Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Italia 1: differenze tra le versioni

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La '''[[w:Regia Aeronautica|Regia Aeronautica]]''' era la forza armata italiana più blasonata e impressionante nel periodo tra le due guerre. Dato che la Germania era ancora 'disarmata' e che sarebbe rimasta manchevole fino almeno al 1938-39, che Francia, Gran Bretagna, USA erano in fase di 'quiescenza' con bilanci militari al minimo -da ben prima della Depressione-, che l'URSS e il Giappone stavano 'crescendo' ma non avevano ancora recuperato del tutto la loro arretratezza, la Regia era forse l'aviazione migliore al mondo per qualche anno, con alcuni eccezionali trasvolatori e piloti che fecero incetta di record mondiali. Ce ne sono due che sono a tutt'oggi validi: la velocità massima per idrovolanti con l'MC.72, e il record di quota per aerei a pistoni con il Ca.161 BIS modificato allo scopo (rispettivamente oltre 700 kmh e 17.000 m). Questo serviva alla propaganda, visto che il regime incentivava queste 'prove' per dimostrare la superiorità della razza italica; la Regia aveva anche cominciato con l'acrobazia di squadra e anche individuale, e i suoi CR.32 volteggiavano riscotendo enormi successi nei cieli del mondo, specie in Sud America; come capacità belliche, quegli stessi CR e i bombardieri dimostravano di essere macchine da combattimento valide e in mano ad ottimi piloti, così l'Italia vinse anche in Spagna, dove sostenne la maggior parte del peso dei combattimenti aerei contro i Repubblicani. Le disfide tra I-16 e CR.32 erano un po' quelle che si sarebbero viste anni dopo tra MiG-15 e F-86, in Corea. Per non dire poi delle 'trasvolate atlantiche' di Balbo e compagni.
 
I velivoli italiani persero poche occasioni, sopratuttosoprattutto la Coppa Schneider, anche se poi si presero la soddisfazione con l'MC.72 di ottenere non solo un bellissimo aereo da corsa, ma anche il record per idrovolanti a pistone. Gli aerei italiani erano in genere molto ben progettati, perché molto aerodinamici onde sfruttare al meglio la potenza, spesso piuttosto scarsa, disponibile, ma erano anche, piuttosto sorprendentemente, robusti e molto maneggevoli.
 
Quello che non andava era però sotto traccia: la costruzione con tecniche arretrate, economica ma lenta, anche se spesso basata su materiali non molto avanzati e quindi non strategici (legno, acciaio), lo sviluppo di motori efficienti oltre i 1000 hp, e un sistema industriale che incredibilmente, disperse le energie tanto che ad ogni concorso praticamente tutti presentavano i loro progetti,anche in settori dove non erano specializzati. Doppioni che hanno fatto la gioia degli appassionati di aviazione, ma che di fatto non hanno aiutato lo sforzo bellico italiano, tanto che il massimo che si riuscirà a fare è 3.500 apparecchi di tutti i tipi nel 1941. La tecnologia elettronica era inoltre modesta, radar, radio, IFF erano rimasti arretrati o inesistenti. La Regia Aeronautica, perfetta per gli anni '30, d'un colpo divenne obsoleta: i CR.42, successori di quei CR.32 che avevano dominato in Spagna fino al 1939, nel 1940 si videro già superati dai caccia monoplani. I bombardieri erano obsoleti, e i successori di entrambi- eccetto il veloce ma poco armato C.202, non vennero prodotti in quantità apprezzabili. Alla fine i caccia serie '5' dimostrarono finalmente, ma solo con l'aiuto dei motori tedeschi e dei cannoni da 20 Mauser, di essere macchine di prim'ordine, veloci, robuste, maneggevoli, ben armate con tanto di grosse quantità di proiettili disponibili, con buona autonomia e prestazioni in quota. Ma era troppo tardi e il G.55, il migliore dei caccia italiani secondo le valutazioni, divenne giusto un caccia della RSI, che non poteva oramai sperare nulla di decisivo. Nessuno sa precisamente quale '5' fosse il migliore: ai piloti piaceva, almeno inizialmente, di più il C.205V, il Re.2005 era il più avanzato ma il G.55 era quello più moderno. Per i bombardieri il migliore da un punto di vista bellico avrebbe dovuto essere il Z.1018, ma finì per essere praticamente il CANT Z.1007ter. Poca roba, di fronte alla marea Alleata di macchine robuste e poderose, che spazzò via la Regia Aeronautica. Partita con oltre 3.000 aerei, di cui 2.500 ai reparti, ricevette oltre 10.000 apparecchi, alcuni anche Tedeschi. I fallimenti in campi come l'assalto (Ba.88), bombardamento in picchiata (SM.85) e bombardamento (SM.84) non fecero che aggravare la situazione, e quella che era l'aeronautica forse più blasonata nel periodo anteguerra finì presto per essere una forza marginale, con grande scorno degli Alleati tedeschi che dovettero intervenire già nel 1940-41.
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Per ricordare i caccia, a titolo di curiosità storica va citato anche il CR.42, robusto biplano da caccia, già tra i più veloci -nonostante il carrello fisso- del suo tipo. Ma la versione più interessante fu il '''CR.42DB''', ovvero l'adattamento al solito motore Daimler-Benz, e una fusoliera non dissimile da quella di un Macchi 202 ma con l'abitacolo aperto e il carrello ancora fisso. Raggiunse, come era facile prevedere, velocità notevolmente maggiori, spingendosi a 520 kmh. Per quello che vale, è presumibilmente il più veloce caccia a pistoni e di appena una trentina di kmh più lento del Reggiane 2001 con lo stesso motore; ma pur andando ad almeno 80-90 kmh più dell'originale CR.42 (con motore A.74 radiale), era ancora a metà strada tra questi e i 600 kmh del Macchi MC.202. Data l'obsolescenza della formula biplana (che pure garantiva un'elevata maneggevolezza grazie al ridotto carico alare, pagato però con un'alta resistenza aerodinamica), e sopratuttosoprattutto la presenza del veloce Macchi, il CR.42DB non ha avuto nessun seguito. A quanto pare, alla Fiat vi fu una vera e propria crisi nel campo dei caccia; dopo il successo dei CR.32, che aiutarono a non guardare oltre nel campo degli oramai affermati monoplani, il successore CR.42 e il mediocre G.50 (penalizzato anche dalla specifica originale per la quale venne pensato, come aereo d'assalto piuttosto che come caccia), non si trovò di meglio che tentare il 'revamping' con i nuovi motori tedeschi degli obsoleti progetti già esistenti. La cosa non ebbe nessun successo, fino a che non si riuscì a realizzare il G.55. La crisi della Fiat fu così acuta, che quindi fino al 1943 non riuscirà a fornire alla Regia Aeronautica alcun caccia all'altezza dei tempi, e per quando questo accadrà, sarebbe stato troppo tardi.
 
