Ceramica a Pisa/Vasai attivi in città: differenze tra le versioni

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Diverse nomi e qualifiche lavorative sono state individuate nei documenti esaminati: barattolaio, broccaio, coppaio, fornaciaio, orciaio-orciolaio, scodellaio, stovigliaio, vasellaio-vasaio, maestro, apprendista o lavorante. Un individuo può anche essere indicato con più qualifiche contemporaneamente.
 
== Attività dei ceramisti fra il XIII e il XVI secolo secondo le fonti scritte ==
=== XIII secolo ===
[[File:I ceramisti e le fornaci nel XIII secolo.jpg|thumb|I ceramisti, le fornaci e le discariche nel XIII secolo.]]
 
Già agli inizi del XIII secolo sappiamo che i vasai pisani cominciano a commerciare le proprie merci al di fuori dell'ambito cittadino, almeno lungo il tratto fluviale interno e in area tirrenica, infatti sono stati ritrovati numerosi reperti riconducibili a ceramiche di produzione pisana in Toscana Settentrionale, in Corsica e Sardegna risalenti a questo secolo <ref>Per la questione si rimanda alla lettura del prossimo capitolo.</ref>.
Alcuni documenti rilevanti sono gli Statuti del 1287, che impongono ai “tegolai” precisi limiti per cavare l'argilla. Essi infatti non potevano prelevarla più in zone del centro cittadino, né di loro proprietà, né di altri, lungo le sponde del tratto fluviale che taglia in due la città. Insieme ai tegolai vengono citati i “barattolai” che, almeno in questo secolo, sono probabilmente produttori di vasellame; più tardi, con questo termine verranno indicati i rivenditori di ceramica<ref>Berti - Tongiorgi 1977a, p. 139; Bonaini 1854 - 1857, I, pp. 304-305. Un quadro esaustivo delle attività e delle vicende relative ai vasai dal XIII al XV secolo è desunto dai documenti di archivio analizzati in Tongiorgi 1964 e Tongiorgi 1972.</ref>.
Sempre il “Breve” del 1287 emanato dal Comune di Pisa, fornice chiarimenti su dove veniva raccolta la sterpaglia da ardere e cioè tra le foci del Serchio, dell'Arno e a San Piero a Grado. Questo inoltre indicava ai ceramisti la quantità massima di combustibile da poter tenere nella propria bottega, e cioè non superiore a quella necessaria per una infornata. Sappiamo infatti che questa precauzione nasce con la crescita del lavoro degli artigiani pisani che gradualmente cominciarono ad affittare diversi terreni per la raccolta del combustibile e per prevenire gli incendi<ref>Berti - Tongiorgi 1977a, p. 140; Bonaini 1854 - 1857, I, pp. 437 - 438.</ref>.
Una testimonianza in tal senso è data anche dai documenti riguardanti Niccolò Piloso che, nel 1283, compera dall’Arcivescovo di Pisa la paglia necessaria alla cottura. Un altro esempio è quello di Lotto di Bartolomeo che, nel 1291, riesce ad ottenere il permesso per tagliare la paglia tra l’Arno e il Serchio per due anni<ref>Berti - Tongiorgi 1977, p.140.</ref>.
 
In questo periodo, un altro termine legato sicuramente alla ceramica è quello di scodellaio. Fornisce un esempio Nino di Lorenzo, della cappella di San Lorenzo in Pelliparia, che nel 1291 possedeva una casa con fornace affittatagli da Giovanni Visella.
 
Fra i ceramisti del XIII secolo riveste un ruolo molto importante Bondie di Uguccione da Cerreto perché diede il via ad una tradizione famigliare che si imporrà nella scena artigiana pisana fino al secolo successivo. Altre due importanti famiglie di ceramisti sono quella dei Del Broccaio e di Vinacetto da Bacchereto<ref>Berti - Tongiorgi 1977, p.140.</ref>;<ref name=C_134>{{cita|Clemente 2017|p. 134}}</ref><ref>{{cita|Tongiorgi 1979|pp. 56-58}}</ref>.
 
Le fonti scritte testimoniano soltanto due fornaci in questo secolo, una per sponda. La prima era nella zona dove oggi sorge la chiesa della Spina, a sud, la seconda invece sorgeva nella cappella di San Lorenzo in Pelleria, a nord<ref name=C_134/>.
 
Dalla documentazione scritta risulta che nel XIII secolo sono presenti a Pisa 26 operanti nel settore, di cui 21 barattolai (1 è indicato barattolaio e coppaio), 1 scodellaio, 4 vasai (1 indicato vasaio e broccaio){{#tag:ref|Una zona ad est del quartiere di Chinzica, si chiamava in quel tempo «Baractularia» (area attualmente occupata dal [[Cittadella Nuova|Giardino Scotto]]) e con ogni probabilità il nome faceva riferimento al gran numero di barattolai presenti nella stessa; si veda {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|pp. 226-227}}. L’unico scodellaio citato nei documenti, Nino di Lorenzo, nel 1291 aveva in affitto, insieme alla moglie Parella, una casa con fornace nella zona detta “Pelliccerie”, nel quartiere di Ponte, a nord dell’Arno. Vedi {{cita|Tongiorgi 1972|p. 126}}. I dati possono essere soggetti a cambiamenti e revisioni in quanto la ricerca archivistica è ancora oggi oggetto di studio.|group=N}}<ref>{{cita|Alberti - Giorgio 2013|p. 29 (studi condoti da Giuseppe Clemente)}}; {{cita|Clemente 2017|p. 134}}.</ref>.
 
== Note ==
<references/>