Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Giappone-3: differenze tra le versioni

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===Velivoli 'non convenzionali'===
====V-1 in Giappone====
Passando ad un altro progetto, del tutto diverso, ecco la versione giapponese della V-1 'Reichemberg', studiata dalla Kawanishi. Era propulsa da un pulsogetto Maku Ku-10 da 300 kgs o forse di più. La Reichemberg era forse l'ideale per il compito da Kamikaze, essendo un'arma capace di volare ad oltre 600 kmh per circa 300 km a bassa quota, e recapitare una testata da 850 kg. Era perfetta per l'attacco contro le navi, con velocità sufficiente per distanziare i caccia ad elica, gli Hellcat (530 kmh) e i primi Corsair (550-570 kmh) e rendere difficile le cose anche alla contraerea date le piccole dimensioni del velivolo. La potenza era sufficiente per colpire gravemente qualunque nave, e l'economia di costruzione era grandemente maggiore di un aereo normale, di qualunque tipo fosse. Per rendere possibile anche i lanci da terra, era possibile usare una catapulta nel caso delle V-1, ma per la versione pilotata era difficile usare tale pratica; nel caso della V-1 pilotata era previsto il lancio da aereo, ma per la Baika era previsto anche il decollo da terra. Questo però significava un carrello sganciabile, ma sopratuttosoprattutto dimensioni e pesi molto minori, assieme ad una maggiore resistenza aerodinamica. Il risultato era inferiore all'originale e poteva portare a velocità minori un carico minore a distanze minori.
 
La prevista '''Kawanishi Baika''' avrebbe avuto dimensioni di 7 m (lunghezza), apertura alare 6,6 m, altezza 2,7 m, superficie alare 7,6 m2. Il peso era di 750-1.430 kg di cui l'esplosivo arrivava a 100, 220 o 250 kg. La velocità massima era di 556 kmh e il raggio di 278 km. In sostanza c'era una minore velocità e difficilmente avrebbero potuto passare, per portare una carica ridotta. In effetti il requisito della possibilità di decollare comportava un peso di 1.430 kg anziché 2.150 e questo era pagato dalla carica esplosiva diventata insufficiente contro bersagli corazzati. In ogni caso, la Baika rimase un progetto solo disegnato e mai realizzato, quando la V-1 pilotata era prodotta in serie in Germania, solo per essere rifiutata come arma 'eticamente' degna di essere usata<ref>Pizzo N: ''Kawanishi Baika'' Aerei nella Storia ott nov 2003</ref>.
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La sua efficacia rimase ridotta perché i suoi bombardieri non riuscirono mai a portare gli aeromissili fino nella cerchia interna delle flotte nemiche, sulle portaerei che rimasero un sogno proibito. Solo il 29 maggio 1945 venne confermata la presenza di quest'arma, con tanto della pubblicazione dell'elenco di 332 aviatori caduti nel 721°, poi aumentati a 438.
[[Immagine:MXY7_Ohka_Cherry_Blossom_Baka_Ohka-14.jpg|300px|left|thumb|L'Ohka Mod 22]]
I Giapponesi erano interessati anche a nuove versioni del suo aeromissile suicida, e queste erano essenzialmente vertenti all'uso di motori con maggiore autonomia. Il primo passo fu l''''Ohka 22''' con lo Tsu-11, motoreattore tipo Campini con motore da 100 hp interno, capaci di volare per 130 km a 460 kmh, picchiando grossomodo alla stessa velocità del Mod 11. La testata era però ridotta a 600 kg, e sopratuttosoprattutto c'erano delle vibrazioni piuttosto fastidiose del motore, che non era facile da accettare. Poi venne trovato il '''Mod.43B''', con turboreattore Ne.20 da 475 kgs, migliore data l'autonomia e la velocità (probabilmente a 650-700 kmh), e dimensioni accresciute fino a renderlo praticamente un piccolo caccia, del calibro di un He-162. Era previsto di lanciarlo da rampe site su montagne, per difendere la Patria dall'attacco anfibio americano senza usare aerei. Questi sarebbero stati anche dei tipi più veloci, come i P1Y Ginga, ma durante i collaudi (da fare con il missile a traino, perché non c'era spazio sotto l'aereo lanciatore), un Ohka 22 cadde al suolo uccidendo il pilota.
 