Poc'altro da ricordare in casa Fiat, tra questo certamente il '''BR.20Bis''' con motori da 1.250 hp, torrette laterali stile Me.410, velocità di 460 kmh. Era migliore dei precedenti BR.20, certamente; ma rispetto al CANT Z.1007Ter e al Z.1018 era superato anche se la sua concezione era piuttosto 'sana'. Fu il primo bombardiere medio italiano metallico (eccetto vaste superfici di tela, a dire il vero); e la sua struttura bimotore liberava il muso per il puntatore e per una postazione difensiva frontale che chiudeva un settore totalmente cieco, micidiale per gli attacchi frontali, che avevano gli altri apparecchi trimotori. Volò a metà guerra ed ebbe solo ordini per circa 30 esemplari, di cui forse non più di 15 completati, che non ebbero impiego bellico alcuno nel '43 e nemmeno successivamente con la RSI.
 
 
Sul mare i ricognitori CANT Z.501, detentori di alcuni record mondiali di autonomia (poi passati di mano), si dimostrarono inesorabilmente lenti e vulnerabili se, come spesso accadeva, c'era la caccia nemica -dalle portaerei, da Malta, dall'Africa- ad attenderli. I CANT Z.506, per quanto ben addestrati al bombardamento marittimo (differentemente dagli aerei della R.A), vennero presto declassati a ricognitori e a velivoli SAR; ma erano vulnerabili e piuttosto lenti nella risposta ai comandi. C'era bisogno di un aereo più rapido e agile, questo fu il '''Fiat RS.14''', che ebbe peraltro una lunga e difficile messa a punto. Capace di 380 kmh, a bassa quota era un bersaglio difficile per l'arma da 12,7 mm dorsale e la sua agilità. Specie all'inizio, caccia anche come gli Spitfire e i P-38 vennero 'gabbati' da quest'apparecchio, talvolta persero il controllo cadendo in mare, o vennero abbattuti dalle sue armi difensive. Ma anche gli RS.14, che pure dimostrarono molta più agilità e capacità di sopravvivenza dei C.506, subirono perdite. SopratuttoSoprattutto, si dimostrarono velivoli da maneggiare con la dovuta cura, tanto che spesso giocarono brutti incidenti di volo ai loro stessi equipaggi, precipitando in mare per un nonnulla. Inoltre non si dimostrarono efficaci nel proteggere le navi dai sottomarini. Quindi, anche se capaci di operare meglio che i CANT, erano pur sempre macchine con luci ed ombre nella loro operatività: meno propense a lasciarsi abbattere, ma meno anche a perdonare errori di manovra. In servizio dal '42, non rimpiazzarono mai del tutto i più numerosi CANT 506.
 
===Macchi 205/207<ref>N.Sgarlato, Prototipi Della Regia Aeronautica, Dic-Gen 2008</ref><ref>Lembo, Daniele: ''Il Macchi C.205 Orione'', Aerei nella Storia Maggio 2001</ref>===
[[Immagine:M.C.205V.jpg|280px|right|thumb|Il C.205 Veltro]]
L'Aermacchi, con il suo capoprogettista Mario Castoldi, era stata capace di produrre aerei operativi piuttosto validi, ma sopratuttosoprattutto si impegnò in una gara avvincente con la Supermarine per portare un altro alloro all'Italia dei record e dei primati aeronautici, tanto cari al Duce: la [[w:Coppa Schneider|Coppa Schneider]], competizione che durò per tutti gli anni '20, ma che iniziò addirittura prima della Grande guerra, nel 1913. Sebbene il trofeo venne perduto, esso era stato, come nelle intenzioni di chi lo istituì, un veicolo per stimolare il progresso aeronautico. Gli aerei che vi parteciparono raddoppiarono la velocità in pochi anni spingendosi a livelli di tecnologia da autentica fantascienza per l'epoca, come adesso lo è la competizione tra Ferrari e McLaren e la Formula uno in generale. Anche i colori (Rosso e argento) sono rimasti gli stessi. Ma all'epoca la sfida era tra Macchi e Supermarine, o meglio, l'Italia contro la Gran Bretagna. Le altre nazioni non parteciparono, oppure si diedero da fare senza convinzione (Francia), o non ebbero sufficiente tenacia (USA) per vincere i tre titoli consecutivi necessari per aggiudicarsi il pesante e sgraziato trofeo d'argento, assurto a così grande importanza nel mondo del volo.
 
