Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Egitto: differenze tra le versioni

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Gli egiziani scelsero con cura il momento in cui attaccare. La festività dello Yom Kippur sarebbe stata un’occasione da sfruttare per trovare gli israeliani con la guardia abbassata. Questi si erano oramai abituati, dopo circa 2 anni di relativa pace, anche alle esercitazioni da sbarco egiziane, di cui erano state compiute più di trecento ‘edizioni’. La linea Bar Lev era tenuta da 6000 uomini di due brigate, ma per le festività vi era un sensibile calo. La quantità totale di carri armati era di meno di 60. Il grosso delle forze, fuori dalla portata dei cannoni egiziani, era concentrato in una linea difensiva che comprendeva il Passo di Mitla e varie altre roccaforti che proteggevano l’accesso al territorio principale del Sinai.
 
Le ostilità ebbero inizio nel primo pomeriggio del 6 ottobre. Si stabilì che gli Egiziani fossero i primi a sparare, per avere così i difensori israeliani con il sole negli occhi, mentre i siriani avrebbero avuto più luce per continuare a combattere, dato il fuso orario. Un migliaio di cannoni egiziani esplosero i loro colpi lungo tutto il fronte, ma vi fu anche un’altraun'altra sorpresa, l’esplosione, su entrambi i lati del Canale, di potenti cariche esplosive. Un reparto di sommozzatori era infatti riuscito ad eludere la sorveglianza e a piazzare delle cariche esplosive sincronizzate per distruggere parte delle postazioni israeliane lì vicine ma soprattutto per far crollare i muri di sabbia costruiti dagli Israeliani. Non soltanto: per demolire in fretta i muri di sabbia israeliani venne escogitato un sistema semplice ma geniale: vennero utilizzati potenti idrogetti che lavarono letteralmente i muri di sabbia, trasformandoli in ‘rampe’ per il movimento di uomini e mezzi.
 
Nel mentre i difensori venivano inchiodati dal fuoco delle artiglierie, ben 222 aerei egiziani (praticamente metà di tutta l'EAF) passavano il Canale e colpivano i tre aeroporti e numerosi altri obiettivi del Sinai, anche se ebbero scarsa efficacia nel loro complesso. Una forza eliportata su Mi-8 venne lanciata all’attacco di obiettivi come il Passo di Mitla, ma ebbe solo parziale successo: nondimeno, queste poche centinaia di commandos ritardarono molti rinforzi di circa 24 preziosissime ore. La forza da sbarco egiziana, nel frattempo, era riuscita a stendere ponti galleggiani e ad usare traghetti motorizzato sovietici, che dimostrarono appieno la loro validità: in poco tempo, 100.000 uomini, 1200 carri armati e numerosi sistemi antiaerei erano oltre il Canale.
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La controffensiva di Sharon fu micidiale: consistette nel passare il Canale a sud, nella zona dei Grandi Laghi amari, punto di suture debole tra la seconda e terza armata egiziane: invano i sovietici diedero l'allarme con i satelliti, l'artiglieria egiziana ed alcuni elicotteri tentarono di contrastare tale manovra ma senza successo. Suddivisi in piccoli reparti di pochi carri e APC, gli israeliani distrussero sistematicamente i radar e le retrovie, mano a mano che risalivano a nord, aiutando l’Aviazione ad operare poi in loro supporto. Gli Egiziani non avevano che 500 carri ad Ovest del Canale: ben presto gli israeliani ne portarono quasi altrettanti, una volta completati 5 ponti fissi, e con 20.000 uomini e i semoventi d’artiglieria distrussero le seconde linee egiziane e tagliarono la Terza Armata fuori dallo schieramento egiziano. La strada per il Cairo era quasi aperta, nonostante la difesa di altri reparti dell’esercito, e nonostante l’azione dell’aviazione egiziana, che si batté anche se con pesanti perdite.
 
Alla fine, il 24 ottobre, la guerra era stata un nuovo successo israeliano, almeno in termini militari. La cosa non fu univocamente sentita come tale, e da allora in Egitto si celebra tale data come vittoria. La cosa è spiegabile in vari modi: l’impossibilità di accettare un’altraun'altra, sanguinosa sconfitta. Il fatto che Israele fu costretto a chiamare in aiuto direttamente gli USA appena al quinto giorno di combattimenti (sebbene anche i sovietici stessero organizzando un ponte aereo per gli arabi) indusse Sadat a dichiarare che ‘non possiamo vincere anche contro gli Stati Uniti’. Inoltre, rispetto alla precedente guerra dei Sei giorni, gli arabi, specie gli egiziani, avevano dimostrato di saper combattere bene (il vero problema era l'assoluta incompetenza degli stati maggiori, a cominciare dal comando divisionale in su), e di intaccare il mito dell’invincibilità degli Israeliani, che a loro volta avevano subito pesanti perdite. Un dato politico era che la guerra finì con gli Israeliani in territorio egiziano, ma anche, sebbene isolati e addirittura affamati, soldati egiziani in territorio ‘israeliano’, ovvero su di una parte della penisola di Suez.
 
Alla fine, gli Arabi ebbero migliaia di morti e feriti, ma anche gli israeliani subirono pesantemente, con quasi 3000 vittime, molte per una nazione tanto piccola, anche se poche se si considera il quantitativo di armamenti utilizzati da ambo i contendenti, in quella che si può ben definire la prima ‘guerra moderna’ a tutti gli effetti (chiaramente, le forze corazzate e meccanizzate costituiscono una migliore 'assicurazione' per la vita dei soldati delle vecchie unità di fanteria motorizzata o appiedata). Le perdite materiali furono di circa 1000 carri, la metà riparabili, e olte 120 aerei per Israele, mentre gli arabi persero circa 2000 carri e 1000 blindati vari, oltre che 400 aerei.