Caccia tattici in azione/URSS: differenze tra le versioni
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==Per cominciare: le armi dei caccia russi==
===La ShKAS<ref>Dati dalla voce wiki.en</ref>===
Tra le armi sovietiche, tutte caratterizzate da un'elevata potenza di fuoco, anche se non necessariamente da un'elevata letalità dei colpi singoli, merita particolare attenzione la ShKAS, da 7,62x54 mm. Essa era una mitragliatrice ultrarapida capace di tirare 1.800 c.min alla velocità iniziale di 775-825 m.sec. Non solo, ma la Ultra ShKAS arrivava a circa 3.000 c.min. La sigla significa Shpitalny-Komaritski Aviatsionny Skorostrelny, ovvero un sistema a fuoco rapido per aerei. Fu a suo tempo una delle più innovative armi aeronautiche, allorché apparve non c'erano altre mitragliatrici così rapide e probabilmente non ce ne sono state nemmeno in seguito, a parte quelle multicanna. Bisogna ricordare che all'epoca -anni '30- erano piuttosto comuni armi come le Vickers, che sparavano circa 500-600 c.min, quindi un'inezia rispetto a queste nuove e rabbiose armi sovietiche. Disegnata da Shpitalniy e Komaritsky, entrò in produzione nel '34, giusto in tempo per armare il nuovo caccia ad alte prestazioni, l'I-16. Questo e le relative armi si possono ben considerare antisignani dell'F-104 e del suo cannone Vulcan, apparsi 20 anni dopo. All'epoca non c'erano caccia così veloci né armi dal volume di fuoco così elevato. Del resto l'I-16 era piccolo ed era necessario concentrare in un piccolo volume una grande potenza. Queste mitragliatrici l'ottenevano grazie ad un sistema a revolver con ben 10 camere di scoppio; stranamente, i Sovietici furono rapidi nell'applicare questo sistema, mentre saranno poi estremamente lenti nell'usarlo per i cannoni di calibro maggiore (cannoni-revolver), diventati in Occidente un concetto normale. Queste camere rotanti consentono un maggior ritmo di fuoco senza un eccessivo surriscaldamento, mentre la massa rinculante era necessariamente piccola, pesando solo 921 grammi, sì da ridurre l'inerzia e consentire un processo di fuoco rapido. Pare che le prime versioni fossero prive di sincronizzatore di tiro, ma la cosa significherebbe che i primissimi I-16 fossero armati con altre armi meno recenti. Dal '36 la cosa era comunque risolta, e le ShKAS erano lo standard per i caccia I-16 e i bombardieri SB-2. Le munizioni perforanti-incendiarie di nuova concezione erano efficaci, ma il rendimento complessivo non è mai stato univocamente riconosciuto. Per i piloti spagnoli, le mitragliatrici di questo tipo erano talvolta capaci di 'segare un aereo in due', spesso invece descritte come capaci di abbatterlo solo tirando 'alla nuca del pilota', specie per gli aerei tedeschi, che a differenza di quelli italiani erano costruti in metallo. Per gli I-16 vennero studiati molti tipi di armamento, inizialmente avevano solo due armi nel muso sincronizzate con l'elica bipala, poi ebbero anche le armi da 7,62 alari, che però -data la scarsa stabilità longitudinale del velivolo- non furono un grande miglioramento. Nel '39 vennero prodotte le Ultra-ShKAS, ma poche vennero usate per via di problemi di affidabilità considerando che una tale cadenza di tiro era davvero al limite per un'arma monocanna, e forse anche oltre.
==Il rinnovo della V-VS==
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Per guadagnare tempo prezioso lo Yak-1 venne ordinato già il 19 febbraio 1940, ovvero un mese dopo il primo volo, pur di risparmiare tempo utile. Nel frattempo erano ordinati anche gli I-200 e I-301 come produzione in serie. Lo Yak era decisamente meno veloce del MiG e meno armato del LaGG, ma non di molto; in compenso, era molto più agile di entrambi e a bassa quota aveva eccellenti prestazioni, nonché avvantaggiato dall'aver cominciato prima i test. E poi, non ultimo per merito, Yakovlev era favorito da Stalin.