In questa gara di prestigio internazionale Mussolini non fece certo mancare il sostegno all'azienda di Varese. Il perfezionamento fu tale che l'ultimo dei Macchi, il bellissimo MC.72, ottenne il record mondiale di velocità con 709 kmh, nonostante gli ingombranti galleggianti a scarponi (chissà a quanto avrebbe potuto volare in versione terrestre). Questo era possibile con un motore da 2.600 hp, con eliche controrotanti, e ad una raffinatissima aerodinamica. I velivoli sia inglesi che italiani moderni presero forma in quell'epoca. Ma mentre la Supermarine e la R.R. riuscirono a trasporre in ambiente operativo gli ultimi idrovolanti da corsa, ricavandone in pratica lo Spitfire e il Merlin, in Italia tutto questo fu avulso da ogni applicazione pratica, o quasi. Ancora nel 1940 era impossibile costruire un valido motore 'normale' da 1.000 hp con cilindri in linea, meno della metà di quello che venne ottenuto quasi 10 anni prima. Per questo arriverà la licenza del DB601 tedesco, seguita da quella del DB605.
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I velivoli stranieri come quelli inglesi e tedeschi vennero incontro alle esigenze di aerodinamica e di produzione con una fusoliera piuttosto alta e stretta, che non si riduceva molto come altezza ma piuttosto come larghezza verso la coda. Il Bf-109 aveva infatti una sezione di fusoliera triangolare, che aiutava anche a migliorare la stabilità di volo. Erano altri i problemi, come i montanti sotto i piani di coda o il muso squadrato, che limitavano le prestazioni ma con il Bf-109F, più 'raffinato' nel disegno le cose migliorarono molto, andando anche più veloce dei Macchi. Questi e in generale i caccia italiani somigliavano a pochi altri velivoli a livello internazionale: agli Hurricane inglesi e ai MiG-1/3 sovietici. I primi però non avevano la 'gobba' di costruzione nettamente separata dalla fusoliera, i secondi un muso esageratamente lungo a causa del potente ma grosso motore AM-3, erano molto veloci ma piuttosto sbilanciati in avanti per tale ragione. La costruzione della 'gobba' era superata dalla tecnologia, ma anche nei primi caccia italiani di tipo monoplano si era preferita la cappottina trasparente: poi però venne eliminata perché troppo opaca, lanciando un abitacolo aperto e con un raccordo 'a gobba' dietro la fusoliera. La cosa in sostanza verrà superata solo nel dopoguerra, con gli ultimi tipi di G.59, muniti di cappottina in stile P-51D Mustang. E ora l'evoluzione della genia Macchi.
 
Il '''[[w:Macchi M.C.200|C.200]]''' era il migliore tra i caccia italiani in servizio nel '40, anche se soffriva ancora di limitazioni dovute alla forma delle ali (non è chiaro se fossero all'epoca già risolte, ma fino al marzo '40 ebbe fenomeni di autorotazioni mortali). Nell'insieme era una macchina interessante, ma priva della potenza di fuoco e delle prestazioni del suo rivale Hurricane, meno maneggevole ma tutto sommato superiore. Per fare di meglio nei tardi anni '30 si cominciò, in alternativa alla compera diretta dei Bf-109, a progettare un aereo nazionale, il che ebbe ovviamente la solita, ma meno affollata di altre occasioni, panoplia di offerte. I due che ce la fecero furono il Re.2001 e il '''MC.202'''. Quest'ultimo era di progettazione mista: era robusto, e la sua aerodinamica gli dava una velocità elevata. Peraltro era pesante, aveva una struttura che sebbene facile da costruire con tecnologie modeste, richiedeva nondimeno ben oltre 20 mila ore di lavoro per aereo (il BF-109 circa 5000). La sua rapidità di messa a punto, dovuta (differentemente che sul Re.2001) alla sostanziale assenza di difetti (anche perché basato sulla cellula di un aereo esistente di già, l'MC.200), e così al primo volo dell'agosto del '40 seguì entro un anno l'entrata in servizio (giugno 1941, esordio in combattimento nel settembre). Oltre 1.000 aerei vennero prodotti e combatterono sopratuttosoprattutto in Africa Settentrionale, contendendo tra la fine del '41 e la primavera del '43 la superiorità aerea agli Alleati, che fino allo Spitfire non ebbero aerei all'altezza, avendo solo Hurricane e P-40. Ma era chiaro che nemmeno questi apparecchi da caccia potevano dirsi soddisfacenti. Pur raggiungendo quasi 600 kmh, e salendo a 6 mila metri in pochi minuti (difficile dire quanti, date alcune incongruenze nei dati riportati), era poco armato con le solite 2 armi da 12,7 mm. Non aveva molte capacità di carico pesando ben 2.400 kg a vuoto, 400 più del Bf-109 con gli stessi motori, e anzi è notevole che fosse molto agile nonostante tale peso e un carico alare notevole (del resto i P-40 avevano la stessa caratteristica, essendo ancora più pesanti del C.202). Per ottenere di meglio Castoldi cominciò a lavorare ad una sorta di C.202bis con il DB-605 da 1500 hp. Il '''[[w:Macchi M.C.205|C.205]]''' fu l'aereo che ne derivò nel marzo del '42. Fece in tempo a competere per la nuova generazione di caccia della Regia. Anche i Tedeschi lo valutarono.
 
