Dati utili per wargamers/Cannoni controcarri: differenze tra le versioni
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Infine vi era la fanteria, che aveva varie, semplici armi: le bottiglie molotov, le bombe a mano e i fuciloni. Le bombe a mano più efficaci erano quelle a carica cava, non ancora disponibili all'inizio della guerra, ma i tedeschi avevano le stielgranade, bombe con manico. Quando serviva una carica più potente staccavano il manico a diverse bombe, le legavano attorno ad una ancora con il manico e ottenevano la 'carica potenziata'. Un altro modo era quello di usare direttamente le mine controcarro gettate sotto i cingoli del veicolo in avvicinamento, una cosa quasi suicida se il carro aveva il supporto della fanteria.
I fuciloni costituivano una diversa e migliore possibilità, si trattava di armi da fuoco di grande potenza, in un certo senso 'fucili per elefanti'. Essi apparvero fino dal 1918, e arrivavano in calibro fino al 20 mm dei fucili finlandesi, giapponesi e svizzeri, questi ultimi adottati ed usati per un certo tempo dall'Esercito italiano,
Dal momento che i carri armati diventavano sempre più corazzati, e
In sostanza sembrava che i cannoni controcarro non avessero più un futuro, e questo lasciava aperta una questione importante: nessun esercito poteva contare solo su truppe corazzate sia per costo che per esigenze tattiche, così con che cosa la fanteria sarebbe stata armata in funzione controcarri? I fuciloni erano troppo pesanti e poco potenti, i cannoni d'appoggio della fanteria erano stati rimpiazzati dai mortai, più leggeri ed efficaci ma privi di capacità di tiro diretto (i tedeschi, che avevano cannoni d'appoggio fanteria da 150 mm li rimpiazzarono per quanto poterono con i mortai sovietici da 120mm). Una soluzione parziale era quella dei lanciarazzi come i Bazooka, che dal 1943 diventarono sinonimo di potenza di fuoco portatile per i fanti. Ma i Bazooka, i Panzerfaust e tutti i loro 'figli' moderni sono armi imprecise oltre 100-200 metri. I cannoni senza rinculo, basati su di un principio del tutto diverso erano un'alternativa che durante la guerra divenne disponibile, e nel dopoguerra ebbero un notevole successo. Con una massa tra i 15 e i 200 kg potevano erogare un grande volume di fuoco, specialmente con granate HEAT controcarro. Un esempio tipico è l'M40, ma anche il più piccolo e quasi altrettanto micidiale SPG-9. Ma nemmeno queste armi erano perfette: pesavano troppo per il singolo fante, avevano una vampa eccessiva che impediva l'uso da ambienti interni e rivelava la posizione del lanciatore, specialmente considerando che il proiettile aveva gittata utile dell'ordine del km e non più. La soluzione, anch'essa abbozzata durante la guerra, aspettò altri 10 anni per cominciare a manifestarsi. Si trattava dei missili controcarro, ovvero proiettili guidati autopropulsi (e quindi non necessitanti di pesanti artiglierie) e muniti di carica cava. Armi come il Sagger e l'SS-11 potevano recapitare una testata HEAT con ragionevole precisione a 3 km di distanza distruggendo ogni carro armato, rimanendo piuttosto leggeri e piccoli anche per l'uso da elicotteri, che erano i nuovi cacciacarri. Nonostante questo, i sovietici continuarono nell'attività di produzione di cannoni controcarro quali gli MT-12 e ancora negli anni '90 producevano il nuovo Sprut da 125 mm, praticamente il cannone del T-72 in versione trainata, su affusto brandeggiabile per 360 gradi. Rumeni, cinesi e yugoslavi avevano anch'essi prodotto molti cannoni controcarro, cosa condivisa in campo occidentale solo dalla Svizzera con alcune armi da 75 mm.
La domanda che ci si può porre è sull'efficacia di queste armi: se sono adeguate perché in Occidente non hanno avuto seguito? E se non lo sono, perché all'Est sono state prodotte per decenni? Le caratteristiche degli MT-12 da 100 mm a canna liscia aiutano a capire almeno parzialmente la risposta. Esse sono armi pesanti 3 t ma capaci di essere trainate fino a 70 kmh e
La loro cadenza di tiro arriva a 14 colpi al minuto, i proiettili da 15kg sono assai potenti, supersonici, 'fire and forget' ed insensibili alle contrumisure. La gittata utile arriva a 3 km ma in sovrappiù, come artiglierie da campagna, arrivano a 8 km scagliando proiettili HE. L'affusto di per sè ha una robusta scudatura per proteggere i serventi dal tiro di armi leggere e schegge, e la sagoma nondimeno è bassa e sfuggente.
