Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Iraq-Iran: differenze tra le versioni
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Autore di numerosi articoli e libri, nonché detentore del sito ACIG, ben noto a molti appassionati del settore e che si occupa di guerre dopo il 1945, dove sono anche gli articoli originali in lingua inglese da cui queste informazioni sono tratte (nel settore 'Medio Oriente'). È necessario parlare di questo, perché non c'è dubbio che chi si occupi di aviazione militare, ma non sappia delle ricerche di questo giornalista freelance di Vienna, non potrà non essere sorpreso dai molti dettagli -alle volte fondamentali- che vengono fuori dai suoi scritti. Lui stesso è una figura atipica, essendo il suo Paese, dopo il 1918, rimasto praticamente senza un'aviazione (Tom Cooper è il suo nome 'inglesizzato'). Nondimeno, spinto dall'interesse per i possenti Phantom iraniani (che vide per la prima volta in una cartolina riportatagli da suo nonno, in ciò accomunato allo scrivente, che invece se ne comprò un modellino in scala 1:48, dipingendolo poi a strisce rosse e nere perché non avendo altri colori disponibili), da oltre 15 anni svolge ricerche che l'hanno portato a viaggiare in Medio Oriente, dove ha trovato molti protagonisti della guerra del 1980-88. Con Farzad Bishop e altri iraniani ha anche scritto libri sui Tomcat e Phantom, nonché sulla guerra aerea tout-court. In seguito ha allargato la sua indagine anche all'Africa, altra terra ben poco documentata nei suoi pur non trascurabili conflitti (solo tenendo conto quelli 'convenzionali' e non i massacri intertecnici). Tra l'altro, nei suoi studi ha generalmente teso a 'smontare' i dati assunti come verità assolute, tendendo a bilanciare i successi di una parte a scapito di un'altra. Per esempio, secondo le sue ricerche, non due o tre, ma fino a una quarantina di aerei israeliani, ai tempi del Kippur, sono stati in realtà abbattuti dai MiG arabi, cosa che non ribalta ma certo sminuisce il rateo di 100:1 dichiarato ufficialmente (e che, in effetti, ha poche ragioni di esistere visto che nel '56 gli arabi, pur se molto meno preparati, vennero sconfitti 7:1 e nel '67, per quanto sorpresi al suolo, se la cavarono con un 5:1, mentre nel '73 erano giunti al massimo della 'forma' tecnica e tattica). Anche per questo, le sue indagini, assolutamente indifferenti a concetti ideologici (tanto che è finito per essere un 'filo-arabo' dal punto di vista di molti detrattori filo-americani e israeliani), hanno subito molte critiche e altrettanto scetticismo.
Ora, le conclusi di Cooper possono e forse devono sorprendere, in particolare quelle sulla I Guerra del Golfo (che lui ricorda, giustamente, essere quella del 1980-88). Fino a letteralmente qualche anno fa, si riportava ancora l'elenco delle vittorie note dei Tomcat iraniani: circa 6-8. Alcune fonti sostenevano che esse erano dovute per lo più ai missili AIM-54, altre che questi vennero sabotati dopo la Rivoluzione. Joe Baugher si è azzardato a dire, nel suo sito, che le vittorie sarebbero oltre 30-40. Cooper,
Ora, lo scrivente non crede necessariamente nell'assoluta correttezza e verità esposta da Cooper e su molti aspetti è in realtà piuttosto in disaccordo. Ma non è a conoscenza di altri studi anche solo vagamente approfonditi quanto i suoi, né si può ignorare che Cooper, tramite il suo forum Acig, non ha esitato a rispondere e a controbattere a tutti coloro che abbiano messo in dubbio le sue affermazioni, esponendo in genere fatti e dati concreti prima di tirare le sue conclusioni. La sua idea è che attorno alla guerra in questione, sia esistita una coerente 'congiura del silenzio'. Mentre gli USA erano impegnati a magnificare le doti del loro F-14 (in realtà non più in vendita) con 'Top Gun' (film di propaganda che attirò moltissimi nuovi aspiranti piloti nella Marina), erano tutt'altro che fieri di come nella realtà, i loro possenti caccia fossero in mano agli iraniani e facessero per l'appunto quanto e più (i lanci a lungo raggio dei missili) di quello pilotato da T.Cruise/Maverick. Francesi e Sovietici non erano parimenti troppo contenti di far sapere dei danni che ne subivano da tale azione i loro aerei (nel caso dei secondi, talvolta anche i loro piloti). L'USAF a sua volta non era interessata a far sapere le capacità dell'aviazione iraniana, visto che si sarebbero inevitabilmente un po' messi in ombra gli F-15 e 16, già 'star' della guerra del 1982. Il tutto fu quietamente lasciato nel silenzio, pur accadendo in un punto focale del mondo come il Golfo Persico, tra due potenze petrolifere.
