Torah per sempre/Gli indipendenti: differenze tra le versioni

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Nel 1855, nel primo numero di ''Jeschurun'', scrisse:
{{q|La Legge Scritta si perde se neghiamo la Legge Orale... la Legge Scritta cerca di essere celebrata solo in una compagnia di uomini che sono imbevuti dell'efflato vivente della Legge Orale, che è Divina come la Legge Scritta; in questo modo la Legge Scritta rende chiaro che la sua stessa esistenza dipende dall'esistenza della Legge Orale. Invero, non è la Legge Orale che deve cercare la garanzia della propria autenticità nella Legge Scritta; al contrario, è la Legge Scritta che deve cercar garanzia nella tradizione Orale.</br> Quando innalziamo questa Torah, la cui rivelazione celebriamo durante Shavuoth, proclamiamo giubilanti ''vezot hatorah'', ecc. ["e questa è la Torah"], che è tuttora la stessa Torah che Mosè portò a Israele "dalla bocca di Dio, tramite la mano di Mosè"—la stessa Torah, pura e inalterata. Quando viviamo e muoriamo nella convinzione che tale prezioso patrimonio è stato conservato puro e autentico attraverso tutte le tempeste e vicissitudini di una storia di oltre tremila anni, o quando ci affidiamo per il benessere terreno o la salvezza celeste nostra e dei nostri figli sulla verità di questa Torah, che garanzia abbiamo per tutto ciò se n on la tradizione dei nostri padri? Sì, proprio gli stessi padri che, insieme alla Legge Scritta, ci tramandarono anche la Legge Orale. Se i nostri padri ci hanno ingannato con una, come possono essere degni di fiducia per l'altra? Di certo, non ci sono prove o garanzie per la verità e realtà di un fatto storico, salvo la fede nella tradizione. Ogni sorta di documenti e monumenti, ogni tipo di circostanza interna ed esterna ti può condurre alla conclusione che sia probabile, o quasi certo che tale o talaltro evento accadde veramente; ma chi ti dice che ciò che consideri probabile o anche certo sia veramente accaduto? Oppure che i documenti stessi da cui trai le tue conclusioni non siano in realtà contraffatti?... Il fatto rimane, comunque, che la tradizione ebraica – un fenomeno unico nel suo campo – ci riferisca solo a se stessa; inoltre che rifiuti qualsiasi documentazione della Torah Scritta che, dopo tutto, è solo tramandata da quella tradizione orale e la presuppone ovunque.<ref>''Collected Writings'', i.195-6 (mia traduzione italiana).</ref>}}
 
Molti anni dopo, nel suo commentario su Esodo {{passo biblico|Esodo|21,2}}, sostenne che "alla mente senza pregiudizi, niente può dimostrare così chiaramente la verità della legge-orale tradizionale quanto i primi due paragrafi, vv. 2-6 e 7-11, con cui inizia questa "Legiferazione Mosaica"; poiché la base della legge della Torah sono i diritti umani, sarebbe assurdo iniziare il codice con «Quando un uomo vende un altro uomo...» o «Quando un uomo vende sua figlia»!" Evidentemente, continua, una quantità di leggi e principi – la Legge Orale – deve essere presupposta ''prima'' che questi casi marginali possano essere descritti.<ref>''Commentary on Exodus'', Esodo 20:2.</ref>
 
Il genero di Hirsch, Rabbi J. Gugenheimer, scrisse una serie di articoli per dimostrare "come Hirsch cercasse di rispondere alle questioni dei critici biblici nel corso del suo Commentario, spiegando la Torah in modo tale che questi problemi non si generassero o venissero risolti implicitamente dalla traduzione di Hirsch e dall'esposizione del testo", nonostante il fatto che Hirsch non faccia esplicitamente riferimento ai critici biblici. "La ragione di ciò è ovvia", scrive Grunfeld, "Hirsch non desiderava introdurre ''tumah'' [impurità] nella sfera di ''kedushah'' ["santità"]."<ref>I. Grunfeld, in S.R. Hirsch, ''Commentary on Genesis'', pp. xxii, xxiii; Gugenheimer, "Die Hypothesen".</ref> Cioè, Hirsch non desiderava introdurre l'"impurità" della critica biblica nella "santità" del suo stesso commentario biblico, ma col principio di "sappi rispondere ad un miscredente"<ref>Attribuito a R. Eleazar ben Arakh in Mishnah ''Avot'' 2:14.</ref> interpretava la Scrittura in modo da sconfiggere le argomentazioni dei critici. Si vedano gli esempi della cosmogonia di Hirsch, presentata in maniera tale da evitare contraddizioni tra Genesi 1 e 2, noncé la sua spiegazione dei nomi divini (Gen. 2:4; Esodo 6:2-3), intese a minare uno dei principali argomenti sulle differenti fonti pentateucali. Il suo evitare riferimenti espliciti alla critica biblica nel suo commentario contrasta con la maggiore apertura di S. D. Luzzatto, sebbene le due posizioni di base non siano dissimili.
 
Hirsch deve aver avuto familiarità con la scienza contemporanea, ma ci si divincola a disagio. Sul Salmo {{passo biblico|Salmi|19}} scrive:
{{q|Davide... parla il linguaggio degli uomini... La sua lingua è la stessa di Copernico, di Keppler [''sic''] e di Newton... Tale lingua rimarrà la stessa anche quando l'assunto che il sole sia statico e che la terra gli rotea intorno... verranno provate quali certezze irrefutabili. Poiché non è il fine delle Sacre Scrittur insegnarci astronomia, cosmogonia, o fisica, ma solo guidare l'uomo nell'adempimento del suo compito di vita.<ref>''The Hirsch Siddur'', 56-7.</ref>}}
Robert Liberles sostiene che in almeno un'occasione Hirsch commenta, anche se obliquamente, sugli eventi politici contemporanei: "Un nuovo re sorse in Egitto che non conobbe Giuseppe.... disse al suo popolo, «Ecco che il popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più forte di noi» (Esodo 1:8-9). Mentre i commentatori tradizionali affermavano che una nuova dinastia era stata stabilita da una casa nativa, Hirsch sosteneva che un usurpatore straniero aveva preso il potere e sollevava sentimenti anti-israelitici tra i nativi altrimenti amichevoli; il parallelo non dichiarato era l'occupazione prussiana di Frankfurt nel 1866 che portò all'insubbordinazione di Frankfurt contro la Prussia, seguita da incidenti anti-ebrei da parte di ufficiali prussiani.<ref>Liberles, ''Religious Conflict'', 194-5.</ref>
 
==Malbim (Meir Leibush ben Yehiel Michel Weiser, 1809-1879)==