Come le cose andarono è davvero curioso: il Macchi C.205V venne valutato solo come 'mediocre', il Re.2005 come 'buono', il G.55, il migliore per possibilità di produzione su grande serie, 'ottimo', tanto che lo scelsero come caccia da produrre in Germania. Gli Italiani invece ordinarono preserie di G.55 e Re.2005 (16), poi ben 750 Re.2005, 600 G.55 e 250 C.205V. Solo questi ultimi vennero davvero consegnati nella quantità prevista. Ai piloti italiani piaquero, finalmente avevano aerei sia prestanti, sia ben armati (tranne che la prima serie ancora con 4 mitragliatrici di cui due leggere). Il Macchi venne definito addirittura come 'il caccia più veloce del mondo'. Sicuramente era il più veloce tra quelli italiani, sia in salita (6-7 min per i 6.000 m), sia come velocità orizzontale (ridotta un po' con i tipi armati di cannoni da 20 mm alari), ma all'epoca c'erano già parecchi aerei da 650 e passa kmh, come lo Spit Mk IX, il FW-190, il Bf-109G e il P-38, e altri come il P-47 ancora più veloci.
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Da ricordare che il Re.2000, che aveva eccellente maneggevolezza e una buona velocità, venne richiesto da numerose nazioni (anche la Gran Bretagna, con ben 300 esemplari), ma oltre ai problemi politici, c'era anche la necessità di messa a punto: il motore era inaffibabile, l'impiantistica poco affidabile e così via, tanto che la versione Catapultabile venne immessa in servizio con grande ritardo, mentre la versione a grande autonomia non fu mai messa veramente a punto, radiata dopo poco tempo di servizio.
 
Il '''Re.2002''' era un progetto parallelo al Re.2001 come anche l'evoluzione del Re.2000, con un motore autarchico da P.XIX radiale, 1.100 hp al decollo e 1.160 a 4.500 m, usato come cacciabombardiere e prodotto anche sotto i Tedeschi. Circa 250 aerei vennero prodotti in ciascuna di queste tre incarnazioni, tutti aerei tozzi e poco aggraziati. Il '''Re.2003''' era invece un aereo d'assalto e osservazione-ricognizione, dall'aspetto meno gradevole (per l'abitacolo sopratuttosoprattutto, ora biposto), rimasto prototipo nonostante la necessità assoluta di un nuovo aereo da osservazione. Il '''RE.2004''' era un altro progetto senza esito, nato per il motore Isotta Fraschini Zeta da 1.250 hp a X, programma iniziato nel giugno del '42 o quantomeno a questo punto vennero ordinati due aerei prototipici. Il motore però, sperimentato su di un S.79, si dimostrò inaffidabile e tendente al surriscaldamento; questo pose fine al programma, come senza esito furono altri come il Re.2001 bis con ala modificata che avrebbe potuto forse arrivare alla velocità che gli mancava prima. grazie a dei radiatori annegati nell'ala, il che comportava la rinuncia alle armi da 7,7 mm. Non si sa quanto elevate sarebbero state le sue prestazioni se fosse stato immesso in servizio; mentre nessun dubbio vi sono con il Re.2001 Delta, con un motore Isotta-Fraschini. Sebbene questa ditta avesse eccellenti motori per le motosiluranti, con gli aerei non cavò nulla di buono e con questo motore, da appena 840 hp anche se a 5.300 m, il Re.2001 ottenne giusto 478 kmh, meno di un G.50. I 100 esemplari in opzione vennero annullati dalla R.A. e per finire, l'aereo venne distrutto da un incendio al motore il 27 gennaio 1943. Infine da non dimenticare il tipo 'H' controcarri con cannoni da 20 mm MG151 e bombe.
 
Poi fu la volta del '''[[w:Reggiane Re.2005|Re.2005]]''', caccia estremamente avviato aerodinamicamente e in genere giudicato estremamente bello, che volò con una struttura molto avanzata (centine stampate, per esempio) l'8 maggio del '42. Venne usato in azione per la prima volta da Napoli-Capodichino, difese con un certo successo Napoli dai bombardieri. Aereo molto veloce, persino troppo in picchiata, il che causò problemi strutturali. La velocità massima raggiunse nei collaudi valori di 678 kmh, in picchiata si registrarono addirittura 980 kmh, anche se sono valori suscettibili di errori anemometrici. In ogni caso, era normale che i caccia prototipi fossero 'più veloci' di quelli di serie, e la velocità max 'operativa' venne fissata a 628 kmh.
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Non diversa sorte ebbe il '''Re.2006''', che era una macchina da caccia con il DB.603, ma non si è mai saputo di preciso se questo prototipo, che non volò mai, sia stato davvero munito di questo motore o solo di quello di un Re.2005. Il prototipo, assemblato nel '44, aveva colorazione giallo acceso eccetto che le superfici di controllo di coda nere; esso venne portato a passare il tempo dentro una palestra (con un coraggioso viaggio da Correggio a Milano nell'autunno 1944) in attesa della fine di una guerra per vincere la quale il Re.2006 era stato approntato. Nel dopoguerra venne sezionato e a poco a poco venne demolito e analizzato al [[w:Politecnico di Milano|Politecnico di Milano]]. Così ebbe fine la genia dei Reggiane da caccia. La versione Re 2006 P (aereo postale) e Re.2006PP (Posta e passeggeri) non furono costruiti. Sono stati anche denominati (con ancora più confusione per gli storici), Re.2007 e Re.2008.
 
