Caccia tattici in azione/URSS: differenze tra le versioni

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Prodotto in ben 16.769 esemplari, lo Yak-9 è diventato uno dei principali caccia della II GM e in particolare, della V-VS. Venne sviluppato dallo Yak-7DI, con tutte le esperienze preziose dei primi caccia della famiglia e tante piccole modifiche, come la posizione delle prese d'aria dei radiatori, e longheroni alari in metallo. Lo Yak-9 fu a sua volta tutt’altro che monolitico, anzi: ebbe due tipi di ali, 5 diversi tipi di motore e fatto interessante, 6 combinazioni di serbatoi interni e sette combinazioni. In tutto, questo tipo ebbe una notevole importanza, arrivando ad essere costruito per sei anni fino al 1948. La sua prima esperienza operativa fu a Stalingrado, dato che era appena entrato in servizio, nell’ottobre del ’42. Presto ebbe anche clienti esteri, soprattutto con lo Yak-9P che era un tipo largamente migliorato rispetto ai predecessori, anche se forse di qualcosa inferiore al top, almeno del periodo bellico, ovvero lo Yak-9U. Ecco le versioni, una per una.
Lo Yak-9 iniziale era dotato dell’M-105PF, come gli ultimi Yak-1, da 1.180 hp, cannone da 20 mm con 120 colpi e una sola UBS con 200 proiettili. Date le dimensioni così ridotte del caccia, la potenza di fuoco era davvero il minimo indispensabile. Fallita l’introduzione dello Yak-9 con l’M-106 da 1.350 hp, un’altraun'altra versione di rilievo fu la '''Yak-9T''' con l’NS-37, cannone potente con 30 proiettili, un po’ in stile P-39. Non fu facile, perché l’abitacolo dovette essere mosso 40 cm indietro per compensare un muso diventato più pesante mentre il controllo qualità, al solito carente per i prodotti sovietici del periodo, fu causa di problemi notevoli, perché già la piccola cellula era stressata al massimo (vedi anche il Mosquito con il cannone da 57 mm Molins) per il forte rinculo dell’arma. Era opportuno quindi sparare solo 2-3 colpi per raffica. I bersagli non erano in genere dei caccia ma mezzi navali del Mar Nero e i carri armati. Quando era possibile, non si faceva ovviamente mancare tra le prede i bombardieri e talvolta i caccia, che ovviamente erano i bersagli più difficili da ingaggiare. In concreto, si trattava di una sorta d’alternativa allo Il-2, con molta più velocità e agilità al posto dell’armatura e della postazione difensiva. La maneggevolezza era ancora sufficiente per virare in 18-19 secondi. Ma se si pensasse che lo Yak-9T fosse il massimo che la cellula potesse esprimere, ci si sbaglierebbe. Infatti lo '''Yak-9TK''' aveva un’istallazione che consentiva di portare nel muso sia il 20 mm, che il potente Vya da 23 mm, l’NS-37 e, infine, l’NS-45 da 45 mm. Non fu per il momento un successo, dato che le differenze tra il 20 e il 23 mm non erano sufficienti a giustificare il cambio, e l’arma da 45 mm era inaffidabile. La cosa venne risolta con lo''' Yak-9K''' il cui NS-45 era munito di 29 proiettili e soprattutto, di un freno di bocca sufficiente per ridurre gli effetti del rinculo. Però attenzione: sparare sotto i 350 kmh con il cannone causava problemi di controllo e frenava l’aereo tanto da sbatacchiare il pilota nell’abitacolo. Il fuoco del cannone da 45 mm era peraltro micidiale e preciso, con piccole raffiche, o a colpi singoli, era possibile distruggere quanto era inquadrato. Forse era un po’ troppo per il caccia e il rinculo, nonostante il freno di bocca, causava perdite nei circuiti dell’olio e del liquido di raffreddamento, mentre le prestazioni calavano al punto da richiedere la scorta dei caccia per un uso più sicuro dell’aereo. L’arma di suo era per giunta alquanto inaffidabile. Nell’insieme ne vennero prodotte piccole quantità, buone più che altro per dimostrare come si potevano raggiungere i limiti d’armamento di un piccolo caccia tattico. Ma non finì qui, perché ad un certo punto si tentò addirittura l’istallazione di un cannone da 57 mm, tentativo fallito data la potenza eccessiva dell’arma per un velivolo così piccolo. In un certo senso, quindi, lo Yak-9T e K operava come una sorta di A-10 ante litteram, usando la potenza del suo cannone per distruggere tutto quello che gli capitava sotto tiro.