C.d.C. viene trattato come un'allegoria del rapporto tra Dio ed il popolo ebraico.Vedi ''Epistles'', curcurr. Halkin e Hartman, 104.</ref>
 
Il riferimento alla profezia dei quattro regni fa chiudere il cerchio alla ''halakhah'', tramite ''Mekhilta derabi yishma`el'', che inerpreta un versetto nell'episodio dell'"alleanza tra i pezzi" fatta da Dio con Abramo<ref>Genesi {{passo biblico|Genesi|15,9-21}}.</ref> come riferimento a quella profezia.<ref>Vedi citazione dalla ''Mekhilta derabi yishma`el'':
Riga 163:
La dichiarazione categorica che gli angeli della scala di Giacobbe simbolizzano gli imperi e la loro dominazione, forse intesa come palliativo per il lettore comune, è una provocazione per il lettore esperto consapevole delle molteplici possibilità offerte dal Midrash. Per tale lettore, la giustapposizione di tale visione con "le creature viventi che vide Ezechiele" potrebbe incuriosire non solo a causa della contorsione richiesta per realizzarla, ma anche a causa del ''midrash'' seguente: "Disse R. Shimon b. Lakish. «I patriarchi solo loro stessi il carro [di Dio]: Dio lasciò Abrahamo, levandosi in alto (Gen. {{passo biblico|Genesi|17,22}}). Dio salì in alto da lui [Giacobbe] (Gen. {{passo biblico|Genesi|35,13}}), Ecco il Signore gli stava davanti (Gen. {{passo biblico|Genesi|28,13}}).»"<ref>''Gen. Rabbah'' 47:8 (trad. Neusner, iii.19). Da notare che l'ultima citazione è dal sogno di Giacobbe e può anche essere letta "stava su di essa" (cioè, sulla scala) — vedi nota successiva. Steven Harvey commenta: "Che Maimonide considerasse la parabola della scala di Giacobbe come una descrizione del Carro mi è chiaro e credo che sia alquanto importante", e nota la giustapposizione delle due nella nostra ''halakhah'' ("Maimonide in the Sultan's Palace", 61 nota 58).</ref>
 
Il carro (''merkavah'') è, ovviamente, la visione delle "creature viventi" nei capitoli 1 e 10 di Ezechiele, i testi primari del misticismo ebraico, mentre "il Signore stava su" è la scala del sogno di Giacobbe.<ref>Il versetto può anche essere interpretato col significato "il Signore gli stava davanti", o finanche "vicino a lui", cosicché non è del tutto chiaro se, nel suo sogno, Giacobbe vide Dio in cima alle scale o fu semplicemente consapevole della presenza di Dio. L'interpretazione alternativa è forse più consistente con gli altri versetti nel ''midrash'' (vedi nota precedente), ma qui vien dato "stava su di essa" invece che "gli stava davanti" perché Maimonide chiaramente preferisce tale interpretazione nella ''Guida'', come si vedrà dopo.</ref> Vale a dire, R. Shimon ben Lakish (Resh Lakish) precedette Maimonide nel mettere insieme "la scala che vide Giacobbe nostro padre" e "le creature viventi che vide Ezechiele". Quale che sia il significato del ''midrash'', la sua allusione nella nostra ''halakhah'', se è giusto vederne una,<ref>Maimonide cita questo ''midrash'' nella ''Lettera allo Yemen'', dove dice: "Il significato è che loro [i patriarchi] hanno conseguito un vero concetto della divinità" (''Epistles'', curr. Halkin e Hartman, 118).</ref> dovrebbe mettere in allerta il lettore esperto. Ma allerta di cosa? Rimane da vedersi come siano collegati "la scala che vide Giacobbe nostro padre" e "le creature viventi che vide Ezechiele".
{{clear}}
 
