Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Iraq-Iran: differenze tra le versioni

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Autore di numerosi articoli e libri, nonché detentore del sito ACIG, ben noto a molti appassionati del settore e che si occupa di guerre dopo il 1945, dove sono anche gli articoli originali in lingua inglese da cui queste informazioni sono tratte (nel settore 'Medio Oriente'). È necessario parlare di questo, perché non c'è dubbio che chi si occupi di aviazione militare, ma non sappia delle ricerche di questo giornalista freelance di Vienna, non potrà non essere sorpreso dai molti dettagli -alle volte fondamentali- che vengono fuori dai suoi scritti. Lui stesso è una figura atipica, essendo il suo Paese, dopo il 1918, rimasto praticamente senza un'aviazione (Tom Cooper è il suo nome 'inglesizzato'). Nondimeno, spinto dall'interesse per i possenti Phantom iraniani (che vide per la prima volta in una cartolina riportatagli da suo nonno, in ciò accomunato allo scrivente, che invece se ne comprò un modellino in scala 1:48, dipingendolo poi a strisce rosse e nere perché non avendo altri colori disponibili), da oltre 15 anni svolge ricerche che l'hanno portato a viaggiare in Medio Oriente, dove ha trovato molti protagonisti della guerra del 1980-88. Con Farzad Bishop e altri iraniani ha anche scritto libri sui Tomcat e Phantom, nonché sulla guerra aerea tout-court. In seguito ha allargato la sua indagine anche all'Africa, altra terra ben poco documentata nei suoi pur non trascurabili conflitti (solo tenendo conto quelli 'convenzionali' e non i massacri intertecnici). Tra l'altro, nei suoi studi ha generalmente teso a 'smontare' i dati assunti come verità assolute, tendendo a bilanciare i successi di una parte a scapito di un'altra. Per esempio, secondo le sue ricerche, non due o tre, ma fino a una quarantina di aerei israeliani, ai tempi del Kippur, sono stati in realtà abbattuti dai MiG arabi, cosa che non ribalta ma certo sminuisce il rateo di 100:1 dichiarato ufficialmente (e che, in effetti, ha poche ragioni di esistere visto che nel '56 gli arabi, pur se molto meno preparati, vennero sconfitti 7:1 e nel '67, per quanto sorpresi al suolo, se la cavarono con un 5:1, mentre nel '73 erano giunti al massimo della 'forma' tecnica e tattica). Anche per questo, le sue indagini, assolutamente indifferenti a concetti ideologici (tanto che è finito per essere un 'filo-arabo' dal punto di vista di molti detrattori filo-americani e israeliani), hanno subito molte critiche e altrettanto scetticismo.
 
Ora, le conclusi di Cooper possono e forse devono sorprendere, in particolare quelle sulla I Guerra del Golfo (che lui ricorda, giustamente, essere quella del 1980-88). Fino a letteralmente qualche anno fa, si riportava ancora l'elenco delle vittorie note dei Tomcat iraniani: circa 6-8. Alcune fonti sostenevano che esse erano dovute per lo più ai missili AIM-54, altre che questi vennero sabotati dopo la Rivoluzione. Joe Baugher si è azzardato a dire, nel suo sito, che le vittorie sarebbero oltre 30-40. Cooper, sopratuttosoprattutto nel primo lustro di questo decennio, a furia di ricercare, è arrivato a non meno di 140 vittorie registrate a favore dei Tomcat. I cui missili Phoenix non erano affatto 'sabotati'(uno dei pochissimi aerei disertori iraniani nel 1986 atterrò in Irak con un missile di questo tipo a bordo), ma anzi micidialmente funzionanti. Così, da una carriera grigia, illuminata da appena 5 vittorie con i colori americani, il Tomcat, sulla carta il più potente dei 'Teen-fighters', anche in pratica è risultato il migliore, superando le vittorie degli altri suoi caccia coevi, forse addirittura tutte le loro vittorie messe insieme (ovvero circa 90 per gli F-15, 60 per gli F-16, 2 per gli F-18). Questo era un fatto negato tenacemente negli anni '80 e ignorato nel decennio successivo. Persino i Tomcat americani delle portaerei operanti nel Golfo durante gli anni '80 erano armati, come del resto quelli vicino alla Libia, solo Sparrow e Sidewinder, nella convinzione che i 'boogies' iraniani non avessero di meglio, ma trovandosi inconsapevolmente in una posizione di grave svantaggio. In sostanza, la guerra è stata un successo finale, tutto sommato, irakeno; ma prima di diventare un carnaio in stile 'Carso', con i Bashji mandati a morire a migliaia contro gli oramai sempre più esperti irakeni, gli iraniani fermarono l'avanzata delle truppe corazzate nemiche in campo aperto e usarono largamente l'aviazione e le truppe corazzate per colpire duro. Tuttavia, di questa guerra non si è saputo quasi niente e solo con gli studi di Cooper molte cose sono state disvelate, cose che per come erano raccontate fin'allora non è che fossero poco credibili, ma persino illogiche (come il discorso sui Phoenix, ancora oggi in servizio).
 