Ma nondimeno il piccolo Yak-1 ebbe bisogno di un numero impressionante di modifiche, paragonabile quasi a quello del grosso P-38 Lighting americano: quasi 8.000 vennero fatte nel solo '41, altre 7.000 nel'42 e 5.000 nel '43. Tutto questo per un caccia estremamente semplice e leggero. C'erano problemi di tutti i tipi,
Nonostante tutto, il 22 giugno 1941 erano già stati costruiti 425 Yak-1, anche se molti non erano ancora assemblati o comunque non in carico ai reparti. Già entro la fine del '40 erano stati consegnati 64 Yak-1, 80 MiG-1 e un singolo Pe-2. Circa 330 Yak-1 erano in servizio o comunque disponibili quando la Germania attaccò l'URSS. Questa nel frattempo cercava di aumentare la produzione a 50 aerei al giorno rispetto ai 26 di qualche tempo prima, per cercare di rinnovare la propria linea di aerei da combattimento. DI quelli moderni, circa 2.000 erano disponibili al giugno 1941, in teoria sufficienti per tenere testa a circa altrettanti della LW. Ma in pratica non andò così e i sovietici subirono tra i 1.200 (cifra da loro ammessa) e 1.800 perdite (dichiarate dalla LW) già nel primo giorno, in cui venne fatto l'attacco aereo più massiccio mai svolto contro aeroporti nemici. Già poche ore dopo l'inizio c'erano almeno 800 aerei sovietici distrutti al suolo. Ma il movimento per preparare quest'attacco devastante non era passato inosservato, 3.000 aerei e 3 milioni di soldati non erano invisibili ai servizi sovietici d'informazione, che avevano allertato Stalin. Il dittatore però di fatto non riusciva a credere a una tale possibilità e così non fece niente. Nemmeno per difendere un suo agente segreto che lo allertò da Tokyo, e che venne accusato di essere un falsificatore di informazioni: e invece, avendo avuto ragione, avrebbe potuto mettere in cattiva luce Stalin, così quando venne processato e giustiziato per spionaggio non si mosse un dito per salvare l'uomo che aveva dato un'informazione vitale (non fu il solo) per prevenire la più sanguinosa campagna militare dopo Gengiz Khan.
In azione, ignari dei 'dietro le quinte' storici, mentre i tedeschi avanzavano inesorabilmente, i piloti delle due parti si sfidavano
Il LaGG, data l'inesperienza delle maestranze con questo tipo di costruzioni, risultava pesante ai comandi e in azione, tanto che certi aerei risultavano persino 100 kmh più lenti di quanto avrebbero dovuto fare. Il prototipo era invece in grado di raggiungere 605 kmh, quindi un caccia di tutto rispetto, ma già afflitto da comandi troppo pesanti per un caccia. Era peraltro ideale come macchina d'appoggio tattico e caccia a bassa quota, visto che se non altro si trattava di un caccia robusto. Nonostante tutto, però, né questo né il MiG erano a bassa quota all'altezza del Bf-109E, e tanto meno del nuovo F, già in servizio su di una mezza dozzina di gruppi. Lo Yak invece era capace di contrastare l'Emil, meno invece il Friederich. Uno dei tanti problemi degli Yak erano le perdite di carburante dai serbatoi saldati, i cui punti di saldatura venivano scassati dalle vibrazioni. Un altro problema era il tettuccio, non apribile ad alte velocità. Questo fece sì che molti piloti lo togliessero, così come le stesse attrezzature radio, che per i caccia sovietici erano diventate uno standard solo dopo avere visto quelli tedeschi. Ma esse erano inaffidabili e a corto raggio, così da renderle poco utili in pratica, tanto che vennero spesso rimosse per risparmiare qualche decina di kg di peso. Un altro problema era il motore M-105, che era potente sì, ma non ad alta quota e, essendo dotato di carburatore, tendente a spegnersi in picchiata per i g negativi che prevenivano l'alimentazione del flusso carburante.
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Lo Yak-1 venne ritirato attorno al '45 dai reparti di prima linea. La famiglia Yakovlev, spesso nota come 'gli Spitfire sovietici', era costutuita da numerose varianti. Ecco quelle dello Yak-1.
