Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: esercito 1: differenze tra le versioni

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[[Immagine:M26-Pershing-Vettweiss-194503.jpg|300px|left|thumb|M26]]
 
Le divisioni corazzate italiane, assieme a quella paracadutisti e a quelle alpine erano state le unità di punta del Regio Esercito nelle campagne della guerra. Fino a che queste ressero, la situazione non fu del tutto compromessa: crollate queste, i 3,7 milioni di uomini sotto le armi nel '43 rimasero quasi senza risorse e volontà e nel giro di settimane tutto l'ancor mastodontico strumento militare italiano crollò come un castello di carte, concludendo in maniera persino peggiore la guerra (a parte la lotta di continuazione, chiaramente) di come la iniziò (con le prove mediocri in Francia, Gran Bretagna, Albania, Grecia, Malta, e sopratuttosoprattutto Africa settentrionale dove in 3 mesi vennero distrutte 10 divisioni e catturati 130.000 uomini -tra cui 10 generali- contro le forze del Commonwealth che pure erano molto meno numerose, ma che con poche perdite riportarono una grande vittoria). In tutto, circa 800 carri armati arrivarono in Italia. C'erano i possenti M26 Pershing, ben armati e corazzati, ma dalla mobilità piuttosto limitata come l'affidabilità. Nelle fasi finali della II GM avevano combattuto limitatamente contro le forze corazzate tedesche. Un 'Super Pershing' con un cannone da 90 mm allungato rispetto alla canna standard di 50 calibri distrusse persino un Tiger II tedesco. Nella Guerra di Corea erano poi riusciti ad imporsi ai T-34, che fino ad allora avevano travolto le difese poste ad arginarne l'avanzata, resistendo ai bazooka da 60 mm, ai cannoni controcarri leggeri, e sopratuttosoprattutto ai carri leggeri M24 'Chaffee', magnifici come mobilità ma deficitari come potenza di fuoco e sopratuttosoprattutto come protezione. I Pershing bloccarono e sconfissero i T-34 più o meno come sarebbero riusciti a fare i Tiger, ma pesando solo poco oltre le 40 tonnellate, grossomodo come un Panther (a cui per molti aspetti erano assimilabili). Ma la mobilità non era il loro forte e allora il grosso delle operazioni coreane fu appannaggio, dopo i principali scontri corazzati, degli M4 Sherman degli ultimi tipi. La notizia non era delle migliori per le truppe italiane, dato che anche l'Italia era una nazione stretta e montuosa.
[[Immagine:M24-Chaffee-latrun-1.jpg|300px|left|thumb|L'M24]]
In ogni caso arrivarono in Italia una vera collezione di corazzati americani: carri leggeri M5 Stuart, andati per esempio in carico al Reggimento 'Lancieri di Montebello'; carri M4 Sherman; carri pesanti M26; ben presto giunsero anche i carri armati M47, che sarebbero stati secondi per importanza nella storia postbellica dell'EI solo ai Leopard 1; v'erano i cacciacarri M10 e poi gli M36 con un cannone da 90 mm e un aspetto non tanto diverso da quello di un carro pesante, anche se erano meno corazzati e più mobili. Sarebbero rimasti in servizio fino agli inizi degli anni '70, mentre M4 e M26 sparirono piuttosto in fretta, come anche gli M5. Infatti la seconda generazione di carri armati arrivò ben presto in Italia: gli M47 e gli M24 leggeri. Nel frattempo giunsero anche altri veicoli, i semicingolati M3, i semoventi M7 da 105 mm, i Sexton riarmati con il pezzo da 105 mm, le cingolette Vickers e altro ancora. Nonostante tutto questo, le unità corazzate italiane non erano pari alla forza di quelle delle altre nazioni principali NATO e del Patto di Varsavia. Oltre ad 'Ariete' e 'Centauro' venne costituita, ma solo nel 1953, una terza divisione corazzata. Questa non poteva certo essere, per comprensibili motivi, la 'Littorio' (il nome della terza unità corazzata del periodo bellico): allora la terza divisione corazzata fu la 'Pozzuolo del Friuli', altra unità fondamentale delle truppe corazzate italiane dal dopoguerra.
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===L'era del Patton: M47 nell'E.I.<ref>Gasparini Cesari, Enzo: ''Dedicato ad un carro: l'M-47 Patton'', RID 12/95 pagg. 74-80</ref>===
[[Immagine:M47.jpg|300px|left|thumb|]]
L'[[w:M47|M47]] è un carro armato che è rimasto per decadi quale rappresentante principale, e poi comprimario, dei mezzi corazzati italiani. Si tratta di un mezzo evolutosi dalla serie 'Pershing', con una nuova meccanica e una maggiore mobilità. Il prototipo nacque come emergenza legata alla guerra in Corea: all'epoca l'US Army aveva una linea di carri M4, M26 e i primi M46. Questi erano un'evoluzione dei 'Pershing' con molti miglioramenti, ma sopratuttosoprattutto con un motore a benzina che raggiungeva, nonostante un peso ancora simile, gli 800 hp anziché 500. In generale era dotato di una migliore meccanica, assai più affidabile. Ma era solo un progetto ad intermin, visto che presto sarebbe stato necessario un nuovo carro armato, sopratuttosoprattutto uno capace di sfruttare al meglio il suo cannone da 90 mm, cosa che era necessaria sopratuttosoprattutto per gli ingaggi alle maggiori distanze. Il nuovo carro armato in fase di sviluppo era il T43, ma questo era ancora lontano dall'essere approntato quando scoppiò la Guerra di Corea. Come misura d'emergenza si decise di installare la sua torretta sullo scafo, già abbastanza collaudato, dell'M46A1. Quindi, per quanto possa suonare strano, tutti gli equipaggi che si sono avvicendati al suo interno, non sono mai stati in un carro armato realmente nuovo. Di fatto, si trattava di un M46 con una nuova torretta. La cosa ironica è che l'M47 è rimasto in servizio a lungo ed è ben noto, mentre dell'originario M46 non se ne ricorda quasi nessuno. La fretta con cui venne approntato l'M47 Patton (non esattamente noto così all'inizio, dato che ufficialmente il nome del famoso generale è stato affibbiato solo all'M48) non fu del tutto giustificata e i risultati non sono stati del tutto soddisfacenti: in Corea è stato spedito solo l'M46 come 'intermezzo' tra gli Sherman e gli M26, mobile quanto i primi e potente quanto i secondi. L'M47 venne prodotto in grande serie, pur essendo solo un mezzo di transizione. Il totale ammontò a ben 8.000 carri armati. Gli inconvenienti meccanici e i difetti erano diversi, tra cui una sagoma troppo alta, un'autonomia ridicola, difetti nella protezione.
 