Ora, lo scrivente non crede necessariamente nell'assoluta correttezza e verità esposta da Cooper e su molti aspetti è in realtà piuttosto in disaccordo. Ma non è a conoscenza di altri studi anche solo vagamente approfonditi quanto i suoi, né si può ignorare che Cooper, tramite il suo forum Acig, non ha esitato a rispondere e a controbattere a tutti coloro che abbiano messo in dubbio le sue affermazioni, esponendo in genere fatti e dati concreti prima di tirare le sue conclusioni. La sua idea è che attorno alla guerra in questione, sia esistita una coerente 'congiura del silenzio'. Mentre gli USA erano impegnati a magnificare le doti del loro F-14 (in realtà non più in vendita) con 'Top Gun' (film di propaganda che attirò moltissimi nuovi aspiranti piloti nella Marina), erano tutt'altro che fieri di come nella realtà, i loro possenti caccia fossero in mano agli iraniani e facessero per l'appunto quanto e più (i lanci a lungo raggio dei missili) di quello pilotato da T.Cruise/Maverick. Francesi e Sovietici non erano parimenti troppo contenti di far sapere dei danni che ne subivano da tale azione i loro aerei (nel caso dei secondi, talvolta anche i loro piloti). L'USAF a sua volta non era interessata a far sapere le capacità dell'aviazione iraniana, visto che si sarebbero inevitabilmente un po' messi in ombra gli F-15 e 16, già 'star' della guerra del 1982. Il tutto fu quietamente lasciato nel silenzio, pur accadendo in un punto focale del mondo come il Golfo Persico, tra due potenze petrolifere.
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Quanto agli Iraniani, la loro forza militare era fortemente sminuita ma ancora di notevole livello. Nonostante che la metà dell'arsenale iraniano fosse inutilizzabile a causa della Rivoluzione e delle sue conseguenze (con il blocco delle forniture americane e l'esecuzione di molti ufficiali troppo 'filo-occidentali' e visti quindi come traditori leali al vecchio regime). Molti erano gli ufficiali rimasti al comando giovani e relativamente inesperti. Né l'Iran aveva molte esperienze belliche prima del 1979, a parte la partecipazione alla repressione della guerriglia in Oman e gli scontri contro i Kurdi e gli Irakeni alla frontiera. Tra i giovani c'era persino un tale Shamkhani, di appena 24 anni, con il grado di tenente della riserva, che si ritrovò comandante della Regione militare del Khuzistan nel '79 e lo rimase fino al 1982. In seguito diverrò comandante delle forze terrestri, ammiraglio della marina nel dopoguerra e ministro della Difesa nel 1997-2005.
 