Prima venne fuori il prototipo I-26, poi l'UTI-26 che ne era l'addestratore biposto, basato sul terzo e quarto I-26. Vedremo poi che essi non erano solo aerei relegati all'addestramento. L'I-28 era il caccia d'alta quota con l''''M-105PD''', e
Infine, dallo Yak-1 derivò lo Yak-1M che era il prototipo dello Yak-3, caratterizzato da un'ala più piccola e sistemi di raffreddamento per l'ennesima volta revisionati. Solo due vennero prodotti come tali, poi si passerà al modello 3. Gli Yak-7 erano i caccia derivati dalla conversione in monoposto degli Yak-7UTI. Vi furono anche prototipi senza designazioni particolari con i potenti motori VK-106 e 107, lanciarazzi e bombe e tipi alleggeriti per la difesa aerea.
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Tra le versioni merita interesse quella con il VK-107A, da 1.650 hp e due B-20 con 240 cp totali. Ne vennero realizzati solo 48, in un tipo totalmente metallico. Erano formidabili e capaci di 720 kmh a 5.750 m, ma il problema era la tendenza al surriscaldamento del motore, incluso dentro una fusoliera così piccola. Vi furono anche motori VK-108 da 1.850 hp e con un solo NS-23 e 60 cp, capace di 745 kmh a 6.290 m, ma ebbe lo stesso problema, e così il tipo simile ma con due B-20. Incredibilmente venne trovato lo spazio dentro la cellula per un cannone NS-45 nello '''Yak-3K''', poco costruito per la preferenza accordaa allo Yak-9K. Lo Yak-3P era prodotto dall'aprile del '45 e armato con ben 3 B-20 da 20 mm, 380 cp totali. Volume di fuoco 3,52 kg/s, eppure il peso della versione cannoniera era di 11 kg inferiore a quello del tipo standard. Così non stupisce che ne venissero prodotti 596 dall'agosto del '45. Poi vi fu l'intercettore d'alta quota PD con il VK-105PD e cannone da 23 NS-23 con 60 cp, salita fino a 13.300 m, ma data l'inaffidabilità del motore non arrivò alla produzione. Tanto meno lo '''Yak-3RD''' con razzo ausiliario RD-1 da 300 kgs, e cannone NS-23 (al solito, 60 cp). Arrivò tuttavia ad ottenere nel maggio 1945 ben 782 kmh a 7.800 m, ma poi precipitò nell'agosto successivo. Alla fine ci si rese conto che i caccia a propulsione mista non avevano futuro e così si andò diritti all'era dei jets. L'evoluzione dei caccia era ancora lunga. Nel frattempo comparve lo '''Yak-3T''' con l'N-37 e 25 colpi, più due B-20S (200 cp), abitacolo al solito arretrato di 40 cm, ma il surriscaldamento di questo potente caccia non consentì di dichiararlo pronto per la produzione. Tanto meno lo Yak-3T con l'OKB-16-57 da 57 mm, soluzione davvero impressionante per un caccia così piccolo. Infine si tentò anche nella tradizione Yakovlev, rigorosamente per motori in linea, la carta dei radiali di elevata potenza, come l'ASh-82FN da 1.850 hp. Era nato lo '''Yak-3U'''. Così si voleva evitare il surriscaldamento che padadossalmente proprio i sofisticati motori a raffreddamento liquido subivano. Era leggermente modificato, con l'abitacolo più alto di 8 cm, ali in avanti di 22 cm, 2 B-20 con 240 cp e ben 682 kmh a 6.000 m. Era un prodotto definibile come 'di successo', ma non entrò in produzione, vittima della fine della guerra. Lo '''Yak-3UTI''' era il tipo derivato dal precedente per addestramento, in cui nella piccola fusoliera era stato trovato il posto per un secondo abitacolo. Aveva motore ASh-21 e sebbene non prodotto in tale forma, sarà poi la base del successivo addestratore Yak-11.
