Caccia tattici in azione/Lo Zero: differenze tra le versioni

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Gli 'Zero' erano riusciti a migliorare di qualcosa durante il tempo. L’A6M3 aveva un motore più potente e poteva fare oltre 540 kmh a 6.000 m. L’armamento originariamente era costituito da due mitragliatrici (le cui culatte sporgevano nel pannello strumenti, come nei caccia della I GM) e due cannoni, ma questi ultimi avevano solo 7 secondi di fuoco e venivano usati soltanto per le ‘grandi occasioni’, ovvero per dare il colpo di grazia ad un caccia già danneggiato o contro i bombardieri. Quindi in azione non erano poi così armati come gli aerei americani, come gli F4F (4-6 M2 da 12,7 mm). I Wildcat furono gli unici a poter duellare ad armi pari con gli Zero, ottenendo risultati dell’ordine dell’1:1. Ma soprattutto, aiutando a vincere a Midway, al di là degli scontri diretti.
 
Il Wildcat fu poi protagonista di una certa evoluzione e, come già accennato, l’FM-2 finale era un formidabile avversario. Nonostante il miglioramento degli aerei giapponesi, ottenne un risultato di abbattimenti-perdite molto superiore ai primi F4F, eppure rispetto ad essi non era che marginalmente migliore. Forse il problema, anche qui, era la decadenza del livello medio dei piloti giapponesi. Tuttavia esso non crollò subito dopo Midway: ancora nella battaglia delle Isole S.Cruz, 26 ottobre 1942, i Giapponesi si batterono molto bene e finirono per vincere lo scontro navale con gli americani, che persero la Hornet. Gli Americani furono costretti sopratuttosoprattutto a confidare nella potenza di fuoco delle corazzate per difendere le portaerei (Enterprise e Hornet), con particolare mensione per la South Dakota, che grazie all'esordio delle spolette radar di prossimità da 127 mm, dichiarò 32 aerei abbattuti (26 poi confermati). I Giapponesi avrebbero avuto 115 aerei distrutti in azione, ma come sempre le cifre appaiono gonfiate. La cifra che ufficialmente ammettono persa fu di 74 aerei, di cui 6 Zero, 31 D3A e 21 B5N negli attacchi alle navi americane, e solo 5 altri Zero in difesa delle proprie navi. Solo questi ultimi caccia rivendicarono (erano una torma di circa 60 esemplari) 20 vittorie ovvero un 4:1. Gli Americani persero 74 aerei più quelli (non noti) con la Yorktown, ma in aria le perdite furono uguali da una parte e dall'altra<ref>PF Vaccari, la Battaglia delle Isole S.Cruz, Rivista Storica Gen 1996</ref>.
 
Dato che i piloti alleati erano in genere ben addestrati, anche se non necessariamente esperti, i Giapponesi inizialmente ebbero molto vantaggio, e non c’era scampo per chi li affrontava in uno scontro manovrato (eccetto che per i piloti di Wildcats). Ma anche così, il livello di successi ottenuto contro i caccia inglesi non può non stupire.
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*28-6-43, 9 G4M e 27 A6M3 attaccano Darwin, contrastati da ben 43 Spitfire, ma tutto quello che riuscirono a fare fu abbattere un bombardiere e danneggiare 4 A6M, perdendo uno dei loro
*30-6-43: 23 G4M e 27 A6M tornano per bombardare una base vicino a Darwin. Vengono accolti da ben 38 Spitfire. Un G4M venne colpito e in seguito, all'atterraggio, andò perduto fracassandosi. Ma gli Spitfire, per questo modesto risultato, perdono sei dei loro. A terra vengono distrutti 5 aerei, di cui 4 erano bombardieri pesanti B-24.
*6-7-43: altra incursione diurna con 22 G4M e 26 A6M; 33 Spitfire accettano la sfida e combattono con grande accanimento. Stavolta ben 3 G4M vengono abbattuti, ma questo non impedisce un efficace bombardamento di un aeroporto (un B-24 distrutto e tre danneggiati, un deposito di carburante incendiato ecc), e sopratuttosoprattutto, ben sette Spitfire vengono abbattuti dagli Zero. Questo fu l'ultimo dei bombardamenti diurni sull'Australia, dopo di ché i Giapponesi dovettero rititarsi dalle Salomone e dalla Guinea.
 