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Come il successivo fatto d'arme a Bir Hakeim, altro punto della carta geografica molto vicino al nulla; questo desolato luogo fu teatro di un grande scontro tra mezzi corazzati, e in particolare fu la prima grande battaglia dell'Ariete. Qui gli italiani e gli inglesi si inflissero reciproche perdite, molto pesanti; ma alla fine furono gli inglesi a doversi ritirare perché gli italiani, di pochissimo, ma erano arrivati per primi e occupavano il territorio conteso. In sostanza, Rommel, nella previsione della sua avanzata verso Tobruk, aveva mandato in zona la 132° Divisione corazzata italiana, forte del 132° rgt carri sui battaglioni VII, VIII e IX; sul 32° rgt carri (che all'epoca erano ancora gli inutili L3), su I, II e III btg; sull'VIII rgt Bersaglieri s V, XII e III armid'accompagnamento, e sul 132 rgt (chissà quale confusione..) artiglieria su I e II gruppo da 75/27 mm e la I batteria e sezione B della Milmart, oltre ovviamente ai servizi. Il tutto venne organizzato, dal gen. Balotta (che per la prima volta avrebbe fatto combattere tutte le unità dell'Ariete insieme), erano 14 caposaldi presidiati dai Bersaglieri, con cannoni da 47 e mortai da 81 mm, dietro questi le artiglierie divisionali da 75 (a cui erano giunti da poco 200 proiettili EP, Effetto Pronto, ovvero HEAT). I cannoni della Milmart erano dietro ancora, al centro dello schieramento, e infine c'erano i carri armati. Il morale era ottimo nonostante le piogge abbondanti, che avevano se non altro ridotto il caldo del deserto.
Questa fu un'azione in cui i cannoni riuscirono a fissare un nemico mobile, che non era riuscito a prendere possesso per primo del territorio. Gli inglesi, che con la loro offensiva 'Crusader' per liberare Tobruk attaccarono iniziando proprio da questa parte, ma solo il 18 novembre, portarono all'attacco la 22nd Brigade con circa 150 carri Crusader nuovi di zecca. Mezzi molto apprezzati dagli Italiani, anche se in realtà non molto armati, protetti e, siccome poco affidabili, non così eccellenti nemmeno come mobilità. Nondimeno erano veicoli più avanzati di quelli italiani, ma se si riusciva a bloccarne la mobilità allora perdevano gran parte del valore. Per una battaglia frontale forse sarebbero stati meglio i Matilda e i Valentine, ma erano lenti e non era facile farli arrivare in tempo utile da qualche parte. Ma la 22nd Brigate era solo una parte della 7a Armoured Division (l'altra unità principale era la 7a).
Alla fine, la carica degli ignari carristi inglesi fu del tutto futile. Non ebbero supporto da parte dell'aviazione; non ne ebbero
In tutto quindi, perdite comparabili anche in termini di numeri, peraltro incredibilmente bassi dato che per ore due grandi unità s'erano scontrate con centinaia di armi sparanti per ogni dove: gli italiani ebbero almeno 25 morti, 74 feriti e 73 prigionieri o dispersi; gli inglesi 21 morti, decine di feriti e 42 prigionieri.