Il '''Re.2007''', se le ricostruzioni fatte sono valide, doveva essere un caccia dalle prestazioni roboanti con un motore Jumo 004B a reazione, con velocità di oltre 1.000 kmh. Difficile che queste prestazioni fossero raggiungibili con la modesta potenza disponibile, il peso era previsto di 2.500-3.550 kg per 1000 kg di spinta. Infine il caccia Ca.2008 era previsto, sicuramente nel periodo postbellico, come caccia con motore da 2240 kgs e 1.200 kmh di velocità (e sopratuttosoprattutto una ben poco credibile tangenza di 20 mila metri, all'epoca impossibile). Mentre non si sa precisamente quando venne approntato il Re.2007, e in che misura (sicuramente dopo l'ottobre 1943) e senza mai essere stato completato (anzi, non è nemmeno certo che questo progetto sia mai esistito nei termini rivendicati), il Ca.2008 non ebbe seguito alcuno a parte l'offerta sulla carta all'Aeronautica nel dopoguerra. L'F-86, seguito da G.91 e MB.326, comunque eliminò ogni concorrenza italiana, che pure vide varie altre proposte Piaggio, Macchi, Fiat e SAI Ambrosini.
 
*Motore: DB-603
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*Prestazioni previste: V.max 658 kmh a 7.200 m, 550 kmh a quota zero, raggio 510 km, autonomia 1.135 km
 
Tornando al Re.2005, non sono mancate altre versioni di notevole importanza. Una proposta il 24 dicembre 1942 prevedeva una doppia fusoliera, 4 cannoni da 20 mm, un siluro o due bombe da 500 kg. C'era un solo pilota, nella fusoliera di sinistra. Si prevedevano velocità massime di 680 kmh a 7.000 m e una lunga autonomia e il risultato sarebbe stato simile al P-82 americano (il Twin Mustang). Un'altra versione fu un caccia a reazione, il '''Re.2005RR''', che aveva un motore Fiat A.20 da 370 hp che azionava due compressori centrifughi Campini. Uno di questi ristabiliva la potenza in quota, l'altro era invece un vero e proprio [[w:motoreattore|motoreattore]], che avrebbe consentito almeno 710 kmh di velocità grazie ad una potenza totale di 2.030 hp. Questo avrebbe però portato il baricentro dal 25% della corda alare al 31%, similmente a quello del rivale G.55, sopratuttosoprattutto il peso sarebbe stato aumentato a 4.084 kg e nonostante la rimozione di due cannoni da 20 e della corazza da 40 kg del pilota non si sarebbe riusciti a contenerlo in meno di 3.900 kg. Ma era il consumo del carburante che preoccupava, con l'aumento, azionando il motoreattore, da 290 kg/h a 930 kg/h a causa del post-bruciatore, per cui anche con 50 kg di benzina aggiuntivi non si poteva superare i 12 minuti di funzionamento consecutivi. Anche se vi fu una nuova versione di questo progetto del luglio 1943 che reintroduceva i cannoni alari al peso di 4.070 kg, la cosa non ebbe seguito. Di fatto si poteva fare grossomodo lo stesso con il Re.2006 e per questo il prototipo non venne mai costruito. In ogni caso questo fu uno dei primi progetti di aereo a reazione italiani.
 
 
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*'''Armamento''': 3x12,7 mm, 600 kg di bombe
 
Nonostante le buone qualità, l'aereo rimase prototipo. Ma l'avventura tecnica per sviluppare nuovi velivoli era solo iniziata: nel '42, allorché la Regia chiese un bombardiere leggero e ricognitore con un raggio di 2.000 km, 1.500 con 500 kg di bombe, l'idea ritornò in auge. SopratuttoSoprattutto però ritornò con la richiesta, del luglio dello stesso anno, di un caccia pesante con i DB-605, ben 6 cannoni da 20 mm, 620 kmh e una mitragliera da 12,7 difensiva, raggio di 1.600 km. Cose molto impegnative da ottenere, specie se si considera anche il carico di 800 kg di bombe richiesto. Il fatto è che l'S.M.88 era ancora in sviluppo e solo il 15 dicembre 1942, dopo molte incertezze, la R.A. puntò tutto sull''''[[w:S.M.91 Sagitta|S.M.91]]'''. Questo era simile, forse derivato dal precedente, ma era anche un aereo nuovo. Ne vennero prodotti 2 esemplari, il primo volò l'11 marzo 1943.
 
