Storia della letteratura italiana/Sperimentalismo e neoavanguardia: differenze tra le versioni
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Tra gli anni cinquanta e sessanta, la fine degli equilibri politici e culturali sorti dalla Resistenza
== Il contesto ==
Sperimentalismo e neoavanguardia si intrecciano con le attività della sinistra italiana degli anni cinquanta e sessanta, che troveranno nel
Più legato alla recente letteratura impegnata, '''''Il Menabò'''''
Le esperienze di ''Officina'' e del ''Menabò'' confluiranno, nel 1967, nella rivista '''''Il Verri''''', diretta da
== Roversi e Leonetti ==
All'interno del gruppo di intellettuali che
Leonetti invece, direttore della Biblioteca Malatestiana di Cesena e poi docente di estetica all'Accademia di Brera, è più vicino alla tradizione illuministica e ricerca l'adesione alla realtà attraverso la sperimentazione linguistica, avvicinandosi anche alla neoavanguardia e confrontandosi con il Gruppo 63. Esordisce come poeta negli anni quaranta, pubblicando ''Sopra una perduta estate'' (1942), a cui seguono ''Poemi'' (1952) e ''Arlecchinata'' (1955). Con il suo primo romanzo, ''Fumo, fuoco e dispetto'' (1956), dimostra una spiccata propensione per la sperimentazione letteraria, che rimarrà una cifra stilistica della sua produzione. Politicamente impegnato nelle file della sinistra, ha affrontato le questioni politiche degli anni sessanta nei romanzi Conoscenza per errore (1961) e L'incompleto (1964).<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-leonetti_%28Enciclopedia-Italiana%29/|titolo=LEONETTI, Francesco|autore=Giuliano Manacorda|opera=Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)|accesso=8 dicembre 2018}}</ref>
== Franco Fortini ==
Tra le esperienze letterarie e intellettuali più significative del secondo dopoguerra c'è senza dubbio quella di Franco Fortini (pseudonimo di Franco Lattes; Firenze, 10 settembre 1917 – Milano, 28 novembre 1994). Nato da padre ebreo e madre cattolica, si
Nel dopoguerra si stabilisce a Milano e collabora con il ''Politecnico'' di Vittorini e l'''Avanti!'', il quotidiano ufficiale del Partito Socialista. Funzionario presso la Olivetti tra il 1947 e il 1953, è stato redattore delle riviste ''Ragionamenti'' (1955-1957) e ''Officina''. Contemporaneamente, matura un atteggiamento critico verso la sinistra ufficiale e si avvicina ai movimenti giovanili del Sessantotto. Si interessa inoltre alla rivoluzione culturale cinese e nel corso degli anni segue le vicede della sinistra extra-parlamentare. Da sempre occupato a ridefinire i rapporti tra politica e letteratura, è stato docente di storia della critica presso l'università di Siena (dal 1971 al 1987).<ref name="Ferroni1121">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1121}}</ref>
La poesia di Fortini è strettamente collegata alla sua attività politica: a entrambe sottende infatti l'impegno a mettere in discussione ogni equilibrio. Tuttavia, se la politica deve confrontarsi necessariamente con il presente, la poesia vuole sottrarsi alla variabilità delle cose e si basa su un linguaggio assoluto. Nella sua produzione Fortini tende alla perfezione formale, opponendosi alle scissioni della realtà.<ref name="Ferroni1121" /> La prima raccolta ''Foglio di via e altri versi'' (1946) risente dell'ermetismo, mentre ''Poesia ed errore'' (1959) si interrora sui limiti del rapporto tra parola e realtà. In ''Una volta per sempre'' (1963) Fortini cerca una parola stabile che possa guardare al superamento del mondo contemporaneo, nell'attesa di un'apocalisse felice che porti al dissolvimento della realtà. A questa raccolta seguono ''L'ospite ingrato'' (1966) e ''Questo muro'' (1973), quest'ultimo strettamente legato alle istanze del Sessantotto.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1122}}</ref> L'equilibrio che il poeta sembra avere trovato finisce per incrinarsi durante gli anni settanta: in ''Paesaggio con serpente'' si fa strada l'idea che è difficile trovare con certezza sia il significato del passato, sia il senso del futuro.<ref name="Ferroni1123">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1123}}</ref> ▼
La poesia di Fortini è strettamente collegata alla sua attività politica: a entrambe sottende l'impegno a mettere in discussione ogni equilibrio. Tuttavia, se la politica deve confrontarsi necessariamente con il presente, la poesia vuole sottrarsi alla variabilità delle cose e si basa su un linguaggio assoluto. Nella sua produzione Fortini tende alla perfezione formale, opponendosi alle scissioni della realtà.<ref name="Ferroni1121" /> La prima raccolta ''Foglio di via e altri versi'' (1946) risente ancora dell'ermetismo, mentre ''Poesia ed errore'' (1959) si interroga sui limiti del rapporto tra parola e realtà.