L'azione inglese era stata scollegata
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Un altro esempio di come i carri possono cadere vittime dei cannoni controcarri è stato Serafimovich, in Russia, nel tardo luglio del '42. In quell'occasione i Sovietici lanciarono all'attacco numerosi carri armati, ma gli artiglieri italiani del 120° riuscirono a non cedere al panico (che spesso in Spagna si era verificato) e a reagire, sparando granate perforanti, HE ed HEAT contro i corazzati nemici. Questi ultimi erano di due tipi: i carri leggeri, che erano ancora i veloci ma poco protetti BT, e i nuovi T-34, loro discendenti. Alla fine quasi tutti i carri armati vennero messi KO o distrutti, ma le ondulazioni del terreno e l'erba nascondevano spesso i mezzi fino a quando non finivano quasi addosso ai cannoni. I BT si dimostrarono vulnerabili ai pezzi di medio calibro, ma resistenti anche a bruciapelo alle mitragliere da 20 mm. I cannoni usati dagli italiani erano una collezione impressionante (c'era anche un pezzo da 76 sovietico), e i risultati furono molto vari: mitragliere da 20 mm, vecchi cannoni da 75 mm, i nuovi pezzi da 75/34 mm, cannoni sovietici catturati, artiglierie da 100 e 105 mm etc. La battaglia vide confermate molte cose: per esempio gli artiglieri si dimostrarono ben disciplinati
e capaci di riconoscere i tipi di carri nemici, dedicando le granate HE a quelli leggeri e quelle perforanti o HEAT (queste ultime appena consegnate, e sparate in circa 200 pezzi) ai carri armati medi. I carristi sovietici dal canto loro dimostrarono una notevole aggressività e coraggio. Spesso arrivavano talmente vicini, che letteralmente schiacciavano i cannoni controcarri italiani passandogli sopra con tutta la loro massa. Ma oltre a non essere numerosi in toto, attaccarono troppo isolati e scoordinati, così che non riuscirono a sfondare: ogni volta un numero tra uno e 4 carri si faceva sotto, e venivano presi sotto tiro da parte di numerosi cannoni schierati a difesa. I T-34 si dimostrarono molto tenaci: per averne ragione bisognò centrarli in punti deboli e non a grande distanza: la protezione frontale era quasi sempre capace di fermare i proiettili o minimizzarne l'effetto. Ma attaccavano senza sostegno dell'artiglieria e dell'aviazione; non avevano fanteria anche perché i bersaglieri sparavano sui fanti appollaiati sopra i mezzi costringendoli a saltare giù dai veicoli e quindi separandoli dai loro carri; e
La descrizione della situazione è questa, in generale: la batteria da 75 mod.97/38 (ovvero i cannoni francesi di preda bellica da 75 mm trasformati in Pak, per lo più con granate HEAT capaci di perforare 75 mm ). Prima azione: 30 granate HEAT e 30 ordinarie, distruggendo 2 carri leggeri BT (o di altro tipo, non è sicuro che fossero per forza di questi modelli) con le HE, ingaggiati da 800 m, e un T-34 messo KO da una HEAT. Poi sono arrivati altri 3 carri, ingaggiati da appena 300 m con 20 HEAT: un T-34 venne messo KO colpito da parecchi colpi, dei quali solo due lo perforarono. Gli altri 2 si ritirarono, ingaggiati vanamente da 600 m con altre 10 granate HEAT. Ritornarono dopo circa mezz'ora, ingaggiati da alcuni colpi e respinti. Dopo poco tempo uno ritornò in azione, apparendo tra l'erba, e venne messo KO da appena 8 metri di distanza, con una delle 10 granate che colpì la torretta e uccise l'equipaggio del veicolo. Il secondo T-34 ritornò all'attacco da solo, e venne colpito da una HEAT delle 8 sparate, oltre che da un colpo perforante dei cannoni da 75/32 mm che si misero ad appoggiare la batteria controcarri. Il secondo giorno di offensiva (31 luglio) questa batteria ingagguò, verso le 13, dei carri T-34 che procedevano ad alta velocità da circa 600 m. Uno venne colpio in pieno e messo KO da una delle 15 granate HEAT, sul lato della torretta. Un altro venne colpito poi da una delle 14 granate HEAT, mentre altri due carri leggeri vennero messi KO da una ventina di HE. In tutto vennero accreditati a questa batteria 6 T-34 e 4 carri leggeri nei due giorni di combattimento. Il gruppo da 75/27 mm era schierato, il 30 luglio, ben più avanti delle altre artiglierie. Venne sorpreso da un gruppo di 4 carri leggeri che schiacciò 3 cannoni di una batteria e 2 di un'altra. Fu un'azione in cui i mezzi sovietici vennero distrutti dai cannoni superstiti, usando granate Mod. 32 senza innesco a mò di semi-perforanti. Ma differentemente dai cannoni da 75 della batteria controcarri, in questo caso i proiettili da 75 non avevano effetto sulla corazza anteriore nemmeno da 10 m: solo sui cingoli o sui lati entro i 100 m potevano essere efficaci, magari esplodendo e 'aprendo la corazza' per circa 20 cm dopo la penetrazione. Dopo due ore circa (alle 16) altri due carri leggeri irruppero nello schieramento d'artiglierie distruggendo altri due pezzi e venendo distrutti dai pochi cannoni superstiti. Dopo che uno di quelli distrutti venne rimesso in sesto durante la notte, i sei cannoni rimasti (quindi in tutto erano dodici, 4 per ciascuna batteria) affrontarono , verso le 13.30, 4 altri carri, che sbucarono da appena 150 m e stavolta c'erano anche 2 T-34. Distrussero ben 4 dei cannoni superstiti, poi proseguirono oltre e incendiarono 6 autocarri e 7 trattori d'artiglieria. I due cannoni rimasti spararono all'impazzata anche da 10 metri, e immobilizzarono ancora una volta i due carri leggeri, nonché uno dei T-34. In tutto vennero persi 10 cannoni contro 9 carri.