Stavolta si trattava di un aereo totalmente metallico per ottenere un peso minore a scapito del costo. Da notare che anche l'S.M.91 era un concetto prebellico, rispondendo alla specifica del '38 o del '39 per un caccia pesante, tanto che il 7 settembre del '39 vennero ordinati i due prototipo MM.433 e 434. Inizialmente pure questo progetto aveva i DB.601, ma per raggiungere le prestazioni desiderate fu necessario montarne tre, realizzando l'unico tipo di caccia trimotore. I DB-605 resero possibile usare solo due motori, ma in ogni caso non si arrivò alla velocità di 620 kmh prevista. I cannoni erano ben 5 in avanti, 2 alla radice alare, 3, con la possibilità di un quarto, nel muso, parzialmente sporgenti. Un altro era possibile in postazione difensiva visto che l'aereo era biposto. Simile ad un P-38, ma più grande, aveva 1.600 l di carburante aumentabili a 1.800 e un'autonomia di 1.600 km. Progettare un velivolo tanto sofisticato fu difficile; realizzarlo fu anche più arduo. Il primo volò pilotato da Aldo Moggi l'11 marzo '43, per complessive 27 ore. Poi venne catturato dai Tedeschi. Il secondo prototipo era l'S.M.88 trasformato, perché le specifiche con il tempo si tesero a somigliare molto tra i due tipi e questo prototipo venne 'riciclato' nell' S.M.91. Il secondo prototipo MM.532 (il primo era l'MM.530, numeri diversi rispetto a quelli originariamente assegnati) rimase in Italia, ma volò solo il 10 luglio del '44, sempre pilotato da Moggi. Dopo non molto tempo venne distrutto a Vergiate dalle bombe americane, assieme al suo successore S.M.92.
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===I caccia SAI-Ambrosini<ref>Sgarlato, Nico Op. cit</ref>===
[[Immagine:SS.4.JPG|200px|right|thumb|Disegno a 3 viste SS.4]]
La [[w:SAI-Ambrosini|SAI-Ambrosini]] di Passignano sul Trasimeno non era certo tra le ditte aeronautiche più famose e dalla maggiore produzione. Eppure nel febbraio del 1939 mandò in aria uno dei caccia più innovativi mai tentati nella storia dell'aviazione: l'[[w:SAI Ambrosini SS.4|SS.4]]. Il suo progettista, Sergio Stefanutti, non sarebbe stato destinato a lasciare una traccia importante al pari di molti suoi colleghi di altre ditte più blasonate; eppure era un grande interprete degli studi di aerodinamica avanzata, come dimostrò con le sue realizzazioni. Queste compresero alcuni aerei sperimentali, dalla potenza ridotta, chiamati 'Anatra' perché in configurazione canard, vecchia tipologia di costruzione aeronautica, che in sostanza implica che i comandi orizzontali di coda siano spostati davanti alle ali, il che a sua volta implica che il motore sia sistemato dietro,con l'elica spingente. Rielaborando questo tipo di configurazione, oramai abbandonata, Stefanutti volle cercarne i vantaggi: la risposta pronta ai comandi e la rapidità di decollo; meno interessanti le doti velocistiche visto che si trattava di progetti piuttosto 'resistenti' in termini aerodinamici. In pratica il suo velivolo è stato l'antesignano dei caccia 'canard' moderni. La sua struttura scintillava nella finitura grigio argenteo, probabilmente non c'era affatto vernice, dato che le dolci acque del Trasimeno non causano la corrosione tipica dell'ambiente marino. Forse l'aereo venne caricato sulla ferrovia che ancora oggi passa proprio radente agli stabilimenti della vecchia SAI, che confinano con la locale stazione; e venne da lì portato al primo volo dato che a Passignano presumibilmente non c'è mai stato un vero aeroporto. Ma poco male, perché era ed è presente un'ampia superficie di volo nella vicina Castiglione del Lago, dove aveva sede l'aeroporto 'Eleuteri', uno dei più grandi disponibili nella penisola, anche se con funzioni di scuola. Era attivo già dagli anni '20 ed era ricco di palazzine realizzate con molto gusto, tanto che persino la centrale elettrica sembrava un edificio abitativo. La presenza di quest'aereo deve avere impressionato molto chi lo vide. L'SS.4 era un monoplano con struttura interamente metallica -altra innovazione per gli standard italiani- e dato il motore posteriore, aveva un carrello triciclo anteriore, come gli aerei a reazione moderni. I piani di coda, alla fine della corta fusoliera, erano due sulle ali. Queste erano a loro volta, per 'lasciare' posto all'elica e motore, vagamente a freccia. Il motore era un Isotta-Fraschini Asso IX potenziato a circa 960 hp, con elica tripala metallica e due prese d'aria laterali sulla fusoliera a mò di aviogetto, sopratuttosoprattutto per raffreddarlo. Insomma, un velivolo rivoluzionario, nonostante fosse nient'altro che la 'riedizione' di un vecchio concetto. Anche la sua realizzazione non partiva dal niente, visto che la SAI esisteva, dopo lo spostamento di una ditta perugina a Passignano (all'epoca si producevano anche idrovolanti) già dal 1916 e all'epoca era forse già impegnata nella produzione del Macchi 200 (e poi forse anche del 202). Per questo ebbe l'incarico di realizzare la MM.387, che era stata a quanto pare concepita a Guidonia, dove lavorava inizialmente Stefanutti, con una cellula per prove statiche e vari studi dal '36 al '39.
 
