Storia della letteratura italiana/Letteratura nell'Italia unita: differenze tra le versioni

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Nonostante gli sforzi, l'unità culturale del paese è ancora ben lontana. Si diffonde inoltre anche in Italia la figura dell'intellettuale appartato, lontano dalla società e dagli usi borghesi, che si dedicava esclusivamente all'attività artistica. Non mancano tuttavia autori che, al contrario, accettano la nuova situazione e si impegnano per conquistare il pubblico borghese. Da un lato, alcuni si pongono come interpreti dei valori medi borghesi, sostenendo severi modelli morali e nazionali; dall'altro, ci sono però autori che puntano a scandalizzare il pubblico con gesti provocatori, così da attirare l'attenzione su di sé.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=758 }}</ref>
 
{{nota|titolo=Romanzi d'appendice|contenuto=Sono i romanzi pubblicati a puntate in appendice ai giornali. Ebbero un grande successo in Francia negli anni trenta dell'Ottocento (dove erano noti come ''roman-feulleton''), e continuarono a essere il principale veicolo di diffusione della letteratura fino al Novecento. Pur rivolgendosi a un pubblico molto vasto, non sempre si trattava di testi di facile consumo; al contrario, alcuni grandi capolavori della letteratura ottocentesca sono stati inizialmente pubblicati come romanzi di appendice. Tra questi si ricordano i romanzi avventurosi di Alexander Dumas padre, ma anche ''La vieille fille'' di Honoré de Balzac, ''I misteri di Parigi'' di Eugène Sue e, fuori dalla Francia, ''La freccia nera'' di Robert Louis Stevenson, ''I fratelli Karamazov'' di Fedor Dostoevskij, ''Guerra e pace'' di Lev Tolstoj.}}
 
Anche l'editoria, con l'allargamento del pubblico all'intera penisola e la caduta delle barriere doganali, conosce delle traformazioni. I nuovi editori sono dei veri e propri imprenditori che ricorrono alla pubblicità per vendere romanzi, e anche gli autori devono confrontarsi con con le richieste di pubblico e mercato. Acquistano poi maggiore rilievo la stampa quotidiana e i periodici, sui quali si afferma la cosiddetta letteratura d'appendice, che nel campo della narrativa raggiungerà un alto numero di lettori. Il pubblico medio dell'epoca è rappresentato dalla borghesia colta e dai piccoli intellettuali borghesi, mentre la letteratura "popolare" si rivolge alle classi proletarie. Sempre più importanza ha poi il pubblico femminile. Intellettuali e scrittori collaborano attivamente con quotidiani e riviste, soprattutto per quanto riguarda la ''terza pagina'', destinata a temi culturali. Tra i principali editori si ricordano Ruggero Bonghi, Edoardo Scarfoglio, Ferdinando Martini, Enrico Nencioni, Enrico Panzacchi, Angelo Sommaruga.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | pp=758-759 }}</ref> In questo contesto, Milano assurge a capitale italiana dell'editoria, mentre Roma diventa il centro di vari stimoli culturali provenienti da tutta la penisola.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | pp=762-763 }}</ref><ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3= Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dalla Scapigliatura al Postmoderno | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=8 }}</ref>
Anche l'editoria, con l'allargamento del pubblico all'intera penisola e la caduta delle barriere doganali, conosce delle trasformazioni. Se all'inizio dell'Ottocento non era ancora possibile distinguere la figura dell'editore da quello stampatore e del libraio, a partire dalla metà del secolo prende piede una nuova figura di editore: quella di un imprenditore che si confronta con gli scrittori e con i gusti del pubblico per mettere a punto progetti culturali di ampio respiro, portati avanti grazie al lavoro di una redazione interna alla casa editrice.<ref>{{cita libro|autore1=Alberto Cadioli|autore2=Giuliano Vigini|titolo=Storia dell'editoria italiana dall'unità ad oggi|editore=Editrice Bibliografica|città=Milano|anno=2012|p=13}}</ref> Di conseguenza, anche gli autori devono ora confrontarsi con le richieste di un pubblico e di un mercato più ampi (ma pur sempre circoscritto, a causa dell'alto tasso di analfabetismo).
 
