Ceramica a Pisa/Tecniche di produzione ceramica adottate a Pisa: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 7:
 
Secondo le ricerche più accreditate, l’avvio delle produzioni smaltate pisane nel XIII secolo fu reso possibile dalla trasmissione di un ingente bagaglio di conoscenze sino a quel momento sconosciute a Pisa.
Come già esposto nel primo capitolo, prima dell’avvento della maiolica arcaica l’unica produzione locale di vasellame era quella di recipienti in terracotta privi di copertura vetrosa e di decori colorati (detti perciò “acromi”)<ref>Per dettagli sulla ceramica "acroma" vedi Busi 1984 e ALbertiAlberti - Giorgio 2018.</ref>. Questo nuovo tipo di ceramica rivestita comparve agli inizi del Duecento già nelle sue forme definitive e con una tecnica di realizzazione dei rivestimenti perfetta. Viene dunque scartata l’ipotesi che si tratti del frutto di un’esperienza maturata direttamente in città per mezzo di sperimentazioni successive.
 
L’ipotesi più plausibile rimane quella secondo la quale la produzione della maiolica arcaica pisana è stata stimolata dalle abbondanti importazioni che dalla fine del X secolo, e ancor di più dal secolo successivo, raggiunsero la città, e realizzata, probabilmente con l’aiuto di qualche maestranza straniera venuta a Pisa. Di conseguenza, per capire quale sia stato il punto di partenza della produzione della maiolica arcaica pisana bisogna spostare l'attenzione verso i centri che, prima di Pisa, fabbricarono manufatti con tecniche simili.
Riga 21:
A supportare questa tesi ci sono altri documenti. Per esempio, lo studioso Tito Antoni parla anche di un fondaco pisano presente a Maiorca sin dalla dominazione islamica, che fu distrutto durante gli scontri per la conquista cristiana voluta e capeggiata da Giacomo I d'Aragona tra il 1229 e il 1232<ref>Berti - Renzi Rizzo 1997, p. 283; Calisse 1904, pp. 9, 140-141, 145; Antoni 1977, p. 5/nota 8. Tito Antoni inoltre espone notizie interessanti sulle relazioni commerciali tra Pisa e le Baleari in questo periodo e oltre, e afferma che a Maiorca erano presenti membri delle più famose famiglie dell’aristocrazia mercantile pisana (p. 4).</ref>.
 
Le prime migrazioni verso Pisa di alcuni maestri vasai musulmani maiorchini o andalusi, potrebbero essere state stimolate da questi rapporti commerciali<ref>Altra testimonianza di questi stretti rapporti di scambio sono i materiali negoziati dai pisani a Maiorca, fra il 1315 ed il 1322. Tra le tante merci importate nella città toscana figurano anche lo stagno ed il piombo, elementi indispensabili per la creazione delle coperture vetrose (vedi Antoni 1977, p. 13).</ref>. La presenza islamica nella città del resto è già palese sul finire dell’XI e all'inizio del XII secolo. Ce ne dà conferma l'invettiva lanciata dal monaco Donizone di Canossa contro Pisa, luogo secondo lui indegno ad accogliere e conservare le spoglie della contessa Matilde di Canossa in quanto era frequentato da pagani (turchi e libici per esempio)<ref>Donizone nel primo libro della sua opera “Vita di Matilde” (Vita Mathildis), nei versi nn. 1370-1373 dice: “Qui pergit Pisas, videt illic monstra marina. - Haec urbs Paganis, Turchis, Libicis, quoque Parthis – Sordida Chaldei sua lustrant litora tetri” (vedi Davoli 1888, p. 142).</ref>. Le migrazioni di artigiani musulmani potrebbero poi essersi intensificate in seguito alla “Reconquista” cristiana della Spagna andalusa e delle Baleari, che si compì proprio nei primi decenni del Duecento<ref>Berti - Renzi Rizzo 1997, p. 283; Constable 1994, p. 140.</ref>.
 
== Gli aspetti tipici delle maioliche arcaiche pisane e la loro realizzazione ==