Gli Spitfire del 1 Wing avrebbero dovuto fare a pezzi queste unità d'attacco, specialmente considerando che i piloti nemici dovevano arrivare sul continente con una lunga e faticosa missione di scorta. Invece persero in azione 38 dei loro aerei ottenendo 3 A6M, un Ki-43, un Ki-21 e sette G4M, decisamente troppo poco, anche considerando ben 18 vittorie reclamate sui ricognitori veloci Ki-46. Questo, nel mentre gli americani, con i loro meno brillanti P-40 stavano ottenendo risultati nettamente migliori sulle Salomone Orientali (da cui l'abbandono giapponese dei propositi di conquista dell'Australia settentrionale). Un pilota inglese raccontò che si buttò ad alta velocità (500 kmh) alle spalle di uno Zero, il quale però fece un perfetto looping dal raggio di circa 200 metri, e subito si ritrovò alle spalle dello Spit, al quale nulla servì attaccare ad alta velocità l'avversario. L'inglese fece solo in tempo a buttarsi in una precipitosa picchiata che da 7.000 metri lo portò fin sul mare, riuscendo a distanziare fortunosamente il giapponese.
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[[File:Kawanishi_N1K2-J_050317-F-1234P-015.jpg|330px|right|thumb|L'N1K-2J]]
In realtà gli USA persero solo 2 Hellcat, il che al di là delle cattive ricostruzioni del momento, dà comunque un dignitoso risultato di parità, piuttosto raro all'epoca. Così avvenne, ma con numeri ben maggiori, con il 343 stormo della Marina, armato di N1K-1 e -2, sopratuttosoprattutto questi ultimi. Nella primavera del '43 ebbe il giorno da Leoni contro i caccia dell'USN, allorché dichiarò una cinquantina di caccia abbattuti. In realtà le perdite americane furono di circa 15 aerei, più o meno quelli persi dai Giapponesi. La cosa più curiosa, è che i Corsair emularono le presunte gesta del cap. Muto, allorché due di essi vennero a trovarsi inseguiti dagli Shiden, ma coprendosi a vicenda, abbatterono ben 4 caccia e poi tornarono alla portaerei salvi. Ma la giornata dimostrò che i piloti giapponesi avevano ancora stoffa, e che gli Hellcat erano abbastanza alla portata degli Shiden, specialmente l'ultimo tipo (Shiden-KAI). I Corsair erano più difficili da abbattere, ma in ogni caso riportarono a loro volta perdite non indifferenti. Data la sproporzione numerica, con 12.000 Corsair in produzione rispetto a circa 500 Shiden-KAI, l'esito era comunque scontato sul lungo termine. Sakai non volò spesso con lo Shiden, nonostante tutto, a quanto pare non gli garbava il carrello, sicuramente riferendosi al primo modello. Lo Shiden doveva molta della sua capacità combattiva alla presenza di ipersostentatori di combattimento, che consentivano di stringere molto le virate nonostante il peso non indifferente. In tal senso, se gli Hellcat e i Corsair finivano a duellare a breve distanza erano in grave pericolo. Entrambi i contendenti avevano un armamento più che sufficiente per abbattersi a vicenda, ma questo non impedirà quel giorno delle battaglie semplicemente furibonde, in cui i caccia duellarono anche per mezz'ora consecutiva, senza tutto sommato subire molte perdite.
 
Gli 'Shiden', come si è visto, non è che fossero stati fatti volare nelle fasi finali della guerra, anzi. Tuttavia, il motore Homare e altra componentistica rimasero inaffidabili e costrinsero ad allungare i tempi della messa a punto. I 1.900 hp del motore erano infatti troppo impegnativi per una nazione priva di carburanti ad alto numero di ottani, il che limitava le prestazioni complessive di un po' tutti i motori dell'Asse: è per questo che gli anglo-americani non avevano sistemi esotici come l'MW-50 per aumentare la potenza, ma semplicemente potevano permettersi di aumentare la pressione di alimentazione in maniera notevole. I B-29 devono essere stati tutto sommato assai efficaci nella loro prima fase, perché i loro bombardamenti, ancorché costosissimi e difficilmente supportabili, tanto meno capaci di piegare da soli il Giappone, colpirono diverse importanti industrie. A questo ci si aggiunse un devastante terremoto nel tardo 1944. Il totale degli Shiden-KAI completato per la fine del '44 rimase così confinata ad appena una sessantina di esemplari, e poche centinaia sarebbero seguite nell'anno successivo, in una situazione di totale sbando. E dire che in effetti la costruzione dell'aereo era stata semplificata grandemente per averne il maggior numero possibile, rispetto al vecchio modello ad ala media. Lo Shiden Kai aveva pochi difetti, tra cui la scarsa potenza in quota contro i B-29, ma si cercò di rimediare con progetti ulteriormente avanzati. Dato che il centro di gravità era troppo all'indietro nel nuovo tipo di caccia, si pensò di allungare la fusoliera di 15 cm per portare più lontano possibile il motore dal CG. Inoltre si creò lo spazio per due armi da 13,2 mm nel muso, che si aggiungevano ai 4 cannoni da 20 alari. La versione ebbe due prototipi ma nessuna produzione di serie, così come il corrispondente per impiego sulla flotta di portaerei che oramai non esisteva più. L'N1K-4 era il tipo d'alta quota con un motore NK9H-S Homare da 2.000 hp; l'N1K5-J ebbe un ulteriore evoluzione con motore da ben 2.200 hp MK9A ma il prototipo fu distrutto dai soliti B-29. Era tardi, il giugno 1945, per contrastare gli Americani, e anche l'ultimo progetto con un Homare 44 con compressore a tre velocità venne lasciata perdere.
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==Il Kawasaki Hien e altri dell'esercito==
Hien significa 'Rondine' e ben si addice alla sagoma slanciata e all'ala di grande allungamento (7,2:1) di questo caccia dell'Esercito, potente ma non molto fortunato. Eccone una doverosa descrizione, comparandolo allo stato dell'arte dei caccia giapponesi dell'epoca, a parte lo Zero, già discusso sopra<ref>Dati sopratuttosoprattutto da Gibertini, Giorgio: ''Rondini Giapponesi'', Aerei nella storia Ago 1998</ref>.
 
[[File:Kawasaki_Ki-61-14.jpg|350px|left|thumb|Un Ki-61 Hien]]
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Il Ki-61 si era quindi dimostrato veloce e manovriero, surclassando il Bf-109E che aveva praticamente lo stesso motore. Si fosse accettato di installare un motore più pesante ma più affidabile, molte cose sarebbero state senz'altro migliori, anche perché il caccia comunque aumentò notevolmente di peso e questo, lungi dal giustificare un motore meno pesante, avrebbe richiesto ad esso sforzi aggiuntivi per il distacco e la salita. L'affidabilità nei reparti di prima linea, specie quelli lontani dalla patria, con carburanti, lubrificanti e manutenzione sub-standard, fu molto labile e al contrario, in teatri come la Nuova Guinea il Ki-61 si dimostrò di fatto meno efficace di un '''Ki-43-II''', che però in aria era surclassato dai caccia Alleati.
 
