Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: Armi: differenze tra le versioni

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Non c'è dubbio alcuno che in Italia si sia voluto continuare ad investire massicciamente nelle artiglierie navali. Forse perché meno costose da sviluppare rispetto ai missili, oramai diventati, nel dopoguerra, la maggiore ambizione per tutte le navi di media e grande stazza. Ma per le unità più piccole e meno costose era impensabile usare sistemi come i SAM a medio raggio, e ci vollero parecchi anni prima che comparissero SAM a corto raggio abbastanza validi per essere usati anche da piccole navi e assicirar loro buone capacità difensive. Per esempio, il [[w:Sea Cat|Sea Cat]] britannico aveva la sua validità, ma era anche un sistema pensato più che altro per sostituire i cannoni da 40 mm, non certo armi di maggiore gittata. Per quello sarebbe stato necessario l'abortito Sea Mauler, poi il Sea Sparrow. In ogni caso, l'Italia aveva una gamma di artiglierie, sia terrestri che navali, che nei prodotti di punta erano di assoluta eccellenza durante la II GM, anche se più in termini tecnici 'teorici' che in rendimento effettivo. Questo valeva anche per le altre grandi potenze navali, almeno per molti dei loro prodotti di punta.
 
Ma UK, Germania, Francia, USA, si sono largamente disinteressate a continuare tale tradizione nel dopoguerra, a parte sopratuttosoprattutto la seconda di queste, autrice di una fortunata famiglia di cannoni automatici da 100 mm che, nonostante non fosse un calibro 'anglosassone', ha avuto parecchio successo, sempre in navi che inizialmente non avevano SAM o quantomeno, non a corto raggio.
 
Gli USA avrebbero potuto dare un sostituto all'eccellente cannone automatico da 76,2/50 mm messo a punto. Ad un certo punto accadde davvero, ma questo sviluppo anglo-americano finì per presentare troppi problemi e apparentemente segnò il disimpegno da tali artiglierie leggere, mentre continuò quello sulle armi di medio calibro, più che altro intese come lotta anti-superficie (ma il 127/54 mm Mk 42 è stato il primo cannone di tale calibro capace di arrivare a 40 c.min). In Italia si prese atto che il cannone da 76/50 era valido, ma in prospettiva ci si attendeva di meglio. Per il programma navale del 1950 erano comprese 4 corvette classe Centauro e si volle qualche cosa di meglio. Il cannone da 76/62 mm SOVRAPPOSTO, divenuto operativo nel 1957. Dato che succedeva di una dozzina d'anni l'arma americana non stupisce che ebbe anche prestazioni migliorate, cadenza di tiro portata da 45-50 c.min a 60, gittata da 13.700 a 15-16 km. Era un cannone curioso, in quanto la torre per ospitarne i sistemi di caricamento aveva le canne sovrapposte, mentre per il resto era totalmente chiusa. Non ebbe in verità grande successo, se presto comparve il modello '''MMI''', arma singola, che comparve nel 1962 sulle fregate 'Bergamini' e sul GARIBALDI ammodernato, poi in 6 pezzi sulle due 'Alpino', in 4 sui due 'Impavido' (che avevano ancora una torre binata americana da 127, non essendo l'OTO di quel calibro ancora disponibile), 8 per ciascuna delle tre navi portaelicotteri a livello di incrociatore (Doria, Duilio e V.Veneto) e altre ancora, per un totale di ben 82 cannoni. Ma nessuno all'estero si curò di tale arma, e non senza ragione perché l'efficienza era lontana dall'ottimale. In effetti, ci si può solo meravigliare di tale consistente armamento artiglieresco delle navi italiane, tanto che, ricorda Annati, forse tali numeri erano dovuti semplicemente alle pressioni dell'industria e della 'categoria' dei direttori di tiro. Non che tutto andasse bene, allora. Si dice che c'era di che complimentarsi con tanto di brindisi se uno di questi cannoni MMI, per quanto più semplici rispetto ai Sovrapposto, sparasse una serie di 10 colpi senza incepparsi, per cui forse anche per questo ce n'erano così tanti sulle navi, sulle quali occupavano poco spazio del resto.
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[[File:76mm gun chikuma.JPG|300px|right|thumb|Il classico cannone degli ultimi 35 anni sulla maggior parte delle navi medio-piccole, il 76 mm Compatto]]
L'MMI aveva problemi d'affidabilità e nessuno all'estero fu interessato alle sue capacità. Nei tardi anni '60 apparve invece il nuovo COMPATTO. Non c'era quindi niente di esoterico nella sua evoluzione, semplicemente si trattava di un processo durato quasi 20 anni in cui l'OTO aveva continuato a sviluppare nuove tecnologie. I Sovietici, per esempio, fecero lo stesso e infatti furono loro a costruire il primo cannone da 76 Super Rapido, nei tardi anni '70, per le corvette 'Tarantul', diversi anni prima che apparisse il Super Rapido italiano (tra l'altro come prima applicazione era l'OTOMATIC terrestre, nella MMI entrò in servizio solo con l'ammodernamento dell'Audace nel 1989 circa). Il nuovo cannone era molto più affidabile e pesava appena 7,5 t anziché circa 10. Dotato di notevole velocità angolare e di reazione, è diventato un cannone di grande successo. Questo sopratuttosoprattutto perché per le nuove motocannoniere missilistiche era impensabile sia un armamento di sole mitragliere, che di cannoni di grosso calibro. Per qualche ragione nessuno, eccetto gli Svedesi con il meno potente 57 mm (capace però di 200-220 c.min) fece altrettanto e così l'OTO si diffuse a macchia d'olio, sia come arma primaria per le motocannoniere e motocannoniere missilistiche, sia come arma secondaria per fregate che avevano per lo più spazio destinato a missili ed elicotteri, dove peraltro il cannone risultava fin troppo modesto (la MMI volle infatti il 127 mm, che all'opposto, sembra fin troppo grande per le 'Lupo', e appena accettabile per la stazza delle successive 'Maestrale', che restano molto pesantemente armate per la loro struttura).
 
