La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah/Ritorno: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 245:
Rynhold cerca di applicare questi criteri all'esposizione delle ragioni per i comandamenti nella ''Guida'', postulando che i fini generali dei comandamenti ivi citati, cioè la perfezione dell'anima, la perfezione del corpo e il freno dei desideri, delineano la forma dell'uomo. Alla fine, tuttavia, riconosce candidamente che i criteri rimangono insoddisfatti e per la ragione che ho discusso, vale a dire che i particolari dei comandamenti non sono in realtà derivabili dai principi generali riportati nella ''Guida'', ma sono invece spiegati da contingenze storiche, cosicché
{{q|sembra giusto dire che la forma dell'uomo non determina unicamente una legge specifica o serie di leggi. La Torah è sottodeterminata dalla forma dell'uomo in un modo che non ci permetterebbe di dedurre la Torah in tutta la sua specificità dalla sola asserzione che quella forma sia il suo ''telos''. Ma ciò significa che non possiamo costruire una dimostrazione scientifica aristotelica della Torah: non c'è una catena deduttiva necessaria a condurci dal fine dell'uomo ai comandamenti.<ref>Rynhold, ''Two Models of Jewish Philosophy'', 29.</ref>}}
Rynhold suggerisce alcuni modi di circuire questo problema, ma sembra più semplice accettare che la ''Guida'', come summa, non mira affatto a questo tipo di dimostrazione assiomatica. La ''Mishneh Torah'' però si adatta perfettamente al modello di Rynhold. Lì, la forma dell'uomo è la forma del cosmo, e la forma del cosmo è la forma dei comandamenti. Il fine dei comandamenti è di tradurre il governo del mondo da parte di Dio in autogoverno simile a Dio da parte di coloro che li osservano. Non c'è divario tra le regole ed il loro scopo che necessiti di essere colmato ricorrendo a contingenze storiche. Pertanto la ''Mishneh Torah'' fa sparire il problema dei particolari dei comandamenti. Far sparire un problema non è lo stesso di risolverlo; se veramente insistiamo a conoscere, per esempio, l'origine della proibizione contro l'indossare una miscela di lana e lino, dobbiamo far riferimento alla ''Guida''. Tuttavia, il punto è che col metodo dell'assioma della ''Mishneh Torah'', questa questione non ha molto interesse, anzie è importuna, perché la nostra attenzione è assorbita dal rapporto tra il comandamento e il modello formale, come per esempio qualcuno che gioca a scacchi è assorto dal rapporto tra il modo con cui si deve muovere un pezzo, lo stato del gioco, ed il fine ultimo di catturare il re dell'avversario, e non è interessato su come la mossa possa aver avuto origine in giochi svoltisi in Persia e in India secoli fa, per quanto possa essere interessante in altre situazioni e momenti. Considerata in questa maniera, come sistema relazionale, la ''Mishneh Torah'' soddisfa il criterio della spiegazione aristotelica: i comandamenti sono completamente determinati dalla forma microcosmica dell'uomo. La forma trova cause materiali che la rendono manifesta, ma le loro origini non fanno parte del nostro orizzonte.
Rynhold suggerisce alcuni modi di circuire questo problema, ma sembra più semplice accettare che la ''Guida'', come summa, non mira affatto a questo tipo di dimostrazione assiomatica. La ''Mishneh Torah'' però si adatta perfettamente al modello di Rynhold.
 
Naturalmente manca qualcosa. Dove sta la caterva di sillogismi che portano dalla struttura del cosmo (che è la forma dell'uomo) ai comandamenti? Non ne abbiamo accesso. Appartiene alla profezia unica di Mosè e alla sua intuizione suprema del governo del mondo da parte di Dio. Ciò che la ''Mishneh Torah'' invece presenta è una rappresentazione simbolica, che sostituisce il sillogismo poetico col sillogismo dimostrativo, usando un modello schematico dell'universo per riferirsi alla conoscenza esplicativa perfetta di Mosè, ed il modo in cui i comandamenti ne derivano.
 
Considerazini simili si applicano quando esaminiamo l'aspetto dinamico neoplatonico della forma della ''Mishneh Torah''. Il primo principio, affermato nella prima ''halakhah'', è la conoscenza dell'esistenza di Dio. Questa è un'altra versione della forma dell'uomo, poiché è grazie "alle vere opinioni che riguardano le cose divine che l'uomo è uomo".<ref>''Guida'' iii.54 (p. 635). Sulla base della tesi proposta al Capitolo 1, che la realizzazione della forma microcosmica dell'uomo costituisce veramente la conoscenza di Dio, le due versioni sono in realtà due modi di esprimere la stessa cosa.</ref> Ne consegue una serie di proposizionio quasi-euclidee che dimostrano l'incorporeità di Dio, la Sua unità e conoscenza unica. Questo stile sembra relegato all'apertura della ''Mishneh Torah'', svanendo dopo uno o due capitoli, ma in realtà l'apertura assiomatica annuncia la forma dell'argomento dell'opera nel suo complesso, e la serie continua, non tramite una logica dimostrativa ma tramite una logica poetica (rinforzata dai collegamenti tematici tra libri evidenziati nel precedente capitolo), la struttura agendo come modello di emanazione e quindi come metafora della derivazione assiomatica. La mimesi dell'emanazione è l'assicurazione che i comandamenti conseguono dalla conoscenza dell'esistenza di Dio con un'inevitabilità deduttiva che combacia con l'emanazione delle sfere dalla prima esistenza<ref>Non con completa inevitabilità, poiché sia la natura che i comandamenti sono prodotti della volontà di Dio e della Sua saggezza – vedi nota 74 ''supra''. Infatti, la profezia trascende persino il ragionamento sillogistico dimostrativo: vedi Capitolo 5.4.</ref> anche se, di nuovo, il processo di deduzione potrebbe essere al di là delle possibilità di tutti eccetto Mosè.
 
===Twersky e Soloveitchik: razionalizzazione soggettiva===