Gli americani sopratuttosoprattutto avevano la tendenza ad evitare saggiamente il combattimento manovrato per disimpegnarsi ad alta velocità: funzionava con il Ki-43, che invece era pressoché imbattibile in manovrabilità e accelerazione tra i 250 e i 400 kmh: nemmeno lo Zero poteva superarlo in manovrabilità, e dire che il Ki-43 inizialmente era stato male accolto dai piloti, che lamentavano la ridotta agilità rispetto al Ki-27! In effetti, nonostante un motore da 950 hp e il carrello retrattile, il Ki-43 era solo 25 kmh più rapido del Ki-27, di cui condivideva l'armamento, pressoché inefficace contro aerei corazzati. In effetti, le prestazioni dei caccia giapponesi, nonostante la loro leggerezza, non furono particolarmente elevate, anche ricorrendo a motori alquanto potenti. La cosa doveva cambiare e in fretta, se si voleva ancora mantenere la superiorità aerea.
[[File:Ki-44 (1).jpg|350px|left|thumb|La caratteristica sagoma 'tutto muso' del Ki-44]]
Anche la Nakajima (l'altra fornitrice di caccia dell'Esercito, mentre la Mitsubishi aveva il monopolio di quelli della Marina) aveva proceduto in una strada che vide sia caccia per combattimento aereo che d'intercettazione: il Ki-43 era il tipo 'leggero', il '''Ki-44''' quello pesante, o meglio, l'intercettore perché di pesante c'era davvero poco in quest'aereo, una sorta di 'racer' con una fusoliera e ali minuscole rispetto al grosso motore. Questo doveva dargli velocità di salita e massima entro la specifica, che però non fu attesta, semplicemente non c'era abbastanza potenza per tale compito e nemmeno gli affinamenti successivi ebbero successo. Inizialmente la velocità era di 560 kmh, poi salì a ben 628 kmh, ma calò di circa 40 kmh con l'armamento a bordo. Tuttavia, si decise che il Ki-44 bastava anche così com'era e, dopo avere fatto tutto il possibile in termini aerodinamici e di riduzione del peso, ci si ritrovò con un caccia che sfruttava bene i 1.200 hp del motore radiale, con velocità massima, di salita e di picchiata notevoli, e un buon armamento. Se i Giapponesi fossero stati maggiormente convinti delle tattiche di combattimento moderne, quest'aereo, poco maneggevole e con una visuale piuttosto limitata per l'abitacolo angusto -ma pur sempre con un tettuccio integrale- sarebbe stato ben più apprezzato.
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L'ultima versione, con un motore da 1.500 hp era capace di 604 kmh e di salire a 5.000 m in poco oltre 4 minuti, ovvero forse la migliore prestazione di salita dei caccia giapponesi. Solo la Marina aveva un qualcosa di simile, un altro 'racer' con l'aspetto più affusolato per il motore disposto in maniera diversa: era il '''J2M Raiden''', il fratello 'veloce' dello Zero, dotato di un abitacolo senza tettuccio a bolla e con una visuale decisamente limitata. Venne relegato -causa la velocità d'atterraggio elevata- ai soli servizi a terra e siccome ne vennero prodotti solo 576 non stupisce che esso è rimasto poco noto se paragonato allo Zero (oltre 10 mila). Il Ki-44 era in realtà una risposta vincente e bene o male ne erano in servizio alcuni già quasi in contemporanea dei Ki-43. Questi ultimi erano non solo inferiori nell'insieme agli Zero (in particolare, più lenti, meno autonomia, meno robustezza e niente cannoni), ma erano anche disponibili in meno esemplari -appena 40 all'inizio delle ostilità contro 330-. I Ki-44 Shoki (demonio) ebbero una produzione di 1.225 esemplari complessivi, pochi ma non pochissimi se comparati ai 5.443 Ki-43. Sarebbero tornati utili contro i B-29, essendo forse i migliori caccia intercettori giapponesi, con prestazioni in quota eccellenti, e maggiore affidabilità rispetto ai J2M. Inoltre, degli ultimi caccia giapponesi, né il Ki-100 né lo Shiden ebbero potenze sufficienti per le alte quote, mentre il Ki-84 -concepito come macchina offensiva più che difensiva- era buono, ma non eccezionale e solo di poco più veloce del Ki-44.
 
Il '''Ki-84''' era anche molto prone a problemi meccanici che di fatto ridussero notevolmente l'apporto dato da questo eccellente caccia, entrato in servizio negli ultimi 18 mesi di guerra e prodotto in oltre 3.000 esemplari, ma con materiali sempre più scadenti. Differentemente dal Ki-44, esso era molto più agile con ali più grandi, maggiore autonomia e armamento, ma era anche più pesante, sopratuttosoprattutto i sistemi idraulici e meccanici lasciavano a desiderare in affidabilità. Ne vennero prodotti 1.670 entro il 1944, ma nel 1945, nonostante le consegne di almeno altrettanti velivoli, il livello qualitativo continuava a scemare e l'aereo divenne piuttosto inefficace oltre i 9.000 m. La situazione era peggiorata dai continui raid dei B-29, che per esempio, nel febbraio 1945 distrussero 74 Hayate al suolo. Anche gli impianti di produzione calarono l'attività sui motori per le stesse ragioni.
 
Come macchina, l'Hayate (Frank per gli Alleati) era dotato di una grossa quantità di carburante, circa 730 l, serbatoi autostagnanti, 13 mm di acciaio per il pilota, 65 mm per il parabrezza, un comportamento in volo facile per un pilota di media capacità, ma difficoltà di manovra a terra per via dei freni, eccellente maneggevolezza ma controlli inferiori rispetto a quelli del Ki-43, elevatori pesanti, alettoni leggeri fino a 480 kmh. L'aereo poteva superare gli 800 kmh in picchiata, ma sopratuttosoprattutto era capace di manovrare bene contro i caccia Alleati e di salire con tempi interessanti. Volando a quote medio-basse, era pressoché immune dall'intercettazione dei velivoli americani (la frase tipica in quei casi era 'forget it's a Frank'). Le versioni migliorate vennero pensate per raggiungere prestazioni in quota superiori, per aumentare l'armamento con cannoni da 30 mm (come venne fatto persino per alcuni Ki-61, un po' troppo sovraccaricati), un tipo in legno, e addirittura uno in acciaio. Il primo era 272 kg più pesante del tipo metallico, il secondo, in lega 'pesante', non volò mai perché era davvero troppo in sovrappeso per l'uso pratico. Il Frank continuò a combattere in maniera valida fino alla fine della guerra, malgrado tutto era il più diffuso e il migliore dei caccia giapponesi.
 