In seguito arrivò ad oltre 40 utenti con oltre 800 cannoni, e persino gli USA, troppo a lungo disinteressati al settore, finirono per adottarlo nel '73 (per alcune navi dell'US Coast Guard, le 'Perry' e i 'Pegasus'), mentre Spagna, Australia e Giappone, come gli stessi USA, lo produssero su licenza. Da notare che il cannone da 76 mm aveva una giostrina sotto il cannone (e la sua caratteristica cupola emisferica in vetroresina di colore bianco), che poteva contenere ben 80 colpi. Il cannone di per sé, differentemente dal tipo MMI, non ha un operatore al suo interno nella torretta né alcun sistema locale di tiro, la copertura (con un portellone posteriore) è a tenuta NBC, e l'arma è raffreddata ad acqua per mantenere la velocità di tiro che parte dal colpo singolo, fino al tiro automatico tra i 10 e gli 85 c.min. In quest'ultimo caso, chiaramente, l'arma non può sparare a ritmo continuo oltre una cadenza di tiro di un certo valore, sia perché non si può rifornire i suoi colpi molto rapidamente, sia perché la canna si surriscalda.
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L'arma era un buon sistema contro i caccia a reazione, ma servivano armi di tipo migliore per contrastare i missili veri e propri. Così venne aumentata la precisione dell'arma, aumentata la velocità del sistema di ricarica che passava da 0,7 a 0,5 secondi, migliorato il munizionamento e la centrale di tiro. Era questo il '''Super Rapido'''. A questo proposito, è da rimarcare che la prima stesura dei De la Penne (Classe Audace migliorata o Animoso), prevedeva 4 impianti Dardo. La nascita stessa del cannone originariamente prevedeva un pezzo da 76 binato, e la Germania era interessata al suo sviluppo, ma per ottenere tale cadenza di tiro si aveva un sistema troppo pesante e costoso e non se ne fece nulla. Sviluppare meglio i servomeccanismi consentì di 'compattare' tali prestazioni in un solo cannone da 120 c.min (nelle prove fino a 139, ma si tratta di armi sottoposte a sperimentazioni, senza la pretesa di funzionare in maniera ottimale in servizio). I proiettili da 76 antimissile avevano cubetti di tungsteno da 0,5 gr. L'OTO propose il proiettile MOM (Multirole OtoMelara), ma negli anni '80 venne scelto il PFF della BPD.
 