Quanto alle unità sul campo, c'erano 3 divisioni e due brigate corazzate più 4 divisioni e 2 brigate meccanizzate, rinforzate da 5 brigate d'artiglieria e 2 di unità speciali e aviotrasportate. Nonostante l'Irak avesse più esperienza bellica di quanta non ne avessero gli Iraniani (sebbene non propriamente brillante), queste unità erano decisamente più potenti di quelle irakene. Il loro campione sul campo di battaglia era il Chieftain (o Shir, Leone). Questo mostro corazzato aveva una corazza convenzionale in acciaio molto pesante (anche se gli Israeliani non lo vollero perché nemmeno la sua robusta struttura poteva garantire la resistenza alle cariche HEAT); ma sopratuttosoprattutto era armato del potente cannone rigato L11 da 120 mm, capace di sparare granate APDS, HESH e WP. Sebbene le munizioni da 120 perforanti decalibrate di prima generazione non fossero migliori di quelle da 105 di seconda (l'M111 israeliana, all'epoca all'inizio della sua carriera), si trattava di un'arma poderosa e precisa, micidiale anche con le granate HESH, pur mancando delle HEAT. Il tutto era asservito ad una sofisticata direzione del tiro. Infatti, fu solo nel '71 che l'Iran ordinò lo Chieftain e così, fin da subito, ebbe l'Mk 3/3(P) e poi l'Mk 5/5(P). Il primo introduceva, assieme alla mitragliatrice di puntamento da 12,7 mm, un telemetro laser. Infatti lo Chieftain non ha mai avuto un telemetro, così come non ce l'hanno mai avuto i carri britannici di alcun tipo. Presto infatti passarono alla mitragliatrice calibro 0.50 pollici, perché con questa si calcolava, in maniera speditiva, la distanza semplicemente sparando raffiche di 3 colpi sul bersaglio, aggiustando il puntamento e osservando quando su questo i proiettili incendiari arrivavano. Era possibile simulare le traiettorie dei proiettili del cannone fino a 1.830 m, ma ovviamente si tratta di un sistema macchinoso, per quanto capace di assicurare persino il 90% delle probabilità di colpi a segno, anche meglio di un telemetro ottico dell'epoca. C'erano 300 colpi a bordo, sufficienti per 100 tentativi (alle grandi distanze: fino al migliaio di metri bastava il reticolo stadimetrico). Siccome il cannone superava ampiamente la gittata dell'arma coassiale, all'inizio degli anni '70 comparve un telemetro laser Barr&Stroud LF-2 con portata di 10 km. Dall'Mk 5 si è passati ad un sistema computerizzato IFCS che permette il calcolo automatico dell'alzo della canna a seconda del tipo di munizione, del movimento relativo del mezzo e della distanza. In tutto il Chieftain porta 64 colpi da 120 mm, più dei colpi da 105 mm dei carri più piccoli e lo stesso numero di quelli del Centurion Mk 13 con cannone L7 da 105; e sopratuttosoprattutto, il 60% più dei carri armati con il 115, 120 o 125 mm. Le ottiche quindi non hanno pesato sulla forma della torretta anteriore, che è potuta diventare, senza telemetri ottici, molto inclinata e quindi difficile da penetrare a parità di spessori. Il capocarro ha un sistema di osservazione con episcopi, faro IR, visore notturno opzionale, mitragliatrice telecomandabile da dentro il mezzo; il servente ha un sistema di puntamento, in verità non eccezionale, costituito da un periscopio diurno da 1 o 8x, e notturno da 3x. Le munizioni sono a cariche separate, contenute in appositi contenitori antincendio (per le cariche di lancio). L'unico problema è la mobilità, con un motore scarsamente affidabile (lo stesso diesel boxer degli autobus di Londra) che ha una scarsa potenza per le 54 tonnellate del mezzo (56 nel Mk 5). In ogni caso si trattava del carro più potente della NATO fino all'arrivo del Leopard 2 e superiore anche ai T-62, se non ai T-72. Lo Shah non poteva non ordinarlo, data la sua smania di dominio, e nel '71 ne richiese 705, consegnati prima allo standard Mk 3 e poi al livello di Mk 5 (con l'IFCS) fino al 1978. Nel '71 il Kuwait ordinò 150 Mk 5/5K, e quindi si può dire che quell'anno fu l'ultimo anno d'oro per l'industria britannica del settore. Agli Iraniani il Chieftain così com'era, però, non piacque del tutto e così vollero anche un veicolo dalla meccanica migliorata, più facile da guidare e con migliori sospensioni, nonché con maggiore corazza inferiore contro le mine. L'FV (Fighting Veichle) 4030/1 venne consegnato in altri 187 esemplari, che si aggiungevano agli altri mezzi e a alcuni veicoli speciali come recupero e gittaponte adatti alla mole di un mezzo difficile da trattare dato il suo peso.
 
Detto questo, si volle anche un terzo passo avanti, dopo l'Mk 3, 5 e 5 'migliorato' ecco lo SHIR-1, che finalmente otteneva un potente motore che non era più boxer ma turbodiesel. Era la stessa evoluzione avvenuta in URSS, che dal boxer del T-64 passò al turbodiesel del T-72. Ma nel caso dei mezzi britannici c'era la necessità di una maggiore potenza, e così si raggiunsero i 1.200 hp di potenza rispetto ai 650-720 (previsti 750) dello Chieftain, che era il peggior carro quanto rapporto potenza-peso della sua epoca con meno di 13 hp per tonnellata (sebbene in buona compagnia con i coetanei M60 e T-62 appena migliori, per non dire del Merkava successivo di diversi anni). In prospettiva c'era l'avvento dello SHIR-2 che introduceva una 'pelle' diversa, in materiali compositi-stratificati (del tipo Chobbam). Dei primi vennero ordinati 125 esemplari (FV 4030/2), il che fa capire che il mezzo fosse considerato solo come 'interinale'; dei secondi, invece, vennero richiesti 1.225 esemplari (designati FV 4030/3). Non è chiaro se i primi vennero prodotti e consegnati, probabilmente no visto che il totale dei Chieftain iraniani in genere è indicato in 900 circa. Però i Giordani ne ordinarono ben 278 (forse comprendenti anche quelli prodotti per l'Iran). I secondi, invece, furono anche più importanti, in quanto non vennero mai prodotti nella forma originale ma nel erivato FV 4030/4, ovvero il Challenger. Così gli Irakeni si sarebbero davvero trovati, nel '91, a combattere contro questo carro pensato per gli Iraniani, ma in servizio nel British Army. In ogni caso, se si considera che i Chieftain ebbero 40 Mk 1, 532 Mk 2 e circa 400 Mk 3 e 5 nel British Army, gli Iraniani erano in grado di eguagliarli numericamente e superarli qualitativamente.
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*51° Stormo con due squadroni di F-5 in formazione
 