 
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Quest'aereo aveva prestazioni sub-standard ma, malgrado i problemi meccanici, si dimostrava per quel che era, sicuro e docile. Lo stallo era gentile, la maneggevolezza a velocità medio-basse straordinaria, grazie all'ala molto grande e poco caricata. Avesse avuto anche sufficiente potenza rispetto al peso, sarebbe stato un aereo ideale: per esempio, con un DB-601E tedesco (originale), del tipo del Bf-109F (1.350 hp). I Giapponesi tentarono di migliorarlo con il nuovo motore da 1.500 hp, ma fallirono, laddove i Ki-44 ultimo modello riuscirono assai bene e con una velocità quasi pari (604 kmh vs 610). Il raggio di virata era semplicemente eccellente, pari a quello dell'ultimo Wildcat (l'FM-2) e superiore largamente a tutti gli altri tipi americani, almeno della Marina. E ciò nonostante che gli americani testarono anche il FW-190 e in termini di manovrabilità, lo trovarono inferiore rispetto ai loro F6F e F4U, anche se questo era più correlato alla virata che all'eccelente rollio. L'FM-2, invece, venne trovato come quasi pari allo A6M5 (leggermente appesantito rispetto ai primi Zero, ma ancora eccezionale).
 
Il Ki-61 -anche se con il motore depotenziato- in termini di agilità venne trovato grossomodo pari all'FM-2, il che significa per semplice sillogismo che era quasi pari allo Zero, ergo un campione di virate ('turning fighter'). Se si considera che stracciava anche gli Hellcat e Corsair, così come questi facevano con l'FW-190, si capisce come fosse valido ques'aero, senz'altro -e nonostante il peso maggiore- molto più agile del Bf-109 (già battuto dal prototipo, che peraltro era più leggero) e superiore all'MC.202 (il cui carico alare era obiettivamente molto più alto). Quanto a velocità massima, venne trovato inferiore rispetto a tutti i tipi americani a bassa quota, ma a media quota era superiore rispetto all'FM-2 di circa 27 kmh (-10 kmh invece slm). Il fatto è che il Ki-61 in parola era capace di una velocità di picco dell'ordine dei 460 kmh a quota zero e 540-550 kmh a media quota, ovvero circa 50 kmh più lento di quanto avrebbe dovuto essere. Chiaramente il motore era in cattive condizioni e il risultato era una velocità massima del livello di quella dell'A6M5 valutato dagli Ameriani (539 kmh), e appena migliore di quella dei Ki-43-II. Questo spiegherebbe anche la scarsa capacità ascensionale e sopratuttosoprattutto la tangenza operativa mostrata nell'occasione. Con una meccanica affidabile, il Ki-61 sarebbe stato ben superiore e probabilmente, ancora più agile. L'accelerazione era in ogni caso, eccellente a velocità medio-basse.
 
Insomma, si trattava di un'ottima macchina da guerra priva di vizi e difetti, motore a parte. Come caccia a lungo raggio e cacciabombardiere era superiore alle altre con il DB-601 grazie al forte quantitativo di carburante di bordo -quasi il 50% più del Bf-109E- con un'autonomia di 1.100 km, 1.900 se con due serbatoi da 200 litri esterni. Era standardizzata la possibilità di portare serbatoi ausiliari o fino a 500 kg di bombe, la potenza di fuoco era considerevole, nell'insieme il peso ne faceva una macchina meno adatta ai decolli su allarme dei tipi europei perché più pesante e meno prestante in salita, ma grazie alla maggiore autonomia, capace piuttosto di restare in aria in missioni CAP anche per 3-4 ore, di eseguire missioni di caccia a lungo raggio e di trasferimento. Nonostante la ridotta quantità di munizioni (120 cp per i cannoni e 250 per le 12,7 mm) era abbastanza ben armato per eseguire efficaci attacchi al suolo anche senza bombe esterne, il che aumentava di molto il suo raggio d'azione anche come aereo offensivo: il Bf-109 doveva invece scegliere tra serbatoio da 300 l e bomba da 250 kg, o un lungo raggio d'azione senza bombe, oppure una distanza utile d'attacco dell'ordien dei 200 km appena.
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==Un accenno ai bimotori==
I Giapponesi furono anche in grado di realizzare parecchi aerei bimotori ad alte prestazioni, ma avendo più che altro compiti diversi da quelli definibili come tattici, qui ne accenniamo soltanto. Il migliore fu senz'altro, anche nelle missioni notturne, il '''Kawasaki Ki-45 Toryu''', un velivolo con due motori stellari capace fin da subito di prestazioni notevoli, paragonabili a quelle del Bf-110 (540 kmh), ma con un'eccellente agilità e buoni livelli di protezione e armamento. Esso era un osso duro e superava in agilità i P-38 americani, come anche competeva con i monomotori Alleati. Di tutte le versioni da caccia e d'attacco ne vennero realizzati un totale di 1.701 esemplari, armati con cannoni fino al 20 e al 37 mm. Il suo sostituto era il previsto Ki-102, che poteva filare a 580 kmh, ed era armato in alcune versioni anche con un cannone da ben 57 mm; tuttavia pochi vennero prodotti per i crescenti problemi di messa a punto dei motori dalle caratteristiche più avanzate, che oramai perseguitavano i Giapponesi. Questi tentarono anche l'uso di ricognitori ad alte prestazioni nel ruolo di caccia, come gli eccellenti '''Ki-46''', che tuttavia, quando armati di un cannone da 37 mm (fisso, puntato verso l'alto) con 200 colpi, si dimostrarono troppo lenti per raggiungere facilmente i B-29, di cui teoricamente avrebbero potuto essere pericolosissimi contendenti; per cui rimasero importanti sopratuttosoprattutto come ricognitori veloci, l'equivalente più diretto dei Mosquito britannici (le varie versioni furono capaci di 540, 603, 630 e persino di 700 kmh). La Marina propose altre soluzioni: i caccia J2N (502 kmh), e i bombardieri e aerei multiruolo Ginga, praticamente l'equivalente -ancora più veloce- del Ki-67 dell'esercito, ma più leggero e versato per un po' tutti i ruoli, dall'attacco silurante alla caccia notturna. IL Ginga (Via Lattea) venne prodotto in un migliaio di esemplari, più del Ki-67, ma tutto sommato rimase assai meno conosciuto, forse per via dei problemi che anch'esso incontrò con la messa a punto dei motori, motori che, in termini di potenza, i Giapponesi erano riusciti rapidamente a portare al confine pratico dei tipi a pistoni, ovvero quasi 2.000 hp, per poi però sperimentare le difficoltà a superare tale limite, più il problema aggiuntivo della potenza in quota, che richiedeva turbocompressori fuori dalla loro capacità di produzione.
 