L'M48 apparve per merito della Chrysler, nello stabilimento del Delaware Tank Corporation che gestiva all'epoca, quando nel luglio 1952 (ancora prima della fine della guerra in Corea) venne ufficialmente presentato con una cerimonia in cui partecipò anche la vedova di George Patton. Nemmeno questo carro armato era del tutto avulso da problemi, anche se aveva una corazzatura migliore, senza i difetti e punti deboli precedenti, ma con una spiacevole risonanza interna nella torretta durante i movimenti (essendo un rozzo esempio di mezzo prodotto per fusione in un sol pezzo), e ancora un'autonomia limitata dal motore a benzina, ad appena 112 km. Solo in seguito sarebbe stato migliorato in maniera adeguata, con un motore a benzina ad iniezione (A2) che aumentò molto l'autonomia, uno diesel (A3), mentre solo negli anni '70 apparve l'A5 (preceduto da altre versioni analoghe) con cannone da 105/51 mm L7/M68. In ogni caso, ne vennero realizzati 11.700, seguiti da 13.000 ben più costosi M60, ma ancora nella stessa linea evolutiva. La differenza era una corazza più pesante, e una torretta pensata per il cannone da 105 mm. Tutto questo rese rapidamente eccedenti gli M47, che proprio per questo diventarono un mezzo destinato all'export: in pochi anni vennero tolti dal servizio dall'US Army e spediti ai 4 punti cardinali per una moltitudine di utenti esteri, che erano ben lieti di avere carri di 'seconda scelta' ma nondimeno nuovi e assai avanzati per l'epoca, mentre gli M48 restavano appannaggio degli americani.
 
