Storia della filosofia/Lucrezio: differenze tra le versioni

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== Gnoseologia ==
[[File:Lucretius drawn by Michael Burghers.png|thumb|left|upright=0.7|Lucrezio, incisione di Michael Burghers, 1682]]
Secondo Lucrezio, che riprende in maniera radicale la tesi già di Epicuro, la religione è la causa dei mali dell'uomo e della sua ignoranza. Egli ritiene che la religione offuschi la ragione impedendo all'uomo di realizzarsi degnamente e, soprattutto, di poter accedere alla felicità.<ref name=Fusaro>{{cita web|url=http://www.filosofico.net/lucrezio.htm|autore=Diego Fusaro (a cura di)|titolo=Tito Lucrezio Caro|accesso=21 dicembre 2013}}</ref> Il poema ha come argomenti principali la lacerante antinomia fra ''ratio'' e ''religio'', l'epicureismo e il progresso. La ''ratio'' è vista da Lucrezio come quella chiarità folgorante della verità «che squarcia le tenebre dell'oscurità», è il discorso razionale sulla natura del mondo e dell'uomo, quindi la dottrina epicurea, mentre la ''religio'' è ottundimento gnoseologico e cieca ignoranza, che lo stesso Lucrezio denomina spesso con il termine "superstitio". Indica l'insieme di credenze e dunque di comportamenti umani "superstiziosi" nei confronti degli dèi e della loro potenza. Poiché la religio non si basa sulla ratio essa è falsa e pericolosa.<ref name=Fusaro/>
 
Lucrezio afferma che sono evidenti le nefaste conseguenze della religione e adduce come esempio il caso di Ifigenia, dicendo poi che il mito è una rappresentazione falsata della realtà, come nell'Evemerismo. La religione è perciò la causa principale dell'ignoranza e dell'infelicità degli uomini.<ref name=Fusaro/>
 
Lucrezio riprende i temi principali della dottrina epicurea, che sono: l'aggregazione atomistica e la "parenklisis" (che egli ribattezza ''clinamen''), la liberazione dalla paura della morte, la spiegazione dei fenomeni naturali in termini meramente fisici e biologici. Egli opera un completamento di essa in senso naturalistico ed esistenzialistico, introducendo un elemento di pessimismo, assente in Epicuro, probabilmente da attribuirsi a una personalità malinconica.<ref name=Fusaro/>
 
Da un punto di vista ontologico, secondo Lucrezio, tutte le specie viventi (animali e vegetali) sono state "partorite" dalla Terra grazie al calore e all'umidità originari. Ma egli avanza anche un nuovo criterio evoluzionistico: le specie così prodotte sono infatti mutate nel corso del tempo, perché quelle malformate si sono estinte, mentre quelle dotate degli organi necessari alla conservazione della vita sono riuscite a riprodursi.<ref>''De rerum natura'', V, 784-859.</ref>
 
== L'uomo e il progresso ==
Lucrezio nega ogni sorta di creazione, di provvidenza e di beatitudine originaria e afferma che l'uomo si è affrancato dalla condizione di bisogno tramite la produzione di tecniche, che sono trasposizioni della natura.<ref name=Fusaro/>
 
Per Lucrezio, però, il progresso non è positivo ''a priori'', ma solo finché libera l'uomo dall'oppressione. Se è invece fonte di degradazione morale, lo condanna duramente.<ref name=Fusaro/>
 
== Anima e Animus ==
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{{Citazione| Vi sono dunque calore e aria vitale nella sostanza stessa del corpo, che abbandona i nostri arti morenti. Perciò, trovata quale sia la natura dell'animo e dell'anima - quasi una parte dell'uomo -, rigetta il nome di armonia, recato ai musicisti già dall'alto Elicona, o che essi hanno forse tratto d'altrove e trasferito a una cosa che prima non aveva un suo nome. Tu ascolta le mie parole. Ora affermo che l'anima e l'animo sono tenuti Avvinti tra loro, e formano tra sé una stessa natura. Ma è il capo, per così dire, è il pensiero a dominare tutto il corpo: quello che noi denominiamo animo e mente e che ha stabile sede nella zona centrale del petto. Qui palpitano infatti l'angoscia e il timore, qui intorno le gioie provocano dolcezza; qui è dunque la mente, l’animo. La restante parte dell’anima, diffusa per tutto il corpo, obbedisce e si muove al volere e all’impulso della mente. Questa da sé sola prende conoscenza, e da sé gioisce, quando nessuna cosa stimola l’anima e il corpo.|<ref>''De rerum natura'', III, vv. 130-146</ref>}}
 
Lucrezio riprende il concetto ellenico di ''anima'' come "soffio vitale che vivifica ed anima il corpo, ciò che i greci chiamavano ''psyché''. Questo soffio pervade tutto il corpo in ogni sua parte e lo abbandona solo “con l'ultimo respiro". L'"animus" invece è identificabile col "noùs" ellenico, traducibile in latino con ''mens''. Dunque ''animus'' e ''mens'' paiono essere o la stessa cosa o due elementi coniugati dell'unità mentale. L'indicazione della “zona centrale del petto” come sede fa pensare al concetto di “cuore”, ricorrente ancora oggi nel linguaggio comune per indicare la sensibilità umana, centro dell'emozione e del sentimento. Parrebbe allora che l'animus sia insieme e conoscenza e emozione, mentre l'anima è soffio vitale.<ref name=Fusaro/>
 
== L'angoscia esistenziale ==