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Quanto agli Iraniani, la loro forza militare era fortemente sminuita ma ancora di notevole livello. Nonostante che la metà dell'arsenale iraniano fosse inutilizzabile a causa della Rivoluzione e delle sue conseguenze (con il blocco delle forniture americane e l'esecuzione di molti ufficiali troppo 'filo-occidentali' e visti quindi come traditori leali al vecchio regime). Molti erano gli ufficiali rimasti al comando giovani e relativamente inesperti. Né l'Iran aveva molte esperienze belliche prima del 1979, a parte la partecipazione alla repressione della guerriglia in Oman e gli scontri contro i Kurdi e gli Irakeni alla frontiera. Tra i giovani c'era persino un tale Shamkhani, di appena 24 anni, con il grado di tenente della riserva, che si ritrovò comandante della Regione militare del Khuzistan nel '79 e lo rimase fino al 1982. In seguito diverrò comandante delle forze terrestri, ammiraglio della marina nel dopoguerra e ministro della Difesa nel 1997-2005.
Quanto alle unità sul campo, c'erano 3 divisioni e due brigate corazzate più 4 divisioni e 2 brigate meccanizzate, rinforzate da 5 brigate d'artiglieria e 2 di unità speciali e aviotrasportate. Nonostante l'Irak avesse più esperienza bellica di quanta non ne avessero gli Iraniani (sebbene non propriamente brillante), queste unità erano decisamente più potenti di quelle irakene. Il loro campione sul campo di battaglia era il Chieftain (o Shir, Leone). Questo mostro corazzato aveva una corazza convenzionale in acciaio molto pesante (anche se gli Israeliani non lo vollero perché nemmeno la sua robusta struttura poteva garantire la resistenza alle cariche HEAT); ma
Detto questo, si volle anche un terzo passo avanti, dopo l'Mk 3, 5 e 5 'migliorato' ecco lo SHIR-1, che finalmente otteneva un potente motore che non era più boxer ma turbodiesel. Era la stessa evoluzione avvenuta in URSS, che dal boxer del T-64 passò al turbodiesel del T-72. Ma nel caso dei mezzi britannici c'era la necessità di una maggiore potenza, e così si raggiunsero i 1.200 hp di potenza rispetto ai 650-720 (previsti 750) dello Chieftain, che era il peggior carro quanto rapporto potenza-peso della sua epoca con meno di 13 hp per tonnellata (sebbene in buona compagnia con i coetanei M60 e T-62 appena migliori, per non dire del Merkava successivo di diversi anni). In prospettiva c'era l'avvento dello SHIR-2 che introduceva una 'pelle' diversa, in materiali compositi-stratificati (del tipo Chobbam). Dei primi vennero ordinati 125 esemplari (FV 4030/2), il che fa capire che il mezzo fosse considerato solo come 'interinale'; dei secondi, invece, vennero richiesti 1.225 esemplari (designati FV 4030/3). Non è chiaro se i primi vennero prodotti e consegnati, probabilmente no visto che il totale dei Chieftain iraniani in genere è indicato in 900 circa. Però i Giordani ne ordinarono ben 278 (forse comprendenti anche quelli prodotti per l'Iran). I secondi, invece, furono anche più importanti, in quanto non vennero mai prodotti nella forma originale ma nel erivato FV 4030/4, ovvero il Challenger. Così gli Irakeni si sarebbero davvero trovati, nel '91, a combattere contro questo carro pensato per gli Iraniani, ma in servizio nel British Army. In ogni caso, se si considera che i Chieftain ebbero 40 Mk 1, 532 Mk 2 e circa 400 Mk 3 e 5 nel British Army, gli Iraniani erano in grado di eguagliarli numericamente e superarli qualitativamente.