Lo Yak dev'essere parso irrealisticamente piccolo ai suoi oppositori e alleati: nel '44 un caccia che pesava grossomodo come un Bf-109E era una rarità, piuttosto i nuovi modelli come il P-47 erano pesanti anche sei tonnellate. Il carico alare non era bassissimo, date le ali di superficie limitata, mentre la potenza del motore era relativamente modesta, specie in quota. Purtroppo il tipo con il VK-107 non si dimostrò pienamente soddisfacente e
Anche lo Yak-3 ebbe vari utenti, tra cui il Normandie-Niemen e i Polacchi, ma anche gli Yugoslavi, nel dopoguerra, lo ebbero in non meno di 5 reggimenti di tre divisioni, la 39a (111 e 113 reggimenti, rispettivamente a Skopje e Zagabria), 44a (112 e 254o, a Mostar in entrambi i casi) e 21ima (204imo di Zadar).
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===Un mezzo passo falso===
[[File:LaGG-3 Moscow.jpg|350px|left|thumb|Il robusto LaGG-3]]
Il primo caccia Lavockhin era designato I-22 e fu anche il primo della triade di nuovi intercettori sovietici a prendere il volo, esattamente il 30 marzo 1939. Come succederà di lì a 2-3 anni con i caccia 'Serie 5' italiani, e a dire il vero, come già succedeva con i 'Serie 0', i tre competitori avranno tutti un certo successo e tutti verranno premiati da contratti di produzione, ma senza per questo somigliarsi molto e tanto meno essere soggetti alla stessa evoluzione e successo operativo. Lavochkin -o Lavochin, dipende dalla transilitterazioen-, assieme a Gorbunov e a Gudkov, aveva dato origine ad un caccia semplice e robusto, relativamente di bell'aspetto, ma che aveva il problema della scelta dei materiali strategici, o meglio, della scelta di non avvalersene. Era infatti l'unico dei tre che era costruito totalmente in legno, eccetto ovviamente per gli elementi fondamentali come il carrello, le armi, il motore, gli alettoni (metallici e rivestiti in tela). Il carrello retrattile e il motore M-105P erano segni di una relativa modernità, e senz'altro degna di nota fu la sua velocità massima di 605 kmh. Le armi erano ad alta cadenza di tiro, due ShKAS e uno ShVAK. Designato nuovamente come I-301, ebbe poi la denominazione di LaGG-1. Ma per la produzione divenne LaGG-3. In pratica, tutti i progetti ebbero un destino diverso: gli Yak-1 divennero un progetto di tale successo che vennero prodotti in quasi 10.000 esemplari per diversi anni a venire; i MiG-1 ebbero una breve storia produttiva, e non è chiaro quanti ne vennero prodotti, se pochi o oltre 2.000; ma per il LaGG-1 la questione si era posta diversamente e la produzione partì direttamente con il LaGG-3, un po' diverso dal prototipo e che volò nel marzo del '40, un anno dopo il primo prototipo. Il prototipo si dimostrò capace di raggiungere i 605 kmh, mentre il tipo di serie scendeva (teoricamente) a 575-580 kmh. Nonostante la sua struttura pesante, il vero problema era la tendenza ad entrare in vite nelle virate strette, cosa che certo non incentivava a sfruttarne al meglio le caratteristiche di volo, già non entusiasmanti. Per giunta i controlli di qualità rendevano spesso aleatorie le caratteristiche di volo previste. Ebbe però successo come caccia di supporto tattico,
Dimensioni: lunghezza 8,8 m, apertura alare 9,8 m, superficie 17,5 m2, altezza 2,69 m
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Il risultato fu il '''LaGG-5''', che volò a marzo del '42 e che risultò uno sviluppo estremamente positivo e simile nella sostanza a quello che poi ripetettero i giapponesi con il Ki-100. L'inizio della produzione è dell'estate del '42, il servizio dall'autunno.
