Filosofia dell'informatica/Teorie filosofiche del digitale: differenze tra le versioni

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Morozov parla di un '''gap digitale''' fra ricchi e poveri, che impedirebbe ai secondi di godere di quello che viene da lui definito ''il vero lusso'': il distacco dal web. Il web, infatti, è considerato da Morozov alla stregua di uno strumento per i pubblicitari i quali, anche tramite Social Network come '''Facebook''' o tramite '''Google''', riescono ad avere accesso ad una molteplicità di dati che servono a tradurre le preferenze di chi naviga in termini di target. Il politologo si schiera a favore della tecnologia, ma contro questa ingenua dipendenza dall'Internet, attestando la necessità di disintossicarsi da un mondo che alimenterebbe il business di imprese private a discapito della privacy dei cittadini.
 
In una celebre intervista<ref>l'articolo completo su: http://www.linkiesta.it/it/article/2014/05/20/percheperché-internet-non-salvera-il-mondo/21303/</ref>, Morozov identifica una minaccia nell'attuale sogno di perfezione della Silicon Valley e nel modo di affrontare problemi sociali quali educazione, sanità e crimine. Un esempio è dato dal modus operandi della cosiddetta '''polizia predittiva''', non più una semplice utopia cinematografica ([[w:Minority_Report|Minority Report]]), bensì una realtà da conoscere. Con l'utilizzo dei [[w:Big_data|Big Data]], infatti, al mondo odierno si ha libero accesso a una raccolta di dati molto estesa che contiene informazioni aggiuntive di tutto ciò che viaggia attraverso internet, garantendo la possibilità di monitorare e tracciare digitalmente le azioni compiute dei singoli individui. Ed è proprio ciò che è successo a [[w:Joaquín_Guzmán|El Chapo]], il quale, nonostante le precauzioni prese per sfuggire alla sorveglianza elettronica, fu arrestato non appena uscito dal territorio di cui aveva il controllo politico-militare assoluto.
 
Il vantaggio ottenibile da un sistema del genere deve fare i conti con le conseguenze sociali che portano cambiamenti nelle relazioni tra cittadino e stato: si passa da una situazione in cui è possibile far affidamento sull'istituzione pubblica a un modello dove è proibito 'sbagliare'. Se la polizia predittiva rende impossibile l'accadere di azioni "sbagliate" cosa rimane alla soggettività di un individuo? Morozov risponde alla domanda approfondendo acutamente il legame tra democrazia e disobbedienza civile: l'atto volontario di infrangere la legge e subirne le conseguenze rende possibile un'affermazione politica, ma in un sistema dove vige l'assenza di scelta fra bene e male, è impossibile che ciò accada, poiché il sistema della polizia predittiva blocca in anticipo il compiersi di un reato. Se un tale sistema politico non ha modo di introdurre nuovi fatti e si identifica come il sistema perfetto, si corre il rischio di una ''cristallizzazione sociale'' che non permette di scoprire che ciò che viene considerato illegale oggi potrebbe non esserlo in futuro. Il prezzo da pagare diventa evidente quando Morozov trasporta il medesimo problema nel contesto storico statunitense di alcuni decenni fa, anni in cui era illegale per una persona di colore entrare in un ristorante. "Se avessero costruito dei sistemi predittivi attorno a quella legge", sostiene Morozov "oggi probabilmente sarebbe rimasta immutata, senza avere la possibilità di essere revisionata attraverso comportamenti devianti".
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''Il Cyborg'' è un saggio sull’uomo artificiale scritto da Antonio Caronia (Genova, 1944) nel 1985. Il punto cardine della trattazione è il rapporto uomo-macchina, e lo sviluppo che tale rapporto ha avuto nel corso dei secoli, partendo dalla preistoria e dal binomio homo sapiens e homo technologicus. L’autore considera il saggio in grado di orientare le domande dei lettori in merito al fenomeno dell’ibridazione fra esseri umani e tecnologie, perseguendo l’analisi del rapporto tra biologia e cultura degli esseri umani sia in una realtà immaginaria che nel mondo reale. Il saggio è suddiviso il due parti: L’alba dell’ibrido moderno e Il cyborg postfordista.
 
Nel primo capitolo troviamo la definizione di cyborg e le sue origini. Il cyborg nasce dalla fantascienza americana, negli anni Venti, affiancato dalle figure del robot e dell’androide. La prima definizione di cyborg ci è fornita da Odle in The Clockwork Man, la definizione asserisce che il cyborg è l’uomo dell’8000 d.c con un meccanismo ad orologeria nella testa con il quale può passeggiare nel tempo e nello spazio sconosciuto. Il cyborg è come i mostri medievali abitante di un’altraun'altra dimensione, un altro spazio. A differenza dei mostri medioevali che erano ancorati all’idea per la quale i mostri fossero legati la proprio creatore e quindi avevano come punto fisso l’uomo, unità di misura che ha posto Dio per distinguere ciò che è considerato normale dall’anormale. I cyborg rappresentano il punto di rottura con il sistema medioevale e rivelano la piccolezza dell’uomo nei confronti dello spazio, la sua fragilità. Il cyborg diventa l’unica chiave per approcciarsi a realtà che altrimenti rimarrebbero sconosciute.
 
Caronia ci offre un ampio spettro di tutte le diverse morfologie di cyborg che hanno preso forma nel corso dei tempi. Il primo modello di cyborg fu il più semplice e al tempo stesso il più radicale si parlò di un cervello in una scatola di metallo. Ciò che è messo in rilievo è quello che viene considerato il centro e l’organo più nobile dell’essere umano, il cervello. Il resto sono solo organi non necessari per la costruzione di un cyborg perfetto. Tale idea di cyborg si fece spazio tra diversi letterari del tempo e non solo scrittori di fantascienza. Il cyborg che invade la scena supera tutti quelli che possono essere considerati limiti umani, come il bisogno di nutrirsi o dissetarsi. Nel terzo capitolo del saggio, troviamo esplicitate le caratteristiche principali del confronto uomo-macchina e da ciò la nascita del cyborg. Il primo a sostenere che l’antitesi uomo-macchina sia in complementarietà col binomio naturale-artificiale, fu Cartesio, il quale sviluppando la sua teoria e visione meccanicistica del mondo, ha fatto sì che in età moderna l’uomo e la macchina siano uno il riflesso dell’altro. Il corpo umano, infatti funziona come una macchina perfetta e l’universo non è altro che un’immensa macchina costantemente in movimento nello spazio. Più tardi Diderot fece coincidere artificiale e naturale, sostenendo che tutto ciò che è creato dall'uomo è naturale poiché egli stesso fa parte della natura. Così nel secolo dei lumi, meccanicismo e naturalismo combaciano. Il cyborg diventa un’esasperazione delle peggiori caratteristiche umane. Successivamente si sviluppa una nuova immagine di cyborg che è a metà tra il meccanismo artificiale e l’uomo che vuole provare sentimenti. Di qui un’immagine sofferente, la macchina che si è fatta strada in lui non gli potrà permettere alcun contatto con l’umanità. Una questione che si fa sempre più sottile tanto da non riuscir più a distinguere con facilità artificiale e naturale, tanto da far sovrapporre se non scomparire tali concetti. Facendo coincidere la “meccanizzazione dell’uomo con la sua incapacità di amare. Lo stesso Caronia scrive: "Il cyborg si presenta quindi come l’oggettivazione di una sessualità disturbata non necessariamente come una minaccia ma certamente come simbolo di un’aggressione all’Io individuale o sociale di cui, comunque, lo sviluppo della tecnica è una componente importante".