12a TBF, Masjed Soleyman, senza reparti propri di volo ma con funzioni sopratuttosoprattutto di supporto logistico e dell'aviazione dell'Esercito.
 
 
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Insomma, c'era stata l'intenzione di dare il meglio del meglio alle F.A. iraniane, senonché lo Shah dimenticò di 'comprendere' maggiormente il fronte interno del malcontento, di un Paese enorme che non era molto propenso alla modernizzazione occidentalizzata e allo stesso tempo, all'autocrazia di Palavhi. Che quando se ne andò, già gravemente malato, pilotando lui stesso il Boeing che portava alcune delle ricchezze di famiglia (altri aerei seguiranno), lasciava dietro di sé una nazione confusa e incerta sul futuro, al di là dell'esultanza per la cacciata del tiranno. Ci avrebbe poi pensato il clero, l'unica organizzazione non repressa e annichilita dal regime e dalla sua polizia segreta (la Savak), a prendere il controllo della situazione.
 
L'equipaggiamento militare lasciato dietro, però, era di importanza fondamentale per continuare a difendersi. Perché oramai l'Iran sapeva che, smesse le sue ambizioni di egemonia (cresciute all'ombra e con la 'spiegazione ufficiale' della minaccia sovietica ai confini), avrebbe dovuto piuttosto pensare in termini difensivi rispetto ai piani americani per rovesciare il suo regime, cosa vista come particolarmente oltraggiosa da Washington, che gli aveva fornito il meglio della sua tecnologia bellica. Tuttavia, gli scontri alla frontiera erano stati voluti sopratuttosoprattutto se non esclusivamente dalla volontà iraniana che tendeva a destabilizzare il vicino e più debole (con un terzo della popolazione e della superficie) irakeno, la cui maggior parte del popolo era altamente sensibile ai richiami dei leader sciiti d'oltreconfine.
 
Le armi degli iraniani erano di natura molteplice. I soldati avevano equipaggiamenti occidentali. Anche se spesso si collega l'Iran ad armi e sistemi russi, in realtà il fucile d'ordinanza dell'esercito era il G3 tedesco, così come la mitragliatrice era la ben nota MG3, insomma si trattava dello stesso equipaggiamento delle F.A. della Germania Ovest. Presto sarebbero tuttavia comparsi grandi quantitativi anche di Kalashnikov, mentre non è chiaro se gli RPG fossero già presenti prima della Rivoluzione (sicuramente lo saranno dopo, al pari dei missili Sagger/Raad). Lo Shah era interessato anche alle armi orientali e quando all'Ovest non trovava di meglio, le comprava. Tra queste, almeno un centinaio di ZSU-23-4 Shilka e parecchi lanciarazzi BM-21 facevano compagnia a missili HAWK, cannoni Oerlikon e semoventi M107, 109 e 110.
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===L'inizio===
L'attacco principale scattò il 22 settembre con la fase di maggior sforzo durò sopratuttosoprattutto fino al 30 settembre 1980. Le direttive erano l'occupazione del Khuzestan al Sud, mentre a Nord e al centro si sarebbero usate forze meno mobili ma pur sempre utili per fermare gran parte dello schieramento nemico impedendogli di concentrarsi solo sulle punte avanzate dell'azione irakena. Si sperava erroneamente che gli Iraniani si sarebbero mossi contro il loro regime, in particolare al Sud, dove c'erano molti arabi; un'adeguata cooperazione tra aviazione ed Esercito; di evitare i combattimenti nelle zone urbane; di concludere in poco tempo. In Khuzestan gli Iraniani erano deboli, con la 92a divisione corazzata che era la principale unità e nondimeno, incompleta per circa la metà dei suoi organici, dovendo difendere circa 400 km di confine, e appena rinforzato dalla 37a brigata carri e unità minori; per il resto c'erano un battaglione di marine nella base di Khorramshahr. Questa città era vicino al confine e presidiata dal 151° btg da fortezza con 1.300 uomini pesantemente armati con missili TOW e Dragon, e persino 80 carri Sherman e M-24 in bunker protettivi (2 per struttura). Altri rinforzi giunsero in tempo entro l'inizio della guerra, il pomeriggio del 22 settembre. Alle 14 gli Irakeni attaccarono numerose basi, sulla scorta delle azioni israeliane del '67 e anche delle esperienze indiane del '71: persino a Teheran, oltre 500 km dal confine, si videro le sagome dei MiG-23BN e dei Tu-22; per il resto vennero colpiti 6 aeroporti, due centri radar e altri obiettivi importanti, ma senza causare danni definitivi.
 
