Torah per sempre/Ricostruzioni non-ortodosse: differenze tra le versioni

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Un filosofo [[w:Mormonismo|mormone]] scrisse a Tucker che "Heschel canta piuttosto che argomentare".<ref>A. J. Heschel, ''Heavenly Torah'', p. xxv.</ref> La canzone – o è forse una sinfonia? – può essere esaminata nella forma di una [[w:Sonata|sonata]] classica: c'è un'esposizione con contrastanti primo e secondo soggetto, uno sviluppo esteso e una ricapitolazione completa. I soggetti contrastanti sono le "filosofie" dei saggi del secondo secolo, Akiva e Ishmael, presentati come prototipi non solo di successive esegesi e teologie ebraiche, ma anche di dibattiti teologici generali. Tentiamo qui appresso di distillare dal prolisso resoconto di Heschel le caratteristiche determinanti di ciascun approccio:<ref>Tale distillazione si basa su A. H. Heschel, ''Heavenly Torah'', specialmente le pagg. 32-64; le citazioni non sono tutte parola per parola. (I numeri tra parentesi si riferiscono alle pagine della versione inglese).</ref>
{{q|Rabbi Akiva ha il merito di aver cercato il meraviglioso (33); i [suoi] insegnamenti cercano di penetrare le profondità interiori... Non si sottrarse all'antropomorfismo, ma piuttosto conservò il concreto nella Scrittura, amò i significati immaginativi, aggiunse abbellimenti metaforici e creò immagini del mondo superno. Invece di una logica che fosse sottomessa al significato superficiale, sostenne l'esegesi libera e i voli intellettuali. Poeta nel cuore e allo stesso tempo genio acutissimo, combinò... poesia e perspicacia, l'esoterico e l'analitico... [Fu] uomo d'azione, un portavoce per il suo popolo (34) incline verso una mutua empatia con Dio... la salvezza di Israele è una necessità divina (35)... [la sua fu] una prospettiva che denigrava questo mondo (36); la Shekhinah ha una dimora (Dio è immanente) (36); [Akiva] spesso si scostava ampiamente dal senso comune del testo... ogni particolare ed ogni forma stilistica ha un significato profondo ed un intento nascosto... il nascosto nella Torah è molto superiore al palese (39); il linguaggio umano non è come il linguaggio della Torah (40); ogni parola della Torah comanda ed impone obblighi (41).<br/>
[Rabbi Ishmael] propendeva per l'aggiustamento e adattamento e si opponeva alla ribellione e alla rivolta contro il governo romano (31); il percorso di IshamelIshmael era quello del significato superficiale, semplice, del testo (33); cercava la via di mezzo... il suo equilibrio emotivo e la sobrietà intellettuale non permettevano ai suoi sentimenti di portarlo verso l'estremismo... il paradosso per lui era anatema (33); a Rabbi Ishmael può essere attribuito il fatto di evitare il meraviglioso (33); [preferiva] una logica diretta... semplicità di linguaggio ed era contrario ai giochi intellettuali... il mondo si fonda sulla compassione, non sull'eroismo (35); sfidava la denigrazione del qui e ora (36); la Shekhinah è presente ovunque (Dio è trascendente) (36), cioè la sua giustizia e la sua rettitudine sono rivelate nella storia (37); il significato semplice di ogni versetto, che emerge dalle nostre regole di logica, è fisso e costante e chiunque espandi tali insegnamenti cerca di rimarchiare la Torah con una matrice che le è estranea (39); la Torah parla una lingua umana (40); la Torah a volte insegna... cose che riguardano la cultura in generale... Ci sono cose nella Torah che sono obbligatorie e ci sono quelle che sono opzionali (41).}}
Heschel stesso riassume:
{{q|C'erano quindi due punti di vista tra i Saggi: (1) un punto di vista trascendentale, che comprendeva un modo di pensare sempre aperto ai reami superiori, cercando di capire le questioni della Torah attraverso una lente superna; (2) un punto di vista immanente, che comprendeva un modo di pensare modesto e limitato, soddisfatto di capire le materie della Torah attraverso una lente terrena definita dall'esperienza umana.<ref>A. H. Heschel, ''Heavenly Torah'', 42.</ref>}}
"Trascendente" in questo riassunto non ha nulla a che fare con la trascendenza di Dio, poiché è Ishmael invece di Akiva, secondo Heschel, che considera Dio come trascendente. Piuttosto, come spiega nel capitolo 14, il "punto di vista trascendente" è la nozione che la Torah terrena è una copia del prototipo celeste, come gli oggetti fisici sono, secondo Platone, semplici copie di "idee"!; la posizione ishmaeliana, al contrario, viene etichettata "immanente" o "terrestre" per indicare che la Torah terrestre è quella vera ed è il veicolo mediante il quale il vero insegnamento di Dio entra ed è presente nel mondo materiale. Questa ambivalenza terminologica sembra confondere...<ref>Almeno a me pare confusa. Bisognerebbe riesaminare il testo di Heschel in ebraico, per chiarirne la terminologia specifica.</ref>
 