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*51° Stormo con due squadroni di F-5 in formazione
12a TBF, Masjed Soleyman, senza reparti propri di volo ma con funzioni
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Insomma, c'era stata l'intenzione di dare il meglio del meglio alle F.A. iraniane, senonché lo Shah dimenticò di 'comprendere' maggiormente il fronte interno del malcontento, di un Paese enorme che non era molto propenso alla modernizzazione occidentalizzata e allo stesso tempo, all'autocrazia di Palavhi. Che quando se ne andò, già gravemente malato, pilotando lui stesso il Boeing che portava alcune delle ricchezze di famiglia (altri aerei seguiranno), lasciava dietro di sé una nazione confusa e incerta sul futuro, al di là dell'esultanza per la cacciata del tiranno. Ci avrebbe poi pensato il clero, l'unica organizzazione non repressa e annichilita dal regime e dalla sua polizia segreta (la Savak), a prendere il controllo della situazione.
L'equipaggiamento militare lasciato dietro, però, era di importanza fondamentale per continuare a difendersi. Perché oramai l'Iran sapeva che, smesse le sue ambizioni di egemonia (cresciute all'ombra e con la 'spiegazione ufficiale' della minaccia sovietica ai confini), avrebbe dovuto piuttosto pensare in termini difensivi rispetto ai piani americani per rovesciare il suo regime, cosa vista come particolarmente oltraggiosa da Washington, che gli aveva fornito il meglio della sua tecnologia bellica. Tuttavia, gli scontri alla frontiera erano stati voluti
Le armi degli iraniani erano di natura molteplice. I soldati avevano equipaggiamenti occidentali. Anche se spesso si collega l'Iran ad armi e sistemi russi, in realtà il fucile d'ordinanza dell'esercito era il G3 tedesco, così come la mitragliatrice era la ben nota MG3, insomma si trattava dello stesso equipaggiamento delle F.A. della Germania Ovest. Presto sarebbero tuttavia comparsi grandi quantitativi anche di Kalashnikov, mentre non è chiaro se gli RPG fossero già presenti prima della Rivoluzione (sicuramente lo saranno dopo, al pari dei missili Sagger/Raad). Lo Shah era interessato anche alle armi orientali e quando all'Ovest non trovava di meglio, le comprava. Tra queste, almeno un centinaio di ZSU-23-4 Shilka e parecchi lanciarazzi BM-21 facevano compagnia a missili HAWK, cannoni Oerlikon e semoventi M107, 109 e 110.
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===L'inizio===
L'attacco principale scattò il 22 settembre con la fase di maggior sforzo durò
Un esempio di come i 'Flogger' fossero aerei ben diversi in termini di autonomia dai precedenti MiG venne dimostrato in quest'occasione<ref>Vedi Tom Cooper, ''Early Flogger in action'', articolo del sito ACIG</ref>. I MiG-23BN dovevano andare all'attacco di Teheran, colpendo l'aeroporto della città. Si pensò di attaccare con due terzetti di aerei, ma poi, per qualche ragione, ne decollò solo uno. Aiutati dalle informazioni passate dagli americani sulla posizione dei radar iraniani, gli incursori arrivarono fino sulla capitale senza essere avvistati. Non si pensi che sia stata una cosa facile: dal confine irakeno alla capitale dell'immenso Stato confinante (oltre un milione di km2) vi sono non meno di 520 km. Per giunta, a questo bisogna aggiungere il percorso fatto dentro il proprio spazio aereo, presumibilmente tutto a bassa quota (forse i MiG decollarono distanti non più di 50-100 km dal confine). Tutto questo va raddoppiato perché poi i caccia dovevano anche tornare indietro. Infine, la missione sarebbe stata senza scorta di sorta, e questo comportava un volo presumibilmente tutto a bassa quota, con un consumo ben maggiore che ad alta quota. Tutto questo senza poter rifornirsi in volo, e mantenendo un'opportuna riserva di carburante (a bassa quota, a pieno AB, l'autonomia si riduce ad una manciata di minuti), presumibilmente di un buon 10%. I MiG-23 arrivarono davvero fin sulla capitale, attaccando l'aeroporto. Il carico di bordo era leggero, qualche aereo aveva bombe, altri razzi. Centrarono e distrussero una media di un apparecchio l'uno: un Phantom, gravemente danneggiato al muso; un C-130, distrutto, così come un B707 civile. Poi vennero inseguiti da un paio di Phantom e uno, o forse due vennero abbattuti, e solo il capoformazione ritornò alla base di partenza. In tutto, una missione irrilevante, ma non si poteva certo pretendere che tre apparecchi riuscissero a fare di più, oltretutto operando al limite del loro raggio d'azione. In ogni caso fu un evento tecnicamente notevole, perché 520 km di raggio significano almeno 1.040 di volo, presumibilmente tutto a bassa quota, la prima parte con carico bellico, la seconda senza, ma con i Phantom alle calcagna almeno per un certo tratto (caccia che, operando sul proprio territorio, non dovevano preoccuparsi troppo della scarsità di carburante). Non c'erano AAM o pod ECM per la propria difesa, eventualmente delegata al cannone da 23 mm, ma