Nel 1983 vennero proposte altre soluzioni, ovvero la quadrinata Sea Zenith da 25 mm, e il Super Rapido, che alla fine venne scelto per la sua gittata maggiore. Nemmeno la proposta successiva (attorno al '90) del Breda Fast Forty, con due cannoni aumentati da 300 a 450 c.min l'uno, e l'uso anche di colpi perforanti APDSFS sotto i 1.000 m, ovvero sotto la distanza utile di attivazione del sistema di prossimità, non ebbe successo. La MMI era intenzionata a porre fine all'era del 40 mm e ad estendere ancora più in là il raggio d'azione delle proprie difese antimissile, praticamente unificandole con il cannone di medio calibro vero e proprio (e infatti per molte marine il 76 è il cannone principale, non il sistema da difesa). Del '76 mm si è detto che, con la versione SR, sia capace di ingaggiare 4 missili antinave in avvicinamento da 6.000 m prima di arrivare agli ultimi 1.000 (dopo di che forse la spoletta non è più attivata nella modalità di prossimità e può funzionare solo nel tipo a contatto). Difficile prendere sul serio tale dichiarazione, peraltro, visti i continui miglioramenti alle munizioni, sistemi di tiro e quant'altro. SopratuttoSoprattutto, dato che poi (con l'avvento dei proiettili guidati) si è detto che il SR sarebbe in grado di ingaggiare con successo un bersaglio con un ciclo di fuoco di 10-12 colpi, pari a 5-6 secondi. Visto che un missile antinave vola a circa 300 m.sec, questo significa farlo avvicinare di almeno 1,5-1,8 km prima di distruggerlo, a cui bisogna aggiungere il tempo di cambio bersaglio (1-3 secondi). Per cui al massimo si potrebbe, sperabilmente, ingaggiare un paio di bersagli, che comunque non è certo trascurabile. A tal proposito, dei 76 mm sovietici si dice che le prove contro i missili richiedevano 20-25 colpi per fermarli, riducendo probabilmente il totale delle armi ingaggiabili ad una.
 
Gli effetti cumulativi di un'arma con maggiore volume di fuoco, un sistema di controllo del tiro dedicato come il NA-30, maggiore precisione e una munizione specifica per il compito antimissile hanno in ogni caso aumentato notevolmente l'efficacia del cannone. Nondimeno, le 8 armi dei due caccia 'Audace', sostitute di altrettanti Compatto, non hanno nessun campo di tiro direttamente a prua e a poppa, come del resto accade anche ad altre navi italiane, tutt'altro che provviste di un'artiglieria ben disposta per coprire meglio l'orizzonte, il che è dovuto ai compromessi necessari per ospitare impianti d'artiglieria molto pesanti e voluminosi, ma non è certo rimasto scevro dalle critiche. Sui 'De la Penne', per esempio, si è riuscito a porre una difesa su soli tre 76 mm SR che tuttavia coprono tutto l'orizzonte, anche se con un prezzo in termini di sicurezza non minore: a prua, i due 76 mm sono affiancati al lanciamissili Aspide e dietro il 127 mm, tutti compresi in una sezione di ponte di circa 20 metri (in cui sono racchiuse decine di t di munizioni), a poppa, sulla sovrastruttura il cannone è letteralmente incastrato dentro l'hangar e immediatamente dietro il lanciamissili Standard (per un totale di circa 50 t di munizioni), una concentrazione di esplosivi molto pericolosa in caso di colpi a segno (per esempio, alle Falklands un Exocet distrusse proprio l'hangar di un caccia inglese, ma i danni furono limitati perché non c'erano cariche esplosive e missili da far detonare per 'simpatia'). La scommessa della MM è quindi quella di evitare del tutto di far colpire le proprie navi, e in tal caso sperare che la compartimentazione e il numeroso equipaggio di bordo possa estinguere il fuoco di armi o incidenti avvenuti a bordo.
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Il Mauser da 30 mm invece ha munizioni API ed HEI simili a quelle del cannone dell'A-10, ha dimensioni e pesi minori, cadenza di 1.600 c.min per l'arma binata, e un elevato numero di proiettili di pronto impiego, anche qui sufficienti per oltre un minuto di fuoco con nastri per 2.000 colpi.
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[[File:SCLAR Launcher.jpg|300px|right|]]
Un'altra arma o sistema ECM che dir si voglia è l'originale tipo '''SCLAR''', praticamente un lanciarazzi multiplo elevabile e orientabile secondo necessità, con centralina di tiro remota, realizzato in varie versioni anche con razzi di diverso calibro, da 51 e 105 mm. Con entrambi ha 32 e 10 colpi, con i secondi ne ha 20, fabbricati dalla SNIA Viscosa o BPD, con razzi da 12 km di gittata per lancio di chaff del tipo LR-C, o gli MR-5 da 5 km o gli LR-1 da 4 km illuminanti, o anche tipi HE per bombardamento costiero (in pratica però affidato ai cannoni di bordo). In ogni caso è un sistema diverso dai soliti lanciarazzi fissi in direzione e-o azimouth che sono se non altro più semplici e leggeri, frutto dell'esperienza convergente sia dei razzi SNIA-BPD sia per la meccanica della Breda. Il tipo qui illustrato è uno dei modelli più vecchi e meno protetti per la meccanica di controllo dal mare. Sostituito dal SAGAIE nei 'De la Penne', sulle nuove navi della MM è stata reintrodotta un'ultima versione con razzi migliorati, ma sia ben chiaro, solo per compiti ECM. In ogni caso il sistema è controllato dalla centrale di tiro della nave, collegato con gli apparati ESM e di allarme.
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===OTOMAT<ref>Leonardo Lanzara, ''Il missile antinave OTOMAT/Teseo'', RID n.2/2007 pagg 34-40.</ref>===
[[File:Otomat Mk 2 MGP 2007.jpg|300px|right|]]
L’'''Otomat''' è un missile a lungo raggio antinave, paritetico Italia-Francia, inizialmente sviluppato dal consorzio Oto Melara-Matra (da cui il nome Otomat) successivamente confluito nel gruppo MBDA, società partecipata del gruppo Finmeccanica. Il missile è stato largamente impiegato dalla Marina Militare Italiana.
 