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Il gruppo da 100 mm tentò l'ingaggio da 700-1000 m ma senza colpi a segno. Quello da 75/32 mm riuscì a perforare alcuni mezzi ma solo entro i 200-300 m, con proiettili perforanti. Non è chiaro quanti vennero colpiti. Un cannone da 105 mm colpì ai cingoli un T-34 immobilizzandolo, ma un secondo colpo a segno sulla parte superiore non ebbe nessun effetto. Le famose mitragliere Breda da 20 mm, con colpi semiperforanti si sono dimostrate poco efficaci contro i carri leggeri, nulle contro i T-34. Due carri leggeri hanno schiacciato altrettante mitragliere da 20 nonostante il tiro effettuato fino a 10 m di distanza.
Alla fine della sola giornata del 30, i sovietici persero 14 carri dei 39 impiegati. La divisione celere italiana aveva perso 13 caduti , 54 feriti, un disperso, ma
L'addestramento era stato fatto con dovizia di sforzi per rendere le batterie adatte alla battaglia contro i carri sovietici. Un BT-7 impantanato venne recuperato e sottoposto alla prova contro le sue corazze laterali da 15 mm. I proiettili da 8 mm sparati da una Fiat Mod.35, senza risultati apprezzabili; semiperforanti da 20 mm, che resero possibile la perforazione della torretta e scafo nettamente ma a soli 150 m (in pratica, almeno la parte anteriore era invulnerabile: forse avrebbe avuto la peggio contro proiettili perforanti 'puri', ma non c'erano). Cannone da 47/32 mm, con perforazione netta dello scafo e danni sul lato opposto, sempre da 150 m; proiettili da 75/27 spolettati, senza effetto, e senza spoletta, sfondando lo scafo da 150 m almeno; cannoni da 100/17 mm, da 450 mm, con granate spolettate, perforando torre e scafo; molotov, senza provocare incendi, 6 bombe a mano insieme, spezzando i cingoli e sfondando il tetto dello scafo; 2 bombe legate attorno al cannone, ovalizzandone leggeremente la canna.
Tra i tanti altri fatti d'arme non può mancare Medenine della primavera '43: il 6 marzo Rommel attaccò con oltre 150 carri armati e i panzergranatiere le linee inglesi, ma non si rese conto che gli inglesi avevano schierato un gran numero di cannoni controcarri, per lo più da 57 mm, ma anche vecchi 40 mm (sempre meglio di niente) e
===Il problema della perforazione delle corazze: le innumerevoli variabili e soluzioni===
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L'acciaio di per sè è importante: tanto più è duro, tanto meglio è, ma attenzione perché se cede tende a frantumarsi. In ogni caso, l'acciaio al nichel-cromo è molto meglio di quello al manganese, che in genere, per le sue caratteristiche, è piuttosto usato per i cingoli dei carri armati piuttosto che per le corazze. La durezza delle corazze della II GM arrivava in genere attorno ai 200 Brinnell, oggi si superano agevolmente i 400, per esempio. Le stesse munizioni sono meno efficaci e perforano meno contro i bersagli moderni, insomma.
Poi c'è la struttura: corazza omogenea o corazza laminata non sono affatto la stessa cosa:
Questo effetto era già noto con le corazzate, che di fatto (vedi anche le torrette) hanno anticipato la tecnologia dei carri. Ma per i reparti terrestri le cose sono arrivate solo dopo a quest'evoluzione. Spesso i cannoni da 40 mm inglesi non riuscivano a perforare le corazze da 30 mm dei Panzer III tedeschi: questo perché, nonostante avessero una capacità perforante più che sufficiente in teoria, le corazze indurite causavano la frantumazione delle munizioni disgregandone il nucleo in acciaio o tungsteno, annullando le capacità perforanti. Le lamiere saldate vennero rapidamente trovate come le migliori per realizzare armature ad alta resistenza, mentre meno soddisfazione diedero quelle fuse, che tra l'altro erano più difficili da realizzare per lo scafo (alla fine l'optimum fu: corazza di fusione monoblocco per la torretta e saldata per lo scafo). Solo con la piena comprensione di questo fatto vennero costruiti gli APC. Ma siccome questi erano aerodinamicamente molto meno efficienti, nei tiri a lungo raggio tendevano ad essere meno efficienti e meno precisi degli APC. La soluzione furono i più efficienti APCBC, con una forma più allungata, simile a quella degli originali APC se non migliore.