 
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==Caccia giapponesi in azione: da Singapore all'Indonesia, 1941-42<ref>P.F. Vaccari, RiD set 04</ref>==
Zero, Claude e Oscar erano stati i protagonisti dei primi mesi di guerra aerea in Asia, che che protagonisti. Una delle campagne meno note è stata senz'altro quella verso i grandi arcipelaghi dell'Asia estrema: Malesia, Indonesia, l'isola-fortezza di Singapore. Gli Alleati avevano poco da opporre, piloti non molto addestrati e inesperti, e macchine obsolete. La RAF non aveva, all'inizio del '42, nessuno Spitfire fuori dai confini inglesi, mentre l'Hurricane era necessario sopratuttosoprattutto nel Mediterraneo e così i P-40. Allora, l'unica scelta possibile erano i caccia 'di terza classe' Brewster Buffalo. A Singapore c'erano circa 100 di questi tozzi monoplani, più 50 Blenheim e una quarantina di Swordfish, Albacore e peggio di tutti, i Vildebeest, nonché alcuni Catalina idrovolanti. L'Olanda aveva altri 40 Buffalo, 20 Curtiss CW-21 e 20 H-75, più 58 bombardieri Martin 139, 18 ricognitori CW-22, sei Catalina e ben 24 Dornier Do-24 di costruzione tedesca. Dal canto suo l'Esercito giapponese aveva schierato la sua 3a Divisione Aerea: il 3° Reggimento aveva vari gruppi per un totale di 24 Ki-43, 55 tra Ki-30 e Ki-48, e 23 Ki-51; il 7° Reggimento aereo possedeva in tutto ben 102 Ki-21 da bombardamento medio, oltre a 35 Ki-43 e sei Ki-27. Infine c'era il 12° Rgt con 81 Ki-27, 9 Ki-15 e 7 nuovissimi Ki-46 da ricognizione. Infine l'Armata del Sud aveva diverse squadriglie indipendenti, con 9 K-27, 12 Ki-48 e la 47a con 9 nuovissimi Ki-44 (in valutazione operativa), tutti sotto il suo diretto comando. I reggimenti 7 e 12 avrebbero partecipato all'inizio della conquista della Malaysia e poi sarebbero passati nell'ex-alleata Thailandia per poi partecipare alla conquista della Birmania; il 3° reggimento avrebbe invece passato dalla Malaysia a Sumatra e poi infine, a Giava. In tutto era una missione straordinariamente difficile, eppure inizialmente ebbe successo. Si pensi solo a cosa significasse operare, con le tecnologie di quei tempi, su di un'aerea di milioni di km2 e priva di quasi qualunque infrastruttura, con condizioni meteo non esattamente ideali (ma c'era molto di peggio, per esempio il settore delle Aleutine). Visto che la RN inglese aveva due corazzate, una delle quali la potenze P. of Wales, e la marina giapponese non aveva ancora le sue 'Yamato', prossime ad entrare in servizio (la capoclasse il 14 dicembre, una settimana dopo P.Harbour), c'era il timore che queste attaccassero l'area degli sbarchi. Così vennero mobilitati i migliori equipaggi ed aerei con tre stormi ei quali cue con 72 G3M e uno con 27 nuovi G4M, più 25 A6M, 12 A5M (scorta) e sei C5M (ricognizione). Le tre divisioni dell'esercito, al comando del gen Yamashita, sarebbero partite dall'Indocina e da Hainan per sbarcare nella parte settentrionale di Malaysia e Thailandia, la quale era d'accordo nel dare il permesso affinché le truppe giapponesi passassero attraverso il suo territorio.
 