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===Aspide===
Questo missile è nato in maniera abbastanza oscura. Ci ci potrebbe chiedere come mai l'Italia ha realizzato un grosso missile multiruolo aria-aria a medio raggio, quando non sono stati invece non ne sono stati costruiti a più corto raggio d'azione e a guida IR (infrarossa), come è accaduto per diversi Paesi emergenti (come il Sud Africa con il Kukhri/Darter e Israele con i vari Shafir e Python). La risposta è essenzialmente, che quest'arma è stata preceduta dall'esperienza con lo Sparrow E (NATO). Fino a non molti anni fa non era un fatto particolarmente noto, ma in realtà molti degli Sparrow usati in Italia, se non la totalità, non erano importati. La Selenia ne costruì ben 1.000 unità, tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70<ref>'La difesa aerea italiana', Aerei n.3/2001</ref>, da qui l'esperienza tecnica per realizzare un missile di questa categoria. All'epoca, il lavoro in ambito NATO era suddiviso tra i vari Paesi componenti, dato che il missile a corto raggio Sidewinder era costruito in Germania, nelle varie generazioni, per un totale di diverse decine di migliaia (partendo dall'AIM-9B/F e terminando con l'AIM-9L, prima di cominciare l'esperienza con l'IRIS-T 'europeo').
[[File:Misil Aspide.jpg|350px|right|]]
L'Aspide viene spesso considerato una sorta di copia 'su licenza' dello Sparrow, ma questo non è vero, dato che in realtà tutto il suo progetto di dettaglio è notevolmente diverso. Lo Sparrow III (AIM-7E) era pur sempre di tecnologia degli anni '50-'60, con elettronica a valvole di scarsa affidabilità e capacità. Nei tardi anni '60, i suoi limiti erano evidenti e così la Gran Bretagna iniziò (nel 1969) a progettare un sistema di guida migliorato. Verso la fine degli anni '70 diventò operativo lo Sky Flash, che era sostanzialmente un AIM-7B migliorato con un sistema di guida 'monopulse' anziché a scansione conica. Un sistema molto più moderno e difficile da contrastare per le ECM, e molto più difficile da scoprire dai sistemi di allarme per le caratteristiche del segnale usato (mono-impulso piuttosto che 'semi-attivo' ad onda continua). Questo lasciava anche spazio per altri componenti interni, ma i Britannici non gli diedero sul momento particolare importanza, forse per ragioni di bilancio, visto che gli Americani stavano costruendo l'AIM-7F, missile migliorato sopratuttosoprattutto nel sistema motore (da mach 3 a mach 4, gittata 40 km piuttosto che 30, testata da 39 kg anziché 29) ma ancora con il sistema a scansione.
 