Ma i proiettili perforanti monoblocco non erano l'optimum per garantire la perforazione delle corazze: c'era la necessità di applicare la maggior pressione possibile nel più piccolo spazio possibile: così vennero ideati vari tipi di munizioni che rivoluzionavano la tecnologia della lotta controcarri. Una fu la munizione APCR, e la simile HVAP: si tratta di una munizione con un nucleo molto pesante in tungsteno, rivestita da un involucro in alluminio: il tutto pesava meno del colpo a pieno calibro in acciaio, per cui a parità di carica (quando non era anche superiore), superava la velocità del tipo precedente, passando per esempio da 6 kg/700 ms a 3 kg/1000 ms. Così il proiettile perforava di più, e aveva una traiettoria più tesa: ma la resistenza aerodinamica era elevata con lo stesso calibro e metà peso, per cui la gittata utile era minore (sia pure con traiettoria tesa). Quando arrivava sul bersaglio l'involucro si fondeva e il nucleo penetrava nell'acciaio. Era meglio usare i proiettili decalibrati, che potevano essere sparati da cannoni di maggior calibro. Inizialmente si usarono cannoni con calibro decrescente, come fecero i tedeschi, ma questo proibiva l'uso di munizioni HE e
Un cannone da 120 mm spara munizioni da 4 kg a circa 1.600 ms, per un totale di diversi MJ di energia: eppure le munizioni moderne tendono ad essere di un calibro paragonabile a 20-30 mm: questo significa concentrare un'energia immane in un punto solo, che nessun proiettile da 20-30 mm potrebbe realizzare (arrivando a circa 200-300 kJ) pesando 100-300 gr con una velocità di circa 1000 ms. Per questo è possibile perforare anche 1 metro d'acciaio. Ma per riuscire nella perforazione è anche possibile sfruttare il principio HEAT, che consente di realizzare proiettili esplosivi (alle volte misti HE-HEAT) relativamente multiruolo, privi della necessità di essere sparati da armi di grande potenza (esistono persino bombe a mano HEAT..), e possono perforare diverse volte il calibro dell'ogiva: da circa 1-1,5 della II GM, a _7-8 volte adesso. Per giunta esistono persino testate in tandem per perforare forti spessori d'acciaio anche senza ogive molto grandi e pesanti (oltre che per affrontare corazze ERA). Il principio è simile ad una lente d'ingrandimento che concentri i raggi del sole, o alla fiamma di una candela (avete notato a che distanza è ancora in grado di bruciare ma solo se sull'asse longitudinale?), per cui praticando una cavità nell'esplosivo, e rinforzandola con un 'liner' di metallo (rame o addirittura uranio), da dissolvere dal 'fuoco' dell'esplosione e rendere un getto di particelle ad altissima energia, che esercitano anche oltre 1.000 t per cm2 di pressione. Un procedimento ancora più micidiale è la formazione, partendo dal suddetto piattello, di una vera e propria munizione perforante, si chiama 'proiettile autoforgiante' e viene sparato dalla carica cava come se fosse un cannone ad altissima velocità: è capace di perforare, pur essendo di materiale malleabile, diversi cm di acciaio e in genere viene usato per munizioni che esplodono sopra il tetto dei carri armati. Esiste poi anche la granata HESH o HEP, che ha un'ogiva a schiacciamento. Molto apprezzata dagli inglesi, trasmette un'onda d'urto che frantuma la faccia interna della corazza, staccando un 'discoide' che si proietta come schegge all'interno a circa 200 ms. I proiettili HE, con spoletta a scoppio ritardato, i semiperforanti o i proiettili HE senza spoletta sono tutti proiettili usati per compiti controcarri. Le granate HE da 88 mm erano più che sufficienti per distruggere i carri armati fino a diversi km di distanza, durante la II GM, e questo nonostante che non vi fossero certo i sistemi di telemetria moderni, con relativi computer e affini per la direzione del tiro.
