Torah per sempre/Cosa è la verità: differenze tra le versioni

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[[File:Black Swans.jpg|190px|left|Cigni neri d'Australia - L'esempio dei cigni è stato usato anche da Karl Popper per dimostrare il "Principio di falsificabilità"]] Esistono tipi differenti di verità, situazioni differenti in cui diciamo che una frase, proposizione o credenza è "vera" ed esiste ora una vasta letteratura in cui i filosofi hanno esplorato teorie di verità e teorie di giustificazione.
 
[[w:Frank Plumpton Ramsey|Frank P. Ramsey]] (1903-1930) negò che "vero" fosse un predicato ed una posizione simile fu presa da altri, come [[w:Willard Van Orman Quine|W. V. O. Quine]] (1908-2000), che adottò quella che viene spesso citata come un opinione "[[w:Principio di falsificabilità|disquotazionale]]" della verità; in base a questo, dire per esempio "«Tutti i cigni sono bianchi» è vero" non dice di più di «Tutti i cigni sono bianchi»; "è vero" è semplicemente un accorgimento per levare le virgolette.<ref>Ramsey, "Facts and Propositions"; Quine, ''From a Logical Point of View'', 134-6. Per la teoria della verità in generale, Kirkham, ''Theories of Truth'' è una guida utile; Williams, ''Truth and Truthfulness'' è una contribuzione più recente e originale.</ref> (tra l'altro non è vero che tutti i cigni sono bianchi, in Australia nece hone vistisono molti neri.)
 
Una discussione di questo tipo non ci assiste nella nostra impresa corrente, quindi limiterò i miei commenti a otto modi in cui "vero" è o è stato usato come predicato da pensatori seri. I primi tre sono quelli che potrebbero essere chiamati concetti "realisti" oppure "oggettivi" della verità; coloro che intrattengono tali concetti credono che le affermazioni siano vere indipendentemente da persona, luogo o tempo, e che tutte le persone ragionevoli e ben informate sarebbero d'accordo con loro (ciò pone la domanda di chi conti come ragionevole). Gli ultimi quattro modi hanno un contenuto fortemente ''soggettivo''; possono anche essere considerati come metaforici, cosicché sarebbe appropriato mettere "verità" tra virgolette. Inoltre, ciò che è "vero" in uno di questi sensi per una persona, potrebbe non essere "vero" per un'altra. Tra i due gruppi sta la "verità" dei giudizi morali; alcuni li considerano obiettivi, altri soggettivi (se, cioè, considerano "soggettivo" e "oggettivo" categorie significative – altro enigma filosofico in cui non desideriamo coinvolgerci).
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'''6. Verità estetica'''. Questa viene ben illustrata dalla strofa di [[w:William Wordsworth|Wordsworth]]: "To me the meanest flower that blows can give | Thoughts that do often lie too deep for tears",<ref>Wordsworth, "Ode: Intimations of Immortality", sez. XI. {{it}} ''Per me il fiore più meschino che soffia può dare | Pensieri che spesso si trovano troppo in profondità per le lacrime''.</ref> o anche da Keats: "Beauty is truth, truth beauty".<ref>Keats, "Ode on a Grecian Urn", sez. V. {{it}} ''Bellezza è verità, verità bellezza''.</ref> Di nuovo, in risposta non si può dire sì o no, ma solo sospirare apprezzando o gemere disapprovando.
 
'''7. Verità psicologica e sociale'''. Certe azioni sono emotivamente appaganti anche se non motivate dalla ragione; sembrano "giuste". Molto spesso ciò accade quando uno ha fatto una qualche "buona azione", come un'offerta generosa in beneficienzabeneficenza, oppure offrire le proprie ossequie ad un funerale. I rabbini collegano entrambe alla "verità"; carità è ''[[w:Zedaqah|tzedakah]]'' "rettitudine/giustizia", da una radice che significa anche "verità", mentre lo svolgimento di riti funebri e ossequie viene descritto con ''ḥesed shel emet'', "vera benevolenza", probabilmente perché vien fatta senza aspettarsi una ricompensa da colui/colei a cui si mostra rispetto.<ref>Rashi su Gen. 47:29, basato su Gen. ''Rabbah'' 96:5.</ref>
 
[[File:Tzedakah (charity) box, Charleston, 1820, silver, National Museum of American Jewish History.JPG|130px110px|left|Cofanetto della Tzedakah (carità), Charleston, 1820, argento, ''National Museum of American Jewish History'']] Lo svolgimento di riti ha un effetto simile. Uno si sente soddisfatto dopo aver recitato il [[w:Kaddish|Kaddish]] o una preghiera commemorativa per il proprio genitore defunto. "Ho fatto la cosa giusta", uno pensa, sebbene sarebbe difficile spiegarsi il perché si senta di aver fatto la cosa giusta, che bene ha procurato, o anche se sia un elemento autentico della tradizione ebraica; uno si direbbe "suona giusto" o "era la cosa giusta da farsi".
 
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Le persone ripetono atti rituali mentre allo stesso tempo ammettono di non essere razionali; fare di nuovo ciò che si è ''sempre'' fatto offre stabilità emotiva in un mondo instabile. L'istinto di cercare l'approvazione del gruppo, di copiare ciò che fa il gruppo e ripeterlo senza domandarsene la razionalità, è profondamente radicato sebbene spesso errato.
 
'''8. Verità mitologica'''. ... ...