Storia della letteratura italiana/Neorealismo: differenze tra le versioni

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Con il nome di "neorealismo" si suole quindi indicare questo orientamento, che non ha dato vita a una scuola o a un movimento organizzato, né si è limitato alla sola letteratura: risultati significativi si sono ottenuti in campo cinematografico, in film come ''Ossessione'' e ''La terra trema'' di Luchino Visconti, ''Ladri di biciclette'' di Vittorio De Sica, ''Roma città aperta'' di Roberto Rossellini (solo per citare alcuni titoli tra i più famosi). In ambito letterario si assite a un ritorno ai modelli del realismo ottocentesco, che erano stati abbandonati durante la stagione del decadentismo, e in particolare alla lezione di [[../Giovanni Verga|Verga]] e Zola. I primi esempi di letteratura realistica si erano d'altra parte già avuti negli anni trenta: si pensi a ''Gli indifferenti'' di Alberto Moravia, ''Fontamara'' di Ignazio Silone, ''Gente in Aspromonte'' di Corrado Alvaro. A questi modelli si affianca il mito della letteratura americana, che viene considerata schietta, essenziale, estranea agli artifici tipici del decadentismo europeo e capace di rappresentare direttamente la realtà. Inoltre, grazie alle traduzioni di Vittorini e Pavese si diffond in Italia la conoscenza di autori come Hemingway, Dos Passos, Faulkner, Steinback e altri.<ref name="Baldi98"/>
 
Questa tensione verso la rappresentazione della realtà porta con sé determinate soluzioni espressive. Anzitutto, al rifiuto delle raffinatezze dell'estetismo corrisponde la scelta di utilizzare una lingua antiletteraria, che riprenda le caratteristiche del parlato. Tuttavia nessuno degli autori neorealisti farà uso direttamente del dialetto, ma si ricorrerà piuttosto a un italiano colorito da espressioni dialettali (utilizzando strutture sintettiche del dialetto, cercando di imitarne la cadenza e inserendo qualche termine dialettale). D'altra parte, il neorealismo presenta anche una serie di limiti: l'idealizzazione del popolo in quanto portatore di una forza primigenia incontaminata, la divisione elementare tra bene e male (per esempio: operai e contadini sono buoni, i padroni cattivi), l'incapacità di penetrare le contraddizioni della realtà, l'uso di tecniche narrative superate e inadatte a rendere il mondo contemporaneo e la sua complessità (come l'impiego di un narratore diegetico onniscenteonnisciente).<ref name="Baldi98"/>
 
Va ricordato ancora una volta che i caratteri sin qui delineati sono frutto di un'astrazione, che il neorealismo fu un movimento molto variegato e che molti autori, pur partendo da esso, con gli anni se ne sono distanziati e hanno preso strade differenti. I più rappresentativi di questo periodo sono considerati [[../Elio Vittorini|Elio Vittorini]], [[../Cesare Pavese|Cesare Pavese]], [[../Alberto Moravia|Alberto Moravia]] e [[../Beppe Fenoglio|Beppe Fenoglio]], per i quali tuttavia il neorealismo ha costituito un orizzonte di contenuti rimasto sullo sfondo alla loro attività.<ref>Giulio Ferroni, ''Profilo storico della letteratura italiana'', Torino, Einaudi, 2001, p. 1044.</ref> Vittorini è infatti più orientato verso un lirismo allegorizzante, mentre Pavese si concentra sull'irrazionale e si dedica a una narrazione più simbolica. Moravia si sofferma sulla crisi della coscienza borghese e a partire dalla ''Noia'' (1960) prenderà un indirizzo totalmente diverso. Dietro al realismo di Fenoglio si cela un'esplorazione della questione esistenziale. [[../Italo Calvino|Italo Calvino]] e [[../Tra realismo e sperimentazione#Leonardo Sciascia|Leonardo Sciascia]], pur partendo dal neorealismo, proseguiranno prendendo altri indirizzi. L'etichetta di neorealista risulta poi troppo stretta per l'opera di [[../Pier Paolo Pasolini|Pier Paolo Pasolini]], il quale scriverà delle borgate romane non per amore di realismo ma perché attratto dalla vitalità del sottoproletariato, e insisterà sullo [[../Sperimentalismo e neoavanguardia|sperimentalismo]] e il plurilinguismo. Nel dopoguerra prosegue anche l'attività letteraria di [[../Carlo Emilio Gadda|Carlo Emilio Gadda]], che pur ricorrendo al ''pastiche'' e al dialetto rimarrà estraneo al neorealismo.<ref>Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, ''Moduli di letteratura'', ''La narrativa del Novecento'', Torino, Paravia, 2002, p. 99.</ref>