Storia della letteratura italiana/Sperimentalismo e neoavanguardia: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Gian BOT (discussione | contributi)
m Bot: correzione titolo errato
Riga 1:
{{Storia della letteratura italiana|sezione=8}}
 
Tra gli anni cinquanta e sessanta, la fine degli equilibri politici e culturali sorti dalla Resistenza determinòdeterminano il passaggio dal [[../Neorealismo|neorealismo]] allo sperimentalismo e alla neoavanguardia. Gli scrittori sperimentali rifiutaronorifiutano modelli letterari e valori precostituiti, ma cercaronocercano modi espressivi nuovi, strumenti che consentisseroconsentano di agire sul mondo a partire da un rapporto critico con la realtà. Uno sperimentalismo in continuità con la tradizione della sinistra italiana viene proposto alla fine degli anni cinquanta dalle riviste ''Officina'' e ''Il Menabò''. La neoavanguardia degli anni sessanta cercherà invece il distacco dalle esperienze del recente passato. Queste istanze vengono portate alla luce in particolare dagli autori del [[../Gruppo 63|Gruppo 63]].<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1109}}</ref>
 
== Il contesto ==
Sperimentalismo e neoavanguardia si intrecciano con le attività della sinistra italiana degli anni cinquanta e sessanta, che troveranno nel [[w:Sessantotto|Sessantotto]] la loro esplosione. Particolarmente importante è la rivista '''''Officina''''' che, attiva tra il 1955 e il 1959, annovera tra i suoi redattori [[../Pier Paolo Pasolini|Pier Paolo Pasolini]], Francesco Leonetti e Roberto Roversi, a cui si aggiunseroaggiungono in un secondo momento Angelo Romanò, Gianni Scalia e Franco Fortini. L'esperienza degliGli intellettuali che la animavanoanimano erasono accomunataaccomunati dall'insoddisfazione per la situazione politica italiana, oltre chee dalla polemica contro la tradizione novecentesca e icontro piùgli recentiultimi esiti del neorealismo. L'intentoCi si erapropone quelloquindi di recuperare l'esperienza del realismo ottocentesco e di dar vita a una letteratura che si confrontasseconfronti con la modernità aprendosi alle sperimentazioni linguistiche, ma senza per questo tagliare i ponti con la tradizione.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | pp= 1109-1112}}</ref>
 
Più legato alla recente letteratura impegnata, '''''Il Menabò''''' fuè fondato da [[../Elio Vittorini|Vittorini]] con la collaborazione di [[../Italo Calvino|Calvino]],. eLa travita ildella 1956rivista edura ilpochi anni, dal 1959 al 1967, nedurante furonoi quali vengono pubblicati dieci fascicoli. La rivista; non uscivaesce con una cadenza fissa e non erapuò nemmeno essere considerata espressione di un gruppo definito di intellettuali. VolevaPiuttosto, essereè piuttostostata uno strumento per verificare la verificapossibilità di una nuova letteratura, che avesseabbia un orizzonte internazionale. FuCon cosìla dasua stimoloattività, per''Il Menabò'' ha stimolato il dibattito sul rapporto tra letteratura e industria, e ospitòha ospitato i primi esperimenti della neoavanguardia.<ref name="Ferroni1112">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1112}}</ref>
 
Le esperienze di ''Officina'' e del ''Menabò'' confluiranno, nel 1967, nella rivista '''''Il Verri''''', diretta da [[w:Luciano Anceschi|Luciano Anceschi]]. L'estetica fenomenologica di Anceschi fecefarà sì che la rivista fossesia lontana dallo storicismo e dal neorealismo, e fossesia invece più aperta alle tecniche artistiche, alle scienze umane, alla filosofia contemporanea. NellDall'ambitoesperienza del ''Verri'' nacquenasce la raccolta ''I Novissimi. Poesia per gli anni '60'' (1961), che presentavapresenta testi di Alfredo Giuliani (curatore dell'opera), Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti, Nanni Balestrini e Antonio Porta. Nell'introduzione, Giuliani parlavaparla di riduzione dell'io e di schizomorfismo, e prendevaprende le distanze dalla poesia più recente, definita "neo-crepuscolare".<ref name="Ferroni1112"/> A questa esigenza, propria dei giovani intellettuali, di una maggiore presenza sulla scena culturale risponderà la formazione del Gruppo 63.
 
