Ceramica a Pisa/Tecniche di produzione ceramica adottate a Pisa: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 42:
Prima della lavorazione sul tornio, l’argilla veniva depurata in appositi recipienti o vasche<ref>Durante tutto il Medioevo, le vasche usate per la depurazione dell’argilla erano solitamente quattro. Queste venivano chiamate con termini ben precisi: la prima vasca veniva chiamata ''pilla'', le restanti venivano chiamate '''trogoli''' (vedi Berti - Migliori - Daini 1989, p. 13-14.</ref> in modo da eliminare impurità (dette anche “inclusi”) come frammenti di pietra o parti calcaree, che avrebbero potuto compromettere le fasi di lavoro successive. Quindi usando il tornio veloce mosso a pedale si modellavano i recipienti nelle forme volute.
 
In seguito, i recipienti venivano posti ad essiccare all’aria nelle stagioni primaverili ed estive oppure in prossimità della fornace, per far evaporare l’acqua in eccesso contenuta nell’impasto argilloso<ref>Cuomo Di Caprio 2007, pp. 263-271.</ref>. Passato il momento dell’essiccazione, i manufatti venivano sottoposti ad una prima cottura, in gergo detta “biscottatura”. Gli scarti di fornace relativi a questa fase di lavorazione ci indicano che nella Pisa medievale ciò veniva effettuato cuocendo i pezzi in un ambiente ossidante, ovvero caldo e ricco di ossigeno: i “biscotti” sono infatti perlopiù di colore rosso mattone, ma non mancano fra i materiali delle discariche esemplari con il corpo scuro, annerito, a causa di cotture eccessive<ref>Berti - Renzi Rizzo 1997, pp=. 57-59.</ref>.
 
=== Il rivestimento e il processo di vetrificazione in seconda cottura ===