Perciò dobbiamo infine rivolgerci alla ''Guida''. Ma prima di farlo, esaminiamo un paio di punti. Uno è che, tramite il riferimento alla successione di imperi dominanti, Maimonide ha introdotto una dimensione storica in una discussione teorica della profezia. L'altro è che ''malkhuyot veshi`abudan'' ("imperi e loro oppressione") è una frase piena di implicazioni, poiché Maimonide adotta l'opinione dell’''[[w:Amoraim|amora]]'' Samuel<ref>TB ''Shab.'' 63''a''.</ref> che la fine dell'oppressione imperiale rappresenta la sola differenza tra era pre-messianica ed era post-messianica.<ref>"Leggi del Pentimento", 9:2.</ref> Vale a dire, ha invocato la storia nel suo aspetto più importante.
 
Le tre discussioni del sogno di Giacobbe nella ''Guida'' sono state esposte nel precedente capitolo. La prima discussione, nell'introduzione, già presenta un parallelo interessante con la ''Mishneh Torah''. Sia in "Leggi delle Fondamenta della Torah" che nell'introduzione alla ''Guida'', questo sogno serve da paradigma principale di una parabola. È il primo nella lista di esempi in "Leggi delle Fondamenta della Torah", 7:3, mentre nell'introduzione alla ''Guida'' è l'esempio di una parabola in cui ogni particolare è significativo. In entrambi i punti, crediamo che sia stato ben evidenziato che questa parabola è estremamente importante. Inoltre, nella misura in cui la ''Guida'' possa essere usata retrospettivamente,<ref>Lo può, per le ragioni discusse sotto.</ref>, la discussione lì ci assicura che, agli occhi di Maimonide, un attento esame del sogno di Giacobbe e un alto grado di sensibilità a qualsiasi riferimento lo concerna sono totalmente giustificati.
 
La rimanente discussione nella ''Guida'' ci dà due referenti allegorici aggiuntivi per il sogno di Giacobbe da mettere insieme ai quattro imperi nella ''Mishneh Torah'', cioè il duplice referente del cosmo e del profeta che sale e scende in ''Guida'' Parte I, ed i quattro elementi della materia in ''Guida'' Parte II. Questa stessa moltiplicazione di interpretazioni fa sorgere una domanda: se Maimonide crede nell'intenzione autoriale, e sappiamo che ci crede, come fa a proporre tre interpretazioni differenti per la stessa parabola? Dobbiamo ricorrere a molteplici intenzioni, o ci sono tre interpretazioni che veramente sono solo una? Proporremmo che la risposta sia quest'ultima e che il collegamento tra le differenti interpretazioni si trova nella teoria della profezia proposta da Maimonide.
 
Chi aspiri alla profezia deve perfezionare sia la propria facoltà raziocinante sia la propria facoltà immaginativa. In ''Guida'' ii.36,<ref>p. 369.</ref> la profezia stessa è definita come "un traboccamento scaturito da Dio, che Egli possa essere glorificato e onorato, attraverso l'intermediazione dell'Intelletto Attivo, verso la facoltà razionale in primo luogo, e successivamente verso la facoltà immaginativa". Kraemer parafrasa questo nella seguente maniera:
{{q|Il profeta riceve verità teoriche dall'emanazione dell'Intelletto Agente sulla sua facoltà razionale. Questa emanazione attiva la sua facoltà d'immaginazione, facendo pertanto sorgere rappresentazioni simboliche della verità ad un livello che la gente comune può comprendere. Il profeta comunica questi simboli al pubblico tramite mito e rito.<ref>J.L. Kraemer, ''Maimonides'', 388.</ref>}}
 
===Maimonide e il processo storico===
 
==''Mishneh Torah'' come profezia==
[[File:Mishneh Torah (Books 7 to 14) by Maimonides - Google Art Project.jpg|500px530px|center|"Mishneh Torah" (Libri 7-14), manoscritto miniato su vellum, inchiostro marrone, tempera e foglia d'oro, con scrittura aschenazita semi-corsiva; Museo d'Israele (ca.1457-ca.1465)]]
 
{{clear}}