Ma già (forse al secondo volo), il 9 marzo, si staccò una superficie di controllo e il velivolo precipitò tra Castiglione del Lago e Pozzuolo, dove a tutt'oggi esiste ancora una lapide dedicata ad Ambrogio Colombo. Il motore posteriore lasciava libero il muso di portare un pesante armamento -inizialmente si era detto un cannone da 30 e due da 20, ma oramai sembra appurato che in realtà fossero un cannone da 20 e due da 12,7, solo queste ultime armi davvero istallate. Tuttavia il motore era sistemato dietro e in caso di incidente poteva fare da 'martello' schiacciando il pilota contro il terreno, invece di fare l' ariete e proteggerlo, come accadde quel giorno. Si stabilì che la superficie di controllo era stata montata male, ma di fatto questa formula rivoluzionaria non era tanto gradita e le sorprese nella messa a punto, dalle vibrazioni al surriscaldamento, sarebbero state notevolmente spiacevoli, come sperimentarono anche giapponesi e americani che poi tentarono un approccio simile. Inoltre la visibilità, ottima anteriormente (ma non verso il basso), era limitata alle spalle, svantaggio tattico non da poco. L'aereo si poteva far decollare e atterrare senza problemi visto la bassa velocità e il carrello triciclo che portava la fusoliera ad essere parallela al terreno; ma per abbandonare la macchina, o si tentavano atterraggi d'emergenza correndo i rischi di cui sopra, oppure si saltava col paracadute, ma senza il seggiolino eiettabile si rischiava grosso con l'elica posteriore se ancora in movimento (per questo i sedili eiettabili vennero installati sul tedesco Do.335). Al dunque, un velivolo come il convenzionale D.520, che aveva quasi la stessa potenza, aveva pure quasi le stesse prestazioni e armamento. Non c'era la convenienza di costruire un caccia del genere, dalla difficile messa a punto e intrinseca pericolosità. Eppure si può solo provare ad immaginare che sarebbe successo se l'SS.4 fosse stato ordinato in quantità e davvero entrato in servizio attorno al 1940-41: si sarebbe dimostrato al fine funzionale? Gli altri belligeranti avrebbero iniziato la corsa al 'canard'? Chi può dirlo. Di fatto una configurazione del genere ha cominciato a funzionare bene solo con i motori a getto, magari con comandi computerizzati, partendo dal Viggen e dal Gripen di decenni dopo.
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Ma al dunque, la conseguenza di questo sarebbe stato solo che durante i voli rimase ucciso il grande trasvolatore Arturo Ferrarin. Decisamente non stava andando bene con i caccia per Stefanutti e la SAI. La migliore e anche l'unica soddisfazione fu che fu proprio Stefanutti a riprogettare l'ala del C.200 rendendolo un velivolo sicuro da volare, scevro di quella tendenza a cadere in autorotazione che uccise diversi piloti, e rendendo l'aereo un affidabile capostipite per la serie dei Macchi, i più importanti caccia italiani.
 
Continuando lo sviluppo dei suoi caccia leggeri Stefanutti realizzò il SAI S.207, che volò sempre nell'autunno del '40, ottimo per velocità grazie alla finezza aerodinamica, e al motore IF Delta RC.40 che era un tipo capace di unire i due vantaggi tipici di motori a cilindri in linea e radiali: dei primi aveva il ridotto ingombro, dei secondi il leggero raffreddamento ad aria tramite una presa d'aria sotto l'elica tripala. Era un bel velivolo, che aveva una velocità variamente indicata: alcune fonti originariamente gli davano 625 kmh, ovvero grossomodo come un Bf-109F4 con motore da 1.300 hp; altre fonti più recenti gli danno un più ragionevole valore di 575 kmh, che è inferiore ai 599 del C.202 ma ancora superiore ai 545 del Re.2001. La struttura era adesso di un tipo speciale 'autarchico' in legno, che però era di una varietà di albero americano (lo spruce), quindi non così 'autarchico'.. la velocità di picchiata, a causa della finezza, era alta, non così la salita, dove l'aerodinamica non poteva compensare la scarsa potenza dei 750 hp ad una macchina di 1.750-2.300 kg. La messa a punto fu lunga e laboriosa, e al solito, pretese una vittima tra i collaudatori, Faccioli, il 5 dicembre 1940. Un secondo pilota, Tassinari, raccontava invece di come il SAI 207 fosse un velivolo 'da corsa' scattante e nervoso, ma per essere più aerodinamico possibile aveva un'ala piccola, troppo caricata; inoltre, e sopratuttosoprattutto, il motore tendeva a surriscaldare, specie i cilindri posteriori. Stefanutti proponeva modifiche al progetto, che però Ambrosini respingeva. L'aereo era considerato tanto poco sicuro che si cominciò a farlo volare 'fuori vista' per non rimediare pubbliche figuracce se fosse caduto.. Tassinari un giorno provò l'aereo in volo durante una picchiata. Richiamando, il carrello di un'ala si sbloccò dal suo recesso. Per risparmiare peso non c'era una carenatura interna e il flusso dell'aria entrò violentemente nell'ala, facendone esplodere la parte posteriore e mandando fuori uso gli alettoni; Tassinari fu costretto a saltare col paracadute per finire nelle placide acque del lago. Rischiò di allungare l'elenco degli annegati del Trasimeno (insospettabilmente lungo), perché le funi del paracadute lo legarono e lo portarono giù, ma venne salvato da una barca di pescatori. L'S.207 non era certo un aereo destinato a fare storia, e i piloti guardavano con un certo fastidio un velivolo di costruzione lignea e con tempi di salita ridotti, anche se era molto veloce e armato come un caccia 'normale' (due da 12,7 mm), pur costando molto meno. Una dozzina venne messa in servizio, ma oramai era solo il 1943, iniziando a volare da Castiglione. I piani per produrne una moltitudine furono frustrati dall'Armistizio, che pose fine alla sua insignificante carriera. In tutto ne vennero costruiti 2 prototipi e 12 di serie.
 