Non è molto noto, ma le operazioni iniziarono già tra il 7 e l'8 dicembre 1941, addirittura prima dell'attacco a P. Harbour. I reparti aerei giapponesi si dimostrarono fondamentali in questa situazione, sebbene avessero solo 57 Ki-43 e 96 Ki-27, oltre ai bombardieri e ricognitori, nonché ai velivoli da trasporto. La flotta lasciò gli ormeggi il 4, ma presto venne avvistata, malgrado le pessime condizioni meteo, già dal 6 del mese vennero avvistate le navi giapponesi e il 7, oltre 10 ore prima dell'attacco a P.Harbour, un Catalina inglese venne abbattuto da alcuni Ki-27 del 1° Gruppo. Era questo il primo aereo Alleato distrutto durante la Guerra del Pacifico. Dalle prime ore dell'8 iniziarono i bombardamenti, condotti sopratuttosoprattutto dai Ki-21 con bombe a frammentazione leggere, per distruggere gli aerei sulle piste senza 'craterizzare' anche queste, rendendole inservibili nel breve periodo. Vennero attaccati numerosi aeroporti malesi settentrionali, come Butterworth e Kota Bharu. Circa 26 tra Hudson, Blenheim, e Buffalo (questi erano una mezza dozzina) vennero distrutti o danneggiati seriamente. Malgrado queste perdite, i britannici contrattaccarono e colpirono diverse navi, ma non riuscirono ad impedire gli sbarchi. e presto gli aerei giapponesi atterrarono sugli aeroporti conquistati. In tutto 5 Ki-21, 2 Ki-43, un Ki-48 e due Zero vennero persi, per lo più per via del maltempo che li costrinse ad ammarare, altri 18 ebbero danni più o meno gravi. Il 10 dicembre vi fu il celebre attacco alle due corazzate britanniche P. of Wales e Repulse (quest'ultimo, ad essere precisi, era un vecchio incrociatore da battaglia, non ammodernato estesamente con il fratello Renown); esse erano salpate per attaccare i giapponesi nella Baia di Singora, dove avevano sbarcato. Ma senza protezione aerea e con i cacciatorpediniere che già dopo due giorni erano a corto di carburante, l'amm. Phillips decise di tornare indietro. Oramai però era tardi e vennero localizzati 26 G4M dello Stormo di Kanoya nonché 59 G3M degli altri due stormi, armati sia con gli eccellenti siluri giapponesi aviolanciabili, sia con bombe perforanti. Attaccando da quote di 50 metri e sganciando da 400-600 m di distanza, nonostante il volume di fuoco delle navi inglesi, riuscirono ad affondarle entrambe con la perdita di 840 uomini; i giapponesi ebbero modo di mettere a segno qualche bomba e non meno di 10 siluri, perdendo un unico G3M e ben due G4M, più un terzo che si sfasciò all'atterraggio e altri, ovviamente, danneggiati dalle pallottole e schegge. Come si può vedere, c'era qualcosa che non andava se i più recenti G4M, pur se impiegati in un numero pari alla metà, avevano avuto il triplo delle perdite dei più vecchi e lenti G3M. Ma il successo, per il momento, fu totale, con la RN cacciata via (e ci rimarrà fino all'inizio del '45) dal Pacifico. I Giapponesi stravinsero; i Buffalo vendicarono in parte tale disastro quando, il 13 dicembre, 16 di loro abbatterono quattro bombardieri giapponesi di tipo imprecisato, trovati senza scorta, e già verso il 15 il solo esercito giapponese aveva perso non meno di 53 aerei. Però i britannici avevano evacuato tutte le basi settentrionali della Malaysia. Il 21 dicembre si fecero vedere anche gli olandesi, mandando 4 Hawk ad attaccare Singora, ma solo uno tornò indietro. Il 21 cominciarono anche le incursioni su Kuala Lampur e 18 Ki-32 del 64° gruppo, guidati dall'asso (o futuro tale) Kato, si imbatterono con 12 Buffalo inglesi, abbattendone 5 contro una sola perdita; i britannici erano talmente inesperti che dissero di avere abbattuto alcuni Bf-109, che di sicuro non somigliavano affatto ai Ki-43, e persino Bf-110 (avranno avvistato dei Ki-46 o 48?). 