Quanto all'M47, l'E.I. ne ha ricevuti moltissimi, circa 800 esemplari (forse non includendo le riserve). La corazzatura del veicolo era relativamente spessa, ma senza esagerare: la parte frontale dello scafo arrivava a 102 mm (4 pollici) a 60 gradi (per uno spessore virtuale di 203 mm, ovvero il doppio); la parte frontale della torretta raggiungeva lo stesso spessore ma con una inclinazione media di circa 40 gradi; i fianchi dello scafo erano verticali da 76 mm (3 pollici), quelli della torretta, leggermente inclinati e arrotondati, di 63 mm (2,5 in.); fondo e tetto erano di circa 12,5-25 mm (0,8-1 in), retro scafo 51 mm e torretta 76 mm (ovvero, per quanto possa sembrare strano, più spessore che per i fianchi del mezzo, pure più esposti, anche se muniti di corazze inclinate). Il veicolo aveva un telemetro stereoscopico per le distanze di 450-4500 m nella torretta, molto preciso rispetto ad uno stereoscopico ma meno rapido e facile nell'uso, abbinato ad un cannone da 90 mm munito di freno di bocca a 'T', ed estrattore di fumi. V'erano ben 70 proiettili da 90 mm, ma la varietà era ancora più impressionante dato che potevano essere di ben 11 tipi (per non parlare dei sottomodelli): tra questi c'erano quelli d'addestramento (più leggero di quelli 'da guerra', simulava la traiettoria delle munizioni HVAP e HE a seconda dei sottomodelli, aveva una testata sempre inerte e sopratuttosoprattutto produceva rimbalzi e traiettorie ridotte per non uscire dai poligoni dopo avere colpito le sagome di tela), a salve (con polvere nera, che poi andava tolta tassativamente con uno scovolone dalla canna, altrimenti l'avrebbe erosa con i successivi colpi sparati), perforante, perforante iperveloce, HE, HEAT, HESH e fumogeno. Una mitragliatrice da 12,7 mm sulla cupola del capocarro, una coassiale accanto al cannone, una nella parte anteriore dello scafo (l'ultima volta che un carro americano previde tale dotazione) completavano l'armamento. L'equipaggio era di 5 uomini, essenzialmente per via della presenza del mitragliere nello scafo. Nell'E.I come in'altri eserciti che usarono questo carro armato, questo posto era utile per accogliere personale extra, nonché per ospitare per i corsi d'aggiornamento degli ufficiali di complemento. Se 3 uomini sono un po' pochi in un carro armato, 5 sono fin troppi (lo stesso vale per il numero di carri in un plotone); per cui non vi furono drammi quando arrivarono carri armati con 4 uomini d'equipaggio. Sommando la riduzione da 5 a 4 carri per plotone (fatta però solo nei tardi anni '80) questo ha significato ridurre da 25 a 16 i carristi per ciascun plotone.
 
Quanto all'armamento, tanto per precisare ulteriormente, v'era il pezzo T-119E1, poi sostituito dall'M36 come arma principale; una mitragliatrice M1919A4 nello scafo, impiegata dal 2° pilota, un'altra analoga coassiale (ma originariamente si trattava addirittura di una 12,7 mm); una M2 HB nella cupola; ma non mancavano per gli equipaggi anche altre armi, quelle leggere: nel caso dell'E.I. 5 Beretta Mod.34 da 9 mm (rimaste in servizio, nonostante l'avvento della Mod.92, fino agli anni '90), 2 'moschetti automatici' (mitra) Beretta MAB (altre armi prestigiose ma oramai obsolete), poi rimpiazzati dai FAL TA, e 12 bombe a mano SRCM. Quanto alla dotazione di colpi, una tipica era di 32 He, 21 APC-T (perforante con carica di scoppio per esplodere dentro il bersaglio, naturalmente ridotta rispetto a quella del proiettile HE) o HEAT (a carica cava), 10 HVAP (che con la loro leggerezza potevano raggiungere i 1250 ms anziché i 929 come le AP-T a pieno calibro, di tipo convenzionale), 7 WP (White Posphorous, per effetti incendiari ma sopratuttosoprattutto fumogeni, creando cortine fumogene di circostanza senza aspettare l'artiglieria). La telemetria era precisa, ma richiedeva fino a 5 secondi con un errore a 1500 yds (1.370 m) di 42 yds(38 m). Questo risultato, a dire il vero più che apprezzabile, era beninteso ottenibile solo con un addestramento molto accurato. La misurazione delle distanze avveniva con una marca stereoscopica con 5 lineette verticali a V. Facendo coincidere con una pedaliera o un bottone apposito il vertice della V con l'obiettivo appariva la distanza leggibile nell'oculare, mentre per effetto della regolazione in distanza che veniva fatta, un 'autocollimatore' funzionante a pantografo, alzava il cannone alla giusta angolazione per colpire l'obiettivo sulla distanza stabilita, rendendo più rapida l'operazione di ingaggio. I proiettili erano disposti sul fondo della torretta, a parte 11 stivati in torretta pronti al tiro.
 