Stavolta il piccolo caccia sovietico era alla pari con le previsioni sulla carta, dato che la potenza del motore era più che sufficiente per compensare qualunque appesantimento della fusoliera. Presto venne dichiarato migliore dello Yak-7 e messo in produzione come LaG-5 (con una G soltanto, perché uno dei progettisti originari non era più della squadra), e dopo le prove d'aprile venne posto in produzione, non prima di aver tagliato via la parte posteriore della fusoliera per dare anche a quest'aereo la capottina a visibilità totale. Stalin fu soddisfatto e diede il massimo livello di priorità della produzione, e anche della semplificazione della sigla, ora solo La-5. Sotto i 5.000 m, e specialmente sotto i 3.000, era più che capace di combattere contro i FW-190 e i '109, specie come rateo di rollio. L'ala era di ridotta apertura e di forma molto rastremata alle estremità,ideale per le basse quote e per la velocità di rollio. In generale, a parte il muso più lungo, non era dissimile concettualmente dall'I-16, anzi da un 'super I-16' data la potenza motrice raddoppiata, ancora inclusa in un velivolo tozzo e compatto quanto più possibile. Mancava ancora qualcosa, ovvero l'iniezione diretta per il motore, sistema usato normalmente dai Tedeschi ma che era difficile da realizzare per i Sovietici. Alla fine, però, il La-5FN divenne una realtà, un caccia capace di virare di 360 gradi in 18-19 secondi. In tutto vennero prodotti 9.920 La-5 di tutti i tipi, con l'FN disponibile dal '43. Gli ultimi ebbero tre cannoni B-20 capaci nell'insieme di sparare 3,4 kg/s di proiettili. L'armamento normale, però, era di 2 ShVAK da 20 mm con 200 cp l'uno. Sta di fatto, a prescindere dai discutibili Yak armati di cannoni di grosso calibro (quello sì un 'atout' della famiglia) che i Lavochka erano mediamente molto meglio armati: 2 cannoni con abbondante munizionamento (400 cp totali), laddove gli Yak ne avevano uno, accompagnato da due armi leggere, o una pesante, o al meglio, due UBS da 12,7 mm, che a stento potevano eguagliare i due ShVAK. Però la riserva di munizioni parlava a vantaggio dei Lavockha, che almeno nella configurazione dei due cannoni avevano circa il 50% in più di proiettili degli Yak. A questo si aggiunga un loro efficace utilizzo come cacciabombardieri,
Il La-5FN, costruito con struttura mista legno-metallo e con motore a iniezione diretta (FN) era anche superiore ai tipi precedenti e divenne presto un duro oppositore dei caccia tedeschi, specie dalla metà del '43. Era anche robusto e capace di operare come caccia di supporto tattico con razzi RS-82 e bombe leggere, più le armi. Aveva un paio di cannoni da 20 mm, corazze protettive, struttura robusta, serbatoi autostagnanti e sistema di soppressione degli incendi con gas di scarico spillati e invitati nei serbatoi stessi. Era normale, poco dopo il decollo, sparare una raffica dei cannoni durante l'inverno, per avere la certezza che essi non si fossero gelati.
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Il La-7 ebbe un motore da 1.750 hp e vari miglioramenti il cui più evidente era lo spostamento del radiatore dell'olio, prima sistemato superiormente al motore, a mò di 'naso', alla parte centrale della fusoliera. V'erano anche 3 cannoni ShVAK da 20 mm anziché 2, ma non in tutti.
Noto
Il La-7, realizzato anche in versione biposto UTI, ebbe diversi utenti nel dopoguerra, ma essendo aereo in parte realizzato in legno, non durò molto in termini di integrità strutturale e venne presto sostituito dai tipi metallici e poi a reazione. Nel dopoguerra Il La-7 divenne per la NATO dal nome in codice 'Fin'. Due La-7 cinesi, nel '54, abbatterono un aereo civile della Cathay Pacific, in uno dei peggiori casi di fuoco in tempo di pace durante la Guerra fredda.