 
Gli studiosi potrebbero obiettare che Heschel non fa nulla per stabilire l'autorità delle sue citazioni di rabbi Ishmael e Rabbi Akiva, prendendo per buone le attribuzioni del Talmud e dei midrashim; sebbene l'applicazione della critica delle forme ai testi rabbinici fossa agli albori quendo Hschel scriveva, molti studiosi, tracui alcuni suoi colleghi del Jewish Theological Seminary, avevano già ampiamente dimostrato la necessità di cautela nella valutazione storica di materiale dalle fonti rabbiniche. Persino Tucker concede che Heschel "certamente non si impegna a far storia meticolosa";<ref>A. H. Heschel, ''Heavenly Torah'', p. xxviii.</ref> anzi, "Per Heschel, Ishmael e Akiva erano d'interesse...solo come controfigure per quelli che sono i paradigmi eterni del pensiero religioso che a volte si combattono l'un l'altro, a volte si complementano l'un l'altro e sempre si sfidano e raffinano l'un l'altro".<ref>A. H. Heschel, ''Heavenly Torah'', p. xxix.</ref>
 
Sarà così, ma Heschel sicuramente mina il proprio caso leggendo le sue interpretazioni preferite in testi che spesso non lo sostengono per niente e cha a volte travisa seriamente. Per esempio, sostiene che l'affermazione di Abaye che le maledizioni in Deuteronomio furono dette da Mosè "di sua iniziativa" (''mipi atsmo''),<ref>TB ''Meg.'' 31''b''.</ref> come altre affermazioni di tipo simile, indichi che Abaye asserisse che alcune parti della Torah non fossero ispirate letteralmente.<ref>A. H. Heschel, ''Heavenly Torah'', capp. 22 e 24 (vol. ii, capp. 7 e 9 dell'ebr.) Poiché c'è una considerevole sovrapposizione e ripetizione nell'opera di Heschel, la materia spesso riemerge in altri passi.</ref> Questo è semplicemente un malinteso, dato che il ''resoconto'' di ciò che Mosè disse, secondo Abaye, dovette essere dettato divinamente, proprio come i resoconti di altre azioni eseguite da persone di propria volontà furono dettate divinamente; per esempio, i fratelli di Giuseppe lo gettarono nella fossa di propria iniziativa, ma il ''resoconto'' di tale avvenimento, come lo riporta Genesi, sarebbe stato, secondo Abaye, dettato divinamente. Nessuno nega che a volte Mosè parlasse con parole proprie; ciò che si nega è egli personalmente le inserì nella Torah senza essere stato istruito da Dio a farlo. Un punto simile è stato sollevato durante la nostra discussione di Naftali Tsevi Yehudah Berlin in [[Torah per sempre/Sui passi del Gaon: Torah unica#Naftali Tsevi Yehudah Berlin (1816-1893)|PARTE III.5]]; Berlin, citando un midrash che le parole "Ascolta O Israele..." (Deut. {{passo biblico|Deut|6,4}}) erano indirizzate a Giacobbe dai suoi figli molto prima che la Torah fosse data tramite Mosè, sostiene correttamente (dal punto di vista della tradizione) che queste parole divennero Torah solo quando furono ratificate al Sinai.
 
Heschel sostiene che i rabbini che asserivano, come Ishmael, che "la Torah parla la lingua degli uomini" credevano che la rivelazione divina fosse modificata dagli esseri umani.<ref>A. H. Heschel, ''Heavenly Torah'', 40, e capp. 21 e 22 (vol. i, p. 16 e vol. ii, capp. 6 e 7 in ebr.)</ref>
 
==Emmanuel Levinas (1905/6-1995): Il Volto dell'Altro==