Un esempio di come i 'Flogger' fossero aerei ben diversi in termini di autonomia dai precedenti MiG venne dimostrato in quest'occasione<ref>Vedi Tom Cooper, ''Early Flogger in action'', articolo del sito ACIG</ref>. I MiG-23BN dovevano andare all'attacco di Teheran, colpendo l'aeroporto della città. Si pensò di attaccare con due terzetti di aerei, ma poi, per qualche ragione, ne decollò solo uno. Aiutati dalle informazioni passate dagli americani sulla posizione dei radar iraniani, gli incursori arrivarono fino sulla capitale senza essere avvistati. Non si pensi che sia stata una cosa facile: dal confine irakeno alla capitale dell'immenso Stato confinante (oltre un milione di km2) vi sono non meno di 520 km. Per giunta, a questo bisogna aggiungere il percorso fatto dentro il proprio spazio aereo, presumibilmente tutto a bassa quota (forse i MiG decollarono distanti non più di 50-100 km dal confine). Tutto questo va raddoppiato perché poi i caccia dovevano anche tornare indietro. Infine, la missione sarebbe stata senza scorta di sorta, e questo comportava un volo presumibilmente tutto a bassa quota, con un consumo ben maggiore che ad alta quota. Tutto questo senza poter rifornirsi in volo, e mantenendo un'opportuna riserva di carburante (a bassa quota, a pieno AB, l'autonomia si riduce ad una manciata di minuti), presumibilmente di un buon 10%. I MiG-23 arrivarono davvero fin sulla capitale, attaccando l'aeroporto. Il carico di bordo era leggero, qualche aereo aveva bombe, altri razzi. Centrarono e distrussero una media di un apparecchio l'uno: un Phantom, gravemente danneggiato al muso; un C-130, distrutto, così come un B707 civile. Poi vennero inseguiti da un paio di Phantom e uno, o forse due vennero abbattuti, e solo il capoformazione ritornò alla base di partenza. In tutto, una missione irrilevante, ma non si poteva certo pretendere che tre apparecchi riuscissero a fare di più, oltretutto operando al limite del loro raggio d'azione. In ogni caso fu un evento tecnicamente notevole, perché 520 km di raggio significano almeno 1.040 di volo, presumibilmente tutto a bassa quota, la prima parte con carico bellico, la seconda senza, ma con i Phantom alle calcagna almeno per un certo tratto (caccia che, operando sul proprio territorio, non dovevano preoccuparsi troppo della scarsità di carburante). Non c'erano AAM o pod ECM per la propria difesa, eventualmente delegata al cannone da 23 mm, ma sopratuttosoprattutto alla fuga filando via a bassa quota. Se si considerano anche i km volati entro il territorio nazionale, si arriva ad una missione volata interamente a bassa quota con un percorso minimo di 1.040 km, aumentabile ancora dalla riserva necessaria per affrontare il combattimento (almeno del 10%), dalle rotte tenute per evitare i siti radar e dal fatto che, con lo stesso carico bellico, ad alta quota avrebbero potuto fare anche meglio di così, basti pensare che il raggio calcolato per il Su-22 dei primi modelli, con 2 t di carico, è di 360 km a bassa quota e 630 ad alta<ref>Armi da guerra n.30</ref>. Il tutto darebbe circa 700 km di raggio d'azione (520+50+50+50), e circa un migliaio ad alta quota. Il che è un risultato di notevole importanza per un caccia tattico sovietico, notare bene che i Su-20/22 non attaccarono mai Teheran, ma solo i MiG-23BN, i MiG-25RB e i Tu-22. Nel frattempo in URSS si era deciso di passare al MiG-27, che era maggiormente specializzato nel volo a bassa quota grazie al motore R-29 adattato, e alle prese d'aria fisse e alleggerite. Ci si può solo chiedere di quanto quest'aereo avesse ulteriormente migliorato il raggio d'azione rispetto al MiG-23BN, forse fino a sfiorare il livello strategico dei vari Su-24 o Tornado. Questi ultimi, per esempio, dovevano rifornirsi tre volte per operare tra gli Emirati e il Kuwait (erano gli aerei dell'AM), nonostante che questo corrispondesse ad un raggio di circa 1.000 km. Non solo, ma in genere i dati dichiarati dalle ditte produttrici sono ottimistici, specie nel raggio d'azione (i Tornado italiani avrebbero dovuto essere pienamente in grado di arrivare sugli obiettivi senza alcun rifornimento, dato che teoricamente potevano contare su 1.250-1.390 km di raggio con 4 t, mentre qui ne portavano solo 2,3 più AAM e ECM), che è facile da ridurre per gli aerei dotati di postbruciatore (il Viggen, per esempio, è noto per consumare il suo combustibile in appena 7 minuti a piena potenza, ovvero circa 20 volte più velocemente che in crociera). Quindi eseguire una tale missione in profondità, fino al cuore della Repubblica iraniana, nonostante i siti HAWK e le basi dei Phantom e Tomcat, era un qualcosa che in pratica sarebbe stato tutt'altro che facile. Il ritorno di almeno uno dei MiG impiegati in azione dimostra che i Flogger potevano riuscire nell'impresa, sia pure con risultati tutt'altro che risolutivi data l'insufficienza della formazione d'attacco, che contro gli aeroporti maggiori dovrebbe comprendere decine di aerei, oppure velivoli con armi nucleari.
 