Anche l'editoria, con l'allargamento del pubblico all'intera penisola e la caduta delle barriere doganali, conosce delle traformazioni. I nuovi editori sono dei veri e propri imprenditori che ricorrono alla pubblicità per vendere romanzi, e anche gli autori devono confrontarsi con con le richieste di pubblico e mercato. Acquistano poi maggiore rilievo la stampa quotidiana e i periodici, sui quali si afferma la cosiddetta letteratura d'appendice, che nel campo della narrativa raggiungerà un alto numero di lettori. Il pubblico medio dell'epoca è rappresentato dalla borghesia colta e dai piccoli intellettuali borghesi, mentre la letteratura "popolare" si rivolge alle classi proletarie. Sempre più importanza ha poi il pubblico femminile. Intellettuali e scrittori collaborano attivamente con quotidiani e riviste, soprattutto per quanto riguarda la ''terza pagina'', destinata a temi culturali. Il giornalismo italiano della seconda metà del Settecento non ha però ancora l'importanza e la diffusione raggiunte in Francia e Gran Bretagna a partire dal Settecento: spesso le testate nascevano dall'iniziativa di singoli intellettuali e avevano una vita effimera. Anche le forme della moderna letteratura europea, come il romanzo, seppur richiesti dal nuovo pubblico, incontravano l'ostilità dei letterati ancora molto legati alla tradizione.<ref>{{cita libro|autore1=Alberto Cadioli|autore2=Giuliano Vigini|titolo=Storia dell'editoria italiana dall'unità ad oggi|editore=Editrice Bibliografica|città=Milano|anno=2012|p=14}}</ref> Tra i principali editori si ricordano Ruggero Bonghi, Edoardo Scarfoglio, Ferdinando Martini, Enrico Nencioni, Enrico Panzacchi, Angelo Sommaruga.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | pp=758-759 }}</ref> In questo contesto, Milano assurge a capitale italiana dell'editoria, mentre Roma diventa il centro di vari stimoli culturali provenienti da tutta la penisola.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | pp=762-763 }}</ref><ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3= Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dalla Scapigliatura al Postmoderno | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=8 }}</ref> A Firenze invece è rilevante l'attività editoriale dell'emigrato francese Felice Le Monnier, iniziata già nel 1837 con la pubblicazione di volumi di propaganda risorgimentale.<ref>{{cita libro|autore1=Alberto Cadioli|autore2=Giuliano Vigini|titolo=Storia dell'editoria italiana dall'unità ad oggi|editore=Editrice Bibliografica|città=Milano|anno=2012|p=18}}</ref>
 
L'unificazione linguistica rappresenta una sfida per il nuovo Stato, sul cui territorio sopravvivono secolari differenze regionali. L'italiano all'epoca era utilizzato solo dalla burocrazia e in molti casi solo come lingua scritta, mentre l'analfabetismo nel 1861 interessava il 70% della popolazione. Quest'ultimo dato era però destinato a calare, di pari passo con la diffusione dell'istruzione pubblica, lo sviluppo industriale, il miglioramento delle condizioni di vita: nel 1911 il tasso di analfabetismo era sceso al 40%.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | pp=759-760 }}</ref> Il sistema scolastico rispecchiava però la società dell'epoca. Pochissimi proseguivano gli studi oltre la formazione elementare fino a ottenere un diploma, la dispersione scolastica era altissima e solo un'élite di allievi provenienti dai licei riusciva a raggiungere la laurea, andando a comporre la classe dirigente del paese. A questo si aggiunge, alla fine del secolo, il fenomeno della disoccupazione intellettuale: molti giovani diplomati e laureati rimangono senza lavoro a causa dell'arretratezza del sistema produttivo, che non è in grado di assorbire questa tipologia di forza lavoro. Come conseguenza, molti giovani borghesi finiscono per avvicinarsi al socialismo, come forma di protesta sociale.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3= Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dalla Scapigliatura al Postmoderno | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=9 }}</ref> Negli ultimi decenni dell'Ottocento prosegue inoltre il dibattito relativo alla questione della lingua, come si è già visto nel [[../Questione della lingua nell'Ottocento|modulo precedente]].