Subito dopo (1970) fu la volta dell'Italia, quando l'AMI chiese un nuovo tipo di missile alla Selenia, che venne anche finanziata con un contributo del Ministero della Difesa. Questa ditta divenne responsabile praticamente di tutto il sistema d'arma, radar inclusi, e non soltanto il missile di per sé. Alla Selenia pensarono da subito a migliorare il progetto in tutti i componenti, dato che la tecnologia degli anni '70 poteva fare ovviamente molto meglio di quella di 20 anni prima, specialmente per un missile relativamente piccolo e compatto. Così l'Aspide ha avuto un sistema di guida monopulse in banda I, un motore a razzo potenziato, una testata a frammentazione da 33 kg e un sistema di comandi di volo con 4 alette totalmente indipendenti anziché collegate due a due, diventando certo un serpente molto velenoso per i suoi obiettivi.
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[[File:US Navy 090714-N-2844S-001 A RIM-7P NATO Sea Sparrow missile is launched from the aircraft carrier USS Harry S. Truman (CVN 75).jpg|350px|left|thumb|Il 'fratello' americano Sea Sparrow; notare le alette ripiegabili non ancora distese, mentre l'Aspide SAM ha ali più lunghe e fisse]] La progettazione non interessava soltanto il missile di per sé: sulla base dei lanciatori ottupli NATO Sea Sparrow, negli anni successivi venne approntato il sistema navale ALBATROSS, con radar di tiro dedicati (RTN-30X) e un lanciatore ottuplo compatibile anche con il Sea Sparrow, come del resto il lanciatore Sea Sparrow era compatibile con l'Aspide. La principale modifica dell'Aspide SAM, data la difficoltà di tipo ripiegabile affidabili (specie in ambiente salmastro-marino), fu quella di introdurre alette tronche non ripiegabili, ma dalla ridotta apertura per essere impiegabile con i lanciamissili terrestri. Alla fine l'unico tipo di Aspide dotato delle caratteristiche ali triangolari è stato quello aria-aria, usato però soltanto con gli F-104ASA-2 dai primi anni '90 (due piloni BL-104 sotto le ali).
 
Quanto ai lanciatori, inizialmente si erano pensati a 4 celle, ma poi essendo il sistema statico, si volle la soluzione a 6. E' caso mai piuttosto strano che anche l'E.I., nonostante la massa considerevole di una simile installazione, ha poi adottato un sistema pure a 6 celle. A differenza dei lanciatori standard navali (ottupli, con due gruppi da 4 celle l'uno) e a similitudine di quelli leggeri nonché di quelli dello Skyguard, tutte le celle sono rapidamente staccabili e movimentabili con una gru, sia con il missile che senza; l'arma è normalmente conservata sempre dentro la sua cella, probabilmente sigillata, con un'apertura frontale a frattura (4 'triangoli' che si rompono all'uscita del missile). La Selenia aveva anche offerto un tipo di SPADA semovente all'E.I., ma questo non l'accettò, andando piuttosto verso la versione 'italianizzata' dello Skyguard (sia pure, come si è detto, con lanciatori sestupli anziché quadrupli e senza integrazione cannone-missili). La produzione, verso la fine del 1983, procedeva a 20-25 missili al mese, su di una richiesta complessiva che all'epoca aveva già ottenuto oltre 1.200 ordini. Del resto l'arma era entrata in servizio già da oltre 6 anni e c'erano molti clienti esteri interessati, sopratuttosoprattutto per le navi esportate dall'Italia o comunque equipaggiate con questi missili.
 