In tutto v'era, a parte il sistema di controllo del tiro M-3 -comprendente il telemetro M-12 e due periscopi, una serie di sottosistemi come i congegni di sparo elettrici e una radio AN/GRC 3 o 4, dalle prestazioni non eccelse data la portata di 16 km massima, e solo su terreno vario. Il capocarro e il cannoniere avevano due grandi periscopi M-20 entrambi a destra del cannone, scalati, e collegati (come il telemetro) al complesso balistico M-3, e utilizzabili in caso di guasto al telemetro (che funzionava anche da collimatore), e aventi un potere d'ingrandimento di 6x. Il complesso balistico aveva la necessità di calcolare anche il tipo di munizioni usate, per tenere conto delle differenti traiettorie balistiche, e questo avveniva con la regolazione di un apposito rullo del tipo di munizioni da impiegare, per ciascuna delle quali era calcolata una certa elevazione corrispondente alle distanze utili di tiro (non c'era un calcolatore vero e proprio).
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Alla fine degli anni '60 gli M47 erano praticamente gli unici carri dell'E.I. Ma la cosa stava per cambiare. Nel frattempo, tuttavia, i carri armati M47 erano intensamente impiegati. Per esempio, con le esercitazioni 'Real Train', che comprendevano un efficace sistema di 'puntamento ottico': si trattava di mettere sui mezzi delle 'targhe' che offrivano numeri, di una certa dimensione, da leggere per gli avversari. Quando questo fosse avvenuto, tenendo conto delle regole(per esempio, le mitragliatrici da 12,7 mm non potevano mettere fuori uso un carro, ma veicoli blindati e leggeri come le AR-59 con cannone M-40), significava che le distanze erano state ridotte a sufficienza per sparare con efficacia contro i mezzi (e persino il personale) nemici. La cosa era macchinosa ma prima dei sistemi laser MILES non c'erano molti altri modi per simulare una battaglia e così negli anni '60-70 si faceva uso di questo sistema. Non mancavano le esercitazioni in Sardegna, con gli sbarchi americani nelle baie attorno a Capo Teulada, e gli italiani facevano il 'partito arancione' ovvero i difensori da battere alla fine di ogni esercitazione. Nondimeno, spesso le cose prendevano un'altra piega e i Marines venivano contrattaccati efficacemente dagli M-47 che li lasciavano sopravanzare e poi prendevano alle spalle i loro M-48 e M-60. Con questa tattica anche un carro moderno avrebbe delle difficoltà, visto che i proiettili da 90 mm non sono uno zuccherino: gli HVAP perforano circa 140-150 mm a 900 m e gli HEAT buoni 300 mm. Nelle esercitazioni si usavano anche i proiettili 'a salve' e ovviamente solo contro bersagli inanimati, i proiettili d'addestramento 'a rimbalzo limitato'. Gli M-47 sono diventati anche 'star del cinema'. Con i film bellici che spesso li vedevano incarnare i Tiger o altri mezzi tedeschi della II GM.
 