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[[File:LavochkinLa-9.jpg|350px|left|thumb|Di recente, molti aerei d'epoca sovietica sono stati ottimamente restaurati. Questo è un rarissimo La-9. Notare la sagoma molto più slanciata e simile a quella del FW-190, grazie
Il successore del La-7 fu, come nel caso degli Yakovlev, una versione simile ma metallica, il '''La-9 ‘Fritz’'''. Volò nel ’46 e quindi era uno degli ultimi tipi di caccia ad elica. Ne vennero prodotti circa 1.559 nel 1946-48 e la sua evoluzione fu il più lento, ma con maggior raggio d’azione, La-11. Derivato dal La-126, il La-130 aveva non solo la struttura interamente metallica, ma anche ali a flusso laminare. La transizione dalla costruzione lignea a quella metallica significò subito un notevole miglioramento delle capacità di carico, grazie ad una struttura di base meno pesante. Così fu possibile imbarcare più carburante e un armamento di 4 cannoni, tutti sistemati nel muso. Nonostante avesse dimostrato di essere all’altezza del La-7, tuttavia il La-130 ebbe la peggio contro lo Yak-3 –beninteso nel tipo con il motore VK-107. In ogni caso entrò in produzione nell’agosto del ’46 e ci rimase fino al ’48. Ebbe varie versioni, tra cui lo sperimentale La-130R con razzo di coda ausiliario, mai volato, e poi l’RD, che aveva due soli cannoni e un RD-13 pulsogetto sotto ciascuna ala, sufficiente per aumentare la velocità di 70 kmh, ma il rumore e le vibrazioni non rendevano pratico tale sistema propulsivo misto. Non meno di 3, se non 9 aerei vennero mostrati nelle parate aeree, dove la loro fragorosa presenza era senz’altro più utile che in un’unità operativa. Per il resto vi furono caccia La-9UTI da addestramento biposto con un NS-23 e una UBS; il prototipo La-132 con l’M-93 potenziato e capace di 740 kmh a 6.500 m, purtroppo il motore non riuscì a diventare affidabile; il La-9M ebbe come compito la scorta a lungo raggio, e divenne poi il '''La-11'''. Vi furono versioni con pulsogetti (l’RD, di cui sopra), ma anche con statoreattori (La-138). In tutto il ‘Fritz’ ebbe impiego con poche forze aeree, tra cui i nordcoreani e i rumeni. Ben armato con la concentrazione di fuoco nel muso, esso non ebbe però molte occasioni di farsi valere e così il duo La-9/11 storicamente resta poco noto. L’unico esemplare in volo attualmente è un aereo che si trova in Nuova Zelanda, restaurato nel 2003. Altri sono presenti in musei cinesi e nordcoreani, ma non in condizioni di volo.
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Questa storica dinastia di caccia tattici e strategici nasce dalla risposta ad una richiesta per un nuovo caccia con motore a cilindri in linea, fatta dalla V-VS nel gennaio del '39. Quello che non è ben noto è che questa richiesta venne portata avanti dal Polikarpov OKB come I-61 e poi I-200, iniziando i lavori nel giugno 1939. Però Polikarpov si interessava di radiali e cambiò idea solo con il tempo, grazie all'apparizione dell'AM-37, un motore a cilindri in linea davvero potente del Mikulin OKB. Tuttavia, sebbene il nuovo caccia fosse previsto come capace di 670 kmh, il famoso progettista era diventato persona 'non grata' a Stalin, il quale approfittò del viaggio fatto in Germania nel novembre 1939 -quando c'erano ancora relazioni solide tra le due nazioni anche in termini aeronautici- per fargli chiudere bottega e creare al posto del suo OKB, una Sezione Costruzioni Sperimentali, a cui vennero posti a capo A.Mikoyan e M.Gurevich, sebbene in maniera formale essi fossero sotto il controllo di Polikarpov fino al giugno del '40. E così il loro primo caccia fu, in realtà, l'ultimo di Polikarpov, ma nell'URSS staliniana i progettisti non erano poi così importanti qualora fossero decaduti agli occhi del governo: già Stalin aveva fatto imprigionare Polikarpov in uno speciale carcere-laboratorio per mettere a punto l'I-5, il primo dei suoi caccia biplani, ora con un altro atto d'imperio gli chiudeva la carriera. Nonostante tutto, quello che diverrà il MiG-1 conservò largamente l'impronta del suo originario padre: a parte il lungo muso con il nuovo motore, la cellula sembra ancora, specie se vista in pianta, notevolmente simile a quella di un I-16, compatta, ma anche afflitta da un'eccessiva vicinanza dei piani di coda alle ali, che con il nuovo motore diventava decisamente controproducente. Ma vediamo cosa accadde nei mesi successivi e chi erano i 'volti nuovi' che presero il posto di Polikarpov.