26 dicembre, anche i primi reparti della Marina giapponese sbarcano su territori conquistati, tra cui 19 Zero. Nondimeno il 27 i britannici attaccano Sungei Patani, dove i giapponesi hanno ammassato molti aerei, circa un'ottantina dell'esercito. Sei Blenheim e 5 Hudson distruggono 10 Ki-51 del 27° Gruppo e un'altra cinquantina di aerei viene danneggiata in vario grado. Un disastro, ma all'inizio di gennaio la 3a Divisione dell'esercito era oramai tutta in Malesia settentrionale e Kuala Lampur veniva occupata già l'11 gennaio. A quel punto iniziarono i bombardamenti su Singapore, specie il 12 quand ocirca 150 aerei giapponesi si presentarono, tra cui 43 Ki-43 e 97 Ki-27, sul suo cielo; 20 Buffalo decollarono per contrastarli e 5 andarono distrutti, più 4 al suolo. I britannici dovettero constatare che per raggiungere gli 8.000 m i loro caccia richiedevano ben 30 minuti. Nel frattempo giungevano rinforzi, tra cui 51 Hurricane e 15 Hudson, i primi con un convoglio, i secondi con un'epica trasvolata dalla madrepatria, con scali in diverse basi inglesi lungo il globo. Ma non fu sufficiente: in centinaia di missioni nei giorni seguenti, sopratuttosoprattutto di bombardieri, i giapponesi persero 5 tra G3M e G4M, cinque Zero e un ricognitore Babs. Nel frattempo si avvicinavano anche gli aerei dell'Esercito e il 26 gennaio questo sbarcò ad Endau; i brigannici fecero decollare tutti i loro aerei, tra cui 21 Vildebeest (con la loro velocità di crociera di 'ben' 112 kmh), Albacor,e Hudson, Buffalo e Hurricane. Persero ben 10 Vildebeest e altri due si fracassarono all'atterraggio, più 2 Albacore, due Hudson e un Hurricane (strano, ma su 16 Buffalo non sembra che alcuno andasse perduto quel giorno); i giapponesi persero un paio di Ki-27 ed ebbero una nave danneggiata, ma i 38 aviatori abbattuti furono un disastro per la RAF. Il 27 gennaio la portaerei HMS Indomitable arrivò a Giacarta (all'epoca nota come Batavia) con 48 Hurricane, ma oramai era già talmente disastrosa la situazione di Singapore, che solo 12 vennero ivi mandati, con i crateri delle bombe che oramai costellavano i campi di volo e le infrastrutture distrutte. Solo 21 dei 51 Hurricane arrivati in precedenza erano ancora efficienti al 28 gennaio 1942, anche se pure l'Aviazione dell'esercito giapponese era sotto organico, con circa 160 aerei su 250 circa iniziali, tra cui la perdita di 23 Ki-43 (aerei di recente introduzione in servizio) d 32 Ki-27, dei quali il 60% per opera del fuoco nemico e il resto per incidenti. Ma oramai era finita, il 9 febbraio la piazzaforte assediata vide gli ultimi combattimenti aerei, mentre i Ki-36 e 51 appoggiavano le truppe che passavano per lo stretto di Johore, quello che divide Singapore dalla Malaysia; in quella mattina un Ki-43 distrusse un Hurricane e questa fu l'ultima vittoria aerea della campagna; il gen Wavell, già valoroso comandante ai tempi dell'Africa del Nord (1940-41) e inspiegabilmente mandato in 'vacanza' laddove la guerra corazzata non aveva quasi ragion d'essere, partì verso Giava con un Catalina olandese, seguito l'11 febbraio dagli ultimi 4 caccia efficienti. I Giapponesi non affrontarono Singapore dal lato marittimo, date le difese britanniche molto rinforzate negli anni precedenti, ma attaccarono da nord, dove queste erano piuttosto sguarnite, con un'epica marcia attraverso la foresta tropicale più fitta. Come i tedeschi attraverso le Ardenne (sia nel '40 che persino nel '44) sorpresero il nemico che non si aspettava la capacità di un'intera armata di spostarsi attraverso territori degni di un Camel Trophy. Eppure successe, e Singapore ne fece le spese. Sebbene Tobruk sia stata ugualmente un duro colpo, un po' perché veniva dietro ad altri insuccessi, un po' perché era più vicina 'a casa', la perdita di Singapore fu anche peggiore: in fondo la città libica era stata occupata dai britannici, mentre l'isola asiatica era una loro roccaforte storica. Nonostante che i giapponesi fossero nettamente meno numerosi, conquistarono la città con 138.000 soldati, di cui 38.000 inglesi, 18.000 australiani, 15.000 malesi e 67.000 indiani. Come già per l'affondamento delle due corazzate del 10 dicembre, si ripeté una gravissima sconfitta da parte di un esercito asiatico ai danni della potenza coloniale per eccellenza, un fatto mai accaduto, almeno non in quelle proporzioni. Tra le perdite, da segnalare anche, entro il 15 febbraio, 122 Buffalo e 45 Hurricane.
 