Stranamente, i Giapponesi passarono con gli Ohka dal volo librato, al razzo, al motoreattore, al turbogetto. Saltarono il pulsoreattore, che per la sua semplicità era invece la soluzione pressoché ideale. E va notato che la Ohka a razzo aveva grossomodo lo stesso peso della V-1 anche nella versione pilotata Reichemberg. Se i Giapponesi avessero potuto lanciare da oltre 250 km i propri 'missili umani', anche i loro 'Betty' sarebbero stati ragionevolmente fuori dalla portata dei caccia americani, che diventavano particolarmente pericolosi entro i 100-150 km dalle loro navi. Né queste armi sarebbero state facili da intercettare per le difese nemiche. Ma stranamente, questo non accadde, e questo 'ramo' si 'incartò' piuttosto nell'inconcludente programma 'Baika'. Eppure se fu possibile convertire il disegno dell'Ohka al motoreattore o al turbogetto, a maggior ragione lo sarebbe stato con il ben più semplice pulsogetto.
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Ma c'era un altro modo per raggiungere gli Stati Uniti con i palloni: sfruttare le correnti aeree. Infatti furono proprio i giapponesi che scoprirono i 'Jet stream' quando negli anni '20 il meteorologo Wasaburo Ooishi ne studiò l'esistenza e l'attività sul territorio nazionale. Queste correnti aeree erano fortissime: il 1 novembre 1944 un B-29 da ricognizione (F-13A) a 9.500 m si ritrovò a volare sulla terraferma a 110 kmh, 280 kmh in meno di quella indicata all'aria. E al ritorno vi furono casi di aerei arrivari a terra, viceversa, fino a 800 kmh. Era davvero un fenomeno incredibile, ma si dimostrò del tutto reale. Fino ad allora gli Americani credevano che la corrente ad alta quota arrivava solo fino a 50-100 kmh. Si sbagliavano, e i Giapponesi cercarono di capire come fare uso di queste vie aeree. Palloni di diametro di 9 m in seta gommata e ben presto nelle prove arrivarono a 8.000 km di percorso in 40 ore, cosa scoperta con trasmettitori radio portati dagli stessi palloni. C'erano molti problemi da risolvere, naturalmente: i materiali bellici giapponesi erano garantiti, dato il clima, per 'soli' -30 gradi, ma oltre i 10.000 m c'erano -50 gradi e quindi bisognava rimediare. Alla fine, il Primo ministro giapponese (il Gen Tojo) descrisse all'Imperatore il funzionamento dei palloni, poi messi sotto la guida dell'Esercito. Con appena 2 milioni di yen vennero previsti 10.000 palloni che erano fatti da scolaresche che incollavano 4 fogli di carta a strati (con un mastice derivato dalla radice di una pianta locale), e dopo un allestimento delle varie parti, il test per verificare se i palloni restavano gonfi almeno 24 ore, alla fine venivano forniti di una navicella speciale. Questa aveva: un anello di alluminio da 82 cm, decine di sacchetti di zavorra, 4 bombe incendiarie B da 5 kg e una HE da 15 kg al centro del cerchio; una batteria da 2,3 V e un sistema a capsule barometriche per il ristabilimento della quota. I lanci portavano i palloni, rilasciati da diversi siti sul territorio nazionale, a quote di 9-11.000 m e oltre, si riscaldavano di giorno con il Sole che espandeva il gas interno, e di notte calavano di quota (bisognava impedire che scendesse sotto il jet-stream), a questo servivano le 32 zavorre via via sganciate dal sistema, una sorta di computer primordiale. Il lancio venne ordinato il 25 ottobre e il primo pallone venne rilasciato nella mattina del 5 novembre. Dal 14 novembre gli Americani ritrovarono i resti dei palloni, che nel frattempo arrivavano fino sugli USA continentali, e dopo un tempo previssato (3 giorni) sganciava il carico bellico e poi si autodistruggeva con un'apposita carica. Gli Americani tennero sotto silenzio quest'offensiva, anche se in alcuni casi c'era stato il coinvolgimento di civili rimaste vittime (un'intera famiglia, in particolare) di ordigni inesplosi ritrovati sul territorio. L'obiettivo principale, come anche dei primi bombardamenti fatti con idrovolanti (di sottomarini) E13, era incendiare le foreste occidentali, particolarmente vulnerabili. Ma non era molto facile, perché era inverno: vennero comunque lanciate migliaia di queste armi intercontinentali, 500 a novembre, 750 a dicembre, 1.300 a gennaio, 1.600 a febbraio.
 
Gli Americani non potevano tollerare quest'azione, sopratuttosoprattutto temevano che questi palloni potessero portare armi biologiche o chimiche. La 4th AF venne mobilitata, dopo avere languito senza quasi cambiamenti dopo il 1941. Vennero pianificati reti radar con centinaia di cannoni e caccia. Oramai gli Americani erano riusciti a recuperare dei palloni che non erano esplosi, e conoscevano le loro caratteristiche. Talvolta essi avevano anche delle vele per aumentare opportunamente la spinta. Il progetto 'Sunset' americano era costosissimo e venne ridimensionato, mentre i palloni, con la propaganda giapponese che descriveva la loro efficacia e la stampa americana che tacitamente ometteva di farne notizia, sembravano piuttosto inefficaci. Era difficile localizzare i palloni con i radar, ma vennero schierati posti d'osservazione, cannoni e numerosi caccia P-38 e P-63. Anche gli Hellcat ebbero modo, il 13 aprile, di abbattere 11 dei 13 palloni localizzati ad oltre 9.000 m. La campagna dei palloni Fu-Go era agli sgoccioli, data l'apparente inefficacia. Venne pensato anche un altro attacco con i sottomarini nel giugno del '44, andato annullato per l'attacco americano nelle Marianne.
 
Si studiarono modelli migliorati, per arrivare negli USA occidentali d'estate, quando le foreste erano ben più secche. Ma allora le correnti salivano di quota ed era necessario pensare a palloni da 15 m con un tubo da 45 m che faceva da regolatore di pressione interna.