Se non è corretto che il missile Aspide sia ridotto ad arma americana costruita su licenza, appare comunque improprio e molto riduttivo anche definirlo come un ordigno simile allo Sparrow soltanto perché debba essere 'compatibile' con i pre-esistenti lanciatori. I due missili, quello americano e italiano sono talmente simili da rendere difficile l'identificazione precisa, una somiglianza decisamente molto al di là della semplice 'compatibilità', incluso il diametro, esattamente di otto pollici (203 mm).
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[[File:Aspide launch.jpg|350px|right|thumb|Aspide in azione, con un lancio al traverso da parte di una fregata 'Lupo' peruviana]]
Per quello che riguarda la situazione attuale, invece, l'Aspide è ancora presente su 'Garibaldi', 'De la Penne', 'Maestrale', 'Artigliere' e su 4 delle 'Minerva' (le altre 4 sono state modificate togliendo il lanciamissili per una piattaforma di elicotteri) per un totale di 20 armi. A dire il vero, altri 4 lanciamissili sono ancora esistenti a bordo delle 'Lupo', ora cedute al Perù dove fanno compagnia alle 4 unità già vendute circa 30 anni fa. Ma oramai sono molti anni che le nuove navi sono costruite senza associarvi i missili Aspide. All'estero vanno anche ricordati i cinque caccia MEKO 360 costruiti per Nigeria (1) e Argentina (4), armati con un sistema Albatross (ma con radar olandesi) ciascuno. Il Brasile ha pure aggiornato le sue navi tipo 'Niteroi' con un lanciamissili Aspide, e così si può dire che in Sud America quest'arma è diventata il SAM standard per le marine, dato che, eccetto la marina cilena (legata sopratuttosoprattutto a unità britanniche) l'hanno adottato tutte le principali marine: Argentina, Brasile, Ecuador, Perù e Venezuela, anche perché l'export di armamenti americani in quella zona è tradizionalmente auto-limitato per non causare pericolose corse al riarmo, lasciando ai costruttori europei (che non hanno di questi problemi) di piazzare grosse quantità di armamenti (come nel caso dei Canberra, Mirage e Macchi 326).
 
L'AMI aveva ordinato il sistema Spada in 3 batterie originariamente, poi sono arrivate ordinazioni per altre 8 e si pensava di costruire altre batterie lanciamissili, ma nel 1992 il totale è stato bloccato a 12 unità<ref>Po, Enrico: ''i programmi delle F.A. previsti dalla Finanziaria', RiD gen 1992</ref>. Con la dismissione di molti aeroporti anche varie batterie sono state dismesse oppure trasformate in unità più facilmente dispiegabili, perché uno Spada è trasportabile da non meno di 14 autocarri.
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Per quello che concerne il ruolo superficie-aria, esso è un mix di cose buone e meno buone. Come arma navale, esso rendeva possibile un elevato livello di difesa di mezzi che, altrimenti, non avrebbero potuto permettersi un missile di raggio piuttosto elevato e con una buona copertura anche rispetto a minacce non dirette direttamente a questi (missioni di scorta), cose che i Sea Wolf britannici (e in parte i Crotale francesi) non potevano assicurare data la loro gittata inferiore. Il Sea Sparrow e l'Aspide sono stati quindi essenziali per le capacità di difesa a distanze medio-corte delle fregate occidentali.
 
Come arma da difesa terrestre, l'Aspide è stato invece poco considerato, così come lo Sparrow. La sua maggiore problematica è che da un lato si tratta di un'arma poco mobile e costosa, essendo pesante e sofisticata; dall'altro ha una portata troppo ridotta, così come un'altitudine operativa limitata, per poter difendere obiettivi strategici. In altre parole, è stata 'schiacciata' da missili più grossi come HAWK e Patriot, e dall'altro caso, da armi ben più mobili e semplici come il Roland e il Rapier. La sua gittata di 15-18 km (in origine e per almeno gli anni '80-inizi anni '90) non era che marginalmente superiore a quella di missili più piccoli, e sopratuttosoprattutto non bastava per sparare ad aerei che fossero armati con ordigni come gli antiradar HARM, o che attaccassero da alta quota, avendo l'Aspide una tangenza indicata di 6.000 metri (altre fonti parlano di appena 3.500, forse più per i sistemi di guida che l'arma di per sé). Né ne è mai stata realizzata una qualche versione semovente: al massimo, con l'Aspide era possibile difendere una retrovia e i sistemi, essendo rigorosamente trasportati su rimorchi, necessitano di parecchio tempo per essere messi in opera. Quindi si verificava un doppio problema: mentre l'HAWK doveva operare dalle retrovie, ma con la sua portata di 40-50 km poteva anche permetterselo (anche in quota, arrivando a 18.000 metri), armi come il Roland potevano operare prontamente sulla linea del fronte, essendo semoventi e spesso anche corazzate. L'Aspide non era di nessuna delle due categorie, e dal punto di vista degli utilizzatori terrestri risultava in un certo senso 'né carne né pesce'. Così ha avuto molto meno successo che nel caso dei tipi navali, adottati da molti clienti (Italia, Spagna, Brasile, Argentina, Perù, Venezuela, Ecuador, Libia, Egitto ecc). Di recente, tuttavia, ha ottenuto un certo revival con il sistema Spada 2000, che è pur sempre meno costoso di una batteria di Patriot o Aster. In tutto, sono almeno 17 gli utenti dell'Aspide, forse non considerando i tipi di ultima generazione.
 