Ma le corazze,
Torniamo alla piastra da 100 mm. Anche se fosse di tipo omogeneo, se fosse inclinata sarebbe pur sempre un problema per i proiettili perforanti. A 60 gradi lo spessore virtuale raddoppia e così diventa una piastra da 200 mm di spessore. Anche se serve una piastra parimenti maggiore come lunghezza (ovvero, se lo scafo del carro è di 1 m di altezza, che questo sia coperto da una piastra di 20 cm verticale o da una da 10 cm inclinata a 60 gradi non cambia nulla), di fatto le corazze inclinate sono state molto efficaci e apprezzate (dai tempi delle armature medioevali: basti vedere gli elmi, per farsene un'idea). C'é poi un altro discorso, quello sull'angolo limite oltre cui anche un sasso (e persino un proiettile) rimbalza sull'acqua. Molti proiettili perforanti di vecchio tipo ne soffrivano, ma
Le corazze inclinate, insomma, possono fare brutti scherzi. Se sono monolitiche, però, sono ancora prevedibili nel loro comportamento. Ma se si tratta di corazze laminate il discorso cambia, come s'é visto. Se poi si tratta di corazze distanziate è ancora peggio. Un modo pratico per annullare le HESH? una corazza a 'doppia pelle' non consente la propagazione dell'onda d'urto fino a dentro il mezzo, in pratica annullandone l'effetto. Una corazza di questo tipo tende poi a negare (
Le corazze composite sono anche più difficili da valutare. I sovietici sono stati dei precursori in questo campo, ma quelle più note sono le 'Chobbam' inglesi. In pratica sono un sandwich di concezione segreta, fatto di piastre ceramiche, kevlar, spazi vuoti etc. tra due muri d'acciaio. Anche se hanno maggior volume a parità di peso, il loro vantaggio è che, a parità di massa, resistono di più alla penetrazione. Per esempio, la nostra piastra da 100 mm d'acciaio a 60 gradi (tipo quella di un T-62) offre 200 mm di LOS (spessore equivalente), di più se è di tipo laminato o spaziato, mentre per la Chobbam arriverebbe, con massa equivalente a 100 m, a 280 mm contro proiettili perforanti. Ma non solo questo: a complicare i calcoli c'è anche il fatto che qeusta corazza era stata pensata
I carri sovietici hanno avuto uno sviluppo più economico, con piastre d'acciaio alternate a vari tipi di materiali sintetici. Un T-72 per esempio, ha una piastra anteriore tipicamente inclinata di ben 67 gradi, costituita da 80 mm d'acciaio, 2 strati da 50 mm l'uno di un materiale simile al ferodo dei freni, e poi altri 20 mm d'acciaio. Talvolta sono stati aggiunti (per proteggere dai proiettili M111 israeliani da 105 mm, che hanno aumentato la perforazione dei precedenti APDS da 100 a 150 mm, a 60 gradi e a 2 km) strati di 16 mm d'acciaio sopra questa struttura, raggiungendo spessori equivalenti vs perforanti ed HEAT di 400 e 500 mm circa: niente male per un carro da 40 t. Le corazze ERA, sviluppate dagli israeliani su idea tedesca, e copiate dai sovietici, sono capaci di proteggere i carri ma non senza controindicazioni: le ERA K-1 erano indirizzate a bloccare
Tutto questo ovviamente non parla se non dell'ingaggio contro bersagli maggiormente corazzati, nel settore frontale. Sui fianchi i carri moderni sono molto meno protetti dei loro coevi della IIGM, almeno facendo la relazione con le corazze frontali. I carri di vecchio tipo erano capaci di resistere da ogni direzione quasi con la stessa forza: quelli moderni no, perché devono concentrare la massa in avanti per fermare armi sempre più letali (a cui si aggiungono munizioni con attacco dall'alto e mine con carica HEAT..). Così un carro capace di reggere a distanza ravvicinata il 120 mm frontalmente, è vulnerabile sui fianchi al 25 mm (con colpi APDS), o quantomeno al 30 mm.