In ogni caso, questi carri armati stavano diventando obsoleti. SopratuttoSoprattutto, vecchi. Erano mezzi robusti e affidabili, ma i guasti sono aumentati e le parti di ricambio diminuite. Nondimeno, ad un certo punto ve n'erano non meno di 800 in servizio contemporaneamente. Non è chiaro se la divisione corazzata aveva 1 o 2 reggimenti, pare che la forza sarebbe stata in tal caso di 315 carri armati.
 
Era necessario aggiornarli. Come era accaduto con i non molto dissimili M48 e i molto diversi Centurion, le vie erano essenzialmente due: l'uso di un motore diesel e un cannone da 105 mm. In Italia venne provata la seconda soluzione, ma loro costo non era trascurabile e sopratuttosoprattutto piuttosto immotivato dagli sviluppi successivi. Dal 1970 (se non prima) apparve il carro armato M60, di cui vennero comprati 300 esemplari esatti per riequipaggiare la divisione 'Ariete'. 200 vennero prodotti dalla OTO Melara, l'unica produzione extra-americana di questo carro armato. L'M60 era armato di un cannone da 105 e un motore diesel AV-1790-2A. Era anche più grosso e più goffo dell'M-47, ma era più avanzato. Nel frattempo la 'Pozzuolo del Friuli'ebbe i primi 200 Leopard 1, arrivati direttamente dalla Germania. Poi giunsero altri 720 carri Leopard e per gli M-47 fu praticamente la decadenza definitiva. L'ultima parte della loro carriera fu nelle brigate meno equipaggiate dell'E.I,come l'AOSTA, ACQUI, FRIULI, CREMONA, motorizzate, i 2 gruppi squadroni (dei 12 presenti): quelli di NIZZA CAVALLERIA (compreso nella brigata CREMONA) e il SAVOIA CAVALLERIA (per il 4 °C.d'A alpino). Poi c'erano i carri nei magazzini e presso le due scuole carri di Lecce e Caserta.
 
L'organico era, per le unità di cavalleria, 2 squadroni carri per un totale di 32 mezzi ripartiti in 6 plotoni, e uno squadrone meccanizzato con 3 plotoni fucilieri su M113 e un plotone mortai da 81 mm (3 montati su scafi M113). La loro fine, verso la fine degli anni '80, venne determinata dallo scioglimento di vari gruppi squadroni e battaglioni, e della riduzione dei plotoni da 5 a 4 mezzi( per cui l'organico del battaglione calò da 49-51 mezzi a 40), il che liberò numerosi Leopard 1 dalle loro unità originarie. Ma non fu proprio la fine degli M47. Delle centinaia disponibili, alcuni finirono come monumenti nelle caserme, ma il destino degli altri non fu necessariamente la demolizione. Ancora attorno al 1983-84 erano segnalati circa 550 carri M47 in carico all'E.I, mentre attorno al 1989-1990 ve n'erano ancora 200 in riserva, ma praticamente del tutto dismessi (il NIZZA li dismise nel 1989, conservandone uno fino al maggio 1990). Ma parecchi finirono all'estero. Alcuni vennero mandati in Spagna, altri trovarono la fine del percorso in Somalia, il cui dittatore Siad Barre era un 'amico' dell'Italia (uno dei tanti leader non propriamente democratici clienti dell'industria bellica italiana che allora come ora non si pone grandi problemi di tipo etico), finendo la loro carriera nel caos somalo. Quelli spagnoli furono forse tra quelli modificati per diventare una sorta di carro ibrido M-47/60: erano gli M-47A1 con motore AV-1790B2 diesel, con tanto di scarichi simili a quelli dell'M-60 (e quindi con le griglie posteriori a 'V' rovesciata), ma gli M-47A2 ebbero anche il cannone da 105 mm, diventando carri piuttosto moderni. Infine, per quanto possa sembrare strano, vi è stato un altro utente. Spesso nelle foto di test americani di armi controcarri si vedono missili AGM-65 e altri ordigni che colpiscono carri armati M-47: bene, nonostante ciò possa sembrare strano, spesso sono M-47 che hanno prestato servizio in Italia. A quanto pare, nonostante i carri armati M-48 in surplus, gli USA avevano carenza di carri armati bersaglio, e si sobbarcavano i costi del trasporto su mare per questi bestioni.