Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/Ai bordi dell'Europa: la scena italiana: differenze tra le versioni

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I Finzi-Contini ne erano stati al di fuori. Sembrò quasi che, dopo la promulgazione delle leggi razziali del 1938, i Finzi-Contini si avvicinassero maggiormente agli altri ebrei. Dopo tutto, erano sulla stessa barca. Il "giardino" divenne un centro d'incontro tra loro, rimpiazzando i club a cui era loro proibito appartenere. Ma è l'amore reciproco tra narratore e Micòl una vera possibilità? Egli lo reputa possibile dalle cose che condividevano. Entrambi valutavano la memoria delle cose: "per me, non meno che per lei, la memoria delle cose era molto più importante del loro possesso." (In verità, il romanzo nel suo complesso è così: un quadro intenso, remoto e amato visto nella nebbia dei ricordi. Perfetto, tuttavia, ma distante). Con questo in comune, avrebbero dovuto esser capaci di amarsi. Ma Micòl rigetta questa possibilità — l'amore era impossibile per loro, come tra fratello e sorella. Ed il padre di lui lo conferma, in una rara conversazione confidenziale.<ref name="Bassani"/> C'è qualcosa di differente e inottenibile sui Finzi-Contini, qualcosa che gli sfugge: "se tu sposassi una ragazza come quella, son sicuro che prima o poi finirebbe male... Sono differenti... Il proverbio dice 'Moglie e buoi dei paesi tuoi'. E nonostante le apparenze, quella ragazza non è del paese tuo." Nel senso letterale, sono dello stesso posto e ambiente, di Ferrara, entrambi ebrei. Ma oltre a ciò, si apre un inevitabile divario che deve essere rispettato. Ed egli lo accetta, accetta alla fine il decreto della distanza, sebbene ritorni ai ricordi di lei, tramite la presenza concreta del giardino dove usavano incontrarsi da bambini. Nelle parole di Micòl, "au vert paradis des amours enfantines". Il romanzo è un richiamo dell'ambiente. Non è un'interpretazione, perché il mistero permane. Ma è la presentazione di quel ricordo, della memoria. Micòl aveva sempre, sebbene prevedendo il futuro, preferito il presente "ed il passato ancor di più, il caro, dolce, compassionevole passato". Il romanzo è di quel passato e del passato che fu allora creato.<ref name="Bassani"/>
 
Bassani è uno scrittore che evoca intense reminiscenze di episodi distanti, e poi li assoggetta alla pripriapropria analisi rigorosa. Il narratore del romanzo ''Dietro la porta'' (1964)<ref>''Dietro la porta'', in ''Il Romanzo di Ferrara'', Oscar Mondadori, 2 voll., 2009.</ref> è molto critico di se stesso nel ricordarsi di un eisodio infantile. Questo è un libro sull'amicizia, e si colloca in un passato più lontano, durante l'anno 1929, al liceo. Aveva bisogno di essere amato da tutti, e in modo particolare aspirava all'amicizia del popolare Carlo Cattolica; ma aveva fatto amicizia anche col nuovo arrivato, Pulga, che tutti disdegnavano. Viene invitato da Cattolica a sentire quello che Pulga dice di lui, il narratore, a sua insaputa e dietro le sue spalle, da "dietro la porta" a casa di Cattolica stesso. Tuttavia, anche dopo aver sentito le calunnie più ignominiose, non riesce a confrontarsi col voltagabbana Pulga. Si ritorce invece sulla propria famiglia malignata. E in seguito decide, e questo è il peso della sua terribile confessione, di essersi comportato peggio del miserabile Pulga stesso: "Già allora qualcosa doveva pur dirmi che se Luciano Pulga era in grado di accettare il confronto con la verità, io no" (''Dietro la porta'', p. 739). Quella paralizzante codardia lo prevenne in quel momento di spalancare la porta, e lo preverrà metaforicamente per sempre. Si sarebbe sempre nascosto dietro una porta, "...duro a capire, inchiodato per nascita a un destino di separazione e di livore, la porta dietro la quale ancora una volta mi nascondevo inutile che pensassi a spalancarla. Non ci sarei riuscito, niente da fare. Né adesso, né mai" (''ibid'', p. 739). Questo romanzo viene presentato attraverso la percezione di un velo di memoria congelata, con la sua affermazione permanente sul presente. Scava l'essenza individuale mediante un episodio e la rispettiva narrazione. La codardia è ancor peggio del tradimento; è un'incapacità di essere se stessi veramente e completamente.<ref name="Bassani"/>
 
[[File:Roth e Levi.jpg|thumb|250px|Torino, 1986. Primo Levi (a destra) con [[w:Philip Roth|Philip Roth]]]]