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Da tutto questo vi è una notevole incertezza. In sostanza, cosa si intende per corazzatura e per 'protezione'. E quest'incertezza è stata accentuata, non certo diminuita, negli scenari moderni di guerra. Ecco un esempio pratico. Come si è detto, i cannoni automatici moderni, con munizioni perforanti decalibrate, possono minacciare i carri moderni se tirano ai fianchi o di spalle. È difficile capire bene questo fatto, come si possa riuscire in sostanza a resistere ad un cannone da 105-120 mm, ma al contempo essere vulnerabili ad armi molto meno potenti, dell'ordine di 8-10:1 di differenza (500+ mm contro 50-80). La risposta non è facile. Ma di fatto la si può ricondurre allo sviluppo estremo della potenza di fuoco dei carri armati. Durante il 1940, i carri armati Matilda II erano capaci di resistere efficacemente a tutti i cannoni controcarri e da carro armato, eppure tutto quello che avevano era un'armatura di 78 mm. Contro cannoni che al più perforavano 50 mm a circa 100-500 m, questo era nondimeno sufficiente. La distanza di fuoco era pure importante: a 1000 m un cannone controcarri da 37-47 mm, calibri tipici dell'epoca, era inefficace contro armature da circa 30 mm, il che significava l'impossibilità di distruggere un carro armato con spessori laterali di questo livello a tale distanza. Insomma, se un carro come il Valentine britannico aveva 65 mm di corazza anteriore e circa 50-60 mm laterale, allora era praticamente invulnerabile. Il KV-1 sovietico, con piastre da 75 mm laterali (come del resto i primi Churchill) era invulnerabile ai carri armati tedeschi. C'erano carri armati che riuscirono a sopravvivere a oltre 70 cannonate. In pratica i tedeschi erano costretti a sparare da breve distanza e sui fianchi con i cannoni più potenti (come quelli da 50 mm), e con munizioni speciali.
Questo dei proiettili era un altro punto interessante. Le munizioni originarie, semplici AP, erano blocchi di acciaio duro di forma fusiforme, niente di più. Con il tempo divennero APC, con cappuccio balistico, che permetteva di evitare due fenomeni. Uno era quello della frantumazione: le corazze superficialmente indurite erano sufficienti per infrangere i colpi in arrivo che pure avrebbero dovuto essere in grado di perforarle. Il 'cappuccio' permetteva di 'bucare' la pelle della corazza, la più dura, facendo passare il nucleo perforante. Inoltre, ben presto c'erano stati progressi con l'adozione di colpi più aerodinamici (chiamati precisamente APBCB), il che evitava il problema del rapido decadimento di velocità (=capacità perforante) grazie alla migliore aerodinamica. I nuclei perforanti erano poi diventati del più costoso tungsteno, capace di perforare più facilmente l'accaio. La scarsità di tungsteno era però tale che i Tedeschi dovettero ricorrere a cannoni di calibro maggiore per utilizzare colpi in acciaio (da qui l'abbandono dei cannoni ad anima conica, che erano una specie di antisignani dei proiettili decalibrati) con sufficiente potere perforante. Poi arrivarono le munizioni HEAT, capaci di perforare 1-2 volte il calibro del colpo ad ogn distana essendo armi esplosive. Le HESH avevano una capacità di colpire con una 'onda d'urto' micidiale attraverso anche spesse corazze monoblocco. Inoltre c'erano i proiettili APDS, che apparvero durante la II GM,
Oramai, nel dopoguerra, nemmeno il carro armato più pesante era protetto a 360 gradi, non era semplicemente più fattibile. Un T-34, con corazze inclinate da appena 45 mm, ma inclinato a 40-60 gradi, era una vera 'testuggine' che poteva resistere ai cannoni da 37 mm, che pure potevano perforare spessori anche superiori se questi non erano molto inclinati. L'alternativa era quella di corazze più semplici di costruzione, a scatola, ma di spessore elevato, come sul Tiger: 100 mm frontali, 82 mm laterali e posteriori. Le corazze inclinate hanno uno spessore virtuale maggiore, ma in teoria non cambia niente se si usano 50 mm inclinati a 60 gradi oppure 100 mm a 0 gradi. Almeno in teoria, perché di fatto i carri T-34, con corazze analoghe a quelle di altri carri ma più inclinate, si dimostrarono inizialmente invulnerabili al tiro nemico.
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L'unica forma di protezione accettabilmente pesante è quella sui fianchi della torretta, che sono piuttosto esposti al tiro durante le azioni di fuoco. Per esempio, i T-54 hanno uno schema di protezione di questo tipo: 100 mm a 60 gradi frontale scafo, 80 mm laterali, torre 200 mm frontale, circa 120 laterale, 80-100 mm posteriore. Quindi la torretta resta più spessa di quella dello scafo. In pratica, nonostante la massa arrivata a circa 60 tonnellate, la protezione di un carro moderno è
Lateralmente, la torre sarà protetta su di un settore maggiore dello scafo, ma non di molto. Al dunque, se a questo si sommano le minacce delle armi aria-terra come il submunizionamento d'artiglieria, o le mine controcarri con cariche HEAT, un carro armato diventa un mostro corazzato che riesce a stento a reggere ad alcune minacce ma solo appesantendosi moltissimo, cosa possibile invero dalla meccanica. Un Leopard 2 ha una mobilità superiore ad un Leopard 1 eppure pesa il 50% in più: questo perché ha 1.500 hp anziché 830. Ancora più impressionante il miglioramento generazionale tra Chieftain e Challenger, M60 e M1, T-62 e T-72. Questo rende possibile aggiungere altre corazze aggiuntive, normali o speciali (ERA). Ma nondimeno, è difficile che sia possibile resistere sui fianchi al fuoco di cannoni di calibro superiore al 25 mm sotto il km di distanza. La sopravvivenza contro anche un vecchio cannone da 76-80-90 mm, capaci di perforare anche 200 mm d'acciaio, resta un problema aperto. Inoltre la canna del cannone vero e proprio è sottile e potenzialmente vulnerabile al tiro di armi automatiche pesanti (per esempio, carri KV-1 con il cannone trapassato da semplici pezzi da 37 mm). Questo rende potenzialmente disarmato il carro armato laddove sia colpito da una cannonata, e non c'è modo di proteggere in pratica le canne.
