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Nel suo ''Dogma in Medieval Jewish Thought: From Maimonides to Abravanel'', come anche in numerosi studi minori, Kellner ha sostenuto l'opinione che l'impostazione maimonidea di definire la fede ebraica fu fuorviata, non caratteristica dell'insegnamento ebraico come viene articolato nelle fonti classiche tipo il Talmud. Naturalmente non c'è nulla di nuovo in questa sua opinione dell'ebraismo orientato su ''praxis'' piuttosto che ''pistis''. pratica invece che credo; il problema è come affrontare le numerose affermazioni nelle fonti classiche che implicano e a volte richiedono esplicitamente fede in una data proposizione o altra. Importante tra queste è la Mishnah: "Tutto Israele ha una porzione nel Mondo a Venire... Ma questi non hanno porzione nel Mondo a Venire: colui che nega che la vita dopo la morte è nella Torah, o dice che la Torah non è dal Cielo, o un epicuro."<ref>Mishnah ''San.'' 10:1.</ref> Kellner distingue tra fede vaga e fede definita:
{{q|L'ebraismo insegna che Dio esiste ed è Uno; insegna inoltre che Dio provvede a tutte le creature. La Torah Scritta ed il Talmud non hanno senso se manchiamo di affermare questi insegnamenti; sono assolutamente centrali nel concetto ebraico dell'universo. Ciò non significa, come abbiamo visto, che la tradizione ritenne importante raggiungere un'opinione normativa, obbligatoria, in merito al contenuto reale, specifico di questi insegnamenti; non si è certo sforzata di raggiungere un accordo sulle loro implicazioni e conseguenze.<ref>Kellner, ''Must a Jew Believe Anything?'', 22-3.</ref>}}
Da ciò pare ne consegua che l'ebreo debba andare in giro proclamando ardentemente l'esistenza di Dio, la Sua unità e provvidenza, ma senza aver bisogno di avere una chiara nozione di cosa questo significhi. Probabilmente lo stesso si applica alla fede nella rivelazione. Senza dubbio la maggioranza dei "comuni" credenti sono parimenti confusi nelle loro credenze come Kellner sembra credere. Sono quindi confusi su come funzionano le loro automobili, i loro corpi, o le leggi di gravità, ma si arrangiano a vivere abbastanza bene in circostanze normali. Ci sono però altri che si industriano a comprendere le automobili, la medicina, la fisica e il resto di noi dipende dalle loro competenze. Allora ci sembra perfettamente chiaro che, almeno dal tempo in cui gli ebrei vennero per la prima volta a contatto con la cultura greca e ancor di più oggi quando vengono esposti ad una cultura più complessa e intellettualmente matura, coloro che sono in grado di farlo devono formulare le proprie convinzioni in una maniera coerente, come tentò di fare Maimonide.
Che le persone debbano ''combattersi'' l'un l'altro sulle rispettive convinzioni, o escludersi a vicenda dalle rispettive comunità, è tutt'altra storia e qui è giusto che Kellner castighi gli ''ḥaredim'' per la loro insistenza sulla corretteza dottrinale: "Classificare gli ebrei non-ortodossi e le loro interpretazioni dell'ebraismo come eretiche è troppo esclusivo, mentre il vero pluralismo è troppo inclusivo."<ref>Kellner, ''Must a Jew Believe Anything?'', 110.</ref> Tuttavia sarebbe sicuramente più appropriato sostenere l'''inesattezza'' delle asserzioni dottrinali ''ḥaredi'' piuttosto che insistere sulla indeterminatezza dell'insegnamento tradizionale ebraico. Forse Kellner è restio a farlo perché teme di essere escluso dai ranghi ortodossi? O, per essere più caritatevoli, forse perché teme per il futuro dell'unità ebraica, "non se gli ebrei avranno discendenti ebrei, ma quanti tipi differenti di ebraismi mutualmente esclusivi verranno a confrontare tali discendenti"?
La soluzione di Kellner è leggermente paradossale, considerando il suo fermo rifiuto della nozione "essenzialista" del popolo ebraico. Scrive: "Dio fece un'Alleanza col popolo ebraico... Voglio raccomandare di prendere tale nozione del popolo ebraico come basilare".<ref>Kellner, ''Must a Jew Believe Anything?'', 111.</ref> Poiché crede che gli ebrei siano un popolo, non attraverso la condivisione di un'essenza metafisica, ma perché hanno un sistema legale comune, cioè l'Halakhah, è la sola oltremodo definibile Halakhah che, per lui, costituisce la base dell'ebraicità.
Non troviamo affatto convincente il ragionamento che la Torah debbe essere interpretata nel modo che meglio assicuri la coesione sociale di tutti gli ebrei, liberamente definiti; potrebbe darsi che falsità siano meglio di verità ad assicurare coesione sociale. Ma anche se Kellner ha ragione e l'ebraismo "autentico" deve essere definito in termini nazionali e halakhici invece che dottrinali, ciò diminuisce la controversia? Non tanto, con ogni probabilità. Gli [[w:Ebraismo ortodosso moderno|Ortodossi Moderni]], incluso Kellner stesso, potrebbero essere più contenti, poiché in linea di principio si considerano vincolati da un'Halakhah rivelata divinamente, anche se la interpretano in maniera più liberale degli ''ḥaredim''. Tuttavia, per quanto concerne gli altri ebrei, l'imposizione dell'Halakhah quale criterio della loro ebraicità non è meno divisiva dell'imposizione di criteri di credo.
Pochi lettori saranno influenzati dalla tesi di Kellner in questo suo libro, ma molti saranno intrattenuti e tutti impareranno dalle discussioni erudite ma accessibili del pensiero ebraico medievale. Particolarmente interessante è la splendida discussione al capitolo 1 del dibattito "Dio di Abramo contro Dio di Aristotele" che, contrariamente all'ipotesi comune che fosse stata iniziata da [[w:Blaise Pascal|Blaise Pascal]], era invece già viva e vegeta secoli prima.
==Tamar Ross: Rivelazione Cumulativa==
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