Nel frattempo i giapponesi sbarcarono, fin dal 16 dicembre, in Borneo, appoggiate dagli idrovolanti F1M, e subito conquistarono un tratto di costa molto esteso; diversi bombardieri olandesi, nei giorni successivi, vennero abbattuti dagli Zero. Il 25 dicembre fu un Natale amaro per gli olandesi: sei Zero decollarono alla volta de l lago Menado, dove c'era una base olandese per idrovolanti, e distrussero 4 Do-24 e un Sikorsky civile. Il 27 continuò il massacro dei lenti idrovolanti con gli Zero dello stormo di Tainan che abbatterono altri 4 idro alleati, stavolta Catalina americani; poi il 29 toccò a 4 Buffalo olandesi, e in seguito, l'11 gennaio, altri 4 aerei, stavolta Hudson australiani, caddero sotto i loro colpi; il 24 gennaio a Balikpapan gli stabilimenti petroliferi della Shell vennero conquistati e sopra di essi lo stormo di Tainan abbatté 2 Buffalo e altri 4 (ancora!) Martin; i B-17 americani erano invece ben più difficili da distruggere, presentandosi in formazioni serrate da 4 aerei e difendendosi accanitamente anche dagli Zero. I piloti giapponesi provarono diverse tattiche, specie nel caso i B-17 fossero del tipo E c'era di che temere e li scambiarono persino per 'caccia quadrimotori' dato che avevano un armamento potente, inclusa la torretta caudale con due armi; altri B-17, i C e D, spesso installavano false mitragliatrici all'estremità di coda (in pratica, 'manici di scopa') per dare ai cacciatori nemici l'impressione di essere sotto tiro; la postazione a 'vasca da bagno' che avevano si dimostrò poco funzionale e spesso venivano tolte le armi da questa sistemazione ventrale, sostituira da canne di 'legno' finte. Ad ogni modo, gli sbarchi proseguirono e anche i B-17, che attaccavano da 6 mila metri quasi impunemente (ma con scarsa precisione, malgrado il sistema di puntamento Norden), non furono più una minaccia immediata dopo che venne occupata Kendari il 24 gennaio; da lì cominciarono ad operare, già dal 27, 18 Zero e 9 D3 Val, delle portaerei Soryu e Hiryu che distaccarono alcuni dei loro aerei a terra. Nel frattempo gli USA cercavano di fare del loro meglio per rafforzare le difese del settore mandando a Darwin ben 250 P-40E, mentre Sumatra ebbe circa 20 Blenheim, 39 B-17 e 12 B-24 anglo-americani, e dal 31 gennaio, a Palembang una ventina di Hurricane operavano assieme a circa 40 Hudson e trenta Blenheim. Ovviamente quest'aeroporto venne attaccato a più riprese dai giapponesi, che provvidero a 'scremarla' abbondantemente. Ma gli Alleati non erano finiti. Il 14 febbraio era noto come la 'strage di S.Valentino' per un regolamento di conti mafioso (coinvolto anche Al Capone); anni dopo, stavolta nel '42 (ma la cosa si ripeté anche nel '43!) toccò agli aerei alleati dare adito a tale tradizione. Attaccarono l'ennesimo convoglio d'invasione giapponese a Nord di Sumatra con 13 Hudson, 15 Blenheim (che non erano né meglio né peggio dei colleghi americani), e 15 Hurricane (probabilmente tutti Mk.II); non vi fu alcun risultato pratico, mentre vennero persi 5 Hudson e non è chiaro se vi furono altre perdite. Sta di fatto che, tornando verso la base di Palembang, gli inglesi si trovarono di fronte ad una scena incredibile: circa 40 aerei giapponesi stavano lanciando 270 parà, che non erano al primo impiego, ma di sicuro al più importante, sulla base stessa, abbondantemente appoggiati da altri aerei con contenitori di armi e azioni di bombardamento diretto. Gli Hurricane mitragliarono i parà, ma questi, malgrado le perdite, riuscirono ad occupare la base, mentre gli Oscar (Ki-43) di scorta a questi aerei (circa 80 bimotori) reagirono. In tutto vennero distrutti cinque Hurricane e un Ki-21, e già il giorno dopo giunsero sulla base conquistata i primi Ki-27. A quel punto gli inglesi lasciarono Sumatra. Poi toccò a Giava: essa aveva circa 100 aerei di cui molti assai malmessi, inglesi, poi quelli americani tra cui 20 bombardieri B-17 e 24, gli olandesi avevano 34 Buffalo e circa 10 Hurricane ex-RAF e vari altri aerei minori. Il 3 febbraio 1942 iniziò l'attacco a Surabaya con 72 G3M e G4M, con la scorta di 44 Zero e tre 'Babs' da ricognizione. I caccia alleati persero 9 dei loro (su 25), contro 4 Zero e un 'Babs'; i bombardieri ebbero modo di 'arare' i campi d'aviazione, distruggendo circa 15 idrovolanti e sei B-17; il 5 febbraio 1942 vi furono altri attacchi aerei, con la distruzione al suolo di 19 aerei nel loro complesso. L'8 febbraio si fecero sotto i 'pesi massimi' dell'USAAF, con 8 B-17 decollati da Giava sulla base giapponese di Kendari; arrivarono 9 Zero ad intercettarli, e stavolta dimostrarono di saperci fare: salirono in quota e attaccarono frontalmente, dimostrando in concreto, per la prima volta, come si dovessero affrontare i quadrimotori americani: un attacco frontale diretto. E funzionò, sfruttando la potenza di fuoco dei 20 mm e l'agilità di manovra dello Zero. Due B-17 vennero così abbattuti, e tutti gli altri danneggiati, praticamente uno per ciascun Zero. Non bastasse, il 9 febbraio andarono persi 8 P-40 che si persero nella tratta Australia-Timor; e 3 A-24, scambiati dalla contraerea per aerei nemici, atterrando a Giava Est, e riportando danni decisivi. Il 9 Batavia venne attaccata da 27 bimotori con la scorta di 13 Zero, eliminando una dozzina di Buffalo. Il 19 febbraio i Ki-43 ebbero la loro parte di gloria, mitragliando per due volte Batavia e distruggendo 17 aerei. Bali, occupata il 18-20 febbraio, vide subito i reparti di Zero in azione, che il 20 febbraio abbatterono cinque A-24 su sette, e poi, sull'aeroporto di Malang, eliminando altri 5 B-17; il 27 febbraio la USS Langley, la prima portaerei dell'USN e oramai declassata a trasporto aerei, era salpata da Pt Darwin con ben 32 P-40E per i reparti USAAF di Giava; il 27 era stata attaccata da vari G4M con la scorta di 12 Zero; senza scorta, la lenta nave venne colpita da 5 bombe (forse da 250 kg) e mitragliata, incendiandosi e andando alla deriva, fino a che venne affondata dai cacciatorpediniere alleati che ne raccolsero i superstiti. Uno degli ultimi attacchi venne fatto dagli alleati con sei Hurricane, 9 P-40 e sei Buffalo, che inflissero danni gravi ai mezzi da sbarco giapponesi che stavano sbarcando truppe il 1 marzo a Surabaya. Ma non era finita: incredibilmente, due soli Zero risolsero la situazione. Due aerei di Tainan, decollati da Bali, il 1 marzo si presentarono sui campi di Surabaya; in pochi minuti distrussero 10 P-40, 2 B-24, 2 Hurricane e 5 vecchi Martin olandesi. Un disastro totale, e pensare che all'epoca gli Zero avevano solo 120 colpi da 20 mm l'uno, più le mitragliatrici da 7,7. Il 2 marzo gli Zero, eccedendo nel loro zelo, abbatterono persino il Ki-43 dell'asso Kato, che tuttavia si salvò (anche se di lì a due mesi sarebbe rimasto ucciso in Birmania); il 5 marzo circa 180 aerei delle portaerei giapponesi colpirono Tjilatjap, senza alcuna resistenza affondarono 12 navi e una quindicina di battelli. Il 6 marzo, l'ultimo pugno di Hurricane efficienti mitragliarono la base di Kalidjati; il 7, in risposta, sei Ki-43, seppur armati con due sole 7,7 mm, attaccarono una base inglese, distruggendo due Hurricane e tre Vildebeest. L'8 marzo gli ultimi aerei inefficienti vennero bruciati dagli alleati e la guarnigione di Giava si arrese all'Esercito imperiale, subendo la durissima prigionia tipica dei giapponesi. La campagna per le grandi isole asiatiche era finita. Ora c'era da difendere l'Australia. Ma questa sarebbe stata un boccone troppo grande anche per la formidabile armata giapponese, che pur dimostrò un'organizzazione e un'efficienza straordinarie in uno dei teatri di guerra più difficili e ampi mai visti nell'intera storia militare.