Guida maimonidea/La forza di Maimonide: differenze tra le versioni

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{{q|Che ti abbia chiamato stolto è veramente strano: Tu, un uomo che lascia suo padre, la sua patria, la sua nazione, e le loro mani tese, ottenendo comprensione nel cuore e unendosi a questa [nostra] nazione — considerata oggi "una nazione disprezzata", "serva di sovrani" — e sapendo che la sua religione è una religione di verità e giustizia; venendo a conoscere i costumi di Israele e sapendo che tutte le religioni sono trafugate dall sua religione... riconoscendo tutto, conoscendo e seguendo Dio; attraversando il sentiero santo e venendo sotto le ali della presenza di Dio; seguendo Mosè nostro Maestro e Insegnante di tutti i profeti, e desiderando i suoi comandamenti. Un uomo il cui cuore lo ha innalzato ad essere vicino a Dio, ad essere illuminato dalla luce di vita, e ad ascendere alle altezze degli angeli e gioire della gioia del giusto; e che caccia le vanità di questo mondo dal suo animo, allontanandosi dalla vacuità e dalla falsità. Può tale persona esser chiamata stolta? Dio non voglia! non "stolto" ti nominò Dio ma "uomo saggio" <ref>La lingua ebraica presenta qui un gioco di parole: "stolto" è ''kesil''; "uomo saggio" è ''maskil''.</ref> — comprensivo e brillante, di pensiero logico, studente di Abramo nostro padre, che lasciò i suoi genitori e la sua terra e si dedicò a Dio.|''Iggerot'', pp. 240-241}}
 
Persone come i convertiti, che sono situate ai margini della società e mancano di genealogia appropriata e di ''status'', tendono ad interiorizzare la condizione inferiore che la società impone loro. Maimonide riconobbe che qui stava affrontando non solo un problema di vergogna, ma anche e soprattutto un vero rischio di internalizzazione di un'identità danneggiata. Il succitato brano sincero e appassionato era inteso a trasformare l'autopercezione del proselita da quella di stolto agli occhi del rabbino a quella di saggio agli occhi di Dio.<ref name="Geniza"/> Come già affermato, Maimonide credeva fermamente che l'Islam fosse una religione monoteista, e lo ribadì nella sua risposta. Il sentimento umano diventa evidente al punto in cui egli si sposta da un'analisi teorica ad un messaggio personale. Quest'ultima porzione della risposta dimostra che Maimonide prese in considerazione non solo la richiesta ma anche il richiedente. Ben capì la vergogna e il dolore provato dal proselita e reagì di conseguenza nel rispondergli. Una lettura attenta degli scritti di Maimonide ci permette di intuire il suo comportamento basilare e complesso verso il mondo che lo circonda. La sua personalità manifesta sia il tono zelante — si può dire persino violento — del riformatore religioso e la vulnerabilità e riflessione di un ''emigré'' familiare con il dolore.<ref name="Kraemer1"/> Persone di talento spesso soffrono un certo grado di alienazione dal loro ambiente, e le loro capacità sociali sono tanto deboli quanto le loro abilità intellttualiintellettuali sono forti. Maimonide non fu così. Le sue lettere dimostrano la sua abilità a comprendere la gente intorno a lui, sia a livello personale che istituzionale.<ref name="Halbertal2"/>
 
Un esempio interessante di tale abilità è fornito dal suo conflitto con Samuel Ben Eli e dal genero di Simon, Zechariah ben Berakhel di Baghdad. Come già scritto spesse volte, Samuel Ben Eli, il ''gaon'' di Baghdad, aveva aspramente criticato alcuni brani della ''Mishneh Torah'' e persino accusato Maimonide di negare la fede nelle risurrezione dei morti. La disputa ebbe luogo tra il 1189 ed il 1191, e del materiale speciale che la riguarda è sopravvissuto: tale materiale si compone di due voci. Da una parte, c'è la corrispondenza tra i due personaggi relativa ai problemi stessi; Maimonide appare freddo e distante quando critica i commenti di Samuel in termini ironici. Ma una voce alquanto differente si sente quando Maimonide scrive al suo studente, Joseph ben Judah, aggiornandolo sulla controversia. Se avessimo avuto solo le prime lettere, ne varemmo percepito una certa ostilità controllata. Tuttavia nelle sue lettere al discepolo Joseph, che per allora era già diventato una specie di amico di penna, Maimonide rivela i propri atteggiamenti personali celati dietro il controllo formale e, ancor di più, la sua penetrante interpretazione di ciò che sottende la discussione halakhica. Evidentemente, Maimonide vedeva la situazione come se implicasse una lotta di potere, chje aveva poco o niente a che fare con un dibattito halakhico sostanziale. Afferma il filosofo e giurista israeliano Moshe Halbertal,<ref name="Halbertal2"/> che questo tipo di duplice corrispondenza non ha precedenti nella storia della ''Halakhah'' ed è rimasto senza paralleli: da una parte, una sostanziale corrispondenza epistolare tra halakhisti; dall'altra, una corrispondenza più personale e aperta in cui il grande halakhista interpreta il significato della disputa nella quale si sta cimentando, manifestando una comprensione penetrante dei giochi di potere nei quali si ritrova, e illustra ciò che egli considera essere il declino spirituale e istituzionale dei suoi avversari.<ref name="Halbertal2"/>