Artem Mikoyan, di origine armene, si era laureato dopo una carriera iniziale da operaio e una carriera da soldato, che gli aprì la possibilità di entrare nella Scuola Aeronautica di Zukovsky, per poi far parte del TsKB (Ufficio centrale di progettazione) dal '37. Questo ragazzo molto brillante avrebbe fatto coppia fissa con il più anziano Mikhail Gurevich, studente prma a Kharkov e poi alla Scuola superiore dell'Aeronautica, a Parigi, reduce dalla squadra del celebre Polikarpov. Nel '38 inizieranno a progettare i loro caccia, iniziando dallo I-61 (I sta per Istrebitel, ovvero caccia). Avevano fondato oramai un OKB (Opytno-Konstructorskoe Biuro) proprio e presto si distaccarono dalle precedenti esperienze: l'I-61, rielaborato, divenne l'I-200, un caccia con motore a cilindri in linea. Esso era niente di meno che l'AM-35, un 12 cilindri a V capace di 1.350 hp al decollo e 1.200 a 6.000 m. Era un motore potentissimo per i tardi anni '30, e nondimeno, già diventato un sistema conosciuto e affidabile. Il problema è che non nacque certo come propulsore per caccia: pesava ben 830 kg, più o meno come il DB-603 tedesco, ovvero circa 230-250 kg più dei tipi tedeschi e britannici equivalenti. Per giunta era anche molto lungo, il che mise i progettisti nella necessità di portare molto all'indietro l'abitacolo del pilota, e quel che è peggio, di ridurre al minimo la cellula tutt'attorno per rendere l'aereo il più prestante possibile. Il risultato di tale lavoro era un velivolo per certi versi simile alle tipologie all'italiana come il Macchi 202-205 o il Re.2005. Il problema è che qui il velivolo era davvero estremo, e
Il MiG era una specie di F-104 ante-litteram, quasi un 'racer' a cui era stato installato un minimo d'armamento, una cellula la più piccola possibile attorno al motore più potente. L'unico altro esempio almeno altrettanto estremo, era il Me.209 tedesco. Nonostante una grossa quantità di carburante, non aveva una lunga autonomia, mentre era veloce in salita e in volo orizzontale, ideale per le alte quote. Purtroppo venne assegnato alle unità da caccia 'normali' anziché a reparti specializzati in tali azioni. Al 22 giugno 1941, i caccia sovietici di nuova generazione erano già molti. E i MiG primeggiavano su tutti: si parla di ben 1.289 aerei tra MiG-1 e MiG-3 (la versione migliorata, entrata poco dopo in produzione), vs 335 Yak-1 e appena 322 LaGG-3. In tutto, però, costituivano una forza di circa 2.000 caccia moderni, che in teoria avrebbe dovuto surclassare gli aggressori. Invece non accadde nulla di ciò. Il MiG-3 era da poco entrato in servizio e aumentava il carico utile grazie ad un serbatoio dietro il pilota da 245 litri, che forse serviva anche a controbilanciare il peso del 'naso', peraltro aumentato da un ShVAK da 20 mm al posto della BS; altre due vennero sistemate sotto le ali, però tutto questo peggiorava le capacità dell'aereo e allora si ritornò, almeno per parte degli aerei, alla configurazione del MiG-1. Il MiG ebbe una situazione contingente non favorevole: la V-VS volle
Il MiG-3 nel frattempo era maturato in maniera apprezzabile, dopo il primo volo già nell'ottobre del '40 e l'inizio della produzione verso dicembre (anche qui vi sono dati contrastanti, altre fonti parlano di metà giugno '41). Era ottenuto muovendo il motore in avanti di 10 cm, con diedro aumentato da 5 a 6 gradi, in entrambi i casi per migliorare la stabilità, un nuovo radiatore che permetteva di ospitare un serbatoio aggiuntivo (quello da 245 litri), sistema di pressurizzazione a gas inerti per i serbatoi, 8 mm di acciaio per il pilota (poi aumentati a 9 negli ultimi esemplari), miglioramenti vari di dettaglio, ruote ingrandite, abitacolo migliorato e radio RSI-1, munizioni aumentate e punti subalari per 100 kg di bombe, razzi (fino a 8) e persino mortali serbatoi di sostanze chimiche da disperdere a terra, il tutto sperimentato sull'I-200 N.04, ovvero il quarto prototipo. I test furono davvero positivi, dato che le prestazioni- differentemente da quelle degli altri caccia sovietici- non solo non erano decadute, ma addirittura, a parità di motore, erano superiori. Se ne ordinarono ben 3.600 esemplari per il solo 1941, di quello che all'epoca era il caccia più veloce del mondo (o uno dei più veloci, quantomeno).
