Torah per sempre/Riepilogo della Parte IV: differenze tra le versioni

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Poi siamo passati ad esaminare come sia la teologia tradizionale sia le nuove teologie siano state articolate istituzionalmente attraverso commentari biblici in lingua inglese favoriti da ciascuna delle denominzioni principali.
 
La conclusione sembra inevitabile che la sola linea di difesa ancora disponibile a coloro che vogliono sostenere le inter-pretazioni rabbiniche e medievali di ''Torah min hashamayim'' sia il [[w:Fideismo|fideismo]], l'accettazione di dottrine per pura fede.
 
Questo però non è più il fideismo di Agostino, di al-Ghazali o di Judah Halevi. ''Questi'' sostenevano che la ragione era inadeguata sia a stabilire o a confutare la verità religiosa, che poteva solo essere acquisita mediante il "mistero" della fede; non asserivano che la fede contraddicesse la ragione, ma che la trascendeva e quindi ''supplementava'' la ragione. Il fideista moderno, al contrario, presume (anche se lo nega apertamente) che la fede ''contraddica'' la ragione, cioè che porti a credenze che si scontrano con la logica o con l'evidenza empirica, concreta. Questo è il fideismo del convertito cristiano del terzo secolo [[w:Lattanzio|Lattanzio]] (ca.240-320, ''Divinarum institutionum'') che, sebbene consapevole delle tre prove aristoteliche sulla sfericità della terra, ciò nondimeno sostenne che era piatta; la saggezza degli antichi, asseriva, non era nulla a paragone della verità della parola di Dio e poiché Genesi afferma che la terra è piatta, la faccenda finisce lì. Questa è una fede assurda, disonesta.
 
Tuttavia, anche se non possiamo più sostenere l'interpretazione rabbinica e medievale di ''Torah min hashamayim'' come dettato letterale di Dio, possiamo però trovare un'interpretazione che sia conforme al pensiero moderno. E ció è quello che tenteremo di fare in PARTE V.
 
 
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