== Roversi e Leonetti ==
All'interno del gruppo di intellettuali che animavanoanimano ''Officina'', Roberto Roversi (Bologna, 28 gennaio 1923 – Bologna, 14 settembre 2012) e Francesco Leonetti (Cosenza, 27 gennaio 1924 – Milano, 17 dicembre 2017) furonosono i più aperti a uno sperimentalismo che si confrontasseconfronti con la realtà, mossapartendo daentrambi unadalla vicinanza alla volontàsinistra moralemarxista. Roversi in particolare, nella raccolta ''Dopo Campoformio'' èricorre ricorsoa allauna poesia narrativa per esprimere un senso dile speranze tradite e dellala corruzione della società contadina a causa dello sviluppo capitalistico. Maggiormente sperimentali furonosono il romanzo ''Registrazioni di eventi'' (1964) e la raccolta ''Registrazioni in atto (1963-1969)''. Leonetti invece, vicino alla tradizione illuministica, cercò in ogni sua scrittura segni della nuova realtà sociale.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | pp= 1123-1124}}</ref>
 
Leonetti invece, direttore della Biblioteca Malatestiana di Cesena e poi docente di estetica all'Accademia di Brera, è più vicino alla tradizione illuministica e ricerca l'adesione alla realtà attraverso la sperimentazione linguistica, avvicinandosi anche alla neoavanguardia e confrontandosi con il Gruppo 63. Esordisce come poeta negli anni quaranta, pubblicando ''Sopra una perduta estate'' (1942), a cui seguono ''Poemi'' (1952) e ''Arlecchinata'' (1955). Con il suo primo romanzo, ''Fumo, fuoco e dispetto'' (1956), dimostra una spiccata propensione per la sperimentazione letteraria, che rimarrà una cifra stilistica della sua produzione. Politicamente impegnato nelle file della sinistra, ha affrontato le questioni politiche degli anni sessanta nei romanzi Conoscenza per errore (1961) e L'incompleto (1964).<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-leonetti_%28Enciclopedia-Italiana%29/|titolo=LEONETTI, Francesco|autore=Giuliano Manacorda|opera=Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)|accesso=8 dicembre 2018}}</ref>
 
== Franco Fortini ==
Tra le esperienze letterarie e intellettuali più significative del secondo dopoguerra c'è senza dubbio quella di Franco Fortini (pseudonimo di Franco Lattes; Firenze, 10 settembre 1917 – Milano, 28 novembre 1994). Nato da padre ebreo e madre cattolica, si laureòlaurea nel 1939 in filosofia del diritto ede ebbeha rapporti con l'ambiente dell'ermetismo fiorentino. In particolare, si avvicinoavvicina all'«impegno» di Noventa e Carocci, e collaboròcollabora con la rivista ''Riforma letteraria'', che ospitòospita i suoi primi scritti. Nel 1939, per sfuggire alle leggi razziali, divennediventa valdese e assunseassume il cognome della madre, Emma Fortini. ChiamatoNel alle1943 armiè nelarruolato 1943nell'esercito, fuggì in Svizzerama l'anno seguente fugge in Svizzera, dove entròentra in contatto con gruppi di antifascisti e si iscrisseiscrive al Partito Socialista. Tornato in Italia, si unìunisce alla lotta partigiana allalla fine del 1944 e partecipòpartecipa alle ultime fasi della Repubblica di Valdossola. Nel dopoguerra si stabilì a Milano e collaborò con il ''Politecnico'' di Vittorini e l'''Avanti!''. Funzionario presso la Olivetti tra il 1947 e il 1953, è stato redattore delle riviste ''Ragionamenti'' (1955-1957) e ''Officina''. Contemporaneamente, maturò un atteggiamento critico verso la sinistra ufficiale e si avvicinò ai movimenti giovanili del Sessantotto. Si interessò inoltre alla rivoluzione culturale cinese e nel corso degli anni seguì le vicede della sinistra extra parlamentare. Da sempre occupato a ridefinire i rapporti tra politica e letteratura, è stato docente di storia della critica presso l'università di Siena (dal 1971 al 1987).<ref name="Ferroni1121">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1121}}</ref>
 