Alla poesia Fortini ha affiancato anche un ricca produzione saggistica, che comprende, tra gli altri: ''Dieci inverni 1947-1957. Contributo a un discorso socialista'' (1957), ''Verifica dei poteri'' (1965), ''Questioni di frontiera'' (1977). Come già ricordato, si è inoltre occupato anche di critica letteraria: ''Saggi italiani'' (1974) e ''Nuovi saggi italiani'' (1987).<ref name="Ferroni1123" />▼
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▲Alla poesia Fortini ha affiancato
== Giovanni Testori ==
[[File:TestoriByValerioSoffientini.jpg|thumb|Giovanni Testori]]
L'opera di Giovanni Testori (Novate Milanese, 12 maggio 1923 – Milano, 16 marzo 1993), che è stato anche critico d'arte e pittore, è legata all'esperienza del neorealismo e all'esigenza di '''rappresentare la vita degli emarginati''', in particolare nelle '''periferie
Il medesimo linguaggio sperimentale è utilizzato anche nelle sue opere teatrali, tra le quali si ricorda la trilogia composta da ''L'Ambleto'' (1972), ''Macbetto'' (1974) e ''Edipus'' (1977).<ref name="Ferroni1124" /> Diviso tra l'adesione al cattolicesimo (che negli ultimi anni della sua vita si farà sempre più forte) e la propensione verso la sensualità, Testori dà voce a questa personale scissione attraverso uno stile fortemente espressionista, nel quale, come suggerisce Asor Rosa, è possibile osservare la fine del neorealismo per «eccesso» di ricerca linguistica.<ref>{{cita libro | autore=Alberto Asor Rosa | titolo=Storia europea della letteratura italiana | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2009 | vol=3: ''La letteratura della Nazione'' | p=512 }}</ref>
== Stefano D'Arrigo ==
La produzione letteraria di Stefano D'Arrigo (Alì Terme, 15 ottobre 1919 – Roma, 2 maggio 1992) si caratterizza per un '''espressionismo''' tendente verso il '''mito pagano'''.<ref
La sua opera più famosa è però il romanzo ''Horcynus Orca'', a cui dedicò vent'anni di lavoro. Come scrive Ferroni, il libro è allo stesso tempo un ritorno alle origini, un viaggio di riconoscimento e un'apocalisse.<ref name="Ferroni1124"/> L'opera parla del ritorno in Sicilia del marinaio 'Ndrja Cambria dopo il 1943. Il protagonista incorre così in varie visioni fantastiche, fino all'incontro con la feroce orca in agguato nello stretto di Messina. Come Joyce prima di lui, D'Arrigo recupera e reinventa il mito di Ulisse, variando continuamente stili e registri. Il suo è un '''plurilinguismo''' che mescola il dialetto siciliano con arcaismi, preziosismi e neologismi. Uno stile estremamente personale e inedito, che ha diviso i critici sul giudizio da dare all'opera.<ref name="DArrigo-Treccani" />
Più semplice è invece il linguaggio usato nel romanzo successivo, ''Cima delle nobildonne'' (1985), in cui costruisce un racconto fantastico e ironico.
== Antonio Pizzuto ==
Antonio Pizzuto, nato a Palermo il 14 maggio 1893 e morto a Roma il 23 novembre 1976,
Negli anni della maturità si occupa di letteratura, pubblicando libri sotto pseudonimo. Esordisce nel 1956 con il romanzo ''Signorina Rosina'', a cui seguono ''Si riparano bambole'' (1960), ''Ravenna'' (1962) e le ultime, complesse, opere: ''Paginette'' (1364), ''Sinfonia'' (1966), ''Testamento'' (1969), ''Pagelle I'' (1973), ''Pagelle II'' (1964), ''Ultime e penultime'' (1978).
== Luigi Meneghello ==▼
Luigi Meneghello (Malo, 16 febbraio 1922 – Thiene, 26 giugno 2007) è stato autore di una sperimentazione tutta personale. Scrittore appartato, si unì alla Resistenza e in seguito insegnò italiano all'università di Reading, in Inghilterra. Il fatto di aver vissuto lontano dall'Italia negli anni cinquanta lo ha portato ad avvertire con maggiore acutezza le trasformazioni avvenute nella società di provincia, e in particolare di quella veneta da cui proveniva. Da queste osservazioni nasce il suo romanzo più famoso, ''Libera nos a Malo'' (1963), in cui racconta della storia recente del suo paese, ma anche della sua infanzia, della dissoluzione del dialetto e del mondo contadino. Meneghello in particolare si dimostra attento alle forme dialettali e al loro rapporto con la lingua nazionale, a cui si affianca una vena di umoristico leggero. Tra le sue opere successive si ricordano ''I piccoli maestri'' (1964), ''Pomo Pero'' (1974), ''Fiori italiani'' (1976), ''Bausète'' (1988).<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1125}}</ref>▼
La sua narrativa si concentra sulla complessità del reale, dedicando un'ossessiva attenzione agli oggetti, siano essi materiali o mentali. Nelle sue opere si immerge nel pullulare della realtà e delle parole, e dietro alla trama lascia trasparire motivazioni filosofiche.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | pp= 1124-1125}}</ref> Pizzutto è una figura di letterato atipico, che però partecipa allo sperimentalismo e subisce l'influenza dei grandi della letteratura europea, e in particolare Joyce e Proust, evidente nella sua ricerca di '''nuove strutture narrative e linguistiche'''.<ref>{{cita libro | autore=Alberto Asor Rosa | titolo=Storia europea della letteratura italiana | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2009 | vol=3: ''La letteratura della Nazione'' | p=524 }}</ref>
▲== Luigi Meneghello ==
▲Luigi Meneghello (Malo, 16 febbraio 1922 – Thiene, 26 giugno 2007) è stato autore di una sperimentazione tutta personale. Scrittore appartato,
''I piccoli maestri'' (1964), in cui ricostruisce la sua partecipazione alla guerra partigiana. Qui Meneghello ricorre a un linguaggio colloquiale, allo scopo di riportare l'evento eccezionale della guerra su un piano di quotidianità e banalità.</ref>{{cita libro | autore=Alberto Asor Rosa | titolo=Storia europea della letteratura italiana | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2009 | vol=3: ''La letteratura della Nazione'' | p=426 }}</ref> Tra le sue opere successive si ricordano ''Pomo Pero'' (1974), ''Fiori italiani'' (1976) e ''Bausète'' (1988).
== Note ==
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