La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah/La "Mishneh Torah" come Microcosmo: differenze tra le versioni

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La differenza estetica inizia con diversi atteggiamenti verso la natura. Nel postulare una duplice realtà, il misticismo trasforma la natura in un velo tra uomo e Dio, nascondendo il divino come un indumento nasconde il suo indossatore, ma dando indizi sull'indossatore a coloro che li sanno decifrare. Anche Maimonide parla di un velo, ma in un senso alquanto differente. La materia, dice, è "un grande velo che previene l'apprensione di ciò che è separato dalla materia come essa è veramente" cosicché "noi siamo separati da Dio a causa di un velo."<ref>''Guida'' iii.9 (pp. 436-7).</ref> Il velo qui non è il mondo che nasconde Dio come un indumento; non è per nulla un fatto circa il mondo, ma un fatto della condizione umana: come creature fisiche, gli esseri umani hanno un'abilità limitata nel percepire le forme, separate o immanenti nella materia, e sono assolutamente incapaci di percepire Dio come Egli è.
 
Insieme a questa limitazione sta un conseguimento inestimabile. Poiché Dio produce la natura ma ne è completamente separato, la natura non è un indumento, ma semplicemente se stessa, completa e perfetta, e nuda allo sguardo della ragione. È mediante il ragionamento sulla natura, stimolato dall'amore di Dio che sorge nell'ammirare la creazione, che l'essere umano attiva ciò che in lui/lei è potenzialmente simile a Dio. In breve, mentre per il mistico la natura cela Dio, per Maimonide la natura rivela Dio, o tutto quello che di Dio potrà mai essere rivelato.
 
Ne consegue che, mentre c'è spazio nel sistema di Maimonide per valutare l'arte come imitazione della natura, agli occhi del cabalista, come agli occhi di Platone, è probabile che sia del tutto priva di valore, una distrazione dalla realtà.<ref>"Secondo lo stesso Maimonide, la natura era una via importante e, secondo l'opinione di S. Pines, l'unica via per l'apprensione della realtà del divino. Pertanto, un vero interesse per i fenomeni naturali era un requisito religioso, quasi un obbligo... I cabalisti, invece, non erano interessati alla natura come vero dominio di contemplazione" (Idel, "''Deus Sive Natura''", 100).</ref> Come è stato sottolineato nell'Introduzione, l'imitazione della natura fondamentalmente non significa la rappresentazione di oggetti naturali, ma la riproduzione di uno stato o processo naturale. La natura viene prima dei comandamenti e dell'arte, ma ciascuno, in parallelo, è o cerca di diventare quello al quale nulla può essere aggiunto e dal quale nulla può essere tolto. È in questo che consiste la bellezza ed è per questa ragione che Maimonide può approvare l'arte nelle giuste circostanze
 
È anche per questa ragione che i comandamenti sono suscettibili di trattamento artistico; i loro valori etici sono traducibili in valori estetici. Ma ciò non dota i comandamenti di un qualche simbolismo inerente. Qualsiasi importanza simbolica venga loro assegnata, sia individualmente sia nell'insieme, è un costrutto. Nel suo aspetto poetico, la ''Mishneh Torah'' fornisce una possibile, ma non necessariamente vera in definitiva, rappresentazione simbolica del significato dei comandamenti. Nella frase che Maimonide usa costantemente per qualificare il conseguimento intellettuale, è ''kefi koḥo'', secondo la sua capacità e comprensione.
 
Nel concetto cabalistico, invece, i comandamenti sono permeati di simbolismo.<ref>Vedi Idel, ''Kabbalah: New Perspectives'', 227-8.</ref> Si rapportano alla struttura soprannaturale in modo diretto, fisso, obiettivo. Anche i valori estetici cabalistici sono orientati verticalmente, verso l'assoluto. Come scrive Kalman Bland, i cabalisti "rinunciarono ai fondamenti strettamente psicologici, relativistici e anti-metafisici dell'estetica maimonidea, in favore di una nozione che la bellezza cosmica si origina nell'ambito delle profondità misteriose dell'essere di Dio".<ref>[https://religiousstudies.duke.edu/news/memoriam-kalman-p-bland-1942-2017 Kalman Bland], "Beauty, Maimonides, and Cultural Relativism", 103. Vedi anche ''ad hoc'' nell'Introduzione.</ref>
 
Maimonide non assegna nessuna condizione ontologica ideale alla bellezza, divina o meno, ma la colloca nella mente. Proprio come, secondo lui, i comandamenti sono autoriflessivi, la sua meditazione artistica su di essi è autoriflessiva e stimola l'autoriflessione nel lettore — e lì sta la sua bellezza ultima.<ref>Si confronti Kemal sulla poetica di Alfarabi:
{{q|Spiegando che il discorso poetico è immaginativo, al-Farabi implica che la poesia manca di interesse per la verità oppure è falsa. Il discorso poetico consiste di affermazioni che hanno significato e che, sebbene né vere né false, al meglio ''mostrano'' le connessioni che [tale discorso poetico] cerca di fare... Vale a dire, la poesia è autoriflessiva nonostante la sua base nelle rappresentazioni immaginative. La ragione semplice ed essenzialmente corretta di ciò è che il discorso poetico, essendo costituito da rappresentazioni immaginative, non può essere vero nel mondo per le ragioni succitate, ma di certo rivela qualcosa delle menti che costruiscono quelle rappresentazioni.|''Poetics of Alfarabi and Avicenna'', 123}}
Parimenti, il punto della forma della ''Mishneh Torah'', secondo la mia interpretazione, è di mostrare certe connessioni e rivelare la mente che le ha costruite. La questione di quanto Maimonide considerasse vere le sue rappresentazioni del mondo e quanto siano un costrutto immaginario viene considerata nuovamente nel Capitolo 6.</ref> Rivela la forma immanente dei comandamenti, o piuttosto la percezione di tale forma da parte dell'autore, al lettore ''kefi koḥo'', secondo la sua apprensione individuale in sviluppo. Invece di evocare lo splendore di un reame divino, argomento frequente della poesia mistica, suggerisce epifanie raggiungibili entro confini naturali. Nel suo insieme la ''Mishneh Torah'', oltre ad un'alternativa filosofica, presenta un'alternativa poetica al misticismo.
 
Dato che le visioni dei profeti incorporano la loro comprensione della natura, come la natura sono nude davanti alla ragione, cosicché, per esempio, il primo capitolo di Ezechiele può essere interpretato secondo una cosmologia scientifica, senza l'aiuto della tradizione.<ref>Vedi ''Guida'' iii, Introduzione (p. 416). "Tradizione ricevuta" è il significato basilare di "kabbalah".</ref> L'identificazione da parte di Maimonide della tradizione esoterica di ma`aseh bereshit'' e ''ma`aseh merkavah'' con la fisica e la metafisica del filosofo...
 
==Riassunto==