La sfida era stata dunque lanciata. Ma già poche ore dopo i Phantom cominciarono a rispondere a queste azioni e colpirono duro. Nel frattempo vennero colpiti anche aerei irakeni in aria, con 5 Su-20 e 22 e due MiG-23 che si aggiunsero alle 11 vittorie del periodo 7-22 settembre, quando 'ufficialmente' non si era già in guerra. Da parte irakena vi furono un paio di vittorie il 23 settembre da parte di un MiG-21 ma la contraerea abbatté per errore uno Il-76 (il primo di circa 15 casi del genere, non è chiaro se con o senza gli analoghi casi iraniani, che verterono anche il alcuni F-14 colpiti per errore). In tutto, nelle prime settimane un gran numero di aerei irakeni vennero abbattuti con quasi un centinaio di vittorie entro l'anno dalla sola IRIAF, per non dire di quelli ottenuti dalla contraerea e ai velivoli colpiti al suolo. Il 'top gun' della IRIAF sarebbe stato tale Zandi, dell'82° Sqn, con 9 vittorie e 3 probabili dichiarate. In tutto le vittorie aeree rivendicate dall'IRIAF sono 231 più 28 elicotteri e altri 6 velivoli e una quarantina di vittorie probabili; gli Irakeni dichiararono 58 vittorie su aerei e 8 su elicotteri più 3 aerei da trasporto; più il Gulfstream con il ministro degli esteri Algerino, 3 MiG-21 siriani e un F-100 Super Sabre turco (nel 1983).
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Il III Corpo ebbe meno difficoltà del disastro del IV Corpo, attaccando nella zona dello Shatt-el Arab (il cui trattato era stato denunciato da Hussein), penetrando con la sua 1a divisione meccanizzata fino ad isolare Ahwaz con la 1a D.M., avanzando alla fine di circa 75 km dentro i confini iraniani, ma la decimazione della 10a corazzata non consentì di chiudere bene la trappola. La 6a divisione corazzata ebbe un successo simile verso il passo di Susangerd e poi ad Ahwaz, ma lungo un percorso più a sud fino a minacciare Ahwaz dopo quella stessa settimana di guerra.
Anche la 3a Divisione corazzata avanzò in territorio nemico di circa 40 km e poi isolò, virando verso sud, la città di Khoramshahr; tuttavia, questa fu la terza divisione corazzata praticamente distrutta dagli attacchi aerei iraniani. La città fu quasi totalmente distrutta nei combattimenti tra ottobre e novembre, diventando nota come la Stalingrado Iraniana, dato che era anche attaccata dalla 5a divisione meccanizzata. Era l'11 ottobre quando la 5a e la 6a divisione passarono il fiume Karoun, costringendo gli iraniani a ritirarsi a Khorramshahr e Dezful. Poi passarono all'attacco con la 1a DM contro la 2a brigata corazzata e un gruppo della 37a Brigata corazzata iraniane e altre unità minori. Ma entro la giornata erano riusciti ad avanzare verso Shoush. Gli Iraniani passarono al contrattacco con unità della 77a e 21a divisione il 15 ottobre. Ma si scontrarono con i vecchi Hunter usati in prima linea dai migliori istrutturi degli irakeni, che colpirono massicciamente i reparti corazzati, specie il 291o battaglione e le sue linee logistiche, mentre gli iraniani erano per una volta una carenza delle azioni aeree iraniane,
Assieme agli attacchi aerei, i mezzi di terra furono non meno importanti nella difesa, cominciando dai carri Chieftain, che tuttavia nel 1980 equipaggiavan solo una divisione, ma combatterono duramente nonostante i problemi causati ad armi e persone dall'anno e mezzo della rivoluzione. In effetti, nonostante molti problemi di orientamento oltreconfine, l'Esercito irakeno avanzò piuttosto celermente. Ma la mancanza di un adeguato supporto aereo e l'offensiva aerea iraniana vanificarono le sue avanzate. L'IrAF ottenne
Quanto ai SA.342 Gazelle, presto avrebbero raggiunto il totale di 40 esemplari ed operavano in maniera micidiale in associazione con i Mi-24: i primi tiravano missili HOT, magari contro le postazioni contraerei e i secondi attaccavano con i razzi e cannoni a distanza ravvicinata corazzati e bersagli vari, con effetti micidiali. Non mancarono i combattimenti aerei con altri mezzi, come gli AH-1 Cobra che avrebbero già distrutto entro il 1980 un paio di Hind sui 4 persi in tutto, ma che in generale furono i primi scontri tra elicotteri cannoniera, con perdite da entrambe le parti.
