Ceramica a Pisa/Produzione ceramica prima del XIII secolo: differenze tra le versioni
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[[File:Àmfores romanes tipus Dressel 2-4, Museu Soler Blasco de Xàbia.JPG|thumb|Esempio di anfore romane tipo Dressel 2-4.]]
Questo tipo di anfore vennero dapprima importate da zone campano-laziali insieme ad un'altra tipologia di vasellame (a vernice nera) usato per la mescita del vino durante i simposi. Nello stesso momento, si producevano manufatti ceramici più comuni quali anfore e laterizi<ref>In alcuni casi i laterizi erano marchiati con un bollo distintivo relativo alla fabbrica di produzione;
I recipienti da fuoco più diffusi erano le '''''olle''''' che fino al V-IV secolo a.C. venivano realizzate con argilla molto grezza. Dopo tale termine cronologico i recipienti destinati alla cottura degli alimenti cominciarono ad essere prodotti con argilla più depurata<ref>Baldassarri 2018, p. 62.</ref>. Nel corso del tempo vennero introdotte nuove forme "da fuoco" e negli anni finali del III secolo a.C. comparvero i '''''tegami''''' (caccabi e patellae), tipiche forme romane adibite a precise tecniche di cottura delle carni<ref>Baldassari 2018, p. 63.</ref>.
Più avanti, lungo il tratto del fiume Arno prossimo al mare, cominciarono ad essere prodotti '''''piatti''''', '''''coppe''''', '''''brocche''''', '''''bicchieri''''' e altri tipi di vasi come quelli da notte. L'attività agricola molto attiva, soprattutto legata al vino, portò alla produzione di anfore vinarie di forma '''''Dressel 2-4'''''.
In questo periodo l'economia del territorio cominciò a diventare importante, favorita dalla posizione strategica del territorio pisano che aveva verso il mare una grossa area portuale e verso l'interno una viabilità ben organizzata grazie alla presenza di strade e dell'Arno con i suoi affluenti. Principalmente si sfruttavano i boschi e le cave di pietra dei monti pisani, i cui prodotti venivano smistati in tutto il territorio e verso Roma. Tra le merci manufatte nell'area, quelle che ebbero più successo furono le ceramiche realizzate in terra sigillata.
=== La terra sigillata ===
La terra sigillata (da ''sigillatus''<ref>L'agettivo sigillatus veniva usato da Cicerone per riferirsi a vasellame decorato con figure a rilievo, che è una caratteristica di questo tipo ceramico (Baldassarri 2018, p. 69 e bibliografia qui presente).</ref>) venne prodotta a Pisa tra il I secolo a.C. e il II secolo d.C.. Questo arco temporale è stato diviso dagli studiosi in due periodi: il primo vede la produzione definita ''italica'' e va dal 40 a.C. al 30/40 d.C; nel secondo viene prodotta la terra sigillata
[[File:Terme di Nerone, dalle mura di Pisa.jpg|thumb|Bagni di Nerone, dalle mura di Pisa]]
I complessi produttivi si concentravano nella parte nord-ovest dell'attuale centro cittadino nei pressi del vecchio corso del fiume Auser, dove oggi sorgono le mura cittadine. A testimonianza di questa fase romana sono ancora visibili i resti del complesso termale risalente al I secolo d.C. conosciuto come "Bagni di Nerone"<ref>Baldassarri 2018, pp. 69-70. La denominazione “Bagni di Nerone” risale almeno al XIII secolo e nasce da una tradizione legata al martire pisano San Torpè, ex cortigiano di Nerone poi convertitosi al cristianesimo e decapitato in città (Alberti - Giorgio 2013, p. 47/nota 5; Pasquinucci - Menchelli 1989, p. 31)</ref><ref>I complessi produttivi, segnalati da ritrovamenti di scarichi e resti di fornace, sono stati rinvenuti nei pressi di via San Zeno, via Galluppi e via Santo Stefano (Baldassarri 2018, p. 70).</ref>.▼
▲I complessi produttivi si concentravano nella parte nord-ovest dell'attuale centro cittadino nei pressi del vecchio corso del fiume Auser, dove oggi sorgono le mura cittadine. A testimonianza di questa fase romana sono ancora visibili i resti del complesso termale risalente al I secolo d.C. conosciuto come "Bagni di Nerone"<ref>Baldassarri 2018, pp. 69-70. La denominazione impropria “Bagni di Nerone” risale almeno al XIII secolo e nasce da una tradizione legata al martire pisano San Torpè, ex cortigiano di Nerone poi convertitosi al cristianesimo e decapitato in città. Si pensa che il complesso fu edificato al tempo di Domiziano (81-96 d.C.) e che fosse legato alla famiglia dei Veruleii Aproniani, ricchi proprietari terrieri e produttori di ceramiche (vedi {{cita libro|autore=|nome=J.|cognome=Scheid|titolo=Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik|url=http://www.jstor.org/stable/20183887|data=|anno=1983|editore=Dr. Rudolf Habelt GmbH, Bonn (Germany)|città=|lingua=fr|p=225-228}}; (Alberti - Giorgio 2013, p. 47/nota 5; Pasquinucci - Menchelli 1989, p. 31)</ref><ref>I complessi produttivi, segnalati da ritrovamenti di scarichi e resti di fornace, sono stati rinvenuti nei pressi di via San Zeno, via Galluppi e via Santo Stefano (Baldassarri 2018, p. 70).</ref>.
=== Aspetti produttivi e commerciali dal I d.C. fino all'VII secolo ===
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