Tra le altre caratteristiche di questo caccia diurno da intercettazione, c'era l'ala bassa e la carreggiata larga del carrello, basato nelle ali, le quali a loro volta erano piuttosto rastremate. Il motore AM-35A aveva una velocità di rotazione molto più bassa dei tipi occidentali: al decollo i 1.350 hp li erogava ad appena 2.050 giri-min. Per sottolineare le capacità d'alta quota, il pilota, oltre che l'ossigeno di una bombola, aveva anche a disposizione un abitacolo pressurizzato, cosa molto rara a quei tempi e anche dopo. Dell'armamento si è già detto, della sistemazione del carburante, nel suo complesso, si sa che ammontava a 655 litri di cui due serbatoi da 150 litri nella parte centrale del caccia, nel cassone alare; un altro da 245 era dietro il pilota, uno anteriore da 150 litri davanti. L'abitacolo era riccamente equipaggiato con non meno di una quindicina di 'orologi' e un collimatore a riflessione. Vi era una paratia tagliafiamma anteriore, mentre il sedile del pilota aveva lo schienale spesso 9 mm, che era la paratia posteriore blindata. I serbatoi erano parzialmente protetti con gomma, però stranamente non erano considerati autosigillanti, formati come struttura base da lastre saldate in alluminio. VI era una radio RSI-3 e una RSI-4. Le prese d'aria erano per il carburatore, nei fianchi del muso. Altri particolari erano gli ipersostentatori in 3 sezioni, di tipo a spaco, più gli alettoni metallici con rivestimento in tela, ma
Tra i tipi rimasti a livello di prototipo da ricordare il MiG-3M-82, che era dotato di un M-82 da 1.600 hp, ma che data la difficoltà di raccordarlo alla cellula del caccia, diede sorprendentemente prestazioni deludenti, anche perché il motore pesava 55 kg di più del precedente e
Il successivo MiG-3D aveva l'AM-38F da 1.700 hp e due ShVAK da 20 mm, 370 cp totali, e prodotto in pochi esemplari. Esso era dotato finalmente di una fusoliera ben più lunga e proporzionata, dalla forma molto armoniosa. Altrettanto bello era l'I-220(A) con l'AM-39 da 1.700 hp, due cannoni da 20 mm; era un caccia d'alta quota del '43, ma rimasto senza esito; l'I-221(2A) introduceva anche il compressore TK-2B per arrivare fino a 13.000 m, l'I-222(A) avev elica quadripala e doppio compressore per 691 kmh a 7.800 m. Da qui si passò all'I-222 o MiG-7, con il VK-107A da 1.700 hp e in aggiunta, compressore multistadio, mentre l'abitacolo era blindato e meglio pressurizzato. Volò nel '44 ma oramai il pericolo proveniente dalle alte quote era scomparso e così esso non ebbe produzione in serie. L'armamento era di un cannone da 20 mm e due o 4 mitragliatrici. Non bastando ancora, venne anche sperimentato l'I-224 stratosferico con l'AM-39FB e doppio turbocompressore per 14.100 m di tangenza, ma quest'aereo, sempre del '44, non ebbe seguito. Infine, l'ultimo stadio di questa famiglia di caccia d'alta quota altamente evoluta e dal bell'aspetto armonioso (niente a che vedere con i primi MiG) fu l'I-225 con l'AM-42FB da 2.200 hp e 726 kmh.
[[File:Operation_Barbarossa_-_Russian_plane.jpg|350px|right|thumb|Questo MiG ha visto giorni migliori. E' una delle vittime di 'Barbarossa']]
Come si vede, i margini di crescita, se ce ne fosse stata la necessità, non mancavano per i MiG, ma la V-VS era più impegnata in campo tattico e così quello che serviva furono cacciabombardieri tattici. I MiG-3 erano nel loro elemento
Attualmente, per la gioia degli appassionati 'warbirders', un MiG-3 è tornato a volare in Russia, con tanto di capacità di volo acrobatico, dimostrata nel MAKS 2007, la mostra aerospaziale di Mosca.
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