Come spesso accade in questi casi, l'offensiva esterna non demolì, ma compattò il sostegno al regime, persino i curdi iraniani presero parte alla difesa del Paese sotto attacco. Di fatto, salvò da una decadenza probabile e rapida il regime di Teheran. Il patriotismo iraniano aiutò molto a difendere le città, ma le divisioni irakene vennero fermate
===Continuazione===
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Se l'IIAF era un'aquila, l'IrAF al confronto era giusto un falco. Pur essendo la più anziana tra le forze arabe (dal 1924), non era altrettanto efficiente,
In effetti l'isolamento dell'aviazione irakena non le aveva giovato, dati i problemi politici che aveva all'interno e all'esterno, con l'unica vera eccezione della IAF indiana con cui si ebbero molti rapporti di collaborazione negli anni '70-80. Solo nel '79, quando vennero ordinati un gran numero di aerei relativamente moderni i Sovietici si curarono maggiormente delle esigenze irakene di disporre di uno strumento più efficiente, ma a patto di entrare massicciamente nella regione come 'consiglieri' militari. I primi Mirage nel frattempo vennero collaudati a far tempo dal 1980, finendo poi per equipaggiare 6 squadroni. Alla fine del conflitto, nel 1988, di questi nessuno avrebbe avuto ancora più di 8 caccia efficienti, dato il logorio della lunga guerra. Le poche esperienze belliche della IRaF erano di poco valore, e non molto venne imparato dalle battaglie del 1967, più da quelle del '73. Fu qui che in effetti arrivarono alla conclusione, con i materiali che avevano, che non potevano fare molto di più che una difesa aerea integrata tra sistemi di terra e intercettori, sullo stile sovietico. Del resto la superficie dell'Irak era grande e difficile da difendere se non per quel 10% circa di obiettivi importanti, tra città e basi, dove si concentravano le difese aeree. Così erano arrivati ad avere circa 100 MiG-21, 200 SA-2, 3 e 6, pochi MiG-23, i Su-7, 20 e 22, nonché una squadriglia con gli Il-28 e Tu-16 e 22. Questi ultimi, con le loro prestazioni elevate, ma anche costi di gestione rilevanti, erano spesso usati per gli attacchi in profondità in territorio nemico, come quello del 18 marzo 1988 contro le petroliere iraniane del terminale petrolifero di Khark, che furono colpite pesantemente ma con la perdita di almeno un Tu-22.
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===Praying Mantis<ref>Jannetti, Fabrizio: ''Una risposta misurata'', A&D giu 1988</ref><ref>Fassari, Giuseppe: ''Operazione Prying Mantis'', Aerei lu-ago 2004</ref>===
Tra le tante cose che ebbero luogo durante la lunga guerra tra Irak e Iran, l'aspetto navale, per quanto militarmente secondario, è stato invece di grande importanza in termini di politica ed economia. Gli irakeni e gli iraniani diedero origine, per la prima e unica volta nella storia, a quella che potrebbe essere definita 'Tanker war', la guerra delle petroliere. La singolarità di avere due nazioni entrambi forti produttrici di petrolio era in effetti tale, che per indebolirsi reciprocamente cercavano di colpire a vicende le proprie installazioni, a maggior ragione se si considera che esse erano entrambe collegate al resto del mondo
[[File:Ffg58minedamage2.jpg|320px|left|thumb|I danni della FFG-58 S.Roberts]]
Buon per gli Irakeni che Teheran non avesse molti mezzi per attuare la possibilità, invero molto concreta, di chiudere lo stretto di Hormuz e rendere impossibile all'Irak l'impiego di navi petroliere, costringendolo ad esportare petrolio solo tramite la Giordania. In ogni caso, l'attività degli iraniani, pure dotati di una marina di tutto rispetto e di una potente aviazione, era spesso collegata piuttosto alle basi dei pasdaran, spesso basati con i loro barchini veloci in piattaforme petrolifere al largo. Per reagire a questa situazione, che tra l'altro aveva fatto impennare i premi assicurativi per le navi coinvolte nel traffico, vennero mobilitate molte marine occidentali, tra cui quella italiana, onde proteggere i mercantili. A maggior ragione quando si cominciò a trovare le mine navali.
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