 
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Tra le incongruenze citate sulle prestazioni, la salita era adesso, a 6.000 m, di 6'40 sec anziché 7 min 34 sec; per contro la tangenza scendeva da 12.000 a 10.000 m.
 
Ma tutto questo è accademia, perché durante una picchiata di collaudo, successe che le ali si staccarono e il collaudatore Piero Colombo, ancora una volta rimase ucciso, il 10 maggio 1943. Un secondo SAI 403 venne di sicuro prodotto nel luglio 1943(dopo anni di dubbi se questo davvero accadde), tanto che una foto di esso con le insegne tedesche lo ritrae certamente dopo l'armistizio. I SAI 207 e sopratuttosoprattutto 403 sembravano in un certo senso quei 'caccia della disperazione' modello He-162, da produrre in quantità enormi dato il basso costo.
 
Non era finita qui perché vennero anche ideati mezzi ancora più avanzati, ma stavolta un progetto nuovo. Erano i SAI.404, con motore IF Zeta a 24 cilindri a X, da 1.400 hp (motore che non sarà mai affidabile), con dimensioni di 9,44-10,8 m, 18 m2; pesi di 2.270-3-120 kg, prestazioni di 670 kmh a 7.500 m, salita a 6.000 m in 7,5 min, tangenza di 12.000 m e autonomia di oltre 1000 km. L'armamento era di 2 armi da 12,7 (700 cp) e 2 da 15 (340 cp colpessivi). Resterà sulla carta<ref>Lembo Daniele ''Un caccia leggero per la Regia'' Aerei nella Storia dicc gen 2004</ref>.
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La Piaggio ebbe voce in capitolo anche nel settore caccia. Ovviamente con una proposta 'anticonvenzionale'. Prima studiò il '''P.118''' con due eliche controrotanti azionate da altrettanti motori radiali P.XI contrapposti a metà fusoliera. Questo era necessario per ottenere le linee aerodinamiche più avviate possibili dato che così si liberava il muso, cosa buona anche per le armi montabili, ostacolate solo dall'elica.
 
Uno studio meno 'eterodosso' portò invece ad un caccia simile ad un grosso P-39, ma con un motore più potente, il '''Piaggio P.119'''. Esso era costruito con criteri d'avanguardia, con lega leggera, pannelli d'accesso rapido, e altro ancora. Restava invece il carrello triciclo posteriore e la fusoliera era piuttosto tozza, seppure con l'abitacolo molto in avanti, perché il motore era di tipo radiale dato che la Piaggio non aveva che questo tipo di propulsori, in genere usati sopratuttosoprattutto per i bombardieri e trasporti. Il P.119 poteva essere un concorrente per i caccia serie '5', interamente autarchico in quanto prevedeva oltre al motore (basato parzialmente su progetti stranieri, come anche le mitragliere da 12,7), un cannone Breda da 20 mm, più potente dell'MG151 ma anche più lento e pesante. C'erano in tutto 4 armi da 12,7 mm e il cannone, con predisposizione per altre 4 da 7,7 nelle ali. Grande la quantità di carburante stivabile a bordo per un lungo raggio d'azione, mentre la velocità era di circa 620 kmh, ridotto il carico alare per via dell'ampia superficie. Il fatto è che quest'apparecchio, sia pure da molto tempo in 'gestazione', decollò solo il 19 dicembre del '42 e con armamento incompleto. Nell'agosto del '43 si danneggiò durante un atterraggio. Non era cosa grave, ma fu sufficiente. Del resto oramai i caccia 'serie 5' erano già in azione mentre il P.119 avrebbe richiesto ancora tempo per entrare in produzione. Ma di tempo non ce n'era più. Non pare che i Tedeschi rimasero molto interessanti a quest'apparecchio, nonostante la prevista possibilità di usare un motore potenziato a 1.700 hp per 640 kmh di velocità massima.
 
*'''Motore''': 1 Piaggio P.XXII RC.45 da 1.500 hp al decollo
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===Romeo<ref>Sgarlato, Prototipi, op. cit.</ref>===
Quanto ai velivoli Romeo, vale la pena ricordare, tra gli esponenti delle 'tecnologie avanzate' il '''Ro.63''', aereo STOL simile allo Storch ma di prestazioni superiori, anche se leggermente inferiore come distanze di decollo e atterraggio. Forse nell'insieme era migliore nella sua categoria, anche se non ebbe mai armi difensive; ma sopratuttosoprattutto, di quest'apparecchio, approntato già nel 1940 e in servizio dal '41, ne vennero prodotti solo 6 dato che scarseggiavano i motori Hirth (gli stessi dello Storch) disponibili. Così furono decimati ed entro il settembre 1943 ne rimase solo uno. Sostituire i motori originali con gli Isotta Fraschini fu un fallimento, perché erano del tutto inaffidabili. Così gli Italiani comprarono 29 Storch che furono i principali aerei STOL, anche se in termini 'strategici' di velocità e autonomia erano inferiori al Romeo. Nel dopoguerra si cercarono i piani per rilanciarne la produzione, ma i disegni erano andati persi e non se ne fece niente.
 
*'''Motore''': 1 Hirt HM.508D da 280 hp