Torah per sempre/Ricostruzioni non-ortodosse: differenze tra le versioni

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==Emmanuel Levinas (1905/6-1995): Il Volto dell'Altro==
[[File:Emmanuel Levinas.jpg|190px|left|Emmanuel Levinas]] Nel febbraio/marzo del 1976, il filosofo ebreo francese [[w:Emmanuel Levinas|Emmanuel Levinas]] prese parte, insieme a [[w:Paul Ricœur|Paul Ricoeur]] (1913-2005) e altri, ad un seminario sulla rivelazione presso la Scuola di Religione e Filosofia dell'Università Saint-Louis a Bruxelles; le cinque lezioni principali insieme ad una discussione furono pubblicate l'anno seguente.<ref>Ricoeur, ''La Révélation'', 55-77, incorporato in Levinas, ''Au-delà du verset'', 158-81. Traduz. ingl. di Sarah Richmond in Hand (cur.), ''The Levinas Reader'', 190-210, come "Revelation in the Jewish Tradition". I riferimenti sono della traduzione inglese.</ref> La novità di questo seminario sta nell'ampia interpretazione di rivelazione come fenomeno comune alle maggiori religioni e nella rilettura congeniale di "rivelazione" alla luce della fenomenologia ed dell'ermeneutica. La questione della validità storica delle Scritture e della loro interpretazione ricevuta non appare all'orizzonte e c'è un ovvia ripugnanza, espressa apertamente da Ricoeur,<ref>Ricoeur, ''La Révélation'', 16. Scrive delle "doctrines imposés par le magistère comme règle d'orthodoxie" che deplora perché "il n'est pas seulement opaque, mais autoritaire".</ref> per le forme autoritarie della religione. Il problema in cui si dibattono i partecipanti deriva dall'opposizione classica tra ragione e rivelazione; come può una rivelazione trascendente produrre verità che non siano soggette alla facoltà onnicomprensiva della ragione?
[[File:Emmanuel Levinas.jpg|190px|left|Emmanuel Levinas]] [[w:Emmanuel Levinas|Emmanuel Levinas]]
 
Sebbene sia difficile sia difficile staccare il concetto di rivelazione di Levinas dalla sua filosofia generale, in cui gioca un ruolo importante, e sia ancor più difficile dimostrare il raziocinio che sicuramente sottosta al gergo filosofico, alcuni paragrafi potranno darci un'idea del suo pensiero. Vede il problema basilare abbastanza chiaramente:
{{clear}}
{{q|Il nostro mondo ci sta di fronte, nella sua coerenza e costanza, da percepirlo, da goderlo... Nell'ambito di questo mondo, pare che aprire certi libri possa causare l'improvvisa invasione di verità dall'esterno – da dove? – datate secondo la "cronologia" della Storia Sacra... E nel caso degli ebrei, questa storia sacra porta, senza nessuna interruzione di continuità, alla "storia dello storico", che è storia profana.<ref>Hand (cur.), ''The Levinas Reader'', 191.</ref>}}
In parole povere, come si relaziona la "verità religiosa" al mondo reale? Ovvero, come si rapporta la storia mitica di Israele all'esistenza di un popolo reale con una storia reale?
{{q|Come possiamo dar senso all'"esteriorità" delle verità e dei segni della Rivelazione che colpisce la facoltà umana nota come ragione... come possono queste verità e segni colpire la nostra ragione se non sono nemmeno di questo mondo?<br/>
Tali questioni sono veramente urgenti per noi oggi, e confrontano chiunque... sia ancora preoccupato in qualche modo... dalle notizie della fine della metafisica, dal trionfo della psicanalisi, della sociologia e dell'economia politica... Lo stato ontologico o regime della Rivelazione è quindi una preoccupazione primordiale per il pensiero ebraico.<ref>Hand (cur.), ''The Levinas Reader'', 192-3.</ref>}}
Per continuare con semplici parole, la questione proposta nel precedente paragrafo si solleva oggi in forma acuta dato che la comprensione letterale della Scrittura come storia è stata screditata dalla filosofia moderna e dalle scienze sociali. È interessante che né Levinas né gli altri contributori del simposio sembrino per niente agitati dagli altri problemi che abbiamo discusso, come la storia testuale, le carenze morali e il conflitto con le scienze "dure".
 
Levinas risponde alla sua domanda:
{{q|Questa esteriorità... non può essere trasformata in un contenuto con interiorità; rimane "incontenibile", infinito (infinie), e tuttavia la relazione viene mantenuta... possiamo trovare un modello di questa relazione nella posizione di non-indifferenza per l'Altro, nella responsabilità verso di lui... è precisamente attraverso questa relazione che l'uomo diventa il suo "me" (moi)... e – in questo senso – libero. L'etica fornisce il modello degno di trascendenza e è come un kerygma etico che la Bibbia sia Rivelazione... La Rivelazione, descritta in termini di relazione etica o relazione con l'Altro, è una modalità della relazione con Dio e discredita sia la figura dello Stesso sia la conoscenza della loro asserzione d'essere l'unico luogo del significato (signification).<ref>Hand (cur.), ''The Levinas Reader'', 207, 208.</ref>}}
Cioè, la "storia sacra" non può essere catturata in parole o discorsi razionali, ma ciononostante incide su esseri umani reali nella sfera etica.
 
Levinas si preoccupa di spiegare, contro Ricoeur, che la rivelazione è prescrittiva piuttosto che dogmatica; confronta gli esseri umani stimolando un commentario sui suoi testi, un commentario che non è mai completo, per cui la natura continuativa del discorso rabbinico tramite la Torah Orale, o la "rivelazione orale", come la chiama. Sebbene ogni individuo venga richiamato all'"obbedienza" impegnandosi nel commentario, i suoi dettagli non sono affatto soggettivi e arbitrari, ma limitati (sebbene non determinati precisamente) dalla "continuità di letture attraverso la storia".<ref>Hand (cur.), ''The Levinas Reader'', 196.</ref>
 
Levinas è imbarazzato dall'affermazione ebraica di "popolo eletto", pertanto sottolinea la ''specificità'' della rivelazione. Sebbene le verità della rivelazione siano assolute e universali, la rivelazione deve apparire in una posizione specifica: "La rivelazione della morale, che scopre una società umana, scopre anche il luogo dell'elezione, che in questa società universale, ritorna alla persona che riceve la rivelazione."<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 21.</ref>
 
Levinas ha ''ridotto'' la Torah ad etica, come sembra abbiano fatto Cohen, Baeck e altri? Forse no. L'etica potrebbe essere il punto in cui il trascendente erutta nella ragione umana, ma l'eruzione non si ferma lì; nel caso specifico della Torah e del popolo ebraico si porta con sé il "commentario" completo della tradizione halakhica e aggadica, nonché l'esperienza del popolo ebraico.
 
==''Conclusione''==
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Di questi pensatori, tutti eccetto Mendelssohn abbandonano il concetto convenzionale della rivelazione come dettato divino. Tuttavia non abbandonano la Bibbia, il Talmud, o la tradizione ebraica, preferendo interpretarli come forme di incontro con Dio, come "midrash", "categoria estetica", "riflessione umana dell'illuminazione divina" e simili, ponendo autorità in ragione e coscienza piuttosto che nei testi.
 
È forse possibile, in luce degli sviluppi moderni, riaffermare l`''assolutezza'' della Torah ricevuta, del suo testo e delle sue leggi? Nel successivo capitolo vedremo come Soloveitchik tenta di farlofare proprio questo.
 
== Note ==