Quanto ai problemi tattici, uno di questi è la copertura del sistema d'arma, condizionata da quella del radar di scoperta e da quello del radar di tiro. Il problema è che, ovviamente, in ambito terrestre non c'é una 'Terra piatta' come nel caso dell'orizzonte navale, e quindi anche un radar eccellente e un missile temibile devono essere messi nelle condizioni di 'vedere' bene dalle loro posizioni. Ma il radar di scoperta dell'Aspide è alto circa 5 metri, i radar di tiro 4 e le rampe anche di meno. In altri termini, il loro campo visivo è analogo a quello di una terrazza sul secondo piano di un edificio; quindi è praticamente impossibile avere un campo visivo adeguato per cogliere bersagli in volo a bassissima quota, perché anche un ostacolo modesto di 15 metri, a 2 km (che è già molto per i tipici paesaggi italiani), renderà pressoché invisibile un aereo volante a 30 metri anche a 6 km, e uno a 60 metri a circa 12 km.
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===SL/ALQ-234<ref> F.J. A&D, Feb '89 p.28-29</ref>===
Il Selenia AL/ALQ-234 è un apparato con struttura caratteristica, con un'antenna anteriore d'emissione triangolare, dietro la quale vi è una turbinetta d'azionamento eolico (con un generatore elettrico collegato, un po' come nell'EA-6B). Esso è stato pensato sopratuttosoprattutto per coprire l'aereo dalle difese antiaeree, e senza particolari esigenze d'interfaccia, essendo un apparato essenzialmente autonomo, ed efficace sia con i sistemi ad onda continua che con quelli più insidiosi, ad impulsi. Un contenitore cilindrico lungo 3,285 metri e pesante 270 kg, con agganci standard a normali piloni e una suddivisione interna in circa 5 compartimenti elettronici; ha due gruppi di antenne, sia anteriore che posteriore per la copertura dei rispettivi settori. Il sistema ha un'antenna RWR per riconoscere la fonte d'illuminazione e un microprocessore che valuta come disturbare più efficacemente la fonte elettromagnetica; il campo d'azione è sulle onde centimetriche in banda I e J, con emissioni di rumore e inganno, e variazione della potenza. La difesa contro radar ad onda continua è possibile sul settore frontale con bande H e J. Il software ha la capacità di elaborare dati e analisi su più minacce contemporanee, e la turbinetta ausiliaria, che permette un'alimentazione autonoma, ha un generatore a turbina da 7,5 kVA, mentre il raffreddamento è a doppio circuito a scambiatori termici, uno è quello primario, a liquido, per le piastre dei componenti elettronici, e un altro, ad aria, a ciclo aperto. A bordo dell'aereo è richiesto un piccolo pannello di controllo nell'abitacolo, per informare il pilota della minaccia e delle contromisure scelte. La velocità massima del sistema è stata pensata per compiti supersonici: sebbene provato anche da macchine come gli Alpha Jet, è un tipo trasportabile da 1,1 mach slm a 1,5 mach a 10.000 m, anche se la limitazione è in temperatura, con ISA +15°, ovvero 40°. Per il resto c'è un BITE (Built-In Test Equipment) per eseguire a terra quattro livelli di manutenzione: controllo sulla linea di volo (preparazione alla missione), e altri quattro livelli in laboratorio. Presentato durante i primi anni '80, era già stato adottato da alcuni utenti, che ancora nel 1989 non erano tuttavia noti (sebbene tra questi vi fossero sicuramente i Mirage 5 egiziani, in istallazione ventrale).
 
===Bibliografia===