Poi il carro armato, se viene privato della sua mobilità, resta in grave pericolo. Ad El-Alamein, i carri britannici sono stati vittime di molti danni da parte di fanteria controcarri, anche improvvisata: i fanti che sbucano con molotov da buche e rifugi, o con mine controcarri, sono una minaccia anche adesso, da affrontare
I duelli di carri armati sono spesso usati come 'calcolo teorico' per l'efficienza dei progetti, ma di fatto le cose sono ben diverse. I carri KV-1, se avessero affrontato 'faccia-faccia' i carri tedeschi, nel '41 li avrebbero sterminati in pochi giorni: 1000 e passa metri contro 0 di raggio utile. Ma i tedeschi manovravano sui fianchi, si facevano aiutare dai cannoni da 88 e da artiglieria da campagna, e dagli Stuka. Così anche i KV e T-34 furono sconfitti e sopraffatti ,anche se magari l'unico punto debole erano i cingoli. Al solito, questa componente è vulnerabile anche nei carri moderni. E più i cingoli sono esposti e più si è vulnerabili. Però i Churchill, benché potenzialmente facili da colpire in queste componenti, avevano di converso una grande agilità di movimento fuori strada. Mobilità e velocità sono fondamentali per un carro armato, tanto che AMX e Leopard l'hanno messe praticamente davanti alla stessa protezione balistica come importanza.
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La corazza degli incrociatori era limitata dall'esigenza di andare molto più veloci delle navi da battaglia, mentre gli incrociatori da battaglia erano un po' un intermediario. Le navi di questo tipo erano quelle inglesi e tedesche. Le prime erano mediamente più armate e magari veloci, ma il loro target era quello di incrociatori corazzati, armati molto meno di una corazzata. Gli incrociatori da battaglia tedeschi erano apparentemente meno appariscenti, con un dislocamento superiore, meno veloci, meno armati, ma in realtà più potenti essendo protetti non contro gli incrociatori corazzati, una categoria minore, ma contro altre navi maggiori. Per questo allo Jutland combatterono molto meglio delle navi inglesi omologhe inglesi, di cui 3 esplosero con quasi tutto l'equipaggio. Se la cintura degli incrociatori corazzati britannici era di 152 mm e quella di quelli tedeschi era di 250 mm, la differenza si sentiva grandemente, anche se i ponti corazzati erano più spessi nel caso delle navi britanniche.
Il limite dei pesi era pure notevole. Con le regole post-Prima GM le corazzate vennero limitate a 35.000 t, gli incrociatori pesanti 10.000 con cannoni fino a 203 mm. Gli Italiani con la classe Zara fecero una classe di navi che poteva affrontare altri incrociatori pesanti resistendo ai pezzi da 203 mm. Ma per farlo dovettero fare qualcosa al di fuori degli schemi: potevano ridurre da 4 a 3 le torri binate d'artiglieria, oppure ridurre i motori riducendo la velocità a poco più di 20 nodi se andava bene. Oppure, lasciare la corazzatura ridotta. I 'Trento' avevano 100 mm di corazza d'acciaio in cintura, 50 mm di ponte, 70-100 mm di torri e barbette. Non erano messi peggio di altre navi dell'epoca, a dire il vero che spesso avevano solo 76 mm di cintura corazzata. Gli 'Zara' avevano 100-150 mm di cintura, 70+20 mm di ponte, fino a 150 mm di torri, fiancata superiore alla cintura di 30 mm. Per riuscirci oltre a ridurre i motori rispetto ai 'Trento' (95.000 hp nominali su due assi anziché 150.000 su 4), ma
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