La sfida era stata dunque lanciata. Ma già poche ore dopo i Phantom cominciarono a rispondere a queste azioni e colpirono duro. Nel frattempo vennero colpiti anche aerei irakeni in aria, con 5 Su-20 e 22 e due MiG-23 che si aggiunsero alle 11 vittorie del periodo 7-22 settembre, quando 'ufficialmente' non si era già in guerra. Da parte irakena vi furono un paio di vittorie il 23 settembre da parte di un MiG-21 ma la contraerea abbatté per errore uno Il-76 (il primo di circa 15 casi del genere, non è chiaro se con o senza gli analoghi casi iraniani, che verterono anche il alcuni F-14 colpiti per errore). In tutto, nelle prime settimane un gran numero di aerei irakeni vennero abbattuti con quasi un centinaio di vittorie entro l'anno dalla sola IRIAF, per non dire di quelli ottenuti dalla contraerea e ai velivoli colpiti al suolo. Il 'top gun' della IRIAF sarebbe stato tale Zandi, dell'82° Sqn, con 9 vittorie e 3 probabili dichiarate. In tutto le vittorie aeree rivendicate dall'IRIAF sono 231 più 28 elicotteri e altri 6 velivoli e una quarantina di vittorie probabili; gli Irakeni dichiararono 58 vittorie su aerei e 8 su elicotteri più 3 aerei da trasporto; più il Gulfstream con il ministro degli esteri Algerino, 3 MiG-21 siriani e un F-100 Super Sabre turco (nel 1983).
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Il III Corpo ebbe meno difficoltà del disastro del IV Corpo, attaccando nella zona dello Shatt-el Arab (il cui trattato era stato denunciato da Hussein), penetrando con la sua 1a divisione meccanizzata fino ad isolare Ahwaz con la 1a D.M., avanzando alla fine di circa 75 km dentro i confini iraniani, ma la decimazione della 10a corazzata non consentì di chiudere bene la trappola. La 6a divisione corazzata ebbe un successo simile verso il passo di Susangerd e poi ad Ahwaz, ma lungo un percorso più a sud fino a minacciare Ahwaz dopo quella stessa settimana di guerra.
 