Nel dopoguerra si stabilisce a Milano e collabora con il ''Politecnico'' di Vittorini e l'''Avanti!'', il quotidiano ufficiale del Partito Socialista. Funzionario presso la Olivetti tra il 1947 e il 1953, è stato redattore delle riviste ''Ragionamenti'' (1955-1957) e ''Officina''. Contemporaneamente, matura un atteggiamento critico verso la sinistra ufficiale e si avvicina ai movimenti giovanili del Sessantotto. Si interessa inoltre alla rivoluzione culturale cinese e nel corso degli anni segue le vicede della sinistra extra-parlamentare. Da sempre occupato a ridefinire i rapporti tra politica e letteratura, è stato docente di storia della critica presso l'università di Siena (dal 1971 al 1987).<ref name="Ferroni1121">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1121}}</ref>
La poesia di Fortini è strettamente collegata alla sua attività politica: a entrambe sottende infatti l'impegno a mettere in discussione ogni equilibrio. Tuttavia, se la politica deve confrontarsi necessariamente con il presente, la poesia vuole sottrarsi alla variabilità delle cose e si basa su un linguaggio assoluto. Nella sua produzione Fortini tende alla perfezione formale, opponendosi alle scissioni della realtà.<ref name="Ferroni1121" /> La prima raccolta ''Foglio di via e altri versi'' (1946) risente dell'ermetismo, mentre ''Poesia ed errore'' (1959) si interrora sui limiti del rapporto tra parola e realtà. In ''Una volta per sempre'' (1963) Fortini cerca una parola stabile che possa guardare al superamento del mondo contemporaneo, nell'attesa di un'apocalisse felice che porti al dissolvimento della realtà. A questa raccolta seguono ''L'ospite ingrato'' (1966) e ''Questo muro'' (1973), quest'ultimo strettamente legato alle istanze del Sessantotto.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1122}}</ref> L'equilibrio che il poeta sembra avere trovato finisce per incrinarsi durante gli anni settanta: in ''Paesaggio con serpente'' si fa strada l'idea che è difficile trovare con certezza sia il significato del passato, sia il senso del futuro.<ref name="Ferroni1123">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1123}}</ref>
 
La poesia di Fortini è strettamente collegata alla sua attività politica: a entrambe sottende l'impegno a mettere in discussione ogni equilibrio. Tuttavia, se la politica deve confrontarsi necessariamente con il presente, la poesia vuole sottrarsi alla variabilità delle cose e si basa su un linguaggio assoluto. Nella sua produzione Fortini tende alla perfezione formale, opponendosi alle scissioni della realtà.<ref name="Ferroni1121" /> La prima raccolta ''Foglio di via e altri versi'' (1946) risente ancora dell'ermetismo, mentre ''Poesia ed errore'' (1959) si interroga sui limiti del rapporto tra parola e realtà.
Alla poesia Fortini ha affiancato anche un ricca produzione saggistica, che comprende, tra gli altri: ''Dieci inverni 1947-1957. Contributo a un discorso socialista'' (1957), ''Verifica dei poteri'' (1965), ''Questioni di frontiera'' (1977). Come già ricordato, si è inoltre occupato anche di critica letteraria: ''Saggi italiani'' (1974) e ''Nuovi saggi italiani'' (1987).<ref name="Ferroni1123" />
 
La poesia di Fortini è strettamente collegata alla sua attività politica: a entrambe sottende infatti l'impegno a mettere in discussione ogni equilibrio. Tuttavia, se la politica deve confrontarsi necessariamente con il presente, la poesia vuole sottrarsi alla variabilità delle cose e si basa su un linguaggio assoluto. Nella sua produzione Fortini tende alla perfezione formale, opponendosi alle scissioni della realtà.<ref name="Ferroni1121" /> La prima raccolta ''Foglio di via e altri versi'' (1946) risente dell'ermetismo, mentre ''Poesia ed errore'' (1959) si interrora sui limiti del rapporto tra parola e realtà. In ''Una volta per sempre'' (1963) Fortini cerca una parola stabile che possa guardare al superamento del mondo contemporaneo, nell'attesa di un'apocalisse felice che porti al dissolvimento della realtà. A questa raccolta seguono ''L'ospite ingrato'' (1966) e ''Questo muro'' (1973), quest'ultimo strettamente legato alle istanze del Sessantotto.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1122}}</ref> L'equilibrio che il poeta sembra avere trovato finisce per incrinarsi durante gli anni settanta: in ''Paesaggio con serpente'' si fa strada l'idea che è difficile trovare con certezza sia il significato del passato, sia il senso del futuro.<ref name="Ferroni1123">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1123}}</ref>
 
Alla poesia Fortini ha affiancato anche ununa ricca produzione saggistica, che comprende, tra gli altri:, ''Dieci inverni 1947-1957. Contributo a un discorso socialista'' (1957), ''Verifica dei poteri'' (1965), e ''Questioni di frontiera'' (1977). Come già ricordato, si è inoltre occupato anche di critica letteraria: ''Saggi italiani'' (1974) e ''Nuovi saggi italiani'' (1987).<ref name="Ferroni1123" />
 
== Giovanni Testori ==
[[File:TestoriByValerioSoffientini.jpg|thumb|Giovanni Testori]]
L'opera di Giovanni Testori (Novate Milanese, 12 maggio 1923 – Milano, 16 marzo 1993), che è stato anche critico d'arte e pittore, è legata all'esperienza del neorealismo e all'esigenza di '''rappresentare la vita degli emarginati''', in particolare nelle '''periferie milanesidi Milano'''. Un certo gusto per le '''contaminazioni liguistiche''' è evidente nei racconti dedei volumi ''Il ponte della Ghisolfa'' (1958) e ''La Gilda del Mac Mahon'' (1959), in cui fa uso di una lingua al tempo stesso barocca e maccheronica.<ref Ilname="Ferroni1124">{{cita medesimolibro linguaggio| èGiulio utilizzato| ancheFerroni nelle| sueProfilo operestorico teatralidella (siletteratura ricordaitaliana la| trilogia2002 composta| daEinaudi ''L'Ambleto''| delTorino | p= 1124}}</ref> Le due 1972raccolte, nelle intenzioni dell''Macbetto''autore, delavrebbero 1974dovuto eessere le prime di opere di un ciclo intitolato ''EdipusI segreti di Milano''. delQuesto 1977).ciclo, Negliideato ultimisul annimodello Testoribalzachiano, ènon approdatoverrà atuttavia uncompletato cattolicesimodall'autore, tradizionalistache erispetto al rifiutopiano dellaoriginale contemporaneità.<refscriverà name="Ferroni1124">{{citasolamente librodue |testi Giulioteatrali |(''La FerroniMaria |Brasca'' Profiloe storico''L’Arialda'') dellae letteraturaun italianaromanzo |(''Il 2002Fabbricone'').<ref>{{cita libro|autore=Giovanni Einaudi Testori|titolo=I Torinosegreti |di pMilano|curatore=Fulvio 1124Panzeri|città=Milano|editore=Feltrinelli|anno=2011}}</ref>
 
Il medesimo linguaggio sperimentale è utilizzato anche nelle sue opere teatrali, tra le quali si ricorda la trilogia composta da ''L'Ambleto'' (1972), ''Macbetto'' (1974) e ''Edipus'' (1977).<ref name="Ferroni1124" /> Diviso tra l'adesione al cattolicesimo (che negli ultimi anni della sua vita si farà sempre più forte) e la propensione verso la sensualità, Testori dà voce a questa personale scissione attraverso uno stile fortemente espressionista, nel quale, come suggerisce Asor Rosa, è possibile osservare la fine del neorealismo per «eccesso» di ricerca linguistica.<ref>{{cita libro | autore=Alberto Asor Rosa | titolo=Storia europea della letteratura italiana | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2009 | vol=3: ''La letteratura della Nazione'' | p=512 }}</ref>
 
== Stefano D'Arrigo ==
La produzione letteraria di Stefano D'Arrigo (Alì Terme, 15 ottobre 1919 – Roma, 2 maggio 1992) si caratterizza per un '''espressionismo''' tendente verso il '''mito pagano'''.<ref Comename="Ferroni1124"/> scriveCritico Ferronid'arte, ilha pubblicato nel 1957 la raccolta di romanzopoesie ''HorcynusCodice Orcasiciliano'', ain cui dedicòprevale vent'annirecupera diimmagini lavoro,e èmiti allodella stessotradizione siciliana, tempogenerando un'atmosfera ritornomagica. alleIl origini,libro unsusciterà viaggiogrande diinteresse riconoscimentonella critica e unsarà pubblicato da Vittorini, con il titolo 'apocalisse'I giorni della fera'', sul ''Menabò'' n. 3, nel 1960.<ref name="Ferroni1124DArrigo-Treccani">{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/stefano-d-arrigo_%28Enciclopedia-Italiana%29/|titolo= D'ARRIGO, Stefano|accesso=8 dicembre 2018|autore=Valeria Della Valle|opera=Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)}}</ref>
 
La sua opera più famosa è però il romanzo ''Horcynus Orca'', a cui dedicò vent'anni di lavoro. Come scrive Ferroni, il libro è allo stesso tempo un ritorno alle origini, un viaggio di riconoscimento e un'apocalisse.<ref name="Ferroni1124"/> L'opera parla del ritorno in Sicilia del marinaio 'Ndrja Cambria dopo il 1943. Il protagonista incorre così in varie visioni fantastiche, fino all'incontro con la feroce orca in agguato nello stretto di Messina. Come Joyce prima di lui, D'Arrigo recupera e reinventa il mito di Ulisse, variando continuamente stili e registri. Il suo è un '''plurilinguismo''' che mescola il dialetto siciliano con arcaismi, preziosismi e neologismi. Uno stile estremamente personale e inedito, che ha diviso i critici sul giudizio da dare all'opera.<ref name="DArrigo-Treccani" />
 
Più semplice è invece il linguaggio usato nel romanzo successivo, ''Cima delle nobildonne'' (1985), in cui costruisce un racconto fantastico e ironico.
 
== Antonio Pizzuto ==
Antonio Pizzuto, nato a Palermo il 14 maggio 1893 e morto a Roma il 23 novembre 1976, fecefa carriera nella pubblica sicurezza, occupandosidiventando però anche di letteraturavicequestore e pubblicando libri sotto pseudonimo. La sua narrativa si concentra sulla complessità del reale, dedicando un'ossessiva attenzione agli oggetti, materiali e mentali. Nelle sue opere si immerge nel pullularevicepresidente della realtàCommissione eInternazionale delledi parole, e dietro alla trama lascia trasparire motivazioni filosofiche. Esordì nel 1956 con il romanzo ''Signorina Rosina'', a cui seguirono ''Si riparano bambole'' (1960), ''Ravenna'' (1962) e le ultime, complesse, opere: ''Paginette'' (1364), ''Sinfonia'' (1966), ''Testamento'' (1969), ''Pagelle I'' (1973), ''Pagelle II'' (1964), ''Ultime e penultime''Polizia (1978)Criminale.<ref>{{cita libro | Giuliocapitolo=Pizzuto, | FerroniAntonio | Profilo storicotitolo=Dizionario della letteratura italiana del Novecento | 2002anno=1992 | editore=Einaudi | città=Torino | ppaltri=diretto da Alberto Asor Rosa 1124-1125}}</ref>
 
Negli anni della maturità si occupa di letteratura, pubblicando libri sotto pseudonimo. Esordisce nel 1956 con il romanzo ''Signorina Rosina'', a cui seguono ''Si riparano bambole'' (1960), ''Ravenna'' (1962) e le ultime, complesse, opere: ''Paginette'' (1364), ''Sinfonia'' (1966), ''Testamento'' (1969), ''Pagelle I'' (1973), ''Pagelle II'' (1964), ''Ultime e penultime'' (1978).
== Luigi Meneghello ==
Luigi Meneghello (Malo, 16 febbraio 1922 – Thiene, 26 giugno 2007) è stato autore di una sperimentazione tutta personale. Scrittore appartato, si unì alla Resistenza e in seguito insegnò italiano all'università di Reading, in Inghilterra. Il fatto di aver vissuto lontano dall'Italia negli anni cinquanta lo ha portato ad avvertire con maggiore acutezza le trasformazioni avvenute nella società di provincia, e in particolare di quella veneta da cui proveniva. Da queste osservazioni nasce il suo romanzo più famoso, ''Libera nos a Malo'' (1963), in cui racconta della storia recente del suo paese, ma anche della sua infanzia, della dissoluzione del dialetto e del mondo contadino. Meneghello in particolare si dimostra attento alle forme dialettali e al loro rapporto con la lingua nazionale, a cui si affianca una vena di umoristico leggero. Tra le sue opere successive si ricordano ''I piccoli maestri'' (1964), ''Pomo Pero'' (1974), ''Fiori italiani'' (1976), ''Bausète'' (1988).<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1125}}</ref>
 
La sua narrativa si concentra sulla complessità del reale, dedicando un'ossessiva attenzione agli oggetti, siano essi materiali o mentali. Nelle sue opere si immerge nel pullulare della realtà e delle parole, e dietro alla trama lascia trasparire motivazioni filosofiche.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | pp= 1124-1125}}</ref> Pizzutto è una figura di letterato atipico, che però partecipa allo sperimentalismo e subisce l'influenza dei grandi della letteratura europea, e in particolare Joyce e Proust, evidente nella sua ricerca di '''nuove strutture narrative e linguistiche'''.<ref>{{cita libro | autore=Alberto Asor Rosa | titolo=Storia europea della letteratura italiana | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2009 | vol=3: ''La letteratura della Nazione'' | p=524 }}</ref>
== Paolo Volponi ==
Nato a Urbino il 6 febbraio 1924 e morto ad Ancona il 23 agosto 1994, Paolo Volponi lavorò dal 1950 in un ente di assistenza sociale e, dal 1956, alla Olivetti di Ivrea come direttore dei servizi sociali. Dal 1966 al 1971 fu quindi direttore delle relazioni sociali dell'intera azienda. Consulente della FIAT dal 1972, nel 1975 fu nominato segretario della Fondazione Agnelli, ruolo che dovette lasciare nel 1983 in seguito ad alcune dichiarazioni in favore del Partito Comunista Italiano. Eletto senatore come indipendente nelle liste del PCI nel 1983, è poi passato a Rifondazione Comunista nel 1991.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1132}}</ref>
 
== Luigi Meneghello ==
Dopo essersi inizialmente dedicato alla poesia (''Il ramarro'', 1948; ''L'antica moneta'', 1955; ''Le porte dell'Appennino'', 1690; ''Foglia mortale'', 1974), si dedicò alla narrativa a partire dalla fine degli anni cinquanta. Il primo romanzo che pubblicò, ''Memoriale'' (1962), parla della realtà industriale manifestando il distacco dagli schemi del neorealismo. Il libro racconta dell'operaio Albino Saluggia e del suo rapporto con la realtà della fabbrica, vista attraverso le sue manie di persecuzione.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo= La narrativa del Novecento | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Einaudi | p= 234}}</ref> In ''La macchina mondiale'' (1965) il contadino Anteo Cronioni, risalendo ad antiche utopie, parla delle proprie teorie pseudoscientifiche secondo cui il mondo è una grande macchina e gli uomini si possono perfezionare con il lavoro. ''Corporale'' (1974) mette in scena un terzo personaggio folle, l'intellettuale Gerolamo Aspri, a cui si affianca una miriade di altri personaggi, che vengono inventati dal protagonista e che creano nuovi punti di vista e possibilità di conoscenza. Come scrive Ferroni, si tratta di un'opera aperta e proliferante, in cui si mescolano registri stilistici differenti.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | pp= 1132-1133}}</ref>
Luigi Meneghello (Malo, 16 febbraio 1922 – Thiene, 26 giugno 2007) è stato autore di una sperimentazione tutta personale. Scrittore appartato, siha unìpartecipato alla Resistenza eed inè seguitostato insegnòdocente di italiano all'università di Reading, in Inghilterra. Il fatto di aver vissuto lontano dall'Italia negli anni cinquanta lo ha portato ad avvertire con maggiore acutezza le trasformazioni avvenute nella società di provincia, e in particolare di quella veneta da cui proveniva. Da queste osservazioni nasce il suo romanzo più famoso, ''Libera nos a Malo'' (1963), in cui racconta della storia recente del suo paese, Malo (in provincia di Vicenza), ma anche della sua infanzia, della dissoluzionee del dialettomondo econtadino delin mondocui contadinoè cresciuto. Meneghello in particolare si dimostra attento alle '''forme dialettali''' e al loro rapporto con la lingua nazionale,. aIl cuiromanzo siè affiancaperò unavenato venaanche di umoristicoun leggero. Traumorismo, lecon suecui operedescrive successivei sipersonaggi ricordanoe ''Ila piccolivita maestri''quotidiana (1964),del ''Pomopiccolo Pero''villaggio (1974),di ''Fiori italiani'' (1976), ''Bausète'' (1988)campagna.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1125}}</ref>
 
''I piccoli maestri'' (1964), in cui ricostruisce la sua partecipazione alla guerra partigiana. Qui Meneghello ricorre a un linguaggio colloquiale, allo scopo di riportare l'evento eccezionale della guerra su un piano di quotidianità e banalità.</ref>{{cita libro | autore=Alberto Asor Rosa | titolo=Storia europea della letteratura italiana | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2009 | vol=3: ''La letteratura della Nazione'' | p=426 }}</ref> Tra le sue opere successive si ricordano ''Pomo Pero'' (1974), ''Fiori italiani'' (1976) e ''Bausète'' (1988).
A ''Corporale'' seguiranno ''Il sipario ducale'' (1975), ''Il pianeta irritabile'' (1978), ''Il lanciatore di giavellotto'' (1981) e ''Le mosche del capitale'' (1989), preceduto dalla raccolta ''Con testo a fronte'' (1986), ''La strada per Roma'' (1991). Mano a mano le speranze utopiche di Volponi si sgretolano, e il suo sguardo verso la realtà diventa più negativo. ''Le mosche del capitale'', in particolare, racconta di un dirigente d'azienda illuminato i cui progetti saranno schiacciati dalle logiche del potere aziendale: la storia ha evidenti riferimenti autobiografici, ma allo stesso tempo è un'allegoria del fallimento della società moderna.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 1133}}</ref>
 
== Note ==
{{<references|2}} />
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|w=Sperimentalismo}}
 
[[Categoria:Storia della letteratura italiana|Sperimentalismo e neoavanguardia]]