Anche la 3a Divisione corazzata avanzò in territorio nemico di circa 40 km e poi isolò, virando verso sud, la città di Khoramshahr; tuttavia, questa fu la terza divisione corazzata praticamente distrutta dagli attacchi aerei iraniani. La città fu quasi totalmente distrutta nei combattimenti tra ottobre e novembre, diventando nota come la Stalingrado Iraniana, dato che era anche attaccata dalla 5a divisione meccanizzata. Era l'11 ottobre quando la 5a e la 6a divisione passarono il fiume Karoun, costringendo gli iraniani a ritirarsi a Khorramshahr e Dezful. Poi passarono all'attacco con la 1a DM contro la 2a brigata corazzata e un gruppo della 37a Brigata corazzata iraniane e altre unità minori. Ma entro la giornata erano riusciti ad avanzare verso Shoush. Gli Iraniani passarono al contrattacco con unità della 77a e 21a divisione il 15 ottobre. Ma si scontrarono con i vecchi Hunter usati in prima linea dai migliori istrutturi degli irakeni, che colpirono massicciamente i reparti corazzati, specie il 291o battaglione e le sue linee logistiche, mentre gli iraniani erano per una volta una carenza delle azioni aeree iraniane, sopratuttosoprattutto per le difese contraeree irakene molto più consistenti e ben piazzate di prima. Gli Irakeni ritornarono all'attacco il 3 novembre contro Abadan, la cui guarnigione, fatta per lo più da milizie, combatté valorosamente e tenne lontani gli Irakeni dalla vittoria finale, mentre mezzi da sbarco e hovercraft iraniani rifornivano di notte la città passando per il fiume durante la notte. Nel frattempo, Khorramhshar venne conquistata il 10 novembre dopo una battaglia violentissima che causò la perdita di circa 6.000 soldati irakeni, frustrando l'offensiva data la perdita di tanti dei migliori soldati irakeni. Gli Iraniani attaccarono anche le retrovie durante il giorno 7, con gli hovercraft, i terminali petroliferi di Al Faw e Mina al Bakr causandogli gravi danni, oltre a varie altre azioni nelle retrovie.
 
Assieme agli attacchi aerei, i mezzi di terra furono non meno importanti nella difesa, cominciando dai carri Chieftain, che tuttavia nel 1980 equipaggiavan solo una divisione, ma combatterono duramente nonostante i problemi causati ad armi e persone dall'anno e mezzo della rivoluzione. In effetti, nonostante molti problemi di orientamento oltreconfine, l'Esercito irakeno avanzò piuttosto celermente. Ma la mancanza di un adeguato supporto aereo e l'offensiva aerea iraniana vanificarono le sue avanzate. L'IrAF ottenne sopratuttosoprattutto il successo di danneggiare il sistema di rifornimento del carburante, con qualche danno anche alla logistica dell'IRIAF; ma questo causò come ritorsione attacchi aerei agli impianti di estrazione irakeni, tanto pesanti che costrinsero a bloccare le esportazioni di petrolio con effetti che perdurarono per anni, e con carenze di rifornimento ai mezzi militari irakeni. Vennero colpiti i porti di al-Faw e Basrah, i terminali di al-Faw e le stazioni di pompaggio, colpendo così anche gli oleodotti che andavano verso Turchia, Siria e Giordania.
 
Quanto ai SA.342 Gazelle, presto avrebbero raggiunto il totale di 40 esemplari ed operavano in maniera micidiale in associazione con i Mi-24: i primi tiravano missili HOT, magari contro le postazioni contraerei e i secondi attaccavano con i razzi e cannoni a distanza ravvicinata corazzati e bersagli vari, con effetti micidiali. Non mancarono i combattimenti aerei con altri mezzi, come gli AH-1 Cobra che avrebbero già distrutto entro il 1980 un paio di Hind sui 4 persi in tutto, ma che in generale furono i primi scontri tra elicotteri cannoniera, con perdite da entrambe le parti.
 
Come spesso accade in questi casi, l'offensiva esterna non demolì, ma compattò il sostegno al regime, persino i curdi iraniani presero parte alla difesa del Paese sotto attacco. Di fatto, salvò da una decadenza probabile e rapida il regime di Teheran. Il patriotismo iraniano aiutò molto a difendere le città, ma le divisioni irakene vennero fermate sopratuttosoprattutto in campo aperto grazie all'aviazione iraniana, che devastò assieme alle unità dell'esercito (specie con i missili TOW e i carri Chieftain), ben 3 divisioni corazzate. Un singolo squadrone di F-14 permise di stabilire una superiorità aerea tale da consentire poi ai cacciabombardieri di distruggere le batterie antiaeree (come gli SA-6) e poi colpire le truppe e le linee di comunicazione. Alla fine gli irakeni non distrussero il regime guidando l'attacco dentro una nazione immensa e difficile da controllare. Alla fine di un'offensiva diretta fino al crollo di Teheran, venne catturata solo la città confinaria di Khoramshahr, catturata dopo una battaglia estremamente violenta nelle sue strade. Ma anche qui le perdite erano state elevate e così non ci fu modo di replicare tale successo. Alla fine arrivarono le piogge di novembre che contribuirono a spegnere definitivamente lo slancio l'avanzata irakena.
 
===Continuazione===
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Se l'IIAF era un'aquila, l'IrAF al confronto era giusto un falco. Pur essendo la più anziana tra le forze arabe (dal 1924), non era altrettanto efficiente, sopratuttosoprattutto per via delle scelte politiche dei vari governanti. Prima organizzata sul modello britanncio, poi sempre di più, dopo il 1958, da parte sovietica, ma senza mai abbandonare del tutto la loro tradizione. Gli Irakeni in effetti volevano forniture di Jaguar, Mirage e Hawk, ma solo nel '77 ordinarono i loro primi caccia europei moderni, e anche gli unici, i Mirage F.1.
 
In effetti l'isolamento dell'aviazione irakena non le aveva giovato, dati i problemi politici che aveva all'interno e all'esterno, con l'unica vera eccezione della IAF indiana con cui si ebbero molti rapporti di collaborazione negli anni '70-80. Solo nel '79, quando vennero ordinati un gran numero di aerei relativamente moderni i Sovietici si curarono maggiormente delle esigenze irakene di disporre di uno strumento più efficiente, ma a patto di entrare massicciamente nella regione come 'consiglieri' militari. I primi Mirage nel frattempo vennero collaudati a far tempo dal 1980, finendo poi per equipaggiare 6 squadroni. Alla fine del conflitto, nel 1988, di questi nessuno avrebbe avuto ancora più di 8 caccia efficienti, dato il logorio della lunga guerra. Le poche esperienze belliche della IRaF erano di poco valore, e non molto venne imparato dalle battaglie del 1967, più da quelle del '73. Fu qui che in effetti arrivarono alla conclusione, con i materiali che avevano, che non potevano fare molto di più che una difesa aerea integrata tra sistemi di terra e intercettori, sullo stile sovietico. Del resto la superficie dell'Irak era grande e difficile da difendere se non per quel 10% circa di obiettivi importanti, tra città e basi, dove si concentravano le difese aeree. Così erano arrivati ad avere circa 100 MiG-21, 200 SA-2, 3 e 6, pochi MiG-23, i Su-7, 20 e 22, nonché una squadriglia con gli Il-28 e Tu-16 e 22. Questi ultimi, con le loro prestazioni elevate, ma anche costi di gestione rilevanti, erano spesso usati per gli attacchi in profondità in territorio nemico, come quello del 18 marzo 1988 contro le petroliere iraniane del terminale petrolifero di Khark, che furono colpite pesantemente ma con la perdita di almeno un Tu-22.
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===Praying Mantis<ref>Jannetti, Fabrizio: ''Una risposta misurata'', A&D giu 1988</ref><ref>Fassari, Giuseppe: ''Operazione Prying Mantis'', Aerei lu-ago 2004</ref>===
 
Tra le tante cose che ebbero luogo durante la lunga guerra tra Irak e Iran, l'aspetto navale, per quanto militarmente secondario, è stato invece di grande importanza in termini di politica ed economia. Gli irakeni e gli iraniani diedero origine, per la prima e unica volta nella storia, a quella che potrebbe essere definita 'Tanker war', la guerra delle petroliere. La singolarità di avere due nazioni entrambi forti produttrici di petrolio era in effetti tale, che per indebolirsi reciprocamente cercavano di colpire a vicende le proprie installazioni, a maggior ragione se si considera che esse erano entrambe collegate al resto del mondo sopratuttosoprattutto passando per il Golfo Persico. Ma mentre l'Iran era dominante lungo tutto il golfo, anche oltre lo stretto di Hormuz, l'Irak era limitato all'angolino superiore, in alto, un punto ben poco importante strategicamente e che era lontano dalle principali installazioni petrolifere iraniane, come quelle della penisola di Kharg, pesantemente difesa. Senza nemmeno una flotta degna di questo nome, l'Irak era effettivamente in grossi guai rispetto agli attacchi che l'Iran poteva portare alle navi cariche del suo prezioso petrolio.
[[File:Ffg58minedamage2.jpg|320px|left|thumb|I danni della FFG-58 S.Roberts]]
Buon per gli Irakeni che Teheran non avesse molti mezzi per attuare la possibilità, invero molto concreta, di chiudere lo stretto di Hormuz e rendere impossibile all'Irak l'impiego di navi petroliere, costringendolo ad esportare petrolio solo tramite la Giordania. In ogni caso, l'attività degli iraniani, pure dotati di una marina di tutto rispetto e di una potente aviazione, era spesso collegata piuttosto alle basi dei pasdaran, spesso basati con i loro barchini veloci in piattaforme petrolifere al largo. Per reagire a questa situazione, che tra l'altro aveva fatto impennare i premi assicurativi per le navi coinvolte nel traffico, vennero mobilitate molte marine occidentali, tra cui quella italiana, onde proteggere i mercantili. A